Muschio e tempesta
8
Il cielo era nuvoloso, cantava un inno alla tempesta, aspettava che il suo maestro, il ragazzo dagli occhi smeraldo, desse il segnale per l'inizio delle danze. Ma lui era impegnato a rincorrere una misteriosa guerriera e perciò si avventò su Miranel solo una leggera pioggia, mentre era nel cuore del ragazzo che il mare iniziò ad agitarsi.
Tristan rimase di fronte alla porta della ragazza senza il coraggio di bussare per più di mezzo minuto, il cuore che pulsava nella sua testa e le mani sudate. Alla fine, solo la sensazione di tenerla ancora stretta a sé così come il suo bel profumo di gelsomino lo spinsero a bussare. E lei rispose subito, dicendo che era aperto e così il fae entrò, infilando prima la testa, come per chiedere nuovamente il permesso e poi sgusciando oltre la porta.
La ragazza-senza-nome era seduta sul davanzale della finestra, osservava la pioggia che si infrangeva sul vetro e le gocce che facevano a gara per scendere e scendere. Era piccola piccola, eppure dentro era grande, antica, era una creatura rara, preziosa. Diffidente e fredda, ma anche alla ricerca di qualcuno, qualcuno da amare, da proteggere, qualcuno per cui lottare. Tristan vide il suo passato, vide le cicatrici sulle mani, i segni di un antico addestramento, vide quell'ombra negli occhi, segno della morte e del dolore che aveva visto, che aveva provato, vide il suo sorriso, leggero da sembrare in realtà che non stesse sorridendo affatto; un sorriso stanco, vecchio. Vide una fae che aveva combattuto battaglie e visto orrori e compiuto atrocità, ma vide anche una ragazza che aveva amato, a suo modo, vide una femmina che voleva cambiare, migliorare. La vide e l'ammirò per quello che era diventata nonostante quello che era stata un tempo.
"Sono felice–che tu stia bene" era sicuro di essere diventato paonazzo, ma lei non si girò neppure. Gli sorrise attraverso il riflesso della finestra. "Insomma se fossi morta..." si diede dello stupido.
"Ti saresti sentito perso?" Il tono della ragazza era scherzoso, ma lui avrebbe risposto di sì, che ci aveva azzeccato.
"Stavo per dire che non avrei saputo come spiegarlo a Lachi senza farlo impazzire." non ricevetti che uno sbuffo divertito e qualche borbottio riguardo la morbosità dei folletti e in particolare di quel bibliotecario appiccicaticcio. Lo invitò poi a sedersi su una sedia vicino alla finestra. Quando furono finalmente vicini, però, lei ancora non lo guardava che attraverso alla finestra, come se avesse paura di vedere la vera sfumatura degli occhi del ragazzo, cosa celavano.
"Stai bene?" le chiese dopo un po' di tempo che si erano limitati a guardar fuori e spiarsi a vicenda.
La fae sembrò indecisa se rispondere o meno. Non era certa nemmeno di sapere la risposta lei stessa. Dopo l'incontro con la strega e la scalata, aveva semplicemente dormito qualche ora e poi era tornata seguendo il percorso. Non aveva sentito i mastini, né avvertito la loro presenza.
"Ho lasciato Jibril da solo, non avrei dovuto. Era in pericolo." fu la prima cosa che gli venne in mente da dire. Era vera, verissima. Aveva lasciato il suo amico, certo, un mezzo fae che si allenava con lei a diventare Cavaliere di Drago, ma comunque un ragazzo di a malapena vent'anni, senza vera esperienza e spaventato da solo in balia dei mostri che stavano cercando... beh lei aveva il sospetto che, come aveva detto la vecchia, le creature stessero cercando proprio lei. Ecco perché erano andate al fortino: avevano sentito l'odore della fae. Probabilmente erano anche stati a casa della strega, con sua grande sorpresa la ragazza-senza-nome si ritrovò a sperare che Ulyana se la fosse cavata.
"Non ti devi incolpare per questo. Lui dovrà affrontare certe cose, prima o poi. Non potrai proteggerlo per sempre." disse Tristan.
Aveva ragione, doveva ammettere la ragazza. Quante volte lei stessa aveva proibito ai suoi soldati di aiutare un certo fae in difficoltà così che potesse affrontare da solo il pericolo, la sua paura? Ma allo stesso tempo quanti di questi fae che in realtà avevano solo bisogno di aiuto, di un'insegnante, erano morti a causa della sua arroganza?
Gli diede ugualmente ragione annuendo.
"Perché sento che c'è dell'altro?"
Finalmente la ragazza-senza-nome si voltò verso di lui. Aveva i capelli scombinati e sembrava assonato, ma la sua posizione era comunque impeccabile, da buon soldato e seppur aveva le occhiaie e le palpebre mezze abbassate, gli occhi brillavano e le labbra erano piegate in uno splendido sorriso. Si sorprese più di tutto però di vedere quanto la... conoscesse, quanto la capisse anche se si parlavano da appena due mesi. Tristan arrossì intuendo i pensieri della compagna.
"Sai una cosa? Non c'è bisogno che tu me lo dica adesso, ma voglio che tu sappia che quando sarai pronta, io sarò con te, come amico, se lo vorrai." disse il fae.
Fu a quel punto che la ragazza-senza-nome si rese conto di non essere più sola, di avere qualcuno oltre Kahal e si rese conto anche che Tristan, il suo compagno di letture, era più simile a lei di quanto pensasse: lui sapeva cosa significava perdere tutto, sapeva cosa voleva dire essere soli. Lui la capiva; forse era uno dei pochi che poteva veramente capirla.
"Sei sicuro di voler essere mio amico? Non avrai vita facile..." cercò di scherzare lei, ma il fae era più sicuro che mai.
"Sarei onorato di essere tuo amico." allungò la mano, tesa verso di lei, per sancire quel patto, ma lei non la prese.
No, invece si sporse verso di lui le braccia aperte e lo strinse in un abbraccio, tanto simile a quello di qualche ora prima.
"Fino alla fine." le sussurrò tra i capelli.
"E oltre." rispose.
La ragazza-senza-nome desiderò di sentire per sempre accanto a sé quel buon odore di muschio e tempesta.
N. A. Ragazzi mi dispiace se c'erano errori, ma non ho avuto il tempo di revisionare e odio essere assente per troppi tempo. Mi trovo in Sicilia e perciò mi sto godendo un po' il mare, spero che anche tutti voi siate in vacanza e che stiate bene!
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