Infinito
Selena si aggiustava la camicia, bianca come la neve, attorno ai fianchi, decisa a trattenere il fiato pur di nascondere il velo di grasso che aveva foderato ormai i suoi addominali.
Era successo.
Aveva preso cinque chili in due mesi, ed eccoli, lì come sui fianchi, pronti a gravare ulteriormente su quella che già si preannunciava essere una delle serate più complicate della sua vita.
Per la prima volta, Zares sarebbe stato nel suo mondo, la Dimensione Alfa.
Nell'ultimo anno, era sempre stata lei a raggiungerlo nella Gamma, non solo per il desiderio di rivederlo, ma anche perchè si sentiva intimamente legata a quella zona della Sardegna. In fondo, era stato su una di quelle spiagge che aveva recuperato la memoria, persa nella Dimensione Beta.
Scosse appena la testa: aveva passato mesi a istruire Zares sull'italiano, ma non sarebbero comunque passati inosservati, se si mettevano a parlare di dimensioni parallele.
Il cellulare sul letto prese a vibrare; Selena rispose al volo, schiantandosi sul materasso.
Era Carlos.
-Ehi, ti prego, dimmi che Zares è ancora vivo-
Poteva sentire il suono del motore di sottofondo: stava guidando-Tranquilla, é qui, affianco a me, sereno e impaziente di vederti-
-Ma, Wert?-
-Ovviamente ha preferito non venire con noi... non poteva andare altrimenti, se volevi avere il tuo pazzoide preferito tutto intero-
Selena si lasciò cadere sul materasso, la schiena che aderì al copriletto in piume, i capelli, castani, che si distesero a corona attorno al suo capo.
E sì, il suo ragazzo era davvero pazzo. E, quel che era peggio, non riusciva a biasimarlo.
Wert aveva ucciso i suoi genitori.
Ma aveva anche salvato Carlos... e ora vivevano insieme.
Ma se non fosse stato per lei, e del legame, indissolubile, tra lei e Carlos Sanchez, Zares non avrebbe nemmeno provato a mettere da parte la sua sete di vendetta.
Ipnotizzata dalle crepe che serpeggiavano sul soffitto, si chiese se Zares fosse mai stato geloso di quel legame. Carlos era... era davvero un bellissimo ragazzo. Sardo. Del suo mondo. E la capiva... in un modo che non riusciva a nessun altro; nemmeno all'elfo, per quanto odiasse ammetterlo.
-Comunque, volevo solo dirti che siamo a Cagliari, e tra dieci minuti te lo scarico di fronte casa tua, e lì te la vedi tu !- concluse, con una risata beffarda.
-Come si é vestito? Volevo portarlo in centro, ma se ha gli abiti sporchi di sangue, lo chiudo in camera mia-
Si pentì amaramente di quelle parole nell'istante stesso in cui le ebbe pronunciate: inesorabile, la risata di Carlos le rintronò nelle orecchie, seguita dall'ovvia provocazione:
-Ajo, Selena, sappiamo entrambi che hai unicamente voglia di chiuderti in stanza con lui, e che come è vestito, è ben poco rilevante, visto che non potrà tenersi a lungo i ...-
-CARLOS DACCI UN TAGLIO- tuonò Selena, imbarazzatissima. Non che fosse la prima volta che se ne dicevano di quel tipo... ma Zares aveva un orecchio da gatto, e qualche parola la aveva imparata...e se avesse sentito?
Dall'altro capo della linea, la risata di Carlos si fece sempre più leggera: riconobbe di ricordare perfettamente come tendesse a ridursi in un leggero sorrisetto finale, un sorriso furbo, quasi infantile.
Si sorprese a chiedersi come sarebbe la sua vita, se non avesse mai trovato la Sveglia del Tempo.
Non avrebbe mai conosciuto Zares.
Avrebbe mai incontrato Carlos?
Avrebbe mai ucciso?
Si fiondò in bagno, decisa a mantenere sepolti i vecchi demoni, e a impiegare tutte le sue attenzioni alla chioma rosso cuoio da domare. Infilati i tacchi, sentì il cellulare vibrare.
Carlos
Siamo sotto casa tua. Fai in fretta, il tuo ragazzo mi tollera appena, lo sento.
Non poté fare a meno di chiedersi se fosse per gelosia di lei o per odio per Wert.
Si concesse un attimo davanti allo specchio per un controllo finale, ma quando i suoi occhi indagatori caddero nel loro stesso riflesso, questi sprofondarono nel castano scurissimo-quasi rosso cuoio- dei suoi occhi.
Quanta paura in quegli occhi...
Non era il loro primo appuntamento, ma quello era il suo mondo. Un mondo che lui non conosceva e per cui molto probabilmente non era nemmeno preparato.
Poteva andare tutto storto, da un clacson che lo avrebbe fatto sobbalzare per lo spavento, con un salto minimo di un metro di altezza, fino all'omicidio di un qualunque bastardo che avesse osato importunarli.
Tutti questi pensieri, che rintronavano nella testa, divennero un sussurro, quando Selena Gaspares aprì la porta d'ingresso.
Occhi come quelli di Zares semplicemente non esistevano, nel suo mondo.
No
Nel suo mondo,nemmeno esistevano quelle sfumature di azzurro, verde, verde chiaro....e proprio ora che la guardavano, quello spettacolo di azzurri si fece più luminoso, scaldandole il cuore.
-Selena-
Il suo nome pronunciato da lui, con quell'accento che fino a due anni prima avrebbe associato a un origine scandinava , le regalò un brivido piacevole lungo la schiena, mentre il basso ventre si annodava mentre indagava quelle labbra sottili, rosate, incorniciate da una leggerissima barbetta bionda.
Fece una fatica immane a accompagnarlo alla Lambretta: ogni sua cellula le urlava di portarlo in camera sua e chiudercelo a chiave. Le tremavano appena le dita, mentre toglieva la catena dalla ruota posteriore del motorino, dandogli le spalle. Zares non era mai stato un tipo logorroico, ma i loro silenzi la avevano sempre sorpresa; ora, poteva sentire chiaramente il suo sguardo carezzarle la schiena, il collo appena velato da una ciocca di capelli, e perfino lei riusciva a ricostruire nel dettaglio la sua immagine.
Carlos le aveva giocato un bel scherzo: aveva prestato a Zares un suo blue jeans e una camicia nera, che ne risaltava i pettorali scolpiti.
Trattenne il fiato, quando l'elfo le si sedette dietro; per quanto potesse concentrarsi sull'avviamento del motore, per quanto potesse essere rassicurante sentire la sua amata Lambretta che la accompagnava in quell'avventura, ogni superficie del suo corpo sentiva chiaramente ogni contatto con il jeans di Zares, all'altezza delle cosce, mentre i fianchi attendevano, impazienti, il calore delle sue mani, dalle dita affusolate ma callose.
Calore che stentava ad arrivare.
Sbuffò appena, quando realizzò che Zares non sembrava volersi tenere a lei, ma non disse nulla. Il suo prode cavaliere dall'armatura nera, sporca di sangue, non si lasciava andare, non ancora.
Se non fosse stato per il suo sguardo, avrebbe seriamente dubitato di ogni interesse da parte sua.
Fece una partenza un po' brusca, mentre il vento prese a correrle tra i capelli: aveva dato il suo unico casco a Zares, che aveva accettato, senza troppe remore, che lei glielo stringesse sotto il mento.
Ferma, davanti al semaforo rosso di Via Roma, alle sette del pomeriggio, Selena Gaspares poteva ancora sentire chiaramente la sensazione delle sue dita che sfioravano il suo mento. Le sfuggì un sospiro, fortunatamente soffocato dai motori delle auto affianco e dietro di lei.
Si abbandonò completamente alla strada solo quando furono su Viale Poetto, lo stagno alla sua sinistra, il mare sterminato alla sua destra; ubriaca dell'aria di sale che le sussurrava alle orecchie dolci parole su quella serata, su come poteva andare bene, del futuro che potevano avere, se non fossero scoppiati disastri.
Aveva notato il silenzio di Zares, ma aveva pensato fosse puro nervosismo, se non pure paura per un mondo dove non ci si spostava necessariamente in groppa a un bestia.
No, l'espressione sul suo viso era diversa. Occhi spalancati, pupille tremolanti; la schiena era dritta, come sempre, ma poteva vedere le ginocchia poco stabili.... c'era paura, c'era nervosismo, ma non SOLO. Le labbra non erano serrate, ma appena schiuse in un leggero sorrisetto, quasi, incredulo.
Zares non guardava lei. Selena attese quella stretta di amarezza allo stomaco, che non arrivò. No, Zares guardava qualcosa oltre le sue spalle, oltre il parcheggio dove stava lasciando lo scooter, oltre il piccolo parco giochi della Marinella, oltre la passatoia dove i quartesi più atletici si davano alla corsetta con un amico o un paio di auricolari, oltre la leggera distesa di macchia mediterranea... era sicura che stesse guardando persino oltre la sottile striscia di sabbia, che in effetti aveva già visto nella Dimensione Beta.
No, c'era qualcosa che né l'atmosfera tossica della Beta, né l'eterna oscurità della Dimensione Gamma, potevano avergli mai mostrato. Finalmente presa coscienza di quella verità, Selena si fece coraggio, e fece scivolare la mano nella sua; riprese appena a respirare quando lo sentì ricambiare quella stretta, come se la avesse desiderata per tutto il tempo, da quando si erano rivisti mezz'ora prima, e non avesse osato farlo.
Senza dire una sola parola, lo guidò oltre il parcheggio, oltre il parco, oltre la passatoia, finché i granelli di sabbia non cominciarono a infilarsi nelle scarpe, attutendo i loro passi. Gli occhi di Zares presero a luccicare, mentre cadeva in ginocchio sulla sabbia.
-Selena, ma... é questo?-
Lei si sedette affianco a lui, si concesse qualche istante per ammirare la meraviglia, quasi timore reverenziale, di un ragazzo che per la prima volta vede l'infinito del mare blu baciare l'azzurro del cielo, e correre insieme, a perdita d'occhio.
E realizza che sono
diversi.
Sono
distinti.
Eppure sembrano entrambi infiniti
Il mondo è tanto grande da contenere infinito mare e infinito cielo, e tenerli perfino separati?
-Sì, Zares. Quello é l'orizzonte-
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