Chapter 5\"Meglio una triste ma vera coerenza, che una finta incoerenza..."
Jake mi scrive di essere rientrato alle quattro: ne hanno fatta di baldoria, i ragazzi. Ora è appena l'alba, ma io sono già in piedi, praticamente pronta per la giornata. Non accadrà nulla prima delle tre del pomeriggio, per gli invitati. Per la sottoscritta, invece, gli impegni sono già iniziati e devo attenermi alla tabella di marcia, se voglio che tutto fili liscio. Aspetto un po', ma poi chiamo Claudio per accertarmi che sia sveglio – fingendo di essermi scordata del piccolo "incidente" nel camerino – che risponde assonnato, ma almeno risponde. <<Buongiorno... tutto... tutto okay?>>.
<<Buongiorno a te. Sarebbe tutto okay se avessi dormito più di quattro ore, così è solo abbastanza okay>> scherza, sbadigliando.
<<Sto controllando le cose ancora da spuntare... il celebrante, allora?>>.
<<Non posso dirti chi sia, ma ti ho detto che ci ho pensato io. Non ti fidi?>>.
<<Francamente no>> ribatto, antipatica.
<<Sai... sai che devo accertarmi che vada bene e poi...>> tento di giustificarmi.
Lo sento sbuffare e poi ridere, mentre m' infilo i sandali marroni, che poi avrei sostituito con altri meno peggio di quelli – dal colore migliore, se non altro – prima dell'evento.
<<La tua incapacità di delegare è imbarazzante. So che ti piace essere padrona delle situazioni... ehm...>>.
Tossisce ripetutamente, riferendosi chiaramente al bacio, a dimostrazione che a non averlo dimenticato – e a fingere di farlo – non ero solo io. <
<Ma questa volta dovrai fidarti di me. Mi spiace>>.
<<Non è che non mi fidi... di te. Ma non sopporto sapere le cose all'ultimo, tutto qui>> chioso, a disagio.
<<Senti, ci vediamo alla ditta tra un'ora. Così facciamo insieme il punto della situazione. Va bene?>>.
Sandali marroni, tornate nella scarpiera. Vestito insulso, anche tu. Ci vuole eleganza per affrontare situazioni delicate... no?
***
Mi copro gli occhi con la mano per ripararmi dal sole. L'autista del furgone del catering sta cercando da mezz'ora di fare manovra nello spazio predisposto per la preparazione del cibo e io gli sto dando alcune indicazioni per evitare che vada addosso ai tavoli. "E' davvero imbranato" penso, mentre mi accingo a rimediare di persona, incurante del fatto di non possedere una patente idonea per la guida di un camion.
<<Potresti far fare a me, che tu non sei capace?>> mi ordina Claudio, che ha seguito la scena da lontano e ora sta accorrendo in aiuto – dell'autista.
Me lo sto già sbranando. <<Non dirmi che non sono capace di fare una cosa. Mai. Capito?>> lo minaccio, bloccandogli il braccio mentre mi ha superato e sta salendo al posto di guida.
<<Perché, saresti capace di manovrare questo coso?>> mi domanda altezzoso, alzando un sopracciglio.
<<Volendo, sì. Volere è potere, quindi potrei benissimo, se lo volessi>> lo sfido, senza lasciarlo andare.
<<Ma visto che ci sei tu che con questi mezzi hai più dimestichezza, non insisterò. Solo... ricordalo per le prossime volte>> concludo seria, mollando la presa.
L'autista volge lo sguardo prima a me e poi a lui, scuotendo la testa. Deve pensare che siamo i successori in incognito di Sandra e Raimondo.
Claudio sbatte volutamente la portiera aspettando che mi allontani, e poi, in quattro e quattr'otto, parcheggia il furgone, nel punto esatto dove avrebbe dovuto essere. <<Avresti saputo fare altrettanto?>> mi chiede ancora, sfidando la mia collera, appena scende.
<<Avrei saputo fare meglio, magari>> ribatto, per nulla intenzionata a lasciar andare la cosa.
<<Ne dubito. Comunque... signorina so-fare-tutto-io... Anna non sospetta nulla, vero? Mio fratello era un fascio di nervi, quando l'ho visto, stamattina. Arriverà a momenti, anche se gli ho detto esplicitamente che non sarà necessario, dato che noi qui abbiamo tutto sotto controllo. Giusto?>>.
Proprio tutto tutto, no. Avevo dei seri problemi a mantenere la mia respirazione costante, tanto per dirne una. Erano secoli che qualcuno non mi provocava così – sapendo bene che è meglio non scherzare con il fuoco – e questo non faceva altro che accrescere il mio innato spirito di... competizione.
Avrei dovuto allenarlo parecchio, come il mio autocontrollo, quel giorno, notando la ragazza bionda con un seno enorme venire verso di noi, sorridendo come affetta da una paresi. <<Cucciolo! Ciao!>>.
Claudio spalanca gli occhi dalla sorpresa. <<Michelle? Perché sei... qui?>>.
Cucciolo?!
<<Ma come, sono qui perché l'altra sera mi hai detto tu di venire...>> civetta, mentre lo bacia appassionatamente.
Trattengo un conato di vomito.
<<Io... Michelle, io non ricordo di averti invitata>> mormora Claudio in evidente imbarazzo, appena la sanguisuga lo lascia respirare di nuovo.
<<Sì, invece... mentre stavamo... insomma... ricordi?>>. Ride come una foca monaca, mentre gli accarezza il viso con un dito, ammiccando.
<<Aaaaaaah, sì. Adesso ricordo... però vedi, non... in quel momento non ero proprio in me, ecco... avrei potuto acconsentire anche a partire per il Polo Nord, se me lo avessi domandato proprio in quell'attimo preciso...>>.
<<Anche ad una castrazione chimica?>> mi inserisco io nel loro dialogo d'alto livello, sorridendo angelica, in contrasto con la diavoleria appena citata.
<<Ma dai! Io non ti ho chiesto nulla! Tu... tu... hai proprio detto che dovevo venire anch'io!>> piagnucola la bionda, finta.
Rido – per non piangere – dell'evidente stoltezza di questa povera oca dalle sembianze umane.
Claudio trasuda vergogna da ogni poro. Le pone una mano sulla schiena e la accompagna al cancello.
Sto ancora ridendo quando ritorna, rosso in viso. <<Come mai non ci hai presentate, scusa? Sei un gran maleducato! Volevo conoscere l'amore della tua vita!>> lo sfotto, godendomi appieno l'espressione offesa e rammaricata che assume adesso il suo bellissimo volto.
<<Sì, beh... torniamo al lavoro?>> propone sbrigativo, per togliersi dall'imbarazzo.
<<Direi che è un'ottima idea. Ma non lo è invitare Michelle al matrimonio>> esclama Marco, arrivando di corsa, fiutando il pericolo. <<L'ho vista andare via. Dimmi che non tornerà>> supplica.
<<No, tranquillo. Non ho... sarò solo, oggi>> dice Claudio, abbassando gli occhi.
<<Io non capisco perché te la fai ancora. Cioè...>>. Guarda me, improvvisamente imbarazzato. <<Lo posso capire... ma... con una con cui puoi intrattenere una specie di conversazione, anche, no?>>.
<<Perché parlare, quando posso godere di altro in sua compagnia?>> risponde il Claudio sfacciato di sempre, cambiando personalità in un batter d'occhio. Non è che, spalleggiato da un altro essere maschile, torna a far da padrone la virilità che – indubbiamente – possiede? Cosa sarebbe, una collaborazione tra testosterone? I fratelli Amodio, inutile negarlo, ne disponevano in abbondanza.
<<Dai, basta tergiversare. Tutto deve essere perfetto>>.
<<Agli ordini, Boss>> mimo il saluto militare, sorridendo a Marco, grata per la sua presenza.
Se quello era lo standard di Claudio, io ero proprio fuori target: meglio tenerlo bene a mente.
Radiosa. Non avrei potuto trovare un altro aggettivo paragonabile a quello. Il vestito bianco – voleva metterne uno rosso, ma le avevo suggerito io di indossarne uno bianco panna, senza insospettirla – le cadeva a pennello, lasciando intravedere quel tanto che bastava per renderla sensuale, ma elegante. Il trucco, leggero, sui grandi occhi nocciola e i capelli biondo miele, semi rccolti in uno chignon spettinato, accompagnavano il tutto, rendendola davvero stupenda.
Marco ci sarebbe rimasto secco, assicurato.
Anna era completamente all'oscuro del fatto che, proprio tra qualche ora, proprio così, si sarebbe sposata. Con il suo primo grande vero Amore. Avrebbe dovuto nausearmi cotanto romanticismo, ma, in realtà, ne ero entusiasta: loro se lo meritavano davvero.
<<Anna, c'è una sorpresa!>> le annuncio indicandole la finestra, raggiante, pensando che l'auto in attesa davanti casa fosse solo una delle tante sorprese di oggi, che lei non sospettava neppure.
Si sporge quel che basta per notare Giò, vestito di tutto punto, appoggiato ad una Cadillac rossa Serie 62 cabriolet del 1959, appartenuta al nonno di suo nonno.
Sorride emozionata e mi getta le braccia al collo.
<<Wow!>> urla e corre giù per le scale, ordinando ai suoi genitori di uscire per vedere il suo personale e lussuoso Taxi.
<<Serve un passaggio?>> chiede il bel tassista sorridendo, appena vede arrivare i suoi clienti.
<<Ma che regalo, ragazzi! Dai che non posso piangere, mi si rovina il trucco!>> mormora Anna, già tra le lacrime. Andiamo bene!
<<Ma non hai usato i prodotti waterproof che ti ho prestato?>> le chiedo, accigliata.
<<Sì... ma temo che non siano proprio a prova di litri di lacrime... di gioia!>>.
Accidenti, non ci avevo pensato. Forse è vero, non reggono quelle di felicità: sono parecchio potenti, ho sentito dire.
***
<<L'aquila ha preso il volo>> scherzo con Claudio, che mi ha chiamata per la ventesima volta per sapere a che punto eravamo.
<<Sì sì, ti faccio vedere dove voli tu se non arrivate entro cinque minuti. Marco sta delirando. Pensa che Anna abbia cambiato idea>>. Lo sento armeggiare con delle sedie, e sospirare, nervoso.
<<Non ti preoccupare. Ci siamo quasi>>.
<<Lo spero. Voglio sentirti presto dire "l'aquila è atterrata", magari proprio con l'accento e lo slang americaneggiante di Armstrong. Capito?>>.
Allora aveva inteso il mio riferimento all'Apollo 11... me ne compiaccio.
Arrivo con la mia auto circa due minuti prima che la Cadillac faccia il suo ingresso nel grande cancello dell'Azienda Amodio, lasciando a bocca aperta Anna, che non si aspettava di essere condotta lì, giusto in tempo per avvisare Marco e gli ospiti ed accaparrarmi un posto d'onore per lo spettacolo.
Giò parcheggia l'auto all'inizio del prato e apre la portiera posteriore, dove Anna scende con un movimento fluido ma composto, come una vera diva del cinema. Credo che ci si sentisse davvero, anche, una diva: una Marilyn Monroe, ma meno sfortunata. Davanti a sé, ad attenderla, vi era l'unico uomo che avesse mai amato, e l'unico marito che avrebbe mai avuto, sicuramente – a dispetto dei tre dell'attrice – che la guardava emozionato.
Gli altri ospiti erano tutti nascosti dietro la prima tensostruttura, mentre io e Claudio, a lato dello schermo di proiezione video, eravamo appena visibili. Ma dubito che la nostra presenza fosse un problema per loro: non se ne accorgono neppure, talmente sono rapiti l'uno dall'altro.
<<Marco... come mai siamo qui? Cosa... cosa succede?>>.
Anna prende la parola per prima, avvicinandosi a colui che sarà suo marito. Sempre che riesca a chiederle di esserlo... al momento sembra totalmente nel pallone. Fortunatamente, lo supponeva. Ecco perché ha voluto in suo aiuto il filmato, che, con un cenno, inizia, sotto i comandi di Dani.
<<Guarda>> pronuncia solamente, sorridendole.
Un susseguirsi di immagini, veloci, di loro due, prima sulle dolci note della colonna sonora di "Love Story" di Francis Lai, poi su quelle più rockeggianti ma comunque stupende di "Photograph" dei Nickelback – sicuramente più il genere di Marco – lasciano poi spazio a spezzoni di film più o meno recenti, e più o meno noti.
Anna, ovviamente, li conosce tutti e ad ogni fotogramma si emoziona. Sono tutte commedie romantiche e tutte hanno a che fare con... il matrimonio. Probabilmente si sta formando l'idea di una possibile proposta nella sua giovane ma sveglia testolina, infatti inizia a guardare Marco con altri occhi, ancora più – per quanto possibile – innamorati.
<<Ora tocca a te>> sprono Claudio, che corre alle scuderie. Fiocco è già pronto, con una ghirlanda di fiori sulla testa, per il suo trionfale ingresso. Claudio lo accompagna lasciando le briglie al fratello, congedandosi subito e tornando in fretta vicino a me.
Anna è sbalordita, mentre osserva Marco che le dice, con la voce rotta dall'emozione <<Anna, amore mio... io non sono un principe. Non vengo qui su un cavallo bianco promettendoti una vita tutta rose e fiori in un castello incantato. Io...>>. Gira la testa quanto basta per permettergli di leggere le parole che stanno comparendo sullo schermo, mentre "Every Breathe You Take" dei Police – sono pronta ad ammettere anche io che sia una delle canzoni d'amore più belle di sempre – comincia a diffondersi e accompagna la dichiarazione di Marco.
<<Io... garantisco che per noi ci saranno tempi duri... garantisco che ad un certo punto uno di noi o tutti e due alla vorremmo farla finita... ma garantisco anche che se non ti chiedo di essere mia lo rimpiangerò per tutta la vita, perché penso... nel mio cuore... che sei l'unica per me>. Sorride e continua, tendendo le mani verso Anna, che gliele stringe, commossa, in ricordo di Richard Gere che pronuncia le stesse parole a Julia Roberts in "Se scappi ti sposo".
<<Grazie di essere qui>>. Ora non sta più leggendo...
<<Senza di te io... non ce la faccio. Non voglio più fingere di essere forte, fingere che mi vada bene rinunciare a noi. Tu... tu sei la donna della mia vita. Io ti amo. Amo te e te soltanto. Mi dispiace...>>.
Ma cosa sta dicendo?
Ah! Sono le parole che le avrebbe ipoteticamente detto nella "finta" confessione, quelle che ha scritto Anna!
<<Per favore, non venirmi a dire che l'amore è non dire mai dire mi dispiace, o stronzate simili...>>.
Lei ride, affascinata, trattenendo a stento le lacrime.
<<Anna... non so più dove vivi>>. Si ferma solo per aggiungere, sospirando << e spero che ora vivrai con me...>.
Ammicca e continua <<cosa fai... ma non m'importa. Tra poco, proprio qui, proprio ogg... . noi... ci sposiamo. Dimmi di sì>>.
Sposta leggermente la ghirlanda che indossa Fiocco, e prende la scatola contenente l'anello appesa a uno dei fiori che la compongono. La apre, inginocchiandosi davanti ad Anna. Restiamo tutti con il fiato sospeso, in attesa della sua risposta. <<Ah, Fiocco è qui perché se decidi che non vorrai sposarmi, ora... potrai scappare con lui, come Julia...>> aggiunge, ridendo nervoso, attendendo che sia lei, stavolta, a parlare.
E lei lo fa pronunciando la stessa frase che avrebbe detto per concludere la loro storia. E invece, stavolta...
<<Marco...>> mormora appena, sgranando gli occhi alla vista dell'anello. <<Tu sei e resterai per sempre nel mio cuore>>.
<<Che... che significa? Dai, non l'ho mai capito...>> domanda lui piano, alzandosi e mordendosi il labbro.
<<Che visto che sarai mio marito, sarai sempre nel mio cuore. L'unico uomo che vi sia mai entrato e che mai ci resterà. Per sempre>> afferma quindi Anna, con un grande sorriso.
Lui si rilassa e l'attira a sé, baciandola delicatamente, non prima di averle infilato al dito il diamante, che brilla quanto i suoi occhi. Mai avrei pensato di potermi emozionare così per uno spettacolo che definire sdolcinato sarebbe un eufemismo, ma non resisto: un paio – solo un paio – di lacrime compaiono a tradimento sul mio viso, a lato dei miei occhi, che hanno appena visto, ahimè, una delle scene romantiche più belle di sempre: ed era tutto reale. Anche Claudio, al mio fianco, è colpito, e fatica a trattenere la commozione. Anna e Marco stanno vivendo la loro favola... perché hanno avuto il coraggio di entrare nel bosco, e di attraversarlo. Non hanno perso tempo a sbattere la testa contro un muro, aspettando che si trasformasse in una porta. I muri che invece ho trovato io nel mio cammino fino ad ora, erano muri portanti? Se avessi insistito, senza paura, a sbatterci contro, sarebbero potuti diventare porte?
Se anche avessero potuto esserlo, non tutte forse si sarebbero aperte. E se una porta non si apre, probabilmente non è la porta giusta per me.
Nemmeno se penso di avere il mazzo di chiave giusto.
Io so... so di avere, di essere una chiave potenzialmente magica. So di essere la persona giusta: ma non so di chi. Innalzerò e troverò altri muri davanti a me... formati con le pietre che troverò sul mio cammino, che cercheranno di farmi inciampare... Se invece riuscissi ad utilizzarle per formare dei ponti, piuttosto che dei muri?
Sul vivere una favola... beh, non sono certa che potrebbe accadere. Ma se fossi chiamata a scegliere quale e contro quali avversità poter combattere, sarebbe Biancaneve e – di questo posso esserne assolutamente sicura – alla strega che vorrebbe fregarmi non basterebbe una mela per farlo. Dovrebbe impegnarsi... neanche un quintale di mele sarebbe allettante per me.
Eh, no.
Dovrebbe offrirmi almeno una – se non due – torta al triplo cioccolato avvelenata per farmi stramazzare al suolo.
Sempre che prima non l'abbia già fatto io con qualche mia mossa di Thai Boxe.
<<Una sposa non è una sposa se non ha questo>>.
Claudio, appena si ricompone, prende da una borsa accanto a sé un bouquet e lo porge ad Anna. Un bouquet di rose... blu. Ma dove l'ha trovato? Lo osservo, affascinata, congratularsi col fratello e seguo con lo sguardo anche tutti gli invitati, gli amici ed i parenti, che escono allo scoperto, dal loro "nascondiglio", e che si stanno avvicinando agli sposi, applaudendo gioiosi.
Anna cerca il mio viso tra i tanti che si stringono attorno a lei, e quando i miei occhi incontrano i suoi, si spalancano per lo stupore. <<Sempre che tu lo voglia, amica>> chiarisco, mentre tengo tra le mani la fascia di "Bridesmade", che avevo acquistato sul serio, non solo per far arrabbiare Marco.
<<Ma... ovvio che sì, amica mia>> risponde lei, con un gran sorriso. Urla sovrastando la folla che le si accalca attorno. <<E mi dovrai anche spiegare parecchie cose... ad esempio... il mio vestito da sposa?!>>.
<<Anna, dai>> esclama Marco, accorrendo in mio aiuto. <<Credo che per una cerimonia civile come quella che faremo adesso, basti ed avanzi quello che indossi... anzi... direi che è perfetto>>.
<<Comunque... possiamo sempre organizzare un altro matrimonio, più in grande, dove e quando vorrai...>> aggiunge in corner, notando l'espressione contrariata di Anna. Adesso sta esagerando: non mi presterò mai più ad improvvisarmi come controfigura di Wedding Planner, – tipo Enzo Miccio, ma al femminile – mi rifiuto. Ma forse qualcun altro...
<<Su, forza... sei bellissima. E... non hai visto ancora cosa abbiamo preparato. Vieni...>>.
Le prendo la mano e la conduco lontano da tutti, oltre il primo tendone, mentre faccio capire ad Ale che è ora di far accomodare gli ospiti e lo sposo. <<Tutti in posizione>> mimo con le labbra, ridendo del mio ruolo. Potrei avere un futuro da Bodyguards, altro che Kevin Kostner.
Anna mi segue in silenzio fino all'inizio del secondo tendone, dove si intravede il corridoio formato dalle sedie quasi già tutte occupate dagli invitati, e lì si ferma. <<Sto davvero per sposarmi?>> chiede più a sé stessa che a me, con voce tremante.
<<So che ti sembra stia accadendo tutto velocemente>> cerco di scongiurare il pericolo imminente di un improvviso attacco di panico pre-nozze lampo. <<Ma è ciò che desideri da sempre. E' lui Anna... lo sai. Guarda cosa sta facendo per te... non potrebbe dimostrarti più di così il suo amore>>.
Fatico non poco a mettere in mostra il mio lato sentimentale, ma so che con lei è l'approccio più efficace. Infatti sorride, e l'ansia che ho visto nei suoi occhi poco prima, scompare. <<Hai ragione. E' ciò che voglio>> ammette con convinzione.
Emetto un lungo sospiro di sollievo, congratulandomi con me stessa per aver dato prova – una volta tanto – della mia abilità comunicativa e quasi empatica, e aspetto il via libera di Ale. Armando, il padre di Anna, ci raggiunge per condurla all'altare. Lei appena lo vede scoppia in lacrime e lo abbraccia forte.
Credo che mio padre non mi stringerebbe così nemmeno se stessi per precipitare da un balcone...
Ecco il cenno di Ale. <<Anna, Armando, siamo pronti. Adesso vado avanti io, poi raggiungetemi voi appena parte la seconda strofa della musica. Okay?>>. Entrambi acconsentono con un lieve movimento del capo.
Mi volto e inizio a percorrere lo spazio al centro della fila di sedie, mentre tutti gli occhi dei presenti si concentrano su di me. Le prime note della marcia nuziale di Wagner, eseguite da Marco al pianoforte e poi riprodotte dall'impianto stereo installato per l'occasione, risuonano nell'aria, creando un'atmosfera incredibilmente romantica.
Guardo per un attimo avanti a me, mentre avanzo seguendo Noemi lungo il percorso, dove al termine dello stesso c'è Marco, e, accanto a lui, Claudio. Mi sorprendo e mi spavento per l'incredibile pensiero che attraversa veloce la mia mente: vorrei vivere io questo momento, da protagonista? Fisso la figura di Claudio, così alto, muscoloso, bello – e dannato. Lui, a sua volta, non abbassa lo sguardo, che punta fisso su di me, e mi rapisce, mi incanta. Ma no, non è ciò che voglio. Io voglio lui, ma solo per qualche... ora: non per la vita. Non posso compromettere proprio ora il fragile rapporto con la mia sincera consapevolezza: l'ho coltivato troppo a lungo e troppo faticosamente per distruggerlo così.
Io di Claudio non so niente, o, comunque, poco. E per quel poco che so sarebbe perfetto per me...per divertirmi. Come fa lui con qualsiasi essere umano femminile che gli capiti a tiro e che sia in grado di respirare, a quanto pare. Allora perché non potrei essere anch'io una di loro?
In fondo, credo sia proprio ciò di cui avrei bisogno adesso. Non prendiamoci in giro, cara integrità morale: non ho pensato neanche un secondo a dove potesse essere Jake, nemmeno l'ho cercato tra la gente. Me ne sono completamente dimenticata. E ciò non mi fa certo onore, ma nemmeno negarlo lo farebbe. Preferisco una triste ma vera coerenza, che una finta incoerenza.
***
<<Bene, ora che ci sono anch'io... possiamo cominciare>>.
Nadia avanza dietro l'altare, provando ad infilare a tracolla sulla spalla destra la fascia tricolore che la proclama celebrante delle nozze, mentre Anna ora è arrivata davanti a Marco: gli stringe la mano e gli sorride, grata.
<<Direi che non avresti potuto mancare, realmente, Nadia. Poi in questo ruolo... perfetto>> le dice commossa, mentre sospira contenta. Sì, credo che anche Nadia sia contenta di poter partecipare, e anzi, celebrare, il matrimonio del figlio: da viva.
Giorgio, il suo ex marito, e colui che ha voluto realizzare il desiderio del figlio regalandogli la location perfetta per l'occasione – e non solo, ripagando, in parte, la forzata assenza degli ultimi anni – le sistema la fascia e si accomoda su una sedia lì vicino.
Io guardo Claudio, che è in piedi dietro Marco, e lo ringrazio con la mano: non avrebbe potuto fare scelta migliore. Quando Anna si accorge che anche gli anelli nuziali sono firmati Tiffany per poco non sviene. Tutte queste emozioni in una volta sola possono arrecarle un trauma per la troppa felicità. Anche i presenti sembrano esser travolti da una gioia incontenibile e sorridono ebeti. Ale, Dani, Sandro e Giò, che all'ultimo ci ha avvertito della – gradita, ma inaspettata – presenza di Silvia, la sua fidanzata romana, sono in prima fila, vestiti di tutto punto, vicino a Nat e Jake. Agata e Armando, i genitori di Anna, siedono composti nella fila opposta, sempre ai primi posti, disorientati e straniti per le nozze un po' troppo veloci – e precoci – dell'adorata figlia: quando Marco è andato da loro, per informarli della cosa – non certo per chieder loro il permesso, come gli ha fatto astutamente credere – hanno dato di matto. Ma, poi, convenendo che quello era palesemente il loro destino, si sono ammorbiditi e, anzi, hanno contribuito alla realizzazione delle nozze. I componenti della band di Marco e della squadra di pallamano di Anna occupano la maggior parte dei posti a sedere, e seguono tutti interessati la cerimonia. Ci sono poi i miei, mia mamma Lucilla e mio papà Alfonso, e mio fratello Andrea, che si sta annoiando a morte. Almeno una cosa la abbiamo in comune: tutto questo zucchero ci manda all'aria l'adrenalina. Marco, avendone ingurgitato, probabilmente, kg e kg nell'ultima settimana, non si smentisce nemmeno ora, che è il momento destinato – come da programma – alle promesse.
<<Anna, sai che le parole non sono il mio forte... per fortuna c'è chi le sa usare meglio di me. Per questo vorrei leggerti ora questa poesia, che già tu una volta mi hai recitato, ma che ho apprezzato solamente da poco: come il nostro legame. Ho cercato di combattere contro questo sentimento che cresceva troppo velocemente, non capendo che stavo lottando contro me stesso. Contro la mia felicità. Anna, avrei potuto dirti "Mi vuoi sposare? No. Sì, davvero no. Non voglio sposarmi>>.
<<Perché non mi ami? Sì che ti amo, ma non voglio che ci sposiamo. Se vuoi possiamo levare la S, e allora ci posiamo. Ci posiamo? Sì, ci posiamo, su un bel prato di fiori magari, e dopo potremmo, se ti va, levare anche la P, e così osiamo. Ci... osiamo?>>.
Riprende fiato, continuando a recitare con fatica la poesia. <<Sì, perché no, su un prato di fiori, io e te che osiamo di noi, e magari quando i nostri sudori saranno diventati un odore solo, leviamo anche la O, così resta solo il siamo. Il siamo? Sì, il siamo, la presenza, e una volta diventati una cosa sola, consapevoli, leviamo anche il SI, per dare la nostra conferma al cielo, e tra noi rimarrà solo amo">>.
Le ultime parole Marco le ha pronunciate piano, frammentate, per l'emozione sopraggiunta con l'avanzare della magnifica poesia di Gio Evan, che Anna – neanche a dirlo – conosce a menadito.
E, infatti, senza alcun bisogno di leggere il foglio che le porge Marco, ma guardandolo negli occhi, continua <<allora, ricapitoliamo: sposiamo, posiamo, osiamo, siamo e infine amo>>.
<<Come te...>> aggiunge, facendo riferimento al diminutivo del suo cognome, "Amo", teatro di mille fraintendimenti e incomprensioni. <<Giusto?>>.
Marco sorride, oramai prossimo alle lacrime e mormora <<giusto>>.
<<Lo voglio>> conclude Anna la poesia, e afferra il viso di Marco, baciandolo con passione.
<<Teoricamente non ho ancora annunciato il bacio, ma va bene così>> ironizza Nadia, in imbarazzo per questo slancio d'amore non programmato.
Ora è il turno di Anna, che, invece di una poesia, prende in prestito le parole dal testo della canzone di Elisa – la cantante friulana, cara ad Anna anche per le sue origini – che, io lo so, aveva accompagnato uno dei loro momenti più belli. <<Marco, non c'è altro modo per spiegare quello che sento quando stiamo insieme se non che io brucio per te. La mia anima vola quando mi stringi... non avrei creduto mai che tutto sarebbe stato così fragile, ma così forte da resistere, a tutto ciò che è capitato... Ma noi siamo qui, insieme, a scriver le pagine>>. Sorride, probabilmente pensando al collegamento con le pagine del libro vero che lei ha scritto su di loro.
<<E' proprio buffo se lo capirò, tutto d'un tratto, guardandoti, che mi hai cambiata per sempre... e che tu mi hai dato tutto... mi hai dato tutto te stesso, senza chiedere niente in cambio. Niente... che tu non avessi già dentro di te. Mi fai bruciare per te...di un fuoco vitale. Mi accendi, e mi illumini l'esistenza. Voglio stare con te ogni giorno della mia vita>>.
Prima che ci si carino i denti, il rito finisce, tra applausi, risate e congratulazioni.
Nota Autrice: Stucchevole come la definirebbe Milena, questa cerimonia, oppure terribilmente romantica? Vi è piaciuta? Cercatemi su IG o FB lisa_negrelli_autrice
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