(In scena oggi ) E lo chiamano "amore"

Serrò la chiave della stanza,
strette le ginocchia al grembo
a tamponare la ferita profonda.
Il vacuo ricordo della dignità,
padronanza perduta,
estirpata da crudele ignoranza
travestita da giustizia barbara.
E lo chiamano "amore".

La porta strattonata,
la voce imponeva di uscire
con rabbia.
Aprì tremando e lo zio,
lo zio la spinse al muro.
Sentì solo il sibilo dello schiaffo,
uno squarcio
all'anima svilita.
Le disse "ingrata".

Abbassò la testa e scese
costretta a sedere, esposta al commensale.
Volti commiserevoli parlarono di lei
quasi non fosse presente.
In catene, lapidato
il rognoso animale, per espiare.
La colpa inesistente si insinuò
come un verme stisciante,
assetato di anime e sangue.
Lo chiamarono "amore".

Ma la mente si staccò
dalla carne morta e cominciò a volare.
Vide dall'alto la luce del palcoscenico,
il sipario che s'apre.
In scena oggi, una tragedia grottesca,
gli attori dai ghigni truccati
e pure il cane.
E rise,
rise forte.
Tutti rimasero disgustati, attoniti,
la chiamarono "pazza".

Mo

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