Un conto da saldare
Aveva appena sedici anni, quando si era imbattutta in quei grandi abissi neri, che appena riusciva a chiamare "occhi".
Dopodiché, aveva visto quegli stessi occhi diventare grigi, e, infine, bianchi, come il resto di quella creatura. Nemmeno per un secondo era stata lieta della morte di Numero Uno.
-Tu sai chi sono?- chiese, fortemente turbata. Il polpo bianco alto due metri inclinò appena il capo, mentre scoperchiava il cofano anteriore di una decapottabile; venature azzurre presero a pulsare sul suo capo, e da lì, lungo il corpo esile, fino ai tentacoli, avvinghiati sulla batteria dell'auto.
Stava succhiandone l'energia.
Quando ebbe finito, i tentacoli si distesero sotto l'auto, che sotto gli occhi impietriti della ragazza, fu scaraventata in aria, per poi abbattersi al suolo, non troppo lontano dall'Hummer nero di poco prima.
-Selena Gaspares: hai distrutto il primo di Noi. Lui, e con lui, tutti i nostri capostipiti-
Una grande parte di lei avrebbe voluto urlargli che non aveva nulla a che fare con la morte di Numero Uno... ma un subdolo e insensato senso di colpa le smorzò il fiato.
-E tu? Che ci fai qui? Come sei arrivato?- chiese, tenendo stretto il coltello di Zares nella tasca dei jeans.
Zares... dove accidenti si era cacciato? C'entrava qualcosa con l'apparizione di quel mostro della Dimensione Beta?
Un riflesso di luce sul bianco del tentacolo destro dell'Unità Intellettiva richiamò la sua attenzione: la ragazza ebbe appena il tempo di buttarsi e rotolare a terra, prima di essere colpita in piena faccia; ma ecco che l'altro tentacolo la afferrò al braccio sinistro, stritolandole il polso fino a fargli assumere una tinta prima rossa, poi violacea. Urlando per il dolore, Selena sfilò il coltello dalla tasca e lo conficcò nel tentacolo, proprio in corrispondenza di una venatura azzurra.
Il tentacolo mollò la presa, per ricadere a terra, privo di vita, arto spento trascinato sull'asfalto del pomeriggio. Per un attimo, si chiese se avesse provato almeno un minimo di dolore, quel bastardo.
Ma come avrebbe potuto?
Le Unità Intellettive non provavano sentimenti, emozioni, o dolore. Nemmeno fisico.
Numero Uno, la prima delle Unità Intellettive per "età", si era spento sotto i suoi stessi occhi, senza il minimo cenno di paura, o sollievo per la fine della vita.
Vita.
No.
Quella cosa che si preparava ad attaccarla di nuovo non aveva la più pallida idea di che cosa fosse una vita. Appena era conscia di avere un'esistenza.
Non poteva sperare che avrebbe fatto lo stesso errore due volte, non al costo di perdere anche l'altro tentacolo; il punto azzurro pulsante sul suo cranio bianco, proprio sulla fronte, la reclamava, suadente: un colpo lì, e quel affare infernale era fuori gioco.
Scattò in avanti, saltò con forza, portando le ginocchia al petto, quando il restante tentacolo provò, invano, ad afferrarla per le caviglie. Un piede sul tentacolo morto a terra, e con un altro salto, conficcò il pugnale più in alto che seppe arrivare distendendo il braccio: lo squarcio della lama sul collo bianco le ricordò quello di una lamiera tagliata, solo, più sottile.
Il tentacolo si abbattè su di lei, colpendola prima sulla testa, e poi ,sulla schiena.
Selena urlò di dolore, mentre sentiva le orcchie fischiare e la pelle sotto la camicia bruciare per la frustata, ma arpionò le dita al collo e al pugnale, e si issò con un ultimo sforzo fino alla sua spalla.
Non ci fu alcun suono, quando conficcò il pugnale nel cervello, proprio nel punto luminoso, che, semplicemente, si spense, come tutte le venature azzurre dell'Unità Intellettiva.
Ancora una volta, Selena Gaspares osservò quei grandi occhi neri, diventare prima grigi, e infine bianchi, come il resto di quel corpo, che si accasciò a terra, nello stesso modo in cui un albero tagliato nel tronco si schianta al suolo.
Poche parole echeggiarono nella sua testa, ultimo messaggio della creatura morente.
Un messaggio rivolto unicamente a lei.
Un messaggio che non le avrebbe più dato pace.
Sdraiata a terra, non era capace di rimettersi in piedi: la frustata sulla schiena non le aveva solo bruciato la pelle. Una parte di lei sapeva che si era rotto qualche ossicino importante della spina dorsale, e l'unico motivo per cui non stava scoppiando a piangere, era quell'inquietante silenzio che la circondava.
Dove era la polizia? Quella gente aveva visto il polpo bianco di due metri e più succhiare energia dalle auto e scaraventarla in aria, no? Dove erano tutti
cosa
era
quel silenzio
e poi la sgradevole sensazione di qualcosa che le colava dall'orecchio, denso e caldo; tale era stato il dolore alla schiena, che fece fatica a ricordare il dolore alla testa, finché non raccolse dalle orecchie il sangue rosso scarlatto.
Il suo sangue.
Si sforzò di guardarsi attorno, e li vide, tutt'attorno a lei. Uomini e donne, ragazzini, polizia... tutti attorno a lei e alla carcassa mostruosa che aveva appena abbattuto. Si agitavano, muovevano le labbra, urlavano di paura, probabilmente, ma tutto quello che riusciva a captare, e solo se si concentrava, era un sussurro continuo, simile a un ronzio fastidioso che avrebbe volentieri fatto smettere.
Una sagoma le oscurò il sole, e solo per questo avrebbe ucciso. Il calore del sole la stava tenendo viva e sana di testa. Poi, con la coda dell'occhio, distinse il bianco e l'arancione della divisa, e l'inconfondibile croce rossa sulla manica del braccio. Il paramedico, cassetta alla mano, le stava dicendo qualcosa, mentre le tastava la schiena, sotto i suoi gemiti di dolore. Poi dovette vedere il sangue sulle orecchie, perché smise di parlarle; un altro ragazzo venne chiamato a fargli da scriba, mentre l'ambulanza arrivava e lei veniva caricata in barella. Lesse il biglietto che le posero davanti agli occhi:
Chi vuoi che chiamiamo?
Al suo risveglio si sarebbe sicuramente pentita di quella scelta, del tutto priva di senno. Perché lei stava rischiando di morire, e avrebbe dovuto far chiamare il suo fidanzato scomparso, o il suo iperprotettivo fratello depresso... un solo nome emerse dalle labbra semidischiuse, prima che le porte dell'ambulanza si chiudessero con lei dentro, prima che la vista le si appannasse e il dolore la inducesse in uno stato di semicoscienza. In quel limbo di flebo, panni intrisi del suo sangue, mascherine, garze e punture, i grandi occhi neri della creatura balenavano ancora davanti a lei, incastonati sul tetto del furgone dell'ambulanza, e ripetevano ad libitum quelle ultime tremende parole.
Il vostro tempo sta scadendo.
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top