II -indipendenza da asporto-
*Nobody put baby in a corner*
Secondo voi chi è il tipo nella vignetta di oggi?
"ma non san da quando io ti ho cercata
con me la sorte non è sempre buona
forse sono sulla cattiva strada
io mi sento come al primo giorno di scuola"
Entrarono in casa di corsa, fuori imperversava il diluvio.
<<Cavolo non ho fatto la spesa>> sbuffò Dennis poggiando la fronte contro la porta chiusa.
Azzurra appese il cappotto.
Ormai era un'ospite fissa di quella casa.
Lui e Giulia vivevano insieme, erano fuori sede e avevano messo insieme i loro poveri averi per affittare un mini appartamento in viale Ippocrate.
Sul citofono c'era il cognome Plat.
Il divano era coperto da un telo a fantasia geometrica, Azzurra ci si tuffò di corsa, sdraiandosi davanti al televisore spento.
<<Giulia non l'ha fatta?>>
Dennis lasciò il giaccone appeso all'appendiabiti dietro la porta e attraversò il minuscolo disimpegno per chiudersi in bagno.
Gridò che era tornata a casa per il compleanno della nonna.
<<Siamo io e te, cara>> disse affacciandosi, si era tolto la felpa, fece la r moscia e le ammiccò.
Le venne da ridere.
Rimase sdraiata sul divano ancora un po', mentre Dennis occupava il bagno e storpiava qualche canzone di Beyoncè nella doccia.
Le piaceva quell'appartamento.
Il soffitto catturava i fari delle macchine, dalla finestra arrivavano le voci dei ragazzi che studiavano nei bar, con gli appunti aperti tra le tazzine di caffè e gli spritz; la cucina ad angolo si affacciava sul salotto che ospitava il divano e la televisione.
L'altra stanza era la camera da letto che Giulia e Dennis condividevano,per fortuna il balconcino aveva disinnescato una guerra tra i due: Dennis fumava in balcone e Giulia non dava di matto.
I bicchieri erano arancioni come le plafoniere e gli sportelli della cucina, quel posto le metteva allegria.
Quando Dennis uscì dal bagno avvolto da una nuvola di vapore si accese una sigaretta e prese il cordless per ordinare la cena.
<<Mc?>> disse con la sigaretta fra i denti, Azzurra alzò il pollice.
Senza che se ne accorgesse tirò furi il cellulare dalla tasca, scattò una foto: Dennis era in mutande, a petto nudo ancora coperto di vapore, il turbante sui capelli fucsia e lo sguardo perso verso la finestra, il telefono tra la spalla e il collo, la mano con la sigaretta aggrappata al lavandino della cucina.
L'avrebbe intitolata Indipendenza da asporto.
Le piaceva fare fotografie, sin da quando era piccola.
Le piaceva intrappolare gli attimi, salvarli dal perdersi per sempre.
Era fondamentale, a detta sua, saper scegliere i ricordi con cura, sarebbero stati il sale della vita.
Quelli che avrebbero condito la sua nostalgia e alimentato le sue speranze.
Acchiappare gli sguardi, le tensioni e le sinergie che si creano tra le persone.
Le sembrava un superpotere.
Quella sera guardarono un talent show sul divano, con la cena nelle scatole di cartone e i tovaglioli sulle ginocchia.
La sveglia sarebbe suonata il mattino dopo, trovandoli addormentati tra le coperte.
<<Allora cos'è questo progetto?>> Giulia stava pagando il caffè al bar, Azzurra era andata a prendere alla stazione quella mattina, mentre Dennis stava prendendo appunti per entrambe alla lezione di storia romana.
Ormai era entrato in fissa col triumvirato.
I capelli nocciola dell'amica erano lisci, il vento ci infilava le dita in mezzo e glieli appiattiva sul chiodo nero.
Azzurra scrutò negli occhi grandi, ingigantiti dalle lenti tonde degli occhiali da vista.
<<E' un progetto per la comunità>>
<<Quale comunità?Tossici?>>
Azzurra alzò gli occhi al cielo
<<La comunità del quartiere! Praticamente questo Flavio ha preso in gestione questo spazio da riabilitare, e ha deciso di costruire un posto dove chiunque possa dedicare del tempo a quello che gli piace>>
<<Qualsiasi cosa?>>
Giulia sembrava scettica
<<Sì! Mi ha colpito la sua fiducia, è coinvolgente.>>
L'amica prese la collanina con il ciondolo a forma di delfino tra le dita, cosa che faceva quando si trovava in difficoltà.
Cercò un 448 nel piazzale di Tiburtina, poi tornò a guardare Azzurra
<<E tu che devi fare?>>
<<Io dò una mano. Adesso si sta tinteggiando il locale, poi ci sarà da arredarlo e poi immagino da fare pubblicità. Capisci? I ragazzi non ciondoleranno più per strada senza niente da fare, lì potranno fare quello che vogliono, anche i compiti!>>
Il sole spaccò il mal tempo e si rovesciò sul piazzale come miele, all'inizio le colpiva sui capelli scuri, poi le costrinse a strizzare gli occhi e infine a slacciare i cappotti.
<<Sì, in effetti sembra una bella cosa>>
<<Se vuoi puoi venire a vedere>>
<<Magari faccio un salto>> rispose, ma forse più per non farla rimanere male.
Il 448 entrò in stazione e aprì le porte con uno sbuffo, Giulia la prese per una manica del cappotto e insieme attraversarono la strada.
<<Che dici, oggi lo facciamo?>>
<<Perchè no>>
<<Magari un'altra volta>>
Lo guardarono allontanarsi con la tracolla che gli rimbalzava su un fianco.
Azzurra scosse la testa
<<Io domani lo faccio, lo seguo>>
<<E se se ne accorge?>>
Azzurra scrollò le spalle.
<<Che cosa hai da perdere?>>
Ogni mattina ipotizzavano di scendere dall'atac prima della loro fermata, solo per seguire quel gran figo che andava verso la sede di economia.
Era alto, muscoloso, così bello da togliere il fiato.
Sapevano che in fondo non lo avrebbero mai fatto, ma continuare a dirlo dava loro quel brivido giornaliero di cui avevano bisogno.
Mirko scese dalla moto, slacciò il casco e lo sfilò senza staccare gli occhi da quegli edifici imponenti.
Si chiese se fosse possibile che tutte le variabili della sua esistenza, da quel momento in avanti, avrebbero assunto la forma di quel palazzo.
Eppure le chance non sempre erano patinate, vistose e irrinunciabili, tuttavia quel posto, anche se anonimo e grigio, conteneva l'arcano del suo futuro lavorativo.
Come una pokeball.
Un'enorme pokeball.
Si avviò verso l'ingresso sistemando i capelli con la mano libera.
<<Ce l'avete fatta! Ciao bellezza>> Dennis si fece largo nell'atrio di facoltà con passo fluido, abbracciò Giulia e gli chiese del compleanno della nonna, neanche il tempo di farla rispondere che già si era lanciato nel resoconto dell'esperienza a tre che aveva consumato in sua assenza.
Numero Sconosciuto a Progetto Pirata: << Ciao a tutti! Sono Claudia, avevo detto che sarei passata oggi, ma avevo confuso i giorni, è un problema?>>
Flavio a Progetto Pirata <<Assolutamente no, figurati Claudia. Qualcuno è disponibile a sostituirla?>>
Azzurra iniziò a digitare
Tu a Progetto Pirata << Io ci sono volentieri :)>>
<< Mi piacerebbe provare, sai?>> stava dicendo Giulia, portò una gomma da masticare alle labbra.
Azzurra li seguiva per i corridoi, persa nei suoi pensieri.
Avrebbe conosciuto il figlio di Renato, un brivido di eccitazione l'attraversò in silenzio.
Scostò il volto per osservare il risultato.
Era venuto abbastanza bene.
Dennis aprì la fotocamera del telefono e si scattò una foto, la mandò a qualcuno, probabilmente a qualche nuova conquista.
Giulia parlava di quanto fosse difficile trovare ragazzi che fossero sinceramente interessati a lei.
Azzurra stava disegnando un viso sulla pagina che avrebbe dovuto usare per gli appunti.
Allungò un po' lo sguardo sfumando la matita, la forma del mento era appuntita, l'espressione intensa.
Le ricordava una persona che aveva la sensazione di non conoscere.
Come quando per la strada si vedeva qualcuno che si era convinti di aver già visto da qualche parte.
<<Tesoro>> sussurrò Dennis, senza smettere di guardare il professore di Letteratura Greca.
<<Se vuoi te ne trovo io di ragazzi interessati a te>>
Giulia scosse la testa, i capelli scuri ondeggiarono a ritmo con il suo sconforto, si girò verso di lui.
<<Den, io intendo qualcuno che si innamori di me, non qualcuno che mi voglia usare>>
Il ragazzo alzò gli occhi al cielo.
<<Ma perché siete così antiche>> sbuffò << Ma che ti frega, stai lì a farle venire le ragnatele, e dalla via!>>
Giulia quasi si strozzò, iniziò a tossire, beccandosi un'occhiataccia dal professore.
Azzurra cancellò una sbavatura dal foglio e rimirò il lavoro finito.
Sì, le ricordava qualcuno.
Lo sguardo era profondo, scolpito in un'emozione sospesa.
Le labbra sembravano due scialuppe, il naso stagliato come un faraglione sul mare di quegli occhi conturbanti.
<<A dire la verità>> disse chiudendo il quaderno, sistemò la matita nell'astuccio.
<<Trovo molto più difficile trovare qualcuno di cui innamorarmi davvero>>
<<E' comprensibile>>
Azzurra avvampò, perché a rispondere non era stato Dennis e nemmeno Giulia, bensì il docente.
Non si era resa conto del silenzio che era calato nell'aula.
Alzò gli occhi su di lui, avrebbe voluto scomparire.
Le persone intorno a lei ridacchiavano, nascondendo la bocca con le mani.
Il professore le stava sorridendo compiaciuto.
<<Possiamo prendere la riflessione, azzeccata, della vostra collega per spiegare il concetto di amore>>
Azzurra accennò un sorriso, l'avrebbe bocciata di sicuro.
Come se non bastasse sarebbe stata lo zimbello dell'intero corso per almeno il resto dell'anno.
Il professore allargò le braccia nel suo completo spezzato e guardò gli studenti sparsi nell'aula.
Salì un gradino e raccolse il microfono dalla scrivania.
<<Allora, è vero, è estremamente difficile innamorarsi. Ma vi siete mai chiesti perchè?>>
I capelli neri erano sfumati di grigio verso le orecchie, gli occhiali squadrati rendevano il suo volto ancora più geometrico.
Una fede riluceva al suo anulare sinistro.
Nessuno rispose alla provocazione, il prof raccolse gli interrogativi sui loro volti e proseguì.
<<Ci si concentra sempre sugli altri, di solito, giusto? A lui non piaccio, lei non mi fila... si dice così no?>>
Sorrise
<<Ma ci avete mai pensato a quanto sia raro innamorarsi? Badate bene, non vi deve attrarre qualcuno, dovete innamorarvene. Quanti di voi sono innamorati?>>
Azzurra si guardò intorno, ma nessuno aveva alzato la mano.
<<Qualcuno di voi lo è mai stato?>>
Azzurra fu tra quelli che alzarono la mano.
Il prof la guardò e annuì.
<<Bene. Adesso vi spiego qual è la ricetta dell'amore, siete pronti?>>
Fece schioccare i palmi e con due falcate veloci fu alla lavagna: il rumore delle pagine voltate e delle tastiere lo fecero sorridere.
<<L'ingrediente segreto delle storie d'amore è...>>
Lasciò la frase in levare e scrisse alla lavagna con un gessetto spezzato.
Il brusio che seguì condì il suo ghigno.
<<Fregati.>> risate generali.
<<Sì, ragazzi. E' proprio questo.>>
A caratteri cubitali un po' sbilenchi, al centro della lavagna, campeggiava la parola AMORE.
<<Non pensiate che sia scontato!>>
Il prof alzò un dito verso gli studenti, poi si voltò verso la lavagna e iniziò a disegnare delle frecce che partivano dalla parola <amore>
Scrisse cinque parole greche: agape, philia, storge, xenia e eros.
<<Queste parole>> esordì indicandole una ad una <<significano rispettivamente <amore puro, dell'anima>, poi abbiamo l'amore spassionato, che è il bene che si vuole a qualcuno;l'amore genitoriale, quello che ci fa desiderare di proteggere qualcuno che amiamo, per l'appunto. E poi c'è xenia, che significa ospitalità. Che non è una sciocchezza ragazzi, badate. Per accogliere qualcuno nel nostro cuore bisogna saper farci accogliere nel mondo intimo dell'altro. Bisogna essere delicati. E rispettosi, quindi.>>
Lanciò un'occhiata all'aula, rapita dal discorso.
Incontrò di nuovo lo sguardo di Azzurra.
<< Infine c'è l'eros, ma non serve neanche che ve lo spieghi. O forse sì. Non è desiderio, pulsione sessuale fine a se stessa. L'eros è il coinvolgimento viscerale che ci scatena l'altro. Un'attrazione feroce, ragazzi, vi deve mettere paura. Altrimenti non è amore vero.>>
Azzurra incontrò lo sguardo di Dennis che alzò il pollice e poi si sbrigò a prendere appunti.
<<In conclusione>> riprese il prof, Azzurra gli sorrise intimidita.
<<Per rispondere alla vostra collega: non è difficile, è semplicemente raro. Per fortuna, aggiungerei. Ma una volta che succede, è la cosa più semplice del mondo>>
Le suonò come una promessa.
<<Un brindisi a Mirko!>>
Flavio alzò il bicchiere di vino, Chiara sorrise con una mano sul pancione, sollevò il suo con dentro l'acqua.
Mirko sorrise, sentendo di arrossire, e unì il proprio ai bicchieri al cielo.
<<Come ti è parso? Com'è la tua postazione?>>
Chiara si chinò verso di lui, allungando una mano sul tavolo con fare materno.
Flavio si alzò per tirare fuori i pasticcini dal frigo, gli scompigliò i capelli.
<<Il mio fratellino cervellone>>
<<Non sono un cervellone>> rispose di riflesso, poi sorrise alla dolce cognata.
Si sforzò di rispondere, nonostante fosse stanchissimo e avesse costante bisogno di controllare il telefono.
<<E' bella, molto accessoriata. Spero di aver fatto una buona impressione>>
Chiara si passò la lingua sulle labbra quando Flavio tornò da loro con il vassoio di pasticcini.
Lo depositò tra le bottiglie e i bicchieri, Mirko fece scivolare il cellulare fuori dalla tasca con un movimento impercettibile.
nessuna notifica
Fissò lo schermo qualche istante, poi rispose ad una domanda di suo fratello.
Flavio stava asciugando i piatti con uno strofinaccio.
Sorrise al fratello, i capelli gli erano scivolati sugli occhi dal taglio geometrico.
Chiara era stesa sul divano, le gambe sollevate.
<<Sei pensieroso>>
considerò, Mirko alzò lo sguardo su di lui.
Se ne stava al suo fianco, a braccia conserte.
<<Ti dò una mano?>>
<<Oggi è un giorno speciale per te, non ti farò lavare i piatti>>
Siccome Mirko non aveva risposto, Flavio cambiò domanda.
<<Mamma e papà si sono fatti sentire?>>
Mirko annuì.
Controllò di nuovo il cellulare.
<<Chi aspetti con tutta questa ansia?>> i suoi occhi si spalancarono, posò l'ultimo piatto sul lavello e portò lo strofinaccio sulla spalla.
<<Aaaah, come si chiamava quella tipa?>>
<<Silvia>> rispose laconico.
Flavio incrociò le braccia, lanciò un'occhiata a Chiara, poi studiò lo sguardo spento del fratello.
<<Siete tornati insieme?>>
Mirko annuì, non voleva parlarne.
Tirò fuori il tabacco dalla tasca e lo agitò sotto al naso di Flavio: lui sollevò un sopracciglio, lanciò uno sguardo verso la compagna.
Portò l'indice alle labbra e incassando la testa fra le spalle gli fece strada verso il balcone.
La porta rimase accostata, i due si strinsero nelle spalle.
Erano tornati insieme, sì.
Non si era fatta sentire dalla sera prima, eppure sapeva che oggi era il suo primo giorno di stage.
Magari era stanca.
Si erano lasciati dopo neanche un anno, litigavano in continuazione.
Alla fine però Mirko aveva pensato che avrebbe potuto accettare di litigare con la persona con cui voleva costruire un futuro. O comunque con cui stava in quel momento.
Scrollò le spalle per allontanare il pensiero.
Le cose fra loro sarebbero andate meglio.
Doveva essere così.
Non poteva crollare tutto.
<<Fratello>>
Mirko alzò gli occhi su di lui
Flavio lo stava contemplando da un po'.
Era sempre stato affascinato dalla capacità di astrazione di Mirko, era capace di perdersi nei suoi pensieri ovunque.
La sua sensibilità era stata sempre fragile e intensa.
<<Sono davvero contento che mi stia dando una mano col progetto.>>
Mirko annuì, a disagio.
<<Guardami negli occhi>>
Lo fece.
<<Sono sicuro che sarà importante per te quanto lo è per me>>
Il telefono vibrò nella tasca.
Mirko attese che Flavio lo lasciasse solo per precipitarsi a guardare
1 notifica
+345789112 a Progetto Pirata << Grazie mille di avermi sostituito oggi! @+3277865437>>
+3277865437 a Progetto Pirata <<Figurati:)>>
Spense la cicca sulla ringhiera del balcone.
Cliccò sull'immagine del gruppo per vedere a quanto ammontavano i partecipanti, finora aveva visto solo quella ragazza slanciata che correva in modo buffo.
Si prese un secondo per chiudere gli occhi e rivederla sotto le palpebre.
Erano otto le persone nel gruppo, avvicinò il telefono agli occhi per vedere le immagini profilo.
Eccola
Era una foto che la ritraeva ad un concerto: aveva le braccia al cielo, vicino a lei un'amica, gli occhi brillavano nel buio, le luci del palco che esplodevano alle sue spalle.
Indossava un top con la faccia di Ultimo, annodato sopra l'ombelico, i fianchi erano perfetti.
Cliccò due volte per avvicinare il dettaglio, ma senza capire bene come si aprì una finestra che lo avvertiva che stava chiamando il numero.
Cazzo
Si sbrigò a bloccare il telefono.
Si portò il palmo alla fronte.
E adesso? Che fare? Avrebbe dovuto scrivergli qualcosa? O no?
<<Lo vuoi il caffè, mh?>> Chiara si era affacciata dalla cucina, Mirko saltò per lo spavento e quasi fece cadere il cellulare di sotto.
Chiara inarcò un sopracciglio.
<<Tutto ok?>>
Il silenzio fu eloquente.
La donna aprì la porta e gli fece cenno di entrare.
Si strinse nel cardigan e lo invitò con un cenno.
Si rese conto del freddo che c'era fuori solo quando fu dentro, al caldo.
Avevano sparecchiato il tavolo, ma ora erano comparse di nuovo una brocca d'acqua, dei bicchieri e le tazzine di caffè.
Mirko sedeva in mezzo ai due.
<<Cosa si fa>> iniziò giocherellando col cucchiaino << quando per sbaglio si chiama una persona che non si conosce?>>
Chiara scrollò le spalle
<<Gli dici che hai sbagliato numero>>
Flavio stava sorridendo da dietro la tazzina.
<<Stavi spizzando una e ti è partita la chiamata eh>> scoppiò a ridere senza neanche aspettare la risposta.
Mirko non riuscì a non imitarlo.
<<Che cazzo ne so, stavo guardando la foto e l'attimo dopo la stavo chiamando.>> Spostò lo sguardo da uno all'altra.
<<Che penserà se non scrivo niente?>>
Flavio guardò la compagna
<<Che ti stavi trastullando con la sua foto>>
Ora ridevano entrambi, Mirko si coprì la faccia con le mani.
<<Sono quasi le due di notte, che altro potresti fare?>>
<<Niente!Non ci stavo facendo niente>> sbuffò con una smorfia, che figura di merda.
Flavio si versò dell'acqua.
<<Non ancora>>
Chiara lo colpì sulla spalla.
<<Quindi mi conviene scriverle?>>
Cercò l'approvazione di Chiara.
Poteva lasciare tutto così, magari non si sarebbe mai accorta che il numero era il suo.
Una vocina nella testa gli disse che se ne sarebbe accorta di sicuro.
Era nel letto, con le ginocchia sollevate e il dorso della mano sulla fronte.
La casa era avvolta dal silenzio, sua madre era fuori per lavoro e suo padre era a casa sua.
Ormai era abituato a quella sensazione di solitudine, ma i primi tempi era stata dura, soprattutto quando Flavio era andato a vivere da solo.
Fissò il soffitto vacuo, poi sbloccò il cellulare.
Il fascio di luce era l'unico legame con il resto del mondo, da quell'appartamento.
Ehi ciao :D
Nah, sembrava che ci stesse provando.
Sono Mirko
No, così era troppo serio
Non ci crederai mai..
Cancellò di nuovo e scrisse daccapo
Come ti chiami? Mi stavo salvando i numeri del gruppo, ma è partita la chiamata.
Sì , così poteva andare.
Si rigirò nel letto, insonne come al solito.
Non voleva mandarlo subito, si stava crogiolando nell'attesa di entrare in contatto con lei.
Era come guardarla da lontano, prima di parlarle.
Come un asteroide che si avvicina all'atmosfera prima di entrare in collisione.
Le era sembrata una ragazza alla mano, quando l'aveva vista per la prima volta. Anche la seconda.
C'era una sorta di delicatezza nei suoi tratti, seppur memorabili.
I suoi occhi erano due pugni di freschezza, le sopracciglia come ali di corvo, spiegate sullo aguardo penetrante.
La timidezza era rimasta sconvolta quando Mirko era rimasto a guardarla negli occhi, senza sentirsi fuori posto.
Scusami :D>>
Si addormentò, senza scrivere altro.
<<Chi è?>>
Azzurra non ne aveva idea, guardò Dennis: la fissava stranito dal suo lato del letto.
Accese la luce vicino al comodino.
<<Allora?>>
Giulia dormiva beatamente, era crollata sul divano due ore prima.
<<Ma che ne so>> sbuffò Azzurra, si era quasi addormentata.
La foto profilo ritraeva una moto.
Ad una seconda occhiata il cuore le fece intendere che conosceva quella moto.
<<Oddio>>
<<Oddio>> le fece eco Dennis, partecipativo.
Spostò la coperta e si tirò seduta sui cuscini, Dennis la imitò. Si stropicciò gli occhi, spazzolando con le mani i capelli lilla.
<<E' uno del progetto>>
<<E' carino?>> non le diede il tempo di rispondere.
<<Cerchiamolo su instagram>>
<<Ma no!>>
<<Ma sì>>
Le tolse il telefono di mano, improvvisamente sveglio.
Azzurra lo guardò torva, ma non lo fermò.
<<Eccolo! E' lui?>>
Le mostrò una foto dopo pochi clic sul suo cellulare.
Era lui. Mirko Danzica.
<<Beccato>> gongolò Dennis, stava fissando la faccia di Azzurra con compiacimento.
<<E' carino>> commentò sfogliando il feed.
Azzurra gli si fece più vicina per spiare da sopra la sua spalla.
<<No, ma in queste foto non rende>>
Il sopracciglio di Dennis si sollevò lentamente.
Si girò verso di lei.
<<Ma guardala come è rossa! Vuoi andare in bagno con questo?>> gli restituì il cellulare.
Azzurra lo colpì con violenza.
Dennis si scostò, incurante.
<<Cosa pensi che stia facendo in questo momento?>> la stuzzicò, retorico.
Avvampò di vergogna.
<<Sarebbe come se faceste sesso, se anche tu ti andassi a masturbare in bagno, non credi?>>
<<Dennis, finiscila>>
Per tutta risposta borbottò qualcosa sulla suscettibilità e tornò a dormire.
Fissò le sue foto per ore, probabilmente.
All'improvviso non riusciva più a dormire.
Una parte di lei le ricordava di non farsi troppi viaggi mentali, soprattutto perché non aveva idea di che persona fosse.
Avrebbe potuto essere un maniaco. O magari non si era neanche accorto della chiamata.
Ricordò quando, al liceo, il suo compagno di banco aveva iniziato a scriverle di notte che se la sarebbe fatta volentieri con la panna.
Rabbrividì e posò il telefono sul comodino.
Aveva appena chiuso gli occhi quando lo schermo nero si accese nel buio
1 notifica
+3459821752 <<Scusami :D>>
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