31. Lenoir

Cosa vuol dire andrai via la mattina di Natale?» grido dal bagno per farmi sentire da Rudy in cucina. Abbiamo fatto una lunga doccia appena svegli e in questo momento mi sto asciugando i capelli, mentre lui sta preparando la colazione.

«Be', di solito vado via la mattina di Natale» risponde cercando di sovrastare il rumore delle tazze. «Non torneremo in campo fino al quattro di gennaio.»

Mi materializzo in cucina. «Io sto con la mia famiglia il giorno di Natale» replico, incrociando le braccia sul petto coperto solo dal reggiseno rosa. «È una tradizione.»

«Principessa, io non ho tradizioni, mai festeggiato il Natale in vita mia» dice con tale naturalezza da spezzarmi il cuore.

«Vieni con me» ribatto quasi supplicandolo.

Nega poggiando un piatto davanti a me. «Sarebbe troppo imbarazzante.»

«Siamo a casa di Alessandro e Stella anche quest'anno, più comodo per le bambine» congiungo le mani pregandolo, «mia cognata sa di noi, ti invita con piacere, ti supplico...» sfodero il miglior broncio della storia.

Abbassa lo sguardo come per nascondere la vergogna. «Non ho mai adorato stare in mezzo a troppe persone il giorno di Natale, di solito vado nella casa che ho in Svizzera. Parto presto al mattino, sono meno di quattro ore di macchina, e rimango lì fino a che non riparte il campionato.»

«Quindi stai dicendo che non tornerai a casa fino al quattro di gennaio?»

Annuisce come se fosse la cosa più normale del mondo.

«È il nostro primo Natale insieme» affermo a bassa voce, «e non ci scambieremo neppure i regali.»

«Non fare quella faccia, principessa» dice prendendomi il volto tra le mani, «cerca di capire, sarebbe veramente troppo strano passare il giorno di Natale con voi, lo vorrei, ma non sarei proprio a mio agio.»

Annuisco ammettendo anche a me stessa che sarebbe una situazione forzata. «Be', possiamo scambiarci i regali il giorno della vigilia.»

«Lo facciamo prima che tu vada dai tuoi per la cena.» Mi bacia sulla fronte mentre sorrido, ma il pensiero di averlo distante per quasi dieci giorni mi fa mancare l'aria.

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«Buona vigilia di Natale» dice, quando si sveglia la mattina del ventiquattro.

Guardo l'orologio, è mezzogiorno passato, lo abbraccio e schizzo fuori dal letto. «I regali!» grido e correndo in soggiorno abbraccio Buio che saltella come un delfino.

Rudy mi segue e si siede sul divano. «Possiamo prendere un caffè?»

Lo assecondo accendendo la macchinetta e portando al tavolino di fianco a lui due tazzine fumanti.

Ci scambiamo i regali e ce ne sono una quantità infinita. Mi consegna un pallone autografato da Alessandro Del Piero il giocatore, per me, in assoluto migliore di tutti i tempi con cui ha giocato per due anni. Beato lui! Una sciarpa di Missoni su cui ho sbavato per almeno un mese e un giaccone verde oliva perché mi lamento di avere sempre troppo freddo. A lui ho dato in questa sequenza una sciarpa in cashmere di un blu intenso, come i suoi occhi, una giacca da golf che probabilmente non indosserà mai anche se sarebbe a dir poco stupendo, e un selfie scattato sul terrazzo mentre io sono di profilo e lui mi morde il lobo dell'orecchio. Si alza per mettere la cornice sul nuovissimo mobile del soggiorno e tornando vicino a me prende una scatolina, più piccola rispetto alle altre e me la porge.

«Auguri, amore» dice sorridendo.

«Sono veramente troppi» ribatto alzando le mani. «Restituiscilo.»

«Non posso. L'ho fatto incidere» risponde, quando mi porge nuovamente il pacchetto, tolgo la carta e scopro dentro una scatola verde, uno stupendo Rolex. Appena lo vedo seppellisco il viso nel suo collo mentre mi sprona a ruotare la cassa per leggere dietro.

'86 - '94

Era destino

Ti amo

E in quell'istante rimango senza fiato mentre copiose lacrime solcano il viso. Poi mi solleva il volto per baciarmi sulle labbra.

«Fino a qualche mese fa non mi sono mai pentito di ciò che ho fatto, Lenoir. Ma con te, intendo stando insieme a te, mi pento quasi di tutto. Mi dispiace con tutto me stesso di averti lasciata sola quel giorno, di essermene andato, di aver pensato, due giorni dopo, che quella cazzo di coppa del mondiale la meritassi più di Alessandro. Che io fossi migliore di lui, di tutti voi.»

Nego con la testa. «Rudy» sussurro, «non farlo.»

«Invece sì.» Mi bacia e prosegue come un fiume in piena. «Se avessi creduto che dire quelle stronzate nell'orecchio a tuo fratello, in quella dannata semi finale sarebbe stato così controproducente per noi due. Cazzo... sarei stato muto.» Sbuffa scuotendo la testa per poi proseguire. «È a causa di quell'errore che dobbiamo superare il più grande ostacolo di tutti: tuo fratello.» Si copre il volto. «Cinque anni. Ho perso cinque anni di noi. Sei una donna incredibile, intelligente, divertente, sensuale da morire. Hai aperto un posto dentro di me che pensavo inesistente. Tu hai trovato la mia anima. E nonostante io abbia ancora paura di te, paura di quanto mi sei entrata dentro, devo dirti che ne è valsa la pena perché denudando la mia anima ho trovato la mia ragione di vita.»

«Eri giovane e stupido» singhiozzo. «Rudy, Dio solo sa quanto sia stato bello quella notte insieme, ma avevo vent'anni e non mi ero illusa di aver fatto breccia nel cuore di Rudy Hoffman.» Sospiro. «Fino alla semi-finale, dove mi hai come tolto un sogno.» Sorrido un po' in imbarazzo. «Ero andata a letto con il principe azzurro, l'uomo che ti salva a suon di cazzotti sul cavallo bianco. Che fa l'amore con te tutta la notte lasciandoti il più bel ricordo della tua vita. L'uomo senza macchia.» Rido, mentre due lacrime solcano il mio volto. «Ma quando hai fatto espellere Alessandro, la favola è scomparsa, tu eri improvvisamente diventato un mostro. Quella sera, alle 22:58 il mio principe azzurro si era trasformato in uno stronzo bastardo.» Mi stringe al suo petto in silenzio mentre continuo. «Cinque anni dopo ho avuto la possibilità di conoscerti, ho capito quello che hai passato e l'uomo che in fondo sei e non posso fare altro che amarti» mi scosto da lui per guardarlo fisso negli occhi. «Io ti amo perché il solo pensiero di dover rinunciare a noi, oggi, mi ferma il cuore. Due ore sono stata senza di te, e già sentivo di essere vuota.» Afferro il suo volto tra le mani. «Quando sarà il momento, lo diremo insieme e a prescindere dal risultato, io sarò qui. Sempre». Prendo la scatolina che avevo dietro le spalle e gliela porgo davanti al naso. «Aprilo.»

Obbedisce e sorride quando al suo interno trova un orologio in acciaio.

«Giralo» dico fiera di me stessa.

Due finali,

Era destino.

Ti amo

Lo indossa. «In pratica abbiamo pensato la stessa cosa.»

«Siamo fatti l'uno per l'altra, è destino» dico mentre mi abbraccia fortissima ed io mi accoccolo su di lui sapendo che quella stretta dovrò farmela bastare per un bel po'.

«Ti amo» dico.

«Ti amo.» risponde senza lasciarmi.

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«Sono arrivata!» urlo dall'ingresso del piano inferiore della casa di mio fratello, trascinandomi un borsone forse più grande del dovuto, di fatto rimango una sola notte. «Ciao a tutti.» Tolgo il bellissimo giubbotto che mi ha regalato Rudy per appoggiarlo sul divanetto. E vedo il suo regalo al mio polso che mi strappa un sorriso enorme. «C'è qualcuno in questa casa?»

Salgo dall'enorme scala in legno completamente addobbata con fiocchi, rami di abete e luci ad intermittenza, che porta al piano superiore dove si trova la casa vera e propria.

«Se credete che da sola possa portare quella valigia enorme, vi sbagliate di grosso» dico, quando vedo che tutti sono lì. Alessandro è seduto sul divano con a fianco Anna e nostro padre, Stella ha in braccio Sole e mia madre rincorre Emma attorno all'albero.

Mi avvicino al divano per dare un bacio a mio padre, che ricambia rimanendo al suo posto e, senza darci troppo peso, vado da Alessandro che mi attira a sé e mi bacia sulla guancia destra mentre Anna sulla sinistra.

«Buon Natale a tutti» grido nel momento esatto in cui mia madre torna in sala con un vassoio di stuzzichini da un lato ed Emma dall'altro.

«Finalmente sei arrivata, tesoro» sorride mentre la piccola cerca di afferrare una sfoglia salata, «non riuscivamo più a trattenere queste tre pesti.»

La stringo forte dopo averle tolto il vassoio dalle mani. «Posso darti una mano ad apparecchiare?»

Annuisce prendendomi per mano e portandomi in sala da pranzo.

«Amore, tieni le bambine, devo andare con loro a cucinare, sistemare, servire e...» Stella farnetica qualcos'altro mentre ci segue nell'altra stanza.

«Ma se abbiamo preso tutto già pronto.» Sbuffa con entrambe le gemelle in braccio mentre sua moglie non lo degna di uno sguardo.

Quando arriva in cucina Stella interrompe l'innaturale silenzio. «Allora, ci sono novità?» afferra il mio polso. «Caspita, e che novità!»

«È il mio regalo di Natale» affermo soddisfatta, «lo ha fatto incidere.» Lo tolgo e glielo passo mentre i suoi occhi si spalancano leggendo la scritta.

«Cazzo» si tappa la bocca con la mano guardando mia madre. «Lui la ama» mi guarda negli occhi, «e cristo santo, anche tu lo ami.»

Annuisco mentre indosso di nuovo l'orologio al polso, quando mi accorgo che una lacrima cade sul quadrante. «Lo amo da impazzire.»

Mia madre china la testa di lato e sta per dire qualcosa quando il mio telefono emette un segnale acustico. Una foto di Buio intendo a mordere i rami dell'albero di Natale. Alzo lo sguardo per vedere che entrambe mi stanno osservando.

«Quando glielo dirai?» chiede Stella, intendendo i due uomini nell'altra stanza.

«È così presto, ci frequentiamo da poco più di due mesi.» Con questa affermazione cerco di convincere me stessa e non lei.

Entrambe annuiscono e per non farmi rattristire cambiano discorso.

«Ok fannullone, basta parlare. Lenoir, prendi la tovaglia. Stella i piatti e io le posate.»

Tiro fuori la tovaglia dorata, i tovaglioli corredati e anche i sottopiatti. Stella arriva con i piatti e andiamo ad apparecchiare la tavola. Gli ospiti iniziano ad arrivare, vedo i genitori di Stella parcheggiare l'auto poco lontano dalla mia e suo fratello suona il citofono qualche minuto dopo.

Guardo Stella e Alessandro che si baciano mentre rincorrono le bambine, mio padre che stringe mia madre dalle spalle dandole un bacio e in quel momento un'altra fotografia arriva sul telefono: Buio ha completamente rosicchiato il lato sinistro dell'albero. Mi guardo attorno e in quel momento il dolore mi aggredisce. Corro da mia madre.

«Vado via» le dico mentre mi rivolge un sorriso d'intesa.

«Dove vai?» chiede stranamente mio padre

«Da lui» rispondo lievemente in imbarazzo.

«Ah, lui!?» risponde mio padre, senza pormi ulteriori domande.

Mia madre sorride guardandolo.

«Questo sarà il tuo primo Natale lontano da noi, ma, se ritieni giusto stare con lui, va bene» dice impassibile ma dai suoi occhi traspare del dispiacere.

Vado verso di lui e gli avvolgo le braccia attorno alla vita. «Lo amo.» Piango nel suo petto. «Lo amo e l'ho appena lasciato da solo.» Mi dà qualche colpetto sulla spalla e so che questo è veramente uno dei gesti più dolci che possa fare.

«Spero che quel cazzone sappia quanto è fortunato.» Sorrido singhiozzando. Questo è mio padre.

«Perché sta piangendo?» chiede Alessandro entrando in cucina.

«Devo andare via, ti chiedo scusa, ma devo andare.» Lo sposto per cercare la borsa, che in questo momento non trovo.

«Perché?» chiede nuovamente a mia madre.

«Perché devo tornare da lui» prendo la sua mano. «Ti adoro, Alessandro, con tutta me stessa, ma se anche tu mi vuoi bene, mandami da lui.»

«Stai commettendo un errore», grugnisce stringendo i pugni. «Il giorno della vigilia di Natale preferisci uno sconosciuto alla tua famiglia?»

Immaginavo non avrebbe capito. «Alessandro, ti prego, lasciami andare, lasciami sbagliare, non pretendere di credere cosa sia giusto o sbagliato per me. Hai cercato di proteggermi quando papà non c'era, quando i tuoi amici mi escludevano perché ero una ragazzina da tenere sugli spalti del campetto da calcio. Tu ci sei sempre stato, ma, ti assicuro, non dovrai mai proteggermi da quest'uomo.»

«Non so chi sia, ma ho visto come ti aveva ridotto quella sera. Eri un cadavere. Potrebbe farti male di nuovo».

«Ho fatto la mia scelta», dico prendendo la sua mano, per sciogliere il pugno.

Saluto tutti con un bacio sulla guancia, stringo forte a me le tre pesti e corro al piano di sotto quando Alessandro mi chiama dal primo gradino. «Darò lui una possibilità, ma prega che non lo colga mai in fallo. E soprattutto, farà meglio ad amarti, cazzo, o troverò il modo di ucciderlo facendogli soffrire le pene dell'inferno.»

Lancio un bacio con la mano. «Mi ama, Ale, non vi avrei lasciato se dentro di me non fossi convinta di questo.»

Mi infilo la giacca dirigendomi verso la porta quando mia madre scende le scale di corsa per abbracciarmi. «Se non dovesse comportarsi nel modo giusto, gli sguinzaglio quello al piano di sopra.» Sorride sorniona. «E non credere, che io possa essere da meno...»

«Assolutamente no» ribatto, deglutendo con il nodo alla gola.

«Però» stringe il mio volto nelle sue mani guardandomi dritta negli occhi, «quando dentro di te sai che è quello giusto, combatti e non fartelo portar via da nessuno.» Alzandosi sulle punte dei piedi mi bacia la fronte. «... da nessuno, Lenoir.»

«Vi voglio bene.» La porta è già chiusa alle mie spalle.

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