XII.II -Diversə-
divèrso agg. e s. m. [lat. divĕrsus, propr. part. pass. di divertĕre «deviare», comp. di di(s)-1 e vertĕre «volgere»]
*Nobody puts Baby in a corner*
Non so davvero come possiate stare leggendo queste parole dopo quasi due mesi di assenteismo, perciò grazie solo per essere arrivate qui <3
Dovute scuse a parte, torno col botto!
Prima di lasciarvi alla lettura però penso che meritiate un recap delle puntate precedenti:
-Mirko ha un misterioso scambio di messaggi con un tale "Sandro"
- Giulia sta attraversando un profondo cambiamento che la porta a tatuarsi una fiamma, poi che altro...mh niente di che. Ah, sì, perde la verginità col tatuatore sconosciuto, vero...
Niente di strano, giusto?
Andiamo avanti: Azzurra ha rivisto Mirko dall'ultima volta prima dell'incidente, ha scoperto cosa significa <essere corpo>, mentre l'antropologo scaramantico continua ad importunarla con le sue ricerche da dottorando.
Ci siamo, giusto?
A quanto pare, almeno dal titolo, in questo capitolo qualcosa deve cambiare.
Dario si stropicciò gli occhi, stirò le braccia e tuffò la faccia nel pacco di biscotti.
Mirko si stava esercitando a camminare senza stampella.
Era stufo di avere quattro gambe.
Anzi, cinque.
Ridacchiò fra sé, poi si riscosse e riprese la missione.
<Mi metti ansia, mi sembra di stare in caserma> gli disse l'amico con la bocca piena.
Mirko gli stava passeggiando alle spalle, avanti e indietro.
Destra, sinistra.
Su, giù.
Il cellulare di Dario iniziò a squillare, lui lo tirò fuori dalla tasca e dopo aver fissato lo schermo un istante di troppo, rispose.
<Ciao Stefi>
Continuava a ingurgitare biscotti, senza toccare la tazza di latte che aveva davanti.
Mirko cercò di non origliare, ma era praticamente impossibile.
<Senti, si abitueranno all'idea, d'accordo? Ho 26 anni, Stefania.>
<Sto pensando al mio futuro. Il fatto è che si tratta del mio futuro, chiaro?>
<Sì, lo so. Non ce l'ho con te infatti. Come stai? Marco? Ti tratta bene, sì?>
La lettera.
Se ne era dimenticato.
La voce di Dario che parlava al telefono con la sorella divenne solo un sottofondo indistinto.
Dove l'aveva messa?
Andò verso l'armadio, iniziò a frugare fra i giubbotti fino a trovare la giacca a vento che indossava di solito, aprì le tasche e infilò la mano dentro.
Eccola
Si sedette, con la lettera tra le mani.
Voleva aprirla.
Allo stesso tempo però, non voleva.
Andò a strappare la busta, ma qualcosa lo fermò.
Azzurra.
Il suo viso dolce, gli occhi spalancati dalla curiosità, mentre gli consegnava quella lettera.
"Vuoi saperlo?"
E la risposta era soltanto una.
"Sì."
Aveva promesso di aspettare la prossima volta.
Guardò di nuovo la busta, l'angolo tirato su.
Con un secondo di ritardo spalancò la bocca, avvicinò la lettera agli occhi.
La parte della busta che doveva essere appiccicosa, per farla restare chiusa, era assottigliata, quasi mangiata dall'umidità.
Scoppiò a ridere.
<Mi ha fregato> disse a se stesso, con un gesto solo la aprì.
***
<Azzurra devo parlarti>
Giulia le stava dietro a stento.
Azzurra, a dire il vero, non voleva trattenersi troppo, doveva tornare a studiare per il corso di ballo e doveva ancora comprare le scarpe per quella sera.
Aveva ricevuto un messaggio da Mirko, durante la lezione.
Mirko "ti vengo a prendere alle otto meno un quarto, ok?"
Azzurra "a stasera :)"
Mirko ":)"
<Dove vai così di fretta?>
Si fermò davanti all'ingresso di Fisica, sospirando.
Si sforzò per non risponderle male, ora sapeva cosa le stava succedendo, anche se non era stata lei a dirglielo.
E di ciò era anche offesa, ma non voleva forzarla.
Giulia si fermò davanti a lei, gli occhiali tondi sul naso e gli occhi nocciola diversi.
Sì, diversi.
C'era una tonalità di preoccupazione che le induriva lo sguardo.
Per il resto era stupenda, bellissima: le labbra carnose, il naso sottile e quel corpo snello che camuffava con vestiti larghi e anonimi.
Eppure era bella lo stesso.
Si percepiva.
<Che devi dirmi?>
Evitò di incrociare il suo sguardo, Azzurra aggrottò le sopracciglia.
Cosa c'era di imbarazzante fra loro due?
<Ti dovrei chiedere un favore, tu prometti di assecondarmi>
Annuì, senza di fatto promettere nulla.
Si portò una ciocca di capelli dietro l'orecchio con le dita affusolate, il vento le faceva socchiudere gli occhi per il freddo e le foglie che volavano da tutte le parti.
<Mi daresti il numero di quel tuo amico di antropologia?>
<Cosa?>
Gruppi di persone o singoli studenti riempivano la strada, i cappucci e le sciarpe a mascherarne i volti, la fretta che li portava via.
<Il numero di quello lì, Leonardo Mirzì, giusto?>
Azzurra cercò di sorriderle, la capiva.
Capiva perfettamente il disperato bisogno di amare, di sentirsi amati.
Lo capiva così bene che il cuore prese a batterle più forte.
<Giulia, lui non è per quelle come noi. Vuole solo scopare. Lo so che ci sa fare, ma non vuole altro>
<Sì, lo so benissimo. Adesso me lo dai, per favore?>
<Guarda che dico sul serio. E' un cretino, ci puoi fare due risate, ma non fa per te. Non disperarti, vedrai che quando meno te lo aspetti arriverà quella persona che>
<Ma smettila! Smettila!>
Azzurra chiuse la bocca.
Giulia la fissava con rabbia, troppa rabbia per una persona sola.
Eppure la riconosceva, ma non si sentiva più così.
Se ne rese conto solo in quel momento.
Stava giusto cercando di capire come mai non si sentisse più così stufa e sopraffatta da quel senso di impotenza, quando Giulia la trascinò sul prato, lontano da sguardi indiscreti.
La acciuffò per la sciarpa e la portò con sé.
<Giulia, mi fai male!>
<Ma che ti prende?> insistette.
<Devi darmi il suo numero, lo voglio.>
<Ma>Giulia le parlò sopra.
<So cosa stai per dirmi. Che le cose cambiano. Ma non è così e se cambiano peggiorano. Ci ho provato tutta la vita ad aspettare che iniziassero ad accadere le cose che volevo, ma continuavo a non essere felice. E forse non le volevo veramente. E forse non devo aspettare che il peggio passi da solo. E forse posso fare qualcosa, invece di aspettare. Cambiare. Per esempio. E già tutti stanno cercando con ogni mezzo di impedirmelo, non farlo anche tu. Se si vogliono cose diverse allora forse vale la pena cambiare.>
Azzurra aprì la bocca per replicare, ma restò zitta.
Forse non aveva torto.
Le avrebbe detto che non doveva permettere alla vita di cambiarla, che non doveva essere lei a cambiare, ma forse era lei che sbagliava ragionamento.
Restare se stessi e cambiare non erano la stessa cosa.
E se la vita non le avesse cambiate le avrebbe attraversate invano.
Forse le cose andavano così male, così storte, affinché cambiassero.
Alla fine avrebbero potuto scoprire che non erano chi credevano di essere, magari erano diverse.
Magari erano diverse da come erano.
Diverse da come credevano di voler essere.
Tirò fuori il cellulare dalla tasca e con un rapido movimento delle dita fece squillare quello dell'amica.
Contatto inoltrato a Giulia
Le due amiche si guardarono negli occhi.
***
Mirko spense la sigaretta sotto la scarpa, buttò fuori una nuvoletta di fiato nel freddo di quella mattina soleggiata.
Sandro lo vide da dietro la vetrina, lo salutò e gli fece cenno di entrare.
***Nobody puts Baby in a corner ma nelle note a pie di pagina sì***
Mi dimenticavo di dirvi che si accettano stelline, commenti, ma siamo aperti anche ad insulti per l'assenza reiterata delle ultime settimane.
Prego, fate vobis
P.S cosa pensate del cambiamento di rotta di Giulia? Quanti di voi si sono trovati in una situazione ( emotiva o pratica) simile? Sono tutta orecchie! Farà bene a scrivere all'antropologo? Lo farà davvero?
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