VI.II -contatto-
*Nobody puts Baby in a corner*
Aloha! Eccomi con la seconda parte del sesto capitolo <3
Sto ancora decidendo, ma da questo momento in poi capiterà che ci siano capitoli divisi in due parti, devo solo decidere se pubblicare nella stessa settimana le due parti o una volta a settimana come se fossero capitoli a sé stanti.
Voi come preferireste?
Non sto nella pelle! Vi aspetto in fondo con i commenti e le stelline <3
PS. ancora grazie di esservi appassionati alla mia storia, ancora non ci credo quando vedo quei numerini crescere di giorno in giorno, Mahalo! <3
Trovò Mirko fuori dall'ingresso, con una sigaretta fra le dita e il casco appeso al polso.
La porta si chiuse dietro di lei, facendo rumore: Mirko si voltò e spense il drum sotto la scarpa.
<<Andiamo>> disse gentilmente.
Lo seguì in silenzio, tormentando lo scontrino che aveva nella tasca del cappotto.
Il cielo era sereno: le nuvole erano scivolate come banchine ai fianchi dell'orizzonte, mentre il sole si stendeva come un tappeto sulle strade di Roma, i gabbiani planavano lontani sul fiume, tingendosi di nero in controluce.
Mirko si fermò davanti ad una Yamaha XJ6 gialla e nera, le allungò il casco.
<<Tienilo tu, non ne ho un altro>>
Salì alzando una gamba e scavalcando la sella, Azzurra rimase a fissare il casco nella mano, mentre ragionava.
<<E' pericoloso, non posso venire con te>>
<<Andrò pianissimo>>
<<E' pericoloso per te!>>
La guardò e il cielo si specchiò nei suoi occhi verdi.
In quel momento erano grigi come le nuvole che avevano stinto sull'orizzonte, per via della pioggia.
<<Non preoccuparti per me>> rispose infine, con delicatezza.
Si girò di uno spicchio e le prese il casco dalle mani, sfiorandola: lo alzò e lo calcò sulla testa di Azzurra, poi lo allacciò come si farebbe con una bambina.
Sorrise.
<<Forza, sali, se ti tieni forte e seguì i miei movimenti non succederà niente>>
Azzurra annuì, terrorizzata.
Scavalcò la moto, con la testa pesante quanto un macigno con quel coso indosso, Mirko controllò che mettesse i piedi al punto giusto e poi alzò le braccia per permetterle di aggrapparsi.
Il profumo del giacchetto di pelle si mischiava all'odore dei suoi capelli.
<<Non buttarti verso sinistra se curvo a destra, okay? Anche se ti sembra di cadere segui la curva>>
Azzurra annuì, stringendo le braccia sotto quelle di lui, Mirko abbassò gli occhi sul proprio petto e guardò le mani di lei allacciate.
Sentiva il suo cuore sulla schiena e gli sembrava una musica perfetta.
<<E' semplice, stai tranquilla>> la rassicurò, lei fece finta di credergli e partirono dopo aver controllato l'indirizzo.
Alla prima svolta Azzurra imprecò fra i denti, Mirko scoppiò a ridere, lei gli affondò le unghie nel giacchetto.
Provò a tenere gli occhi chiusi, ma forse era anche peggio, allora li aprì e almeno cento moscerini gli finirono tra le ciglia, il vento gli portava via delle lacrime.
Il lungotevere era libero, bagnato di tramonto e liscio come l'olio: Azzurra tirò su la testa e si perse nella sensazione di andare veloce come il vento.
Mirko spostò il mento di uno spicchio per vederla sorridere, sorrise anche lui, con gli occhi sulla strada.
Parcheggiarono sul ciglio della strada, Mirko tirò fuori il cavalletto e Azzurra portò le mani al casco per slacciarlo, senza riuscirci.
Mirko allungò le mani verso il suo viso, la guardò un secondo e con un gesto lento slacciò la sicura del casco.
<<E' un po' dura>> disse, poi afferrò i due lacci e la aiutò a sfilarlo.
Si passò una mano fra i capelli scompigliati dal vento, tolse la chiave dalla moto e la lanciò nel casco appeso al polso.
Controllò un'ultima volta e poi si voltò verso di lei.
Azzurra sentiva le gambe molli per quanto le aveva tenute strette nel viaggio.
Le ricordò la sensazione che provava quando faceva equitazione.
Lo guardava mentre controllava il volantino, poi alzava gli occhi sui palazzi dall'altra parte della strada.
Chissà come doveva essere conoscerlo nell'intimo, come si comportava con chi considerava di casa?
<<Sai cosa dirle?>> le domandò, alzò gli occhi su di lei e Azzurra interruppe le sue fantasie.
<<Ahm...sì>> avrebbe improvvisato, fece una smorfia che lo fece capire e Mirko scoppiò a ridere.
Si fermarono davanti al portone con il numero 115 accanto, doveva essere lì.
<<Sembra un condominio>> considerò lui << un condominio molto costoso, ma comunque un condominio>>
Conveniva con lui.
Si avvicinò per sbirciare il foglietto, il nome della scuola era <<Bachame por la vida>>
<<Dovremmo cercarlo tra i nomi sul citofono>>
Dopo averlo detto assottigliò gli occhi e allungò un dito per seguire le due colonne di cognomi.
C'erano nomi altisonanti, studi di avvocati, caselle vuote, all'ultimo piano in alto a destra c'era una sigla <<A.S.B>>
Era l'unica possibilità.
Pigiò il bottoncino in ottone e guardò Mirko.
Abbassò gli occhi sui suoi piedi, mentre lei lo fissava con sguardo interrogativo.
I suoi occhi erano senza filtri: erano così leggibili che avrebbero messo a disagio chiunque, lui si sentiva spaesato, ma il disagio non era esattamente quello che provava.
Un trillo fece scattare il portone, spaventando entrambi: dovevano entrare.
Per fortuna c'era l'ascensore, non sarebbero mai arrivati all'ottavo piano altrimenti.
Quando si aprirono le porticine, si ritrovarono su un pianerottolo che non dava su nessuna rampa di scale, se non a scendere: c'era una sola porta a due ante, socchiusa.
Azzurra ci poggiò il palmo sopra, aprendola con una spinta.
L'attico non era altro che una terrazza coperta e circordanta da vetrate, da cui si vedeva tutta Roma.
Era come trovarsi sotto una campana di vetro: così esposti al volo dei gabbiani, al vento e alle nervature del cielo, eppure così protetti.
Un nugolo di persone se ne stava appollaiato su due panchine, anzi, due spalti posizionati sulla vetrata destra dell'ambiente.
Erano tutti rivolti verso una figura minuta, di spalle.
Qualcuno dovette notarli, perché proprio in quel momento la donna si girò e Azzurra la riconobbe.
Era proprio quella che le aveva sbattuto contro qualche settimana prima, i capelli ricci sparati da tutte le parti, gli occhi scuri e il piglio militaresco con cui ora marciava verso di loro.
<<Ma perché cammina così?>> fu la domanda a mezza bocca di Mirko.
Azzurra gli lanciò un'occhiata e tossì per nascondere la risatina.
<<Buonasera>> gli disse con un forte accento sudamericano.
<<Salve>>
<<Siete aquì per iscrivervi?>> domandò, gli occhi assottigliati e le mani sui fianchi.
Di certo non invogliava a farlo.
<<No, veramente no>> rispose Mirko.
Azzurra si schiarì la voce e le offrì la mano.
<<Sono Azzurra, è un piacere.>>
<<Sabrina Moltaron De La Vega, piacere mio. Perché siete qui? Io sto per iniziare la lezione di presentazione>>
Chiaramente, aveva fretta di liberarsi di loro.
<<Siamo qui per chiederle di tenere il suo corso nel nostro edificio>>
<<Che razza di pretesa è questa? Tornate da dove siete venuti, estoy de priza>>
Con un gesto li allontanò e fece per voltarsi, ma Mirko prese la parola.
<<No, mi scusi, ci ascolti un momento>>
La donna minuta alzò gli occhi al cielo, ma si fermò.
Mirko si scambiò un'occhiata con Azzurra e riprese a parlare.
<<Stiamo portando avanti un progetto, un bel progetto. Vorremmo rendere la sua scuola parte di tutto questo, se solo ci desse il tempo per parlargliene. Scelga lei il giorno>>
Lo interruppe bruscamente.
<<Ho una sola pregunta>> disse guardando Azzurra, poi lui.
<<Il vostro posto è meglio di questo?>>
Le vetrate, il cielo intenso di Roma, gli spalti, il parquet.
Azzurra esitò, ma fu sufficiente.
<<Bien, non abbiamo niente di cui parlare allora.>>
<<Aspetti!>> Azzurra la prese per un braccio
<<No me tocas!>>
<<Mi scusi, aspetti però. Il ballo è espressione di libertà, giusto? Io amo ballare, mi fa stare meglio. Ecco questo progetto vuole dare un posto alle persone per esprimere loro stessi, per trascorrere il tempo in un luogo sicuro in cui non c'è limite alla creatività. Si può ballare, cantare, scrivere, dipingere, cucire, tutto quello che vuole>>
Approfittò dell'attenzione della donna per cambiare approccio. Le persone sedute sugli spalti parlavano fra loro, sbirciando curiosi.
<<Effettivamente chiederle ora di spostare la sede del suo corso è stato un po' azzardato, ma ho un'altra idea: perché non fa esibire i suoi allievi, nel saggio finale, da noi?>>
Allungò la mano per raggiungere la tasca e pescare il volantino che aveva conservato da quando aveva scoperto il Progetto Pirata.
<<Ci pensi, d'accordo? Può contattare questo numero, per farcelo sapere>>
Azzurra guardò Mirko e insieme si avviarono verso la porta.
<<Un momento>>
Azzurra fece una smorfia, sperava di andare via prima che lei trovasse qualche obiezione.
Mirko si girò e lei con lui.
La donna se ne stava col foglietto tra le dita di una mano, l'altra sul fianco.
Le luci della città tagliavano la stanza a metà.
<<Habeis dicho che vi piace bailar>>
Mirko passò il casco da una mano all'altra.
<<Veramente lei ha detto che>> la donna lo interruppe alzando un palmo.
<<Ho le mie condizioni.>>
oddio
<<Se volete che faccia esibire i miei allievi da voi, dovete diventare miei allievi>>
Il messaggio arrivò a entrambi con un attimo di ritardo, si guardarono.
<<Come?>>
<<Cosa?>>
Sabrina sorrideva compiaciuta.
Si aprì verso la pista da ballo e gli spalti.
<<Potete venire a conoscere gli altri.>>
Mirko si fece avanti, gli occhi chiari adombrati dalla sera.
<<No, guardi, non possiamo. Io ho un lavoro, noi>> guardò Azzurra e poi tornò a guardare l'altra <<noi non stiamo neanche insieme, ha capito male>>
Sabrina alzò il mento.
<<Io ho capito benissimo. Per il lavoro non c'è problema, perché le lezioni sono dalle otto alle dieci, il venerdì sera.>>
Passò gli occhi scuri e penetranti da uno all'altra.
<<E nessuno ha mai detto che chi balla insieme deve avere una relazione>>
Azzurra fece per parlare, ma lei la anticipò.
<<Sì, è vero, la bachata ti smuove il fuego de la pasiòn, ma non dovete avere paura: lo accende, se c'è, se voi due non siete interessati non hay pericolo>>
Sollevò un sopracciglio
<<Allora? Ci state?>>
Azzurra guardò Mirko, toccava a lui decidere.
La fissò a lungo, poi, come a rendersene conto, si scrollò e andò a stringere la mano di Sabrina, a suggellare il patto.
<<Ok>>
Uscirono da lì con un foglio pieno di appunti.
Ormai era notte, Mirko stava morendo di fame, puntò la moto controllando che lei lo seguisse.
Non sapeva cosa pensare.
In realtà non gli dispiaceva quello che era successo, guardò Azzurra di sfuggita e sospirò.
Temeva che lei invece si sentisse incastrata.
<<Testa dura, Sabrina eh?>> buttò lì, mentre lei allacciava il casco e lui saliva in sella alla moto.
Tolse il cavalletto e la vide sorridere.
<<Già. Penso che se venerdì non mi presento con i sandali mi ucciderà>>
Stavolta sorrise lui.
Azzurra si aggrappò alla stessa maniera dell'andata, l'aria era più fredda e stare dietro le sue spalle era piacevole.
<<Be' noi il problema dell'abbraccio lo abbiamo già superato>>
Disse in imbarazzo, Mirko piegò un angolo della bocca verso l'alto.
La prima lezione era stata introduttiva: Sabrina aveva assegnato loro dei plichi di documenti.
I fogli erano spillati tra loro, pieni zeppi di parole e figure di ballerini in posizioni articolate.
Lei e Mirko si erano guardati con gli occhi spalancati, avrebbero dovuto studiare? Come a scuola?
L'abbraccio è tutto, nella bachata.
E' comunicazione, è legame, è unione.
I due ballerini si sentono, si parlano attraverso il contatto. Vi vergognerete, vi avverto. Abbracciare una persona non è così semplice come sembra: dovete espandere un confine, accogliere l'altro.
Entrambi ripensarono a quelle parole, durante il viaggio.
Si fece lasciare sotto casa di Dennis.
La moto rombò nel vialetto, poi si spense.
Azzurra scavalcò la sella e slacciò il casco.
<<Grazie, non dovevi>>
Mirko aggrottò la fronte
<<Avrei dovuto lasciarti di notte in mezzo strada?>> scosse la testa
Azzurra lo ringraziò ancora.
<<Grazie a te, da solo non ci sarei riuscito, e Flavio mi avrebbe ammazzato>>
Si sorrisero
<<Be' ci vediamo>>
Mirko annuì e infilò il casco, alzò la visiera.
I suoi occhi erano chiari come l'alba.
<<Di sicuro venerdì>> alzò una mano per salutarla, lei fece lo stesso.
***
Arrivò davanti alla porta e neanche bussò che Dennis la spalancò, spaventandola a morte.
<<DENNIS!>>
<<AZZURRA!>>
<<CHE C'E'?>>
<<CHI ERA QUEL FIGO?>>
Azzurra alzò gli occhi al cielo.
<<Non è figo>> disse solo, lo spostò ed entrò in casa.
Le facevano male le cosce.
Giulia era ai fornelli.
Dennis chiuse la porta e la seguì in cucina.
<<Non ho chiesto la tua opinione>> la informò, si affacciò dalla finestra per vedere la moto allontanarsi.
<<Chi ti ha accompagnato?>> chiese Giulia, mescolando il sugo.
Dennis si accese una sigaretta.
<<E' lui, vero?>>
Azzurra appese il cappotto e lo guardò negli occhi, gli fece una boccaccia.
Dennis strinse il pugno in segno di vittoria.
<<Lo sapevo>>
<<Tu non sai proprio niente>>
***
Abbassò la visiera quando lei fu scomparsa dentro al palazzo.
Accese la moto e prendendo un respiro si accorse che dentro c'era rimasto intrappolato il suo profumo.
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