I suoi occhi
Un leggero calore sulle labbra, e Selena aprì gli occhi. La vista era annebbiata, ma sapeva esattamente chi era il ragazzo nel suo letto, sul cui petto ricordava perfettamente di essersi addormentata, mentre quel poverino gli stava dicendo qualcosa.
Riconobbe di essere una pessima fidanzata, sotto questo aspetto.
-Buongiorno, bellissima!- disse Zares, con voce bassa, tanto sensuale da muovere qualche corda all'altezza del petto. Se ne stava sdraiato su un fianco, testa sostenuta dal braccio atletico, dove qualche cicatrice serpeggiava, voluttuosa. Da lì, i suoi occhi castani vagarono sul petto, dove le ferite da spada si facevano più rade , fortunatamente.
Quando poi trovò i suoi occhi, di quell'azzurro così glaciale, non seppe più trattenersi. Selena si avvicinò a Zares, e pretese ancora quelle labbra, che sapevano sempre di menta. Stringendo i suoi capelli biondissimi tra le dita, si fece adagiare sopra il suo petto, mentre i loro respiri si facevano sempre più irregolari, la bocca sempre più avida...non bastavano le labbra, Selena già ansimava per i suoi baci sul collo abbronzato dal sole di settembre, quando casualmente, vide l'ora sulla sveglia del comodino.
Erano le 8:45.
...
-Nove meno un quarto...-sussurrò, mentre la mente cercava di connettere, con estrema fatica, visto che Zares stava già scendendo dal collo al petto...
-MERDA!-
In pochi secondi, Selena Gaspares si liberò dalle braccia di Zares, si rinchiuse in bagno e si fiondò in doccia, assicurandosi di chiudere a chiave la porta.
Se Zares fosse entrato in doccia con lei, non ci sarebbe proprio uscita di casa,quella mattina.
In dieci minuti era già avvolta in un grande asciugamano rosso, e provava a domare i capelli, armata di spazzola, pettine e phon.
-Si può sapere perché non mi hai svegliato?- chiese, più acida di quanto avrebbe voluto essere. -Tanto lo so che eri sveglio da almeno due ore, teso'-
Si era buttata nel suo armadio: aveva già pronto tutto dalla sera prima, fortunatamente. Jeans neri, camicetta bianca, scarpette ballerine.
Lasciò cadere l'asciugamano, consapevole dello sguardo indagatore d Zares, ancora sdraiato sotto le coperte. Gli dava le spalle, ma avrebbe potuto accorgersi del SUO sguardo anche tra mille, anche in una stanza completamente buia, come in un concerto metal.
-Selena...non so nemmeno che giorno é oggi!- fece lui, ridendo appena.
Inevitabilmente, le mancò il respiro: Zares rideva sempre più spesso. Era una risata sobria, certo...però rideva! E Dio, cosa non erano i suoi sorrisi!
-Come sarebbe a dire?! Oggi è lunedì! LUNEDì ! E anche tu hai da fare, signorino, o ce ne siamo scordati?-
Zares la fissò per un attimo: il suo sguardo, da passionale, divenne confuso, finché poi non sgranò gli occhi.
-Merda! Il colloquio di lavoro!-
Ebbe appena il tempo di notare che imparare a imprecare come un bravo cagliaritano gli era venuto semplice, che una folata di vento le scosse i capelli, vanificando il suo lavoro con il phon.
Stava per rivolgere parole molto poco graziose a Zares, quando se lo ritrovò in piedi, davanti alla sponda del letto, lavato, pettinato e vestito, mentre provava, invano, ad aggiustarsi la cravatta.
-Voi elfi sapete essere davvero irritanti- riuscì appena a dire.
Zares le sorrise, con quelle meravigliose fossette e i denti bianchissimi. -Non é colpa mia se, nella tua bella Dimensione Alfa, siete tutti così lenti! Sarà che usate troppo le macchine!-
Selena sbuffò, ma non potè fare a meno di ricambiare il suo sorriso. No, non era stata una bella sorpresa , per lei, scoprire che Zares era dotato di supervelocità, nel suo mondo. Certo, ormai avevano imparato a tenere a bada la cosa... come anche la questione delle "orecchie a punta", perennemente nascoste da quella zazzera bionda che gli aveva insegnato a pettinare, per assicuarsi che non gli facessero domande. Ma aveva sempre l'intimo terrore che lui perdesse il controllo, che qualcuno provasse a portarglielo via, per studiarlo come una cavia.
Lei stessa era stata una cavia, appena cinque anni prima, e aveva ancora incubi per questo.
-Aspetta, ti sistemo la cravatta- disse, avvicinandosi. Adorava vederlo vestito così: in jeans e camicia nera, sembrava un ragazzo normale, un ventenne pronto a servire i cocktail nel bar del Castello, il suo preferito. Era riuscita a procurargli un colloquio solo perché Luana lavorava anche lei lì... altrimenti, senza nemmeno un diploma...
La cravatta bianca era un must, e con quella carnagione chiarissima, gli stava davvero bene. Una parte di lei, in effetti, era profondamente gelosa: Zares, con quell'accento, quei capelli e quegli occhi, sembrava un bellissimo ragazzo dal nord europa, finlandese, magari. Sapeva già che in poche ore avrebbe avuto decine di numeri di cellulare salvati in rubrica, anche se lui non li avrebbe nemmeno chiesti.
Odiava ammetterlo, ma temeva di perderlo, ora che anche lui pensava al suo futuro.
-Sai che ti amo, vero?- fece lui, prendendole la testa tra le mani, con una dolcezza che cresceva di giorno in giorno. Selena deglutì. -Zares, quante volte ti ho chiesto di non leggermi nel pensiero?-
-Lo dici solo perché così non mi puoi mentire- fece lui, per poi interrompere ogni altra replica con un bacio mozzafiato, che le fece scordare ogni singolo dubbio.
-Concentrati su te stessa, piuttosto! Ti chiamo all'ora di pranzo-
-Certo che mi chiami! Devi dirmi come è andato il colloquio!-
Un ultimo bacio, e ancora quegli occhi intensi, azzurri, quasi grigi, che non smisero di tormentarla finché l'autobus non la portò a destinazione, dopo un'ora di tragitto.
Di fronte a lei, un luogo che fino a un anno prima, non avrebbe mai creduto di poter frequentare.
-Okay, Selena! - si disse, nel tentativo di autoincoraggiarsi -Che vuoi che sia?
'E solo l'università, no?-
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