Gelsomino
7.3
Per prima cosa Silas svegliò Turien e Tristan. Entrambi lo maledissero diverse volte, ma non appena sentirono il motivo per il quale li aveva fatti alzare, si erano zittiti e in due minuti si erano ritrovati vestiti e armati nell'atrio.
"La ragazza e Jibril erano al fortino a nord-ovest della catena montuosa, lei poi è andata più a nord per cacciare la strega, mentre i mastini potrebbero essere ovunque nel bosco a cercare qualsiasi cosa stiano cercando." li aggiornò brevemente Silas. Tristan sembrava il più teso di tutti. Stringeva ossessivamente le sue spade corte, mentre Turien, come ogni volta che si trovavano in una situazione difficile, era sceso nel silenzio più totale. "A quest'ora dovrebbe essere di ritorno, sempre che sia sopravvissuta alla strega e a meno che i mastini non si stiano dirigendo in città o non siano scesi più a valle, dovrebbe incontrarli." a quell'ora era decisamente morta, si ritrovò a pensare Silas.
"Il Generale cosa ha detto?" chiese Turien.
"Ha detto che non dovremmo fare niente."
Tristan strinse ancora di più i pugni dalla rabbia. "Allora andiamo. Non c'è un attimo da perdere." ringhiò, ma Turien lo afferrò per un braccio.
"Tristan—lei potrebbe essere morta." Gli disse.
Silas giurò di non aver mai visto qualcuno sbiancare più velocemente di quanto avesse fatto il suo amico a quel punto, ma subito Tristan scosse la testa e si passò una mano tra i capelli, gesti che compiva ogni volta che era in ansia e li esortò a muoversi. Nemmeno il tempo di dire nulla che lui era già volato fuori dall'atrio.
Non fece molta strada. Venne subito bloccato da un'accurata trappola di Fance. Ovviamente il tenente aveva già previsto che quei tre avrebbero provato a scappare per aiutare la loro amica e aveva preso le precauzioni necessarie: aveva messo Velias, il fae più odioso e spocchioso di tutti, a guardia del portone e gli aveva ordinato di non farli passare per alcun motivo e di chiamarlo se necessario o di usare la forza. Tristan era sicuro che sarebbero dovuti passare alla seconda molto presto.
"Impotente, eh, Tristan?" disse Velias. La sua risata sembrava il verso di un maiale. Proprio azzeccato nel suo caso.
"Fammi passare." Ringhiò di rimando. Lo avevano raggiunto anche Turien e Silas, ma nel frattempo altri fae si erano aggiunti ai lati di Velias e lui, sicuro di sé, accerchiato da quegli scudi umani, si fece anche più audace e insopportabile.
"O se no?"
"Non lo vuoi sapere." un vento di tempesta si alzò e le mani di Tristan iniziarono a formicolare: era pronto a rilasciare i venti pur di raggiungere la ragazza-senza-nome, la sua amica, la sua compagna, l'unica con cui si era sentito vivo, dopo tanto tempo, quella che ogni volta gli metteva in subbuglio lo stomaco, quella che lo spingeva ad essere migliore. Le voleva bene e sapeva la solitudine che aveva dovuto affrontare in tutti quegli anni. Non avrebbe permesso che si fosse sentita in quel modo anche solo un giorno di più.
Si ritrovò improvvisamente le due spade alla mano, pronto a combattere. Velias lo imitò e sguainò il suo immenso spadone in grado di tagliare due teste in un colpo solo. Nessuno osò fare niente per fermarli, ma si allontanarono lentamente, lasciando ai due spazio per combattere.
Tristan era ancora sulle scale, più in alto di Velias e questo avrebbe potuto giocargli un vantaggio, doveva solo giocarsela bene.
Velias attaccò per primo. Un lungo fendente che avrebbe dovuto separare le gambe di Tristan dal resto del corpo. Ma Tristan saltò, si diede uno slancio mettendo una mano sul faccione di Velias e quasi accecandolo e atterrò dietro di lui con maestria. Riuscì a ferirgli una gamba, ma sorprendentemente, anche con quel grosso spadone, era veloce. Si voltò e le tre spade si incrociarono in un gran clangore.
Tristan era più alto del suo avversario, ma aveva meno massa, era più veloce e scattante, ma per quanti muscoli avesse, Velias ne aveva di più e per ciò non doveva contare su quel fattore. Iniziò con colpi piccoli, forti e mirati, volteggiando come aveva imparato a fare grazie a lei in tutti quei mesi. Irraggiungibile, ecco come avrebbe descritto la tecnica di combattimento della Ragazza-Senza-Nome. Non poteva essere toccata, non poteva essere neppure sfiorata. E subito dopo ti uccideva e la ritrovavi a un soffio da te a prosciugare il tuo ultimo respiro.
Velias non riuscì a colpirlo nemmeno una volta, mentre Tristan mise a segno più colpi e, come era sua intenzione, lo stancò: i colpi divennero fiacchi e lenti, lo spadone non si muoveva più con tanta esuberanza e non era affatto preciso. Il brutto volto del fae era madido di sudore ed era deformato da una smorfia irosa.
Combatterono per quella che sembrò un'infinità; Velias, nonostante fosse un grosso idiota, sapeva combattere ed era maledettamente resistente, ma Tristan più veloce e più resistente.
Lo guardò negli occhi quando gli puntò la lama alla gola dopo averlo costretto in ginocchio e disarmato.
Tristan aveva il fiato grosso e le ginocchia tremanti, ma si sentiva vivo più che mai.
Indugiò nel guardare la propria lama sulla gola di Velias, come avrebbe potuto finire la sua vita così facilmente, ma alla fine la tolse permettendo al compagno di respirare. Tutti si erano ammutoliti. Tristan ignorò quegli sguardi terrorizzati e rivolse lo sguardo solo ai suoi amici. Ma loro guardavano qualcos'altro.
"Tristan." Silas si voltò verso di lui."Tristan, guarda." Gli indicò il bosco, dietro l'albero dello spirito dell'autunno. Lì c'era un'ombra scura che barcollava e lentamente si trascinava verso l'Accademia.
Il ragazzo delle tempeste non perse tempo a pensare, non appena sentì il cuore ricominciare a battere, le sue gambe si stavano già muovendo. Corse a più non posso, seguito da Turien e Silas e dopo un centinaio di metri la figura avvolta nel mantello si fece chiara. Non portava il cappuccio, i capelli erano umidi e le coprivano metà volto, ma teneva la testa alta come sempre, e i suoi occhi ametista sembravano brillare.
Le labbra si arricciarono in un mezzo sorriso alla vista dei tre fae dall'aria decisamente preoccupata che facevano a gara per raggiungerla.
Tristan doveva aver perso la testa, perché non appena arrivò dalla Ragazza-Senza-Nome, l'abbracciò e la strinse a sé sprofondando il naso nell'incavo del suo collo, dove i capelli gli solleticarono il volto. Inspirò a pieni polmoni il suo odore di gelsomino, pronto ad essere malamente respinto, ma non accadde. Invece la fae rimase ferma per qualche istante, rigida tra le sue braccia e poi si rilassò e allacciò le braccia dietro la sua schiena, poggiando la testa sulla sua spalla.
Il fae sentì tutta la preoccupazione, l'ansia, il terrore scivolare via con quell'abbraccio, con la sensazione di lei sana e salva tra le sue braccia.
La Ragazza-Senza-Nome chiuse gli occhi e si lasciò cullare dall'odore di muschio e tempesta, il suo antidoto contro incubi e ricordi, dal calore del ragazzo e solo quando i loro cuori si calmarono, ormai battendo allo stesso ritmo, si staccarono.
Il verde brillante degli occhi di Tristan l'analizzarono da capo a piedi, poi di nuovo incontrarono quelli blu notte, intrecciati dalla più bella sfumatura di viola della ragazza-senza-nome. Sembravano entrambi voler tornare in quell'abbraccio, ma non potevano.
Silas iniziò con le domande mentre Turien si limitò a squadrarla per capire se fosse gravemente ferita, ma oltre che un polso slogato e dei tagli superficiali su tutto il corpo, non aveva nulla. Entro la mattina successiva sarebbe stata tutta d'un pezzo.
Ma il trio di fae non fece in tempo a fare le domande giuste per avere un'esclusiva sulla sua avventura con la strega, perché arrivò Fance, seguito da Hunthor e Velias, rosso dalla vergogna, che sicuramente l'aveva chiamato. Il tenente sembrò dispiaciuto nel vederla tutta intera e non chiese nemmeno se fosse ferita; le ordinò semplicemente di seguirlo dentro nello studio del tenente per aggiornarlo sui fatti avvenuti. E così lei fece.
Disse a lui e al Generale, molto incuriosito, che aveva seguito la strega fino a una vecchia catapecchia a valle, non tanto lontana dalle mura di Miranel e che lì le aveva teso una trappola e l'aveva uccisa, poi si era dovuta accampare perché era troppo tardi. Era tornata quella mattina per prudenza, passando per il bosco e andando al fortino nel caso Jibril fosse rimasto lì. Chiese del suo compagno e cosa gli fosse successo, perché non era con Tristan e gli altri, ma il tenente la congedò dicendole solo che c'erano state delle complicazioni ai confini.
Con il cuore in gola e rabbia nelle vene, la ragazza-senza-nome era uscita dallo studio del Generale di corsa, alla ricerca di risposte riguardo il suo amico. Trovò nell'atrio Tristan, con Silas e Turien che parlottavano.
"Ditemi cos'è successo a Jibril."
E così loro le spiegarono. Le dissero di come fosse tornato terrorizzato, le raccontarono dei mastini, quelle specie di lupi-demone che erano alla ricerca di qualcosa e che ora si aggiravano per i boschi. Tristan notò che da bianca divenne verdognola quando le spiegarono che stavano cercando qualcuno.
"Lui è in infermeria, dorme ancora." concluse Silas. "E anche tu dovresti andare a riposare e guarire." continuò.
La ragazza-senza-nome annuì e si passò una mano sul volto: era stata proprio una lunga notte, poi si rivolse a loro: "Grazie per esservi presi cura di Jibril." se ne andò, verso la sua stanza, senza mai guardarsi indietro.
I tre fae rimasero un attimo imbambolati, confusi.
Fu Tristan il primo a riscuotersi. Non guardò negli occhi i suoi amici quando si lanciò dietro la misteriosa ragazza.
N. A. Oggi doppio aggiornamento (nel senso che ho aggiornato sia Angelo della Morte che Dimenticata) e perciò sono fierissima di me. Questo capitolo, inoltre, l'ho praticamente stravolto perché tutta la parte del combattimento tra Tristan e Velias dieci minuti fa non esisteva! Comunque spero che vi sia piaciuto e tornerò presto!
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