Chapter 2\"Esce senza voltarsi e io sento freddo, anche se è estate..."




<<Ancora non capisco come tu possa lavorare qui, dopo tutto quello che è accaduto, con lei...>> chiedo senza troppi complimenti a Marco, appena ci sediamo al tavolino del Neil41, il locale dove lavorava anche la sua ex, che aveva quasi rovinato il delicato rapporto tra lui e la mia amica Anna.

<<Lei fa il turno di mattina, io quello di pomeriggio. Non ci incontriamo se non in rare occasioni. Punto>> risponde lui, girando furiosamente il cucchiaino nella tazzina da caffè trasparente.

<<Sarà. Comunque, non mi sembra lo stesso una buona idea. Ci sono milioni di posti come questo, a Milano>>.

<<Sì, ma non che ti danno la possibilità di suonare gratis ogni sera>> rimarca lui, spazientendosi.

<<Okay, okay. Se sta bene a lei, sta bene a me. Solo che non voglio più vederla soffrire, capito?>> taglio corto.

<<Lo so, Mile. So che lei vuoi bene. Ed è questo il motivo per cui ora sei qui>>.

Si volta alla sua sinistra e si corregge. <<Siete qui>> asserisce rammaricato, rivolto al fratello Claudio, che è rimasto in silenzio fino ad ora ad ascoltare la nostra conversazione.

<<Ah, ecco, mi stavo proprio domandando perché mai ero stato invitato anch'io>> esclama lui sarcastico.

<<Ragazzi>> dice ora Marco, facendosi tutt'a un tratto serissimo. <<Dovete darmi una mano. Per favore, non mi interrompete finché non ho finito. Ok?>>.

Io e Claudio ci scambiamo uno sguardo perplesso, ma annuiamo.

<<Allora: voi conoscete molto bene tutta la storia, sapete quanto sia stato difficile per me e Anna stare insieme e... so che, nonostante io le abbia già dimostrato diecimila volte quanto tengo a lei, il suo carattere, anche, la rende sempre insicura e poco fiduciosa. Fino a che non lessi il suo testo, non capii fino in fondo ciò che era successo tra di noi. Poi l'ho detestata, per averlo urlato al mondo così, ma l'ho amata, anche, ancora di più, se possibile>>.

Beve l'ultimo sorso di caffè oramai freddo, e ricomincia a parlarci. Credo stia facendo il discorso più lungo in assoluto da che lo conosco. <<Per questo...  ho deciso di sposarla. Davvero>> ammette, con un sorriso, innamorato.

Adesso lo sguardo che intercetto da Claudio è di stupore misto a disgusto: come il fratello, prima di fumarsi il cervello per Anna, anche lui non sopportava le smancerie. <<Ah. Perciò... dobbiamo scendere in campo noi? E come? Credevo che bastassero lo sposo e la sposa per un matrimonio...>>.

<<Sì, Clà, è ovvio. Ma... sarebbe una sorpresa. Cioè, voglio chiederglielo durante la festa>>.

<<Sì, proprio... come piacerebbe a lei. Ho capito>> commento pragmatica, rabbrividendo. Io ucciderei, se mai qualcuno dovesse anche solo pensare di fare a me un'improvvisata del genere. Ma non Anna. Lei ne sarebbe entusiasta, amante delle favole com'è.

<<Dovete aiutarmi ad organizzare la proposta, e la cerimonia, anche>> sorride sicuro. <<Perché è logico che mi dirà di sì>>.

La logica sta ad Anna come il formaggio grana – eccellenza italiana che tutto il mondo ci invidia – sul pesce, ma tant'è: c'è chi ha gusti particolari e abbina sapori contrastanti solo per il gusto – appunto – di trasgredire. E a trasgressione lei, con quello che, indubbiamente, sarà suo marito, sta perfettamente, quasi quanto il caffè nel tiramisù. Checché se ne dica, quel dolce con le alternative alla classica, prettamente estive, alla frutta, è immangiabile.

<<Hey, a che stai pensando?>> mi richiama Claudio, riportandomi alla realtà.

<<Al tiramisù>> rispondo istintivamente. Lui sorride, ma non commenta.

<<Se ne vuoi una porzione, te lo porto, ma ti prego, Mile, dimmi che mi aiuterai>> implora Marco, che si volta di nuovo verso il fratello, rettificandosi.

<<Ehm... aiuterete>>. Congiunge persino le mani in segno di preghiera. Caspita, deve tenerci proprio tanto. Marco non è proprio uno da supplica.

Claudio sbuffa, ma sorride. <<Me ne hai fatte passare di tutti i colori, per questa tipa... ti ricordi quando ci stavamo addirittura per menare? E poi quando te n'eri andato, dopo quell'incidente... >> rammenta, sospirando.

<<Non posso, adesso, rifiutarmi di farvi convolare a nozze. Anche se il sol pensiero di poter stare con una sola donna tutta la vita mi fa ribrezzo>>.  Fa una smorfia. <<Parere personale, eh>> aggiunge, giustificandosi.

<<Idem>> commento io, lasciandolo sbigottito. <<Con un uomo, però, per quanto mi riguarda>> preciso, godendomi appieno lo sguardo di interesse suscitato dalla mia dichiarazione in Claudio.

Non so che ragazze era abituato a frequentare lui – e potevo avere a disposizione una vasta gamma di candidate per la valutazione, mi era stato detto – ma io non ero certamente una da "e vissero per sempre felici e contenti". <<Allora, come si dovrebbe svolgere il tutto?>> chiedo, interessata.

Marco riprende, entusiasta, fiutando un possibile assenso. <<Anna pensa che faremo un rinfresco alla casa nuova, invece voglio utilizzare il grande prato dietro la ditta di papà. Affittare un tendone, montare un piccolo palco per la musica, poi...>>.

<<Hey, hey, frena!>> lo blocca Claudio, alzando entrambe le mani. <<Ti rendi conto di quanto tempo, energie e denaro comporterà un progetto simile?>>.

<<Perfettamente. E non m'importa. Lei se lo merita. Ma capirà tutto se dovrò organizzare ogni cosa da solo. Senza contare il fatto che non ci riuscirei. Sono disposto, quindi, a coprirti al lavoro, facendo alcuni dei tuoi turni serali e notturni, Clà>>.

Sto quasi perdonando questo ragazzo per la vigliaccheria – probabilmente derivata dalla poca saggezza e non dal poco amore – dimostrata alla sua futura sposa nei mesi scorsi. <<Io ci sto>> affermo senza ulteriori implorazioni. Insomma, ha pur sempre una dignità questo povero uomo redento.

Claudio guarda me, poi il fratello ed emette un lungo sospiro di indecisione. Alla fine esclama <<okay, solo per te, bro>> porgendo la mano a Marco, che lui stringe subito a pugno, grato e felice.

<<Abbiamo una missione, donna>> dice ora rivolto a me, facendomi l'occhiolino.

<<Sì, una Mission Impossible>>.

Tom, non è che ci daresti una mano?

<<Pure i fiori?>>.

Claudio sta iniziando a pentirsi di aver acconsentito all'allestimento delle mega tensostrutture che abbiamo noleggiato per la cerimonia, provvista di apposito spazio per le decorazioni floreali e di illuminazione. E' vero che siamo in estate, ma dato che sembra di essere ai tropici, negli ultimi anni, conviene scongiurare il pericolo di qualche improvviso acquazzone estivo. Conoscendo Anna, mille tipi di fiori diversi e altrettante candele non sarebbero sufficienti per creare l'atmosfera da fiaba che lei desidera. Dovevamo rimboccarci le maniche.

<<Forza, che ho già chiamato il fiorista. Ci aspetta al mercato floricolo entro le undici>> urlo spazientita, prendendomela con il mio povero cellulare dell'anteguerra.

Sento sbuffare, e poi un <<ok>> poco convinto.

<<Se non la smetti di fare quel verso orrendo mentre sbadigli ti mollo un pugno>> minaccio Claudio, ora seduto a lato passeggero della mia Golf cabrio nera, che non fa altro che sbadigliare da quando vi si è accomodato.

<<Scusami tanto se ho dormito solo tre ore, oggi. Marco a parole è sempre bravo. Fino ad ora mi ha sostituito solamente una volta, al lavoro>> si lamenta, sdraiandosi sul sedile, sbadigliando di nuovo. Rumorosamente.

<<Ahio! Ma sei pazza?!>>.

<<Ti avevo avvertito, e sai come si dice: uomo avvisato, mezzo salvato>> cantileno, sghignazzando, riportando sul volante la mano con la quale ho appena assestato un gran bel pugno sul braccio, muscoloso e tatuato, del mio assonnato compagno di viaggio.

<<Senti, non è che perché guidi un'auto di questo tipo, come se fossimo su una pista da rally, per giunta, e ti atteggi da dura, puoi menarmi. Chiaro?>>.

<<Uhuu che paura>> gli faccio il verso, prendendolo in giro. Lui mi scruta, irritato, ma lascia correre.

<<Sentiamo, per quale motivo era così indispensabile la mia presenza per scegliere quattro fiori puzzolenti?>> mi provoca.

<<Perché io non ci sarei mai venuta, da sola, a scegliere quattro fiori puzzolenti. Queste cose da donnette non fanno per me>> ribatto, per nulla intimorita dal suo sguardo truce.

<<E invece per me, che sono proprio una donnetta, sì?>>.

Ride di gusto, alzando la manica della maglietta color caramello che indossa, mostrandomi il teschio che troneggia sul suo avambraccio sinistro.

<<Quel marchio di morte non significa niente. Anzi, sì >>.

Mi volto, per cogliere la sua espressione sbigottita. <<Serve a far credere a tutti quanto tu sia forte, uno che spacca, un duro. Ma chi lo è davvero non ha bisogno di tatuarselo sul corpo, pavoneggiandosi>>.

Harry, tu sì che lo sei quando compare il vero marchio di morte, quello di Lord Voldermort, al termine della Coppa del Mondo di Quiddich! Altrochè!

Claudio si fa serio, adesso, contrastando i miei divertenti pensieri sulle analogie con la saga del maghetto, tanto che sono costretta, non solo per una questione di sicurezza, a girarmi di nuovo volgendo la mia attenzione alla guida. <<Non ti facevo così superficiale, sai? Addirittura giudichi in questo modo, dalle apparenze...>>.

<<Sì, intanto non sarebbe d'accordo con te Oscar Wilde. Secondo il suo modestissimo, e non proprio solo per la sottoscritta, parere, lui diceva proprio che le persone che non sono superficiali giudicano dalle apparenze>> asserisco in tono cerimonioso.

<<Oh quanto sei colta. Sono colpito!>> mi sfotte, portandosi una mano al petto con espressione sorpresa.

<<Guarda, io al massimo potrei citarti Fedez. Aspetta, com'era? Ah ecco, "i miei tatuaggi non sono di tuo gradimento, e giudicare dalle apparenze è l'atteggiamento tipico di chi è sporco dentro">>.

<<Sul serio conosci quella canzone?>>. Cioè, ascolta pure rap italiano? E quel particolare rapper?

<<Quante volte la passavano in radio? La sanno anche i muri. E comunque l'abbiamo sentita prima>>.

Ah, davvero?

Rallento fermandomi ad un semaforo, dubbiosa. Aspetto che scatti il verde, e poi riprendo a parlare. <<Quindi>> faccio una pausa, cercando con attenzione l'indicazione per l'ingresso al mercato. << Quale sarebbe il significato del tuo teschio strano?>>.

<<Lo vuoi davvero sapere? O ti serve altro materiale per emettere un ulteriore affrettato ed erroneo giudizio su di me?>>. Si è innervosito. Probabilmente non è abituato a non essere sempre adulato.

Parcheggio e lo guardo, stuzzicata dalla curiosità di ciò che potrebbe rispondere: escludo possa confessarmi di essere un Mangiamorte. La mia espressione di autentico interesse lo invita alla sincerità. <<Questo...>>.

Indica il tattoo in questione. <<... è un teschio messicano. L'ho fatto perché rappresenta sì la morte, ma anche l'immensità e l'eternità>>.

<<Poiché le ossa>> mi spiega, meticoloso, schiarendosi la voce <<hanno bisogno di centinaia di anni per essere distrutte. E' un simbolo di vita, in realtà. Il mio intento è onorare la vita, attraverso l'emblema della morte, che è poi la faccia della stessa medaglia>>.

Accipicchia, non male come motivazione. Devo ammettere che ne resto sorpresa, mio malgrado. Lui se ne compiace, sorridendo beffardo, mentre esce dall'auto.

<<Quante volte l'hai usata questa per accalappiare delle povere donzelle ignare delle tue subdole intenzioni?>> mi lascio sfuggire, sbattendo violentemente la portiera: non sopporto essere presa per il culo.

Notando la sua espressione accigliata penso però di aver esagerato, e di essermi sbagliata. Non era raro, per me, arrivare a conclusioni affrettate. Ma la sua risposta, più che eloquente, mi fa tornare subito sui miei passi.

<<Solo in pochissime occasioni>> ammette, sorridendo ancor di più. Bastardo.

<<Ma come non ci sono blu? E non è proprio possibile nemmeno ordinarle?>>.

Maledette rose, maledetto Zarrillo, maledetto matrimonio.

Mi copro il viso con le mani, mentre mi accascio a terra, nello sconforto più totale.

<<Mi spiace: abbiamo rose rosse, gialle, bianche, arancio, tutte le tonalità del rosa, tutte le varietà, nostalgiche, inglesi, polianta, abbiamo persino le floribunde, che sono introvabili>>.

Il fiorista non sa più come giustificarsi. Claudio scuote la testa, teso.

<<Sono davvero così indispensabili, Mile?>> mi chiede per la terza volta.

<<Sì, è il fiore preferito di Anna. Quello che le ha portato tuo fratello dal mare, il giorno in cui si sono dichiarati amore! Quello che lei si è tatuata al polso!>> quasi urlo, stanca di doverlo rispiegare ancora.

Parlo forse aramaico?

<<Ho capito, ho capito. Stai calma. Ci sarà un'alternativa, cavolo>>.

Non ha capito una mazza.

<<Tra l'altro>> interviene di nuovo il fiorista, imbarazzato. <<Non vorrei scoraggiarvi, ma se non le abbiamo qui... non so proprio dove potreste trovarle>>.

Grazie tante.

<<Allora vada per le peonie. Bianche. Arrivederci>> concludo e saluto, afflitta, facendo dietrofront in fretta e tornando verso il parcheggio. Il mio carattere battagliero ha deciso di abbandonare la sua dedizione alle cause perse – stile Erin Brockovich – proprio adesso, nel momento del bisogno.

Codardo.

<<Mile. Milena!>> mi chiama il mio inutile aiutante, prima di raggiungermi con una corsetta. <<Non puoi demoralizzarti per dei fiori. Dai, le peonie le piacciono, no?>>.

<<Piacere ed esaudire i desideri più reconditi di una ragazza sono due cose ben diverse>> mi permetto di specificare, ignara del duplice significato che potrebbe assumere la mia frase. Significato – l'altro, ovviamente – che Claudio invece coglie al volo, appoggiandosi alla portiera dell'auto, proprio accanto a me, e assumendo un atteggiamento lascivo.

<<Io non vedo chissà quale differenza... potrei soddisfare entrambi in una frazione di secondo>> si sbilancia, sfregandosi le mani.

<<Sì, e magari solo con la forza delle mani, Signori e Signori!>> lo sfotto, cercando di ignorare la sua provocazione, abbassandomi per prendere la maniglia e porre fine a quello scambio di battute a chiaro riferimento sessuale. C'era già Jake che non riusciva mai a trattenere la sua vena comico-porno. E bastava e avanzava.

Claudio non si sposta subito, ma mi osserva, sorridendo. Che abbia capito che con me non attacca? Io sono completamente immune al suo – discutibilissimo, per altro – fascino da bad boy.

<<Sì, beh...>> si volta, poggiandosi ora al mio corpo e facendo scivolare la mano sotto il mio braccio per agganciare la maniglia e tirarla verso di noi, toccandomi il fianco . <<Volendo anche solo con quelle>>.

Resto immobile, cercando di portare la mia respirazione alla normalità.

Ma cosa diamine succede? "Non guardarlo, non guardarlo, non guardarlo. Non osare guardare le sue mani!" supplico la mia mente.

<<Allora, non sali? E io che volevo fare il gentleman>> gli sento dire, mentre si stacca – finalmente – da me e torna al suo lato di competenza.

'Fanculo.

Lui potrà sfruttare le sue doti da gigolò con qualcun'altra – eguagliando l'affascinante Dermout Mulroney, quando fa impazzire Debra Messing, nella medesima scena del ridicolo film "The Wedding Date" –  ma non con me. Quasi preferirei Will, a lui – chiaramente l'inclinazione sessuale del personaggio della sit-com ne giustifica ancor più la motivazione verso tale scelta – se la debole ed insicura Grace me lo presterebbe.

Tanto per farci quattro risate.

Poiché ridere, al momento, era proprio l'ultima cosa che avrei saputo fare. Avevo appena flirtato con un altro ragazzo, che non era il mio.

E – non l'avrei ammesso nemmeno sotto tortura – mi era pure piaciuto.

Se uno sguardo potesse uccidere, io ora sarei nell'aldilà a salutare il mio Patch Adams preferito, Robbie Williams – ho sempre avuto un debole per il suo naso Dantesco aquilino – e a duettare con Elvis e Michael, sulle note di "Be Bop a Lula" o "Thriller", a seconda dell'umore, sempre che siano morti davvero. Il mistero sulla loro scomparsa forse li rende ancora più leggenda di quanto già non siano? Indubbiamente. Alle volte abbiamo bisogno di un che di misterioso per alimentare una speranza.

<<E come diavolo dovrei fare io, scusa, per convincere uno con cui hai parlato già tu per più di un'ora che non ha nessuna intenzione di cambiare idea?>>.

Claudio sposta leggermente il lenzuolo, allungando le gambe, osservando ancora infastidito la sua sveglia umana personale.

<<Con il tuo fascino. Il funzionario comunale con cui ho litigato per più di un'ora non è uno, ma una: è una donna>> rispondo io, con un sorriso serafico.

Lui si porta la mano sinistra alla bocca per trattenere una risata. <<Quindi stai iniziando anche tu a capire il mio potere?>>.

<<A capirlo, ma non a subirlo. Ti piacerebbe...>> esclamo allusiva, sedendomi ai margini del letto, dal quale Claudio non sembra aver intenzione di uscire.

<<Veramente no. Non vado a letto con le amiche. Soprattutto se impegnate>>.

Da quando io sarei un'amica? E comunque, chi ci crede?

<<Io e te non siamo amici. Siamo... colleghi>>. Non so perché tengo così tanto a precisarlo.

Ora la risata di Claudio esplode, senza ritegno. <<Sì, colleghi di sventura. Non siamo riusciti a combinare ancora niente. E ci restano solo due settimane>>.

<<Due settimane non sono poche, se adesso la pianti di poltrire e vieni con me>> lo sprono.

<<Poltrire? Io sto DORMENDO! E' sacrosanto diritto di ogni essere umano riposare almeno sette ore per notte... nel mio caso, per giorno>> sbuffa, irritato, ma avvolge le lenzuola attorno al braccio, per liberarsene.

<<Berlusconi se ne faceva bastare cinque>>. Sfrutto la battuta politica perché la mia concentrazione sulla conversazione è stata altamente compromessa dalle sue gambe toniche tatuate comparse improvvisamente, e dei suoi boxer azzurri, che contengono, a fatica, ciò che è solamente la normale reazione mattutina tipicamente maschile.

Differentemente, non è per niente normale la mia di reazione a tale visione.

<<E si è fatto anche tirare talmente tanto che sembra un manichino. No, grazie>> si alza, incurante di ciò che mi passa per la testa.

Non voglio più pensare a chi e a cosa tira, qui.

<<Ehm... ti lascio preparare con calma>> balbetto, mentre seguo con lo sguardo il movimento del suo fondoschiena – uno come un altro, sia chiaro –  che si dirige all'armadio, per essere poi, purtroppo, coperto da jeans scuri.

<<No, tranquilla>>.

Si toglie la maglietta del pigiama e se ne infila subito un'altra beige. <<Ho fatto>>.

Sono così sollevata che abbia portato a termine questa operazione di spalle, così da non accorgersi della mia espressione... non avrei proprio saputo come giustificare la mia temporanea dislocazione della mascella, dato che la mia bocca si è aperta in un <<oh>> di stupore e non vuole saperne di richiudersi.

<<Allora, vado in bagno e poi andiamo. Scassacazzo>> mi lusinga, per sparire oltre la porta del corridoio.

Mi risiedo sul letto, sconvolta da me stessa. Non posso far parte anch'io di quello stereotipo femminile che, a causa di insoddisfazione con il suo partner, sbava – letteralmente – dietro ad un altro tipo di stereotipo maschile, ovvero il seduttore seriale. Soprattutto se lo sciupafemmine in questione è il fratello del futuro sposo della mia migliore amica.

Non posso, devo tutelare la mia già precaria sanità mentale.

<<Ci ho ripensato >> esclamo quindi, appena torna, categorica.

<<Richiamerò e vedrò di risolverla da sola. Meglio che vada>>.

<<Eh no cara Signorina Rottermeier: adesso che mi hai tolto dalla branda non ti libererai di me. Portiamo a termine questo incarico>>.  Il paragone con la perfida governante, campionessa di cattiveria ed inettitudine, non mi va proprio a genio. Ma lascio correre, perché in qualche modo c'entra con il contesto, dato che le mie guance sono conciate peggio di quelle di Heidi.

Si spruzza sul collo qualche goccia di Hugo Boss – ed è preoccupante quanto lo veda un possibile protagonista della pubblicità del famoso profumo al posto di Theo James, il Quattro di "Divergent" – mentre con un rapido gesto si infila un blazer sportivo nero, che aderisce perfettamente al suo fisico.

<<Sei serio? Ci saranno più di trenta gradi, fuori>> lo avverto.

<<Dobbiamo o no conquistare questa femmina difficile?>>.

Si volta e mi fa l'occhiolino, sistemandosi meglio il collo della giacca. Ma cos'è, un pavone o un uccello tipo la fregata magnifica, che ostenta la sua bellezza e gonfia il petto per attirare l'attenzione dell'esemplare femminile? Ah no, impossibile: questo animale è monogamo. Stagionalmente. Allora...

<<Quindi questa sarebbe la tua mise da conquista?>> chiedo, in tono ironico, scansando dalla mente l'immagine di uccelli vari.

<<Non ne avrei bisogno, lo so>> si liscia la giacca sul petto, ammirandosi ancora allo specchio.

<< Ma essere eleganti è un must>>. E anche peccare di vanità, sembra. Narciso gli fa un baffo.

<<Ok, Romeo, hai finito di rimirarti? Tanto il tuo specchio delle brame, se glielo chiedi, ti risponderà sicuramente che sì, sei tu il più bello del reame>> mi avvicino, osservando anch'io il suo riflesso ed il mio comparire alle sue spalle, sorridendo.

Lui ora fissa i miei occhi attraverso la superficie riflettente tonda, e io, istintivamente, li abbasso. <<Sai che non avevo mai notato la tua vena ironica? Pensavo fossi molto più ordinaria>> mormora, senza smettere di fissarmi.Lo so perché trovo il coraggio di riportare i miei occhi sul riflesso dei suoi. E sento un brivido.

<<Non ero mica io il giudice severo della situazione? Di certo non sono così ingenua da mettermi a cantare come la Caselli "Nessuno mi può giudicare">> faccio spallucce, indietreggiando, cercando con tutta me stessa di apparire disinvolta.

<<Vedi? Sei simpatica>>.

<<Lo dici come fosse un difetto>> puntualizzo, offesa.

<<In realtà è solo una sorpresa. E io non sono uno facile da sorprendere>>.

Ma non mi dire...

<<Comunque sai, tu hai dalla tua la bellezza... tienitela stretta>> lo sbeffeggio.

<<Perché, pensi che non abbia anche una personalità?>> domanda accigliato, non tentando nemmeno di fare il finto modesto, disquisendo sul velato complimento riguardante il suo aspetto esteriore.

<<No no, quella ce l'hai. E' che vedi, la differenza sta nel come la usi>>.

Avanzo di nuovo verso di lui, sfiorandogli il petto con un dito. <<Perché all'interno di una descrizione di un'opera, la bellezza resta solo uno schizzo. E' il carattere a rendere la persona un capolavoro>> mi difendo – egregiamente, anche  – osservando la sua espressione rapita. Ma come cavolo mi è uscita, questa?

<<Sarà meglio andare>> esclama, facendosi d'improvviso serio, indirizzando l'attenzione sul mio dito ancora poggiato sul suo petto.

<<S-sì>> annuisco imbarazzata, riappropriandomi del dito. E del mio senso di responsabilità, ripromettendomi di stargli molto molto lontana.


Ping. Numero trentadue.

<<Noi abbiamo il trentotto. E' inutile che provi a corrompere la biondina>>.

Cerco di dissuadere Casanova, mentre in realtà gli ho appena dato un'idea brillante. Come potessi vedere la lampadina che si materializza nel suo cervello, lo blocco con il braccio prima che faccia un altro passo nella direzione della signora davanti a noi, che tiene tra le mani il biglietto con il numero trentatré come monito del suo posto all'interno della fila, stretto nel pugno, manco fosse un biglietto vincente milionario della Lotteria.

<<Le parlo soltanto. Eddai>>.  Si divincola, sfoderando il suo sorriso smagliante e iniziato a lavorarsi la graziosa donna ignara del suo subdolo piano.

Il suo sguardo guizza da lui al suo prezioso biglietto, per poi abbassarsi sull'orologio che tiene al polso. Neanche provo a richiamare il mio bugiardo contraffattore di tickets – Frank Abagnale Jr. potrebbe trovarsi in svantaggio se facessero a gara di bluff nel campo – che lui torna verso di me vittorioso, con il numero trentatré stampato in bella vista sul foglio.

Proprio in quell'istante, l'insegna luminosa accanto all'ingresso dell'Ufficio Matrimoni segnala il cambio di turno, che, adesso, è il nostro. Non so se essere arrabbiata o affascinata. Ma so di essere in presenza di un uomo che non si fa problemi a usare il suo fascino per il suo tornaconto. Che, visto che si tratta anche del mio, adesso, fingerò non mi faccia irritare da morire.

<<Le ho già spiegato dettagliatamente, Signorina>>.

L'accezione dispregiativa del termine è evidente visto che viene accompagnato da una smorfia di disgusto, che poco velatamente la simpatica funzionaria del comune esprime convinta. <<Non è possibile celebrare una cerimonia civile in questa location>>.

Claudio, seduto accanto a me, sospira, mentre si porta una mano alle labbra, pensieroso. <<Credo che la mia... conoscente, qui...>> esclama, indicandomi svogliatamente con la mano. <<Si sia espressa male. La perdoni>>.

Cosa? Lei deve perdonare me?! Ma se non ha fatto altro che insultarmi, prima, solamente a voce e, ora, anche di persona? Non scherziamo! Non...

Perdo il filo del mio discorso – monologo – interno dei miei pensieri, poiché l'altra mano di Claudio è finita sulla mia coscia, e la sta accarezzando, come si farebbe con un cagnolino che ringhia. Mi vuole tenere a bada, e, anche se la cosa mi innervosisce molto, lo lascio proseguire. Sia nella persuasione di Genoveffa, sia nell'addomesticare me. Vediamo cosa sa fare, il Nick Marshall della situazione. L'unico modo per trattare con questa arpia inacidita dal veder realizzate tante unioni felici e non la propria, negli anni – con il risultato di inasprire il suo già sicuramente orrendo carattere – sarebbe stata quella di leggergli nel pensiero, dono bene e maledetto del Mel Gibson della situazione. Vuoi vedere che lo possiede anche Claudio? In men che non si dica, la zitella simpatica come un dito nell'occhio si alza, andando a fotocopiare delle carte, sorridendo allegra al mio accompagnatore. Che ha precisato, un numero consistente di volte, che non siamo noi i futuri sposini. Che, anzi, nemmeno mi conosce.

<<Tu sì che sei un ragazzo con il cuore grande>> dice sotto effetto dell'incantesimo di Claudio la povera vittima, consegnandogli documenti necessari per la celebrazione. Quella che non si poteva assolutamente fare, fino a qualche insulto fa.

<<Stai aiutando il tuo povero fratello a ricongiungersi con la sua metà. Ti fa onore, ragazzo... oh, che fortunata la donna che conquisterà il tuo cuore così grande>> continua, venerandolo. Non lo sa, lei, che lui un cuore non lo possiede? Grande poi... forse di grande ha altro, ma non certo il cuore.

Milena! Mi riporto all'ordine da sola, mentre mormoro un <<grazie>> frettoloso e mi becco l'ultima occhiataccia della donna.

<<Ricordatevi di trovare entro due giorni chi celebrerà il tutto e di portarmelo qui. Altrimenti poi sarà troppo tardi. E per le pubblicazioni...  ci penso io>>.

Fa l'occhiolino a Claudio e sorride, tutta rossa.

Signore, fatemi uscire di qui!

<<Allora, mi meriterei un bacio, ma dato che non posso chiedertelo, mi accontenterò di una birra>> afferma Claudio, appena torniamo alla mia macchina.

<<Ma neanche per sogno>> ribatto io, intenzionata a scappare da lì – e da lui – il prima possibile.

<<Ah, mi vuoi offrire direttamente il pranzo? Allora puoi essere gentile anche tu!>>.

<<Ma che gentile e gentile! Se ti offrissi il pranzo, cosa che non ho la minima intenzione di fare, lo farei solo per compassione. Povero ragazzo stanco, ingannare la gente ti debilita?>>.

Claudio sta sbadigliando per la trecentesima volta, appoggiandosi al cofano dell'auto con la mano. <<In effetti, sì. Richiede molte energie... ed è per questo che ho bisogno di reintrodurle. Dai, andiamo in quel locale all'angolo. Non dobbiamo neppure prendere l'auto>> dice indicando un bar in fondo alla via con l'insegna rossa "Open".

<<Guarda che con me non attacca. Io non sono come le altre>>.

<<E questo mi è piuttosto chiaro. Ma ti sto solo chiedendo di pranzare insieme. Come farebbero due colleghi dopo una vittoria>> ammicca, sfoderando il suo solito sorriso da restarci secchi.

Ah, adesso siamo colleghi? Non siamo mica solo conoscenti?

<<Non ho fame>> mento, mentre il mio stomaco – lurido traditore – decide di reclamare attenzione proprio in quell'istante, brontolando.

Claudio s' impensierisce, e gli compare una ruga sulla tempia. <<Perché non vuoi venire con me?>> mi domanda, scrutandomi.

<<Perché non ho appetito>> mento, di nuovo.

<<Allora lo stomaco che si lamentava di chi era?>>.

Inventa una scusa. Una qualunque. Dai, dai, dai... il tempo scorre... Gerry mi incita... adesso si apre la botola! Sono davvero in caduta libera...

<<D'accordo, ma solo un panino veloce>> rispondo senza rispondere.

L'espressione corrucciata sul suo viso non cambia, però mi cinge il fianco e mi fa strada.

<<Il panino peggiore che abbia mai mangiato>> commento acida, pulendomi le dita con il tovagliolo.

<<Non posso darti torto. Era orrendo. Scusa, dovevo accertarmi che non fosse così schifoso prima di proportelo>>.

Scusa? Accertarsi di che cosa?

<<Claudio, oltre al panino hai ingoiato anche Mr. Darcy?>> domando, incredula.

<<Ma chi, quello di Orgoglio e Pregiudizio?>>.

Conosce il libro della Austen?!

Sorrido, e porto le dita alle labbra per pulirle meglio. <<No, quello di Bridget Jones>> esclamo senza trattenere una risata, divertita.

<<Mile...>> inizia a dire, osservando il mio gesto, ma si interrompe, guardando ora oltre le mie spalle.

<<Amore!>>.

Mi volto di scatto e ricevo un inaspettato bacio sulle labbra.

<<Ciao! Ma che ci fai qui?>>.

Jake prende posto accanto a me, salutando velocemente con una mano Claudio. <<Sono uno studente fuori sede, oggi. Ti avrei chiamata più tardi per passare da te. Tu invece? Cioè... voi?>>.

Claudio ringrazia del coinvolgimento con un mezzo sorriso, e risponde in tono piatto <<siamo qui per il matrimonio>>.

<<Ah già! Come sta andando? Scusami tesoro se sono un po' assente in questo periodo, ma sto preparando quel maledetto esame...>> si giustifica Jake, che si avvicina ancora per baciarmi, stavolta con più impegno.

<<Quanto mi sei mancata>> mormora tra le mie labbra, prima di staccarsi e lasciarmi attonita.

Un suo bacio non mi aveva mai fatto quell'effetto: sono incazzata – nera – e non solo perché lo aveva fatto in pubblico, cosa che io detestavo e lui lo sapeva, ma anche per il modo in cui lo aveva prolungato. Come se volesse marcare il territorio...

<Sì, ehm... ora io... vado. Meglio che mi riposo un po' prima del turno di stanotte. Ciao>>.

Claudio si alza e va verso la cassa del bar più veloce della luce.

<<Aspetta, non deve pagare lui>> spiego a Jake, mentre scatto in piedi per raggiungerlo.

Poso una mano sulla sua, già pronta sul portafogli. <<Offro io, ricordi?>>.

<<Il panino peggiore della storia? Non te lo lascio fare. E poi il tuo ragazzo ti aspetta. Gli sei mancata molto. Vai, vai>> dice in tono... arrabbiato?

<<Clà...>>.

Cerco la sua attenzione, inspiegabilmente irritata.

Si volta e mi squadra, cercando di interpretare l'espressione del mio viso. <<Io non ti servo più. Adesso ti puoi divertire>>.

Tende la banconota da dieci euro al barista, che gli dà qualche euro di resto.

Accidenti, arrabbiato è dire poco.

<<Claudio, mi dici perché fai così, adesso?>>. Provo ad ottenere una spiegazione per il suo strano comportamento.

<<Non sto facendo niente di particolare. Quando non sono impegnato ad ingannare povere donne indifese sono solo noioso. Ricordalo. Ciao, fammi sapere se ti occorre altro>>.

Esce senza voltarsi e io, di colpo, sento freddo, anche se è estate.

Nota Autrice: Voi? Sentite freddo oppure... caldo?! 😜
Quanto state invidiando Milena?? Certo che lei se le va proprio a cercare... non credete?
E Anna? Come prenderà l'iniziativa di Marco?

Al prossimo aggiornamento! 😉


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