I - approfondimento didattico


*Nobody put Baby in a corner*
Ciao a tutt*! Ecco il primo vero capitolo: ho creato una copertina per la prima parte della storia, che prende il nome di Philia (di cui allego il significato, ma avrete risposta al perché presto, non temete)
Prima di lasciarvi ad Azzurra e Dennis vi chiedo che ne pensate della vignetta che ho creato con un estratto del capitolo! Fatemelo sapere nei commenti, come preferite:)
Buona avventura ;)


-filìa [dal gr. ϕιλία «amore, amicizia», frequente in composti]. – Secondo elemento compositivo di vocaboli derivati dal greco o formati modernamente, in cui indica «amicizia, simpatia, favore», o anche «tendenza, affinità» [vocabolario treccani]

Il vento rincorreva le foglie arancioni nei vicoli, infilandosi nei portoni socchiusi, sotto le imposte oppure tra i passi delle persone.

Azzurra si era fermata in mezzo al marciapiede, con il naso rivolto all'insù, verso i tordi che si stavano esibendo sotto gli occhi bassi di tutti.

Volteggiavano, si tuffavano e risalivano la coltre di nuvole e foschia.

<<Accidenti!>>

Una donna minuta vestita di rosso le era finita addosso, aveva alzato gli occhi scuri su di lei da sotto i ricci ramati.

<<Mi scusi, non l'avevo vista>> disse poi, ricomponendo l'acconciatura.

Una manciata di volantini era finita ai loro piedi nell'impatto. Azzurra si chinò a raccoglierglieli.

Gli occhi nocciola della donna erano allungati e vispi.

<<Ecco a lei>>

Azzurra squadrò uno dei foglietti: Bachame por la vida

Sembrava una scuola di ballo.

Sorrise, ma sembrava che qualcuno le tirasse la pelle del volto.

<<Oh grazie! Stavo per perderlo>>

<<Buona giornata>>

<<Grazie, anche a lei>> rispose piegando con cura il volantino, lo infilò nella tasca del paltò, con una mano guantata.

Sparì con la stessa veemenza con cui era arrivata, sgomitando il vento contrario con piglio.

Riprese la via senza più badare agli stormi.

Il cellulare le squillò proprio mentre passava davanti al Ponte Settimia Spizzichino, era lì alla Circonvallazione Ostiense.

Era Dennis

<<Pronto?>>

<<Eccoti qui stella, quanto ci metti a rispondere?>>

<<Sono di fretta Dennis dai, lo sai che mi piace farmi desiderare>>

<<Provaci con me quando avrai un po' di barba e testosterone tesoro. Volevo sapere se eri arrivata>>

Azzurra si fermò affianco ad un albero.

Controllò il civico, doveva essere lì. Via Nicolò da Pistoia, al posto di quello che doveva essere stato un centro scommesse

<<Or ora>>

Percepiva la trepidazione dell'amico fin dall'altro capo del telefono.

<<Dopo voglio sapere tutto. Se trovi qualcuno carino lasciargli il mio numero.<< si interruppe<< anzi no, lascia stare>>

Non avevano mai avuto gusti affini.

<<Era affascinante>> rispose piccata.

<<Era un eufemismo per dire che se la madre avesse potuto lo avrebbe lasciato al bioparco, gioia>>

Alzò gli occhi al cielo e lo salutò.

<<Fatti sentire!>>

Lasciò scivolare il telefono nella tasca del cappotto.

Il muro esterno ospitava uno striscione con l'immagine provvisoria di come sarebbe diventato quel posto: riammodernato, grande, colorato.

Provò ad immaginare la soddisfazione che avrebbe provato per aver partecipato alla realizzazione di quel progetto. <<Al porto>>

Entrò chiedendosi perché Flavio avesse mai scelto quel nome buffo.

<<Ti prendo sa!>>

Azzurra si arrestò dietro l'appendiabiti: un rumore di passi concitati sulla patina di giornali che proteggeva il pavimento l'aveva avvertita della presenza di qualcuno.
Si affacciò all'interno del primo ambiente: un uomo con una barchetta di carta sulla testa rasata stava fissando qualcuno fuori dalla visuale di Azzurra.

Era chiaramente sulla difensiva: le ginocchia piegate e le braccia stese volevano essere minacciose.

Si sentì un frullo d'ali e poi l'uomo saltò in avanti: il tonfo rocambolesco costrinse Azzurra ad uscire allo scoperto.

<<Tutto bene?!>> l'uomo si girò spaventato, la barchetta era finita per terra assieme a lui, un piccione puntò la finestra spalancata e uscì sbattendo le ali grigie.

Lui si aggrappò alla scala sporca di vernice con un'espressione sardonica.

<<Temo che non dimenticherà facilmente il suo primo giorno a bordo, signorina>>
Azzurra gli sorrise, il signore ricambiò affabile e si tirò in piedi con un verso di dolore.

<<Non l'ho mai vista prima, sbaglio?>>
Azzurra scosse la testa e porse la mano

<<Azzurra>>
L'uomo sorrise, increspando il volto coperto da un filo di barba sale e pepe.

<<Renato>>
<<Si è fatto male?>>
<<Nah, mi sono fatto vecchio>>
Gli occhi piccoli erano verdi come il fondo delle bottiglie di olio, erano gentili.

Renato unì i palmi con uno schiocco che echeggiò nella stanza vuota.
<<Allora! Le faccio fare un giro, che ne dice?>>
Lo pregò di darle del tu e si accodò a lui nel breve tour dell'edificio.
<<Al momento stiamo tinteggiando le pareti, almeno quelle della sala d'accoglienza per ora. Poi ci sarà da scartavetrare le altre e dare una bella pulita per sistemare l'arredamento. Anche quello sarà da sistemare e pitturare di sicuro. Te ne intendi di decoupage?>> sorrise retorico.

Mentre parlava indicava angoli da sistemare con le mani grandi, si girava a controllare che lo seguisse.

Le stanze erano tante, ci sarebbero voluti mesi.
Erano spoglie, ma Azzurra, quel vuoto, lo vedeva pieno di possibilità.

L'ultima stanza in fondo al corridoio era uno sgabuzzino dove c'erano secchi, scope, giacconi e una macchinetta del caffè.

Renato gliene offrì uno.

La fece accomodare ad un secchio per la vernice rovesciato, il tavolino era uno scatolone alto e stretto.

<<Sei qui per dare un'occhiata o ti metti subito al lavoro?>>
Azzurra si guardò intorno, prese la tazzina tra le dita e soffiò dentro.

<<Forse non sono vestita in modo adatto, magari torno domani>>
Renato la osservò. Gli stivali e le calze non erano i più adatti.
<<Forse è meglio>>

Risero.

Trascorsero alcuni minuti di silenzio, mentre si scaldavano col caffè nello stanzino in fondo.

Eppure quel posto sembrava pieno di voci, di storie.

Forse era una sua suggestione.

Forse no.

Renato le stava dicendo che l'indomani avrebbe conosciuto suo figlio, anche lui aveva aderito al progetto.

<<Sai, lo faccio per lui. E' stancante occuparsi di tutto questo alla mia età, ma non voglio fargli vedere che mi sono lasciato andare solo perché mi hanno licenziato. Ci si può sempre reinventare, glielo voglio insegnare>>
Azzurra rispose al suo sorriso tenero, colpita.
<<E' meglio che ora vada, altrimenti perdo il treno>> sorrise a Renato, lasciando la tazzina in bilico sullo scatolone.

La accompagnò fino all'ingresso sprecandosi in convenevoli di ogni tipo.

<<Allora ci vediamo domani>> le disse con un sorriso, si voltò a ricambiare il saluto.

<<Oh chi si vede!>> Renato stava guardando dietro di lei, Azzurra si girò proprio mentre lui si toglieva il casco.

I capelli scuri gli scivolarono sulla fronte, coprendo il segno lasciato dalla pressione del casco.

I suoi occhi erano dello stesso colore del tramonto che avrebbe visto poi una volta uscita dalla metro, a Piramide.

I loro sguardi si incontrarono velocemente, perché Azzurra non si fermò oltre, imboccò la porta mentre Renato accoglieva il nuovo arrivato.

Passò di fianco alla sua moto, parcheggiata a cavallo del marciapiede.

Stava correndo verso la metro con le mani strette alla tracolla della borsa.

DENNIS Dove sei finita? Fra un quarto d'ora passa il treno

Chiamata persa da Dennis

Alzò gli occhi al cielo e compose il numero mentre sgomitava tra le persone che ciondolavano davanti all'uscita della metro.

<<Sto arrivando Den!>>
<<Sbrigati che sono qua da solo, ho paura che mi rapiscano>>
Lo ignorò.

<<Se parlo con te spreco il fiato invece di correre>>
<<Allora corri>>
mise giù.

Quando arrivò sulla banchina, Dennis la stava aspettando con le braccia conserte e i capelli lilla coperti da un cappello.

Soffiò fuori una nuvoletta di fumo appena la vide, portò la sigaretta lontano dalle labbra e si chinò per darle un bacio.

<<Com'è andata? C'era qualcuno di interessante?>>
Scrollò le spalle, Renato era sembrato molto amichevole, ma definirlo interessante sarebbe stato fuorviante.

<<E c'era quello carino che hai incontrato l'altra mattina?>>
Gli occhi grigi di quel Mirko le tornarono alla mente come evocati.

<<Come hai detto che si chiamava? Flavio?>>
Azzurra annuì, la voce metallica annunciò l'arrivo imminente del treno che li avrebbe riportati a casa.

La banchina andò riempiendosi di persone.

Ad Azzurra piaceva osservarle, invisibile e attenta.

Donne sciatte, uomini eleganti, studentesse sciupate, giovanotti profumati, la vita da pendolare l'affascinava da morire.

Dennis le stava raccontando qualcosa, cercò di concentrarsi.

<<Ti rendi conto? L' ho scoperto perché ha risposto al telefono davanti a me! Altrimenti non me lo avrebbe mai detto!>>
Le sue sopracciglia disegnarono la parabola del disappunto.

<<E' fidanzato e non te lo aveva detto?>>
Annuì portando la sigaretta alle labbra un'ultima volta, poi la gettò sui binari.

Entrambi la guardarono spegnersi sotto le prime gocce di pioggia.

<<Quindi poi te ne sei andato>> dedusse.

Dennis la guardò coi suoi occhi dorati.

<<Certo che no, tesoro, ci sono stato>>

Azzurra scoppiò a ridere, il suo amico si strofinò le dita ossute per scaldarsi.

<<Den! Ma allora che lo hai fatto a fare l'offeso!>>

<<Vabbè è una questione di educazione.>>  la rimbeccò alzando il mento glabro.

Una mano saettò sul braccio di Azzurra, lo guardò negli occhi. Dennis si chinò verso il suo orecchio con un ghigno.

<<Ho finalmente capito la perfezione del triumvirato>>
<<Dennis!?>>
<<Che c'è? E' da considerare come un approfondimento didattico.>>  gli venne da ridere <<Quanto zelo>>
<<Uh guarda, il nostro treno>>

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