Felicità

La si può interpretare in tanti modi e ce la si può figurare in tanti modi. C'è chi sente una scintilla, chi dei fuochi d'artificio, chi un fuoco, chi delle farfalle, qualcuno la sente e basta. Quel calore che ti sale dallo stomaco fino alla gola, e ti apre gli occhi e il cuore.
Ubriachi di felicità, vediamo il bicchiere mezzo pieno e ogni piccola cosa bella che accade si trasforma in una goccia che cade nel vaso che è il nostro petto. Goccia dopo goccia. Finché il vaso non trabocca. Quando la prima goccia esce dal vaso scoppiamo e ridiamo e piangiamo e balliamo e urliamo e bruciamo. Moriamo di felicità. Il mondo gira più veloce e tutto diventa improvvisamente spettacolare. L'orizzonte si gira e l'odio ci volta le spalle indignato. E noi lo guardiamo allontanarsi, ghignando in faccia a quell'ombra che pensava di poterci far smettere di morire di felicità.
Luke si chiedeva spesso come fosse possibile che Vì facesse sempre traboccare il vaso. Si chiedeva sempre come facesse a modellare le nuvole e a infilargliele nel petto.
La si può interpretare in tanti modi e ce la si può figurare in tanti modi. Ma come si fa quando il vaso si riempie così a lungo che non fa in tempo a svuotarsi? Come si fa quando il nostro stato di ebbrezza da felicità si prolunga così tanto da non lasciarci mai sobri? Quella è la parte migliore. Perché attacchiamo la felicità a chi ci sta intorno, a chi ci ama, a chi ci parla. Come una malattia infettiva la felicità si fa strada nelle coltri d'odio depositate nel petto delle persone, articolandosi in radici luminose.
Nel petto di Luke, ormai, era cresciuto un albero, e sopra ad esso erano spuntate foglie e frutti e fiori di ogni colore. Tutto grazie a lei. E alle onde d'amore che seminava sulle radici di felicità.

Ma qualche volta c'è di più...

Quel sentimento che ti rimane dentro anche dopo che hai finito di scoppiare. Quella vibrazione che increspa il tuo viso in un sorriso e che modella la tua voce in un tono gentile. Quel sentimento di sazietà, dopo una sbornia di felicità.

Perciò, per parlare come Cyrano de Bergerac, si potrebbe dire che

"Per descrivere,

ciò che della felicità è la scia,

basterebber sette lettere,

per scrivere EUFORIA".


Ciao! Ci tengo a dire che sono molto legata a questo capitolo, perché l'ho scritto in un momento in cui il mio stato d'animo corrispondeva a queste parole. Mi sono venute dal profondo del cuore, perché ero proprio FELICE.

L'ultima frase l'ho inventata sulla base di una citazione di Cyrano de Bergerac. Nel suo caso la frase era negativa, infatti viene espressa durante un duello, ma questo fatto di specificare quante poche lettere bastano per riassumere uno stato d'animo mi attrae molto.

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