Chapter 18\"Io quella notte non ho fatto sesso con te... ma l'amore..."
Ho molto caldo e molta sete.
Apro gli occhi e in un attimo ricordo dove mi trovo e... con chi.
Siamo ancora nudi.
Il braccio destro di Claudio è abbandonato sul mio fianco, mentre con quello sinistro mi cinge il collo, tenendomi stretta a lui come se avesse paura che potessi andarmene. In effetti, realizzando ciò che è accaduto solo poche ore prima, l'istinto di scappare da una prigione dorata si sta facendo sempre più strada dentro di me.
Non capisco se a parlare è la paura di questo sentimento a cui ancora non so dare un nome, o se è la potenza che indubbiamente gli appartiene, ad urlare così forte di fuggire, per non farmi catturare.
Non è stato come tutte le altre volte: Claudio si è abbandonato completamente, con me. Mi ha scelta, tra tante. Mi ha scelta, tra tutte? E io sono disposta a cedere, a fare la medesima scelta? Mi sto finalmente ritrovando dopo una ricerca sofferta, continua, infinita. Sto conoscendo Milena, realizzandomi come donna, come professionista... posso fidarmi nuovamente di me, delle mie capacità. Posso dire altrettanto di lui? Posso fidarmi di Claudio? Delle sue intenzioni?
Ho la gola secca e mi sento soffocare. Sposto piano il braccio che mi lega a lui, e cerco di slegare tutte le catene – soprattutto quelle invisibili, più forti di altre – che mi inchiodano a questo letto. Scivolo fuori dalle coperte e mi rivesto, dopo essermi dissetata e sciacquata il viso. Scosto la tenda azzurra e guardo fuori: se non avessi lasciato il cappotto in custodia uscirei sul terrazzino a respirare l'aria della notte. Mi accoccolo sul divano accanto al letto, dove resto a pensare fino a che le prime luci dell'alba interrompono anche il sonno di Claudio, che mi cerca accanto a sé.
Non trovandomi, si siede, spaesato.
<<Buongiorno>> lo saluto, con un mezzo sorriso.
Lui aggrotta le sopracciglia e scende dal letto, venendo accanto a me. <<'giorno. Come mai sei già sveglia e...vestita?>> mi chiede, imbronciandosi.
<<Perché alle dieci ho lezione, stamattina. Devo tornare>> dichiaro, fingendomi indifferente.
<<E io che pensavo di fare un'altra gita su un'isola, visto che ne siamo così affezionati...>. Si riferisce all'isola di San Giulio, qui vicino.
Sorrido al suo gentile pensiero, ma resto convinta che sia meglio non saltare la lezione di contabilità computerizzata con software gestionale ERP2 – qualsiasi cosa significhi – e glielo comunico, in tono perentorio. <<Sarà meglio prepararsi, allora. Andiamo>> afferma con un po' di tristezza nella voce.
Un viaggio di un'ora e mezza può sembrare di mille, se fatto in totale silenzio e con una tensione che aumenta ad ogni chilometro. Claudio non ha commentato ulteriormente la mia volontà di fare subito ritorno a casa, né la mia evidente freddezza ed il mio distacco, sia fisico che non. Mi scoppia la testa e non riesco a comprendere appieno il significato di tutto ciò che ho vissuto nelle ultime dodici ore: mi serve tempo. La mia casa sembra persino diversa, o forse sono io che lo sono, e non riesco a percepirlo completamente, non avendo la capacità di guardarmi dentro come vorrei.
<<Grazie...di tutto>>. Le uniche due parole uscite dalla mia bocca, quella mattina, prima di scendere dall'auto.
Lui riparte senza replicare, sgommando, già lontano sulla via... e dalla mia vita.
3,2,1... BUON ANNO!
<<Vorrei che venisse messo agli atti che ho già mantenuto il mio nuovo proposito per il nuovo anno: niente panettone!>> esclamo fiera in tono cerimonioso, riempiendomi di nuovo il bicchiere di spumante.
<<Mile, sono passati solo dieci minuti dall'inizio del nuovo anno. Non barare!>>. Jake mi dà uno spintone con il fianco, facendomi quasi rovesciare l'intero contenuto del mio prezioso flute addosso.
<<Vediamo domattina con le brioche, cara. Lì ti voglio>> commenta Marco, sapendo di cogliermi in castagna.
<<Ma hai prenotato anche quelle vegane, amore?>>. L'amore di Anna alza gli occhi al cielo, stoppando con un lungo bacio la prossima scomoda e inutile domanda della moglie, che lo accoglie e lo perdona.
Distolgo lo sguardo, in preda ad uno dei miei soliti attacchi di malinconia misto a gelosia che mi fanno ripiombare nello sconforto. Non avevo raccontato a nessuno come era andata quella notte con lui. Avevo speso milioni di parole banali per il cibo, per la location, persino per la strada – lunga ma ne val la pena – senza neanche accennare alle parole e, soprattutto, ai gesti di Claudio. Quando suo fratello gli ha domandato se volesse anche lui partecipare al consueto Capodanno alla casa in Liguria di Dani, ha gentilmente reclinato l'invito con uno scontato "ho altri programmi". Non che la cosa non mi avesse rallegrato: non avrei proprio saputo come fare se me lo fossi ritrovata qui.
<<Sì però domani al mare ci andiamo. Chissene se è inverno, non m'interessa di quello che urla la Bertè>> si lamenta Natalia. <<Il mare d'inverno è affascinante!>>.
<<D'accordo, andiamo in spiaggia. Mile ricordati la crema solare, stavolta>> mi sfotte Ale, facendomi l'occhiolino.
Jake mi guarda, non capendo naturalmente la battuta, ma io lo ignoro. Mi riusciva piuttosto bene, tranne quando revocava i tempi della nostra relazione con aneddoti e storielle che teoricamente portavano allegria, ma che, praticamente, mi inondavano di senso di colpa e di ansia per quello che era stato e che non poteva esser più.
<<Io devo allenarmi, domani. Non so se verrò con voi>> rifletto ad alta voce, sdraiandomi accanto a Marco sul divano, poggiando le gambe su quelle di Anna.
<<Ma smettila che non segui più un allenamento di Thai da mesi. Fai solo Krav, saltuariamente. Sei diventata una pigrona>> mi sgrida lei, rovesciandomi le gambe e impadronendosi di nuovo dello spazio laterale della penisola: egoista.
<<Appena torniamo, mi impegno. Palestra tutti i giorni>> continuo il mio auto discorso motivazionale, determinata.
<<Disse dopo mezz'ora dall'inizio dell'anno nuovo la temeraria Milena, per poi fallire miseramente anche questo proposito, dopo una fetta di panettone invitante mangiata a tradimento, e una scusa qualunque...>>. Jake fa una smorfia di derisione, parlando a macchinetta. <<...come il freddo, l'auto in panne, la guerra, l'invasione aliena, la fine del mondo, tutto, pur di non andarci più>>.
Rido mio malgrado, sferrandogli un affettuoso pugno nel petto: dannazione, aveva ragione da vendere.
<<Mi ricordate perché non è venuto Giò?>> chiedo incuriosita al resto della ciurma, occupata in una partita piuttosto impegnativa a Risiko. <<E' giù a Roma da Silvia?>>.
<<Ma no, doveva lavorare. E poi non sai che si sono mollati?>> mi rende al corrente Sandro della loro rottura, con tutti i dettagli.
<<Che peccato>> commento appena termina il racconto, per nulla sorpresa. <<Insomma, ragazzi, lo so che fa molto nonna, ma anche se è Capodanno e sono solo le due, io vado a letto>> annuncio dopo poco, nella derisione generale. Regalo gestacci beneauguranti a tutti e mi ritiro in camera, dove i sacchi a pelo di Anna, Marco e Jake sono disposti in fila accanto al mio.
<<Vuoi compagnia?>> mi chiede l'unica persona che avrebbe potuto interpretare la mia ritirata come un invito alla non solitudine, azzeccando, poiché mi conosce meglio di chiunque altro.
<<Certo, Jake. Vieni>>. Do due colpetti sul pavimento accanto a me, e lui si siede nel punto da me indicato.
<<Che succede, ranocchia?>> mi prende in giro, meritandosi un altro bel pugno sullo sterno.
<<Da quando abbiamo sentito quella canzone ti diverti a chiamarmi così, ma la smetti?>>. Fingo di rimproverarlo, quando invece mi fa sempre ridere ricordare la traccia senza senso di Ligabue, con il sol gracidare delle rane, a Rubiera Blues.
<<Devo studiare un sacco, per la tesi>> si lamenta, strofinandosi gli occhi.
<<Tra quanto dovrai discuterla?>>.
<<Il 27 febbraio. Cazzo, c'ho una caga paura>> mi confessa, sdraiandosi con le braccia dietro la testa.
Istintivamente appoggio la mia sul suo petto, sdraiandomici accanto. Lo sento irrigidirsi e mi sembra incredibile interpretare così strani quei gesti che abbiamo reputato normali per molti anni.
<<Jake, ma tu sei felice? Cioè... non ti manca nulla?>>. Non so bene perché glielo sto domandando, né cosa vorrei mi rispondesse.
<<Se mi accontentassi, potrei esserlo. Sia felice, sia convinto che non possa mancarmi niente per diventarlo. Ma sai che la mia natura mi porta sempre a volere di più, a non credere mai di essere arrivato>>. Solleva la mano in orizzontale, marcando nell'aria un'altezza che si eleva, spostando verso l'alto la mano, per dimostrarmi cosa intende. Vuole sempre spingersi più su, senza fermarsi mai. Quanto gli invidio questa capacità di mettersi costantemente in discussione, ignorando la paura del fallimento. Io, invece, arrancavo sempre, sulla mia salita di notevole pendenza, e fare un solo passo mi pareva uno sforzo assurdo.
<<Sai...>>. Si schiarisce la voce, riportando cautamente la mano accanto al suo corpo. <<Ho conosciuto... una ragazza... Isabella>>.
Mi si ferma il respiro, a tale confessione. <<Ah>> riesco infatti a dire soltanto, mentre mi stacco da lui e ritorno seduta.
<<Ti crea problemi la cosa?>>. Si rialza anche lui, preoccupato, poggiandomi ora la mano sulla spalla.
<<No, cioè... sono contenta che... sei pronto per... voltare pagina>>. Mi sforzo di sorridere.
<<Tu l'hai già fatto, insomma...>>.
<<Ci ho provato, sì. Ma non è andata bene>> confesso con amarezza, stringendo al petto le ginocchia.
<<Mi dispiace, Mile. Davvero. Per... tutto. Io... ci credevo>>. Posa ora la mano sulla mia, sinceramente rammaricato.
<<Ti prego, fai una delle tue battute. Ne ho davvero bisogno>> lo esorto, stringendogliela forte.
Lui si porta un dito alla tempia, poi osserva lo zaino di Anna abbandonato per terra, dal quale spunta un sacchetto. Lo afferra, dondolandomelo davanti al viso.
<<Cos'è?>>.
<<E' quel suo pane integrale con tutti i semini, che lei millanta essere biologico e fatto con la pasta madre, da dolci manine di sapienti nonnine, con ingredienti super naturali nel forno di una volta, cotto a bassa temperatura per non alterarne il sapore né la consistenza, senza additivi né conservanti, né sale, con farine a km 0 e cereali locali, il tutto per evitare ogni sfruttamento possibile del territorio, incurante, invece, della tragicità che sta dietro ad ogni singola fetta di tale pane>> recita solennemente, aprendo la confezione e prendendone quindi una fetta, sventolando anch'essa al vento.
<<Ho paura a chiederti perché>> rido già, pregustandomi la cavolata che ne tirerà fuori.
<<Beh, ma è ovvio: tutti quei cereali, che triste destino... avrebbero potuto diventare whisky!>>.
Ebbene sì, questo, di lui, mi sarebbe mancato in eterno, allontanandomi dalla completa felicità.
<<E' occupata anche l'altra sala?>> domando infastidita a Luana, che è appena tornata di corsa nello spogliatoio.
<<Eh sì. Con la scusa delle feste hanno chiuso sia la palestra di via Rancio, sia quella di via Dotti. Mi sa che facciamo prima a fare un po' di resistenza alle gambe e poi vediamo se, nel frattempo, hanno liberato almeno la sala grande>> mi risponde Laura, un'altra nostra compagna di corso di Krav Maga.
Luana, invece, noto che mi osserva circospetta. <<Dai, spara Lu>>.
Mi preparo alla ramanzina. <<E' troppo tempo che non mi faccio vedere, e adesso pretendo pure di poter lavorare nella sala più bella, giusto?>>.
Lei ride, cogliendo il mio tono ironico, ma non cambia espressione. Finisco di mettere le scarpe e di far aderire bene la tuta nera e azzurra sui fianchi e mi piazzo di fronte a lei, con tutta l'intenzione di farla confessare. <<Cosa succede? C'è qualcosa che devi dirmi?>>.
<<No, io... non so. Insomma... se vuoi posso chiedere io della disponibilità della sala, non vorrei metterti in difficoltà>> mormora appena. E perché mai chiedere una cosa tanto banale avrebbe dovuto mettermi in difficoltà?
La fisso perplessa, ma, invece di replicare, mi appropinquo decisa all'ingresso della palestra, per poi svoltare in direzione del luogo tanto ambito. Avevo sfidato l'inerzia e potevo vincere la scommessa con Jake essendomi recata fino a lì, vuoi che per qualche insignificante motivo non portassi a termine le mie onorevoli intenzioni di mettere in moto il mio – flaccido, se continuavo la mia personale battaglia a favore dell'inattività, senza dubbio – corpo? Sia mai!
Mi dirigo battagliera verso la porta a vetri della sala, dalla quale sbircio all'interno per capire il tipo di attività che vi si stava svolgendo. Noto molte ragazze, e qualche ragazzo, che si esercitano nella lotta. Tradizionale, a quanto vedo: il maestro, di spalle, tiene per le gambe una bella ragazza mora, incitando l'avversario a proseguire nel combattimento, chiedendogli di intervenire utilizzando una particolare mossa piuttosto che un'altra. La ragazza lo guarda rapita, poggiando una mano sulla gamba, per sfiorare la sua.
Osservo la scena attentamente, incontrando le facce perplesse dei partecipanti che probabilmente si stanno domandando il motivo della mia presenza. E poi incontro il suo sguardo: la sua bocca si apre in un'espressione di autentico stupore, misto a qualcosa che identificherei solamente come disgusto, se non sapessi che non potrebbe provare per me questo sentimento. O almeno, lo spero.
Fa un cenno veloce di scuse pubblico congiungendo i palmi delle mani, e si avvicina alla porta. <<Ciao. Sei... qui per... me o...?>>
<<Ci serve la sala. Noi... abbiamo gli allenamenti>>. La mia voce è appena udibile, dato che mi è morta in gola appena mi ha rivolto lo sguardo, però il tono è più duro di quanto desiderassi.
<<Ah>>. Abbassa lo sguardo, palesemente deluso, ma lo rialza, subito, deciso. <<Sì, okay, certo. Abbiamo... finito. Certo...>>.
<<Ragazzi, concludiamo gli ultimi schemi e poi andiamo. C'è un altro corso, rivendicano la stanza>> annuncia platealmente in modo arrogante, dandomi le spalle.
Improvvisamente mi sento così a disagio che vorrei non essere mai venuta: in fondo, il mio divano era molto più attraente. Ma a chi voglio darla a bere? Claudio lo è molto di più. Okay, Claudio sopra il mio divano sarebbe il massimo dell'attrattività possibile. Oh , maledizione!
Mi porto una mano alla testa, dandomi un colpetto per il mio stupido pensiero, incontrando il volto allibito di Luana. Aveva cercato di avvisarmi, poverina... le avevo raccontato in un rarissimo slancio affettivo – causato dagli eccessivi zuccheri ingurgitati, dato che avevamo mangiato due mega affogati con tripla panna a testa, con la scusa del pranzo – della mia situazione delicata con Claudio. Ed era prima della serata a Villa Crespi... figuriamoci.
<<Ecco, tutta vostra>> esclama verso di noi con una spiccata nota di disprezzo il bellissimo maestro, dopo che tutti i suoi allievi sono usciti.
Faccio un lungo respiro, e mi costringo a seguirlo. <<Claudio>> lo chiamo, ma lui non si ferma. Ci riprovo. Stessa reazione. Aumento l'andatura e gli afferro il braccio; solo allora si volta, bruscamente, tanto che lascio immediatamente la presa.
<<Ho dimenticato qualche attrezzo in giro? Vuoi sapere quando ci sarà la prossima lezione? Ti servono le chiavi?>>. Mi bombarda di domande, ben sapendo che il motivo per cui l'ho fermato non c'entra nulla con la palestra.
<<No, io...>> non so cosa dire, in realtà.
Davanti a lui, che mi fissa arrabbiato, mi sento minuscola e mi viene da piangere. E poi la sua pelle, sotto le mie dita, è così morbida...
Si spazientisce presto e quindi mi sprona, tenendosi caldamente alla larga dalle buone maniere. <<Senti, non ho tempo da perdere. Parla, altrimenti vattene>>.
Deglutisco, percependo la gola improvvisamente arsa e iniziando a tossicchiare, nervosa. <<Claudio... è tanto che volevo parlarti. Io...>>.
<<Ah, sei qui. Non ti sei ancora cambiato? Ti sto aspettando già da dieci minuti>>. Una donna, la cui bellezza potrebbe essere descritta solamente con termini aulici e tutti i sinonimi possibili di tale sostantivo femminile, ci interrompe, avvicinandosi a lui.
<<Marta, arrivo. Scusami, ancora cinque minuti. Per favore, aspettami nell'atrio>> le riferisce educatamente, con un gran sorriso, e io mi sento morire.
Indietreggio senza accorgermene, volendo liberarmi di questa orrenda sensazione di soffocamento il prima possibile. Claudio se ne rende conto, e, invece di fermarmi, mi accompagna all'indietro, spingendomi dentro la sala dello spinning, dove venti biciclette fisse sono le silenti spettatrici del nostro personale spettacolo. Pessimo, per essere due che sapevano recitare benissimo i rispettivi ruoli, ma insieme...
<<Cosa stavi dicendo, Milena? Continua, qui nessuno ci disturberà>> mi esorta, ammorbidendosi.
<<Chi è Marta?>> gli domando invece io, incapace di ignorare la gelosia profonda che provo.
Claudio scuote la testa, iniziando a ridere. Ma è una risata amara. <<Non dovrebbe importarti nulla di chi è, dato che non te ne importa nulla di me>> afferma tristemente, continuando a scuotere la testa, afflitto.
<<Non è vero! Io... quella notte...>>. Non riesco a continuare perché sto iniziando a singhiozzare come una bambina.
<<Quella notte è stata la più bella della mia vita!>> urla, non potendo più trattenersi. <<E tu l'hai dimenticata, l'hai buttata via, come hai buttato via me, solo perché hai paura di quello che potrebbe accadere se ammettessi che anche tu hai provato qualcosa!>>.
Mi prende il viso tra le mani, guardandomi disperatamente negli occhi. <<Io quella notte non ho fatto sesso con te. Io ho fatto l'amore con te. E sebbene potrebbe suonare strano, detto da un puttaniere....>>.
Sgrano gli occhi a quella definizione, ma lui continua <<lo so che l'hai pensato, prima di venire a letto anche tu con me>>.
Taglia corto, riprendendo velocemente il discorso, correggendo il tiro. <<Detto da uno che ha avuto centinaia di ragazze...>>. Oh Dio, centinaia?!
<<Era la prima volta, dopo molto molto tempo, che con una di loro io non scopassi e basta. Con te, che sei unica, come già ti ho detto, che sei...>>.
Appoggia la fronte sulla mia, chiudendo gli occhi. Sta aspettando una mia parola, lo so.
<<Clà...>>.
Si accendono le luci all'improvviso, e un uomo calvo e muscoloso cerca di entrare attraverso la porta alla quale siamo appoggiati. Ci spostiamo, rassegnandoci di fronte all'evidente impossibilità di continuare ancora la nostra conversazione.
<<Sabato cosa fai? Non per forza qualcosa con Marta, intendo... se hai programmi>> azzardo, uscendo per prima e fermandomi davanti alla macchinetta del caffè. Promemoria mentale: dopo non ne potrò ingoiare nemmeno un sorso, poiché già farò fatica a dormire, assicurato.
<<No>> risponde in fretta.
<<No non hai da fare, o no non hai da fare con Marta?>>. Mi trovo incapace di trattenere di nuovo la mia curiosità a riguardo.
Claudio fa schioccare la lingua, sospirando. <<No per entrambi, Milena>> conferma, sfinito, sedendosi sulla panca davanti alla macchinetta tentatrice: si sentiva profumo di caffè a distanza di km. Al momento ero già parecchio occupata a non cedere alla mia più grande tentazione, che stava mettendo a durissima prova la mia praticamente inesistente forza di volontà davanti ad essa. Oscar, quanto ti capisco quando dici che puoi resistere a tutto, tranne che alle tentazioni...
<<Okay...>>. Liscio il pavimento strisciandovi sopra la scarpa, impacciata. <<Allora, visto che non lavori e non devi fare nulla, né con Marta né con nessun altro...>>.
Alza gli occhi al cielo, incrociando le braccia, come a dire "vuoi arrivare al punto o no?".
<<Ci vediamo?>>. Riesco finalmente a formulare questa semplice – all'apparenza – domanda, restando in trepida attesa per la risposta.
<<Mi sembra che abbiamo un discorso in sospeso. Perciò va bene>> acconsente dopo lunghi momenti di riflessione, iniziando ad incamminarsi verso lo spogliatoio maschile. <<Ma ti faccio sapere io dove e quando. Ciao>>.
Potevo ritenermi soddisfatta: avevo, con questo sofferto dialogo, allenato duramente alcuni muscoli del corpo: cuore e polmoni potevano superare egregiamente la prova e vincere la scommessa.
Il resto... poteva aspettare.
Nota Autrice: Hey hey, vi aspettavate questo confronto così acceso con la nostra protagonista? 🧐Cosa potrebbe succedere ora, quando Claudio le concederà di rivedersi? 🤩
Stay connected!🙌🏽
Lisa
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