30. Rudy

Siamo rimasti abbracciati in silenzio fino a che Alessandro e Stella hanno fatto rientro,  non l'ho lasciata andare neanche per un secondo, perché sapevo che una volta arrivati, non avrei potuto toccarla. Dopo le parole di Alessandro era molto rischioso farci trovare assieme. Ora che la mia vita inizia ad avere un senso, vorrei evitare di essere ridotto in piccoli pezzettini da suo fratello. È stato chiaro e non posso biasimarlo.

Le due ore senza lei sono state vuote e angoscianti. Il preludio della fine. Lì, ho capito di non poter fare a meno di Lenoir. Lasciandola alle spalle per la seconda volta, avevo commesso l'errore più grande della mia vita.

Poco prima di mezzanotte, con una scusa me ne sono andato, ma sono rimasto a poche centinaia di metri dal suo portone, attendendo che cognata e fratello uscissero. Era bellissima, come sempre del resto, quando ha aperto la porta. Ho avanzato piano accanto a lei e il suo corpo si è fuso con il mio. Mi sono addormentato poco dopo, con Lenoir  addosso a me.
Finalmente, ero in pace.

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«Per quale assurdo motivo oggi non posso vederti?» le dico mentre Buio mi gironzola attorno.

«Devo farmi bella per la serata, o meglio» aggiunge mentre la sua voce si fa roca e suadente, «mi faccio bella per te.»

«Puoi provarci, principessa, ma più bella di così è impossibile» dico e intanto il mio uccello torna sull'attenti anche se ho già dovuto calmarlo al risveglio. Il suo profumo sul cuscino ha avuto effetto immediato su di lui.

«Mio caro, credimi, stasera ti stupirò» ribatte prima di mandarmi un bacio e chiudere la conversazione, lasciandomi seduto sulla mia nuova poltrona in cuoio Chesterfield, credo si chiami così, sorseggiando un caffè in attesa di poterla vedere alla cena e riabbracciarla nel mio appartamento subito dopo. Non esiste che stasera la riaccompagni a casa, dopo la mezzanotte sarà solo mia.

Non ero preparato all'intera sessione fotografica all'ingresso del ristorante, o meglio, non credevo ci fossero così tanti paparazzi ad attenderci. Prima di entrare attendo davanti alla vetrata due novellini che avanzano verso l'albergo mentre i giornalisti gridano il mio nome. Subito dopo l'ingresso un paio di ragazze sorridono per accaparrarsi i nostri cappotti da riporre in un appendiabiti alle loro spalle e facendomi strada nell'atrio dell'hotel vedo che tutti sono agghindati per la serata, il mister fa un cenno con la mano verso il sottoscritto e la moglie al suo fianco sorride quando mi avvicino.

«Rudy, lei è mia moglie Salma» dice indicando la signora di fianco, praticamente Lenoir con qualche anno in più e i tratti più mediterranei. Mi porge la mano a cui faccio un leggero baciamano.

«Rudy Hoffman, l'intruso al vostro tavolo» dico lasciando la mano e sfoggiando il mio miglior sorriso.

«Piacere» risponde con un lieve accento spagnolo, «e non sei assolutamente un intruso, caro mio. I miei figli non fanno altro che parlare di te!» conclude chiedendo scusa sfiorandomi una spalla e dirigendosi verso la moglie di qualche altro giocatore.

«Siamo i primi del nostro tavolo, che ne dici di prendere qualcosa da bere per digerire meglio questa serata?» Antonio mi fa un cenno con il mento verso l'angolo bar e io annuisco.

«Uno vino rosso e...?» si volta verso di me.

«Un vino rosso» dico in direzione del barman.

«Non so se è la mia presenza o salutismo estremo.» Sorride, e per la prima volta scorgo i suoi denti. «Approvo la tua scelta.»

Incrocio le braccia sul bancone, quando lui fa lo stesso. «Non amo gli alcolici.»

Annuisce nel momento in cui ci servono i due bicchieri.

«Stai cambiando e non è solo merito mio» afferma perentorio e sfuggente mentre si dirige verso l'allenatore in seconda, appena arrivato.

Rimango intontito, è la seconda volta che il mister è allusivo nei miei confronti. Bevo un sorso, non voglio pensarci. Abbasso di nuovo lo sguardo e mi accorgo che le persone sono come catturate da una forza ultraterrena che le ha immobilizzate in direzione dell'ingresso.

Ruoto la testa verso l'imponente vetrata e immediatamente un raggio di luce mi abbaglia, Lenoir è arrivata e sì, non mentiva dicendo che sarebbe stata stupenda.

Appoggio il bicchiere sul bancone, le braccia non hanno sufficiente forza per trattenerlo, mentre lei accenna un sorriso. Indossa un abito lungo e fasciante in seta turchese con un profondo spacco sul davanti, le braccia sono scoperte, solo le spalle hanno una sottile striscia di tessuto che ricade di lato, i suoi seni sono incorniciati dalla stoffa, mentre un profondo scollo le scopre quella lieve fossetta sullo sterno che io adoro. Il trucco è leggero ma le labbra sono di un rosso acceso e brillante, mentre i capelli hanno delle onde che le donano un leggero fascino anni Venti. È una favola, è la mia cazzo di principessa delle favole. Rimango imbambolato a fissarla fino al fischio di Alessandro. «Disgraziato, hai iniziato a bere prima del mio arrivo» si avvicina, ma sono ancora frastornato. «Ehi, sei con noi o già brillo dopo un bicchiere!» Mi dà una pacca sulla spalla mentre ordina un Americano.

Intanto Stella, Lenoir e sua madre si dirigono verso di noi. Appena è al mio fianco Lenoir mi stringe il mignolo e così capisco quanto sia felice di vedermi, io la mangio con gli occhi mentre lei se ne accorge e sorride.

«Tesoro» dice Salma, «quel vestito è stupendo e ti sta d'incanto.»

«Grazie, mamma.»

Alessandro vede qualcuno che conosce e saluta. «C'è Olivier.» Poi guarda Lenoir. «Ho saputo che suo figlio ha appena finito una di quelle università famose. Dovrei presentartelo, tra geni vi capite.»

«Ale» scuote la testa ed il suo profumo mi arriva come una scossa, «sono felice con il mio ragazzo, ma grazie. Adesso ordino dello champagne. Stasera festeggiamo.»

Stella sorride e annuisce, ho come l'impressione che sia a conoscenza di noi, ma non ne sono certo. Lenoir e la madre si spostano verso il centro della sala con i bicchieri in mano e poco dopo anche Alessandro si dirige verso il padre.

Rimango da solo con Stella e lei mi guarda con il sorriso sulle labbra. «Ti ho parato il culo, ma, con questo, non sei esente dalle mie minacce».

Infilo le mani in tasca e attendo.

«Se sai che non combatterai con le unghie e con i denti per lei, sparisci.»

«Con tutto il rispetto, Stella, ho avuto un passato complicato e non sono qui per giustificare le mie azioni dietro alla maschera dell'orfano derelitto, ma di una cosa sono certo, non mi interessa davvero se a te o a qualcuno della vostra famiglia non piaccio o pensi non sia abbastanza per Lenoir.» Rido ma la risata è amara. «Ogni giorno mi sveglio con la consapevolezza di essere una nullità a confronto .»

Mi mette una mano sul braccio e guarda dritto nei miei occhi. «Sei un bravo ragazzo, Rudy Hoffman. Non lasciare che il tuo passato ti condizioni.» I suoi occhi si illuminano e fa un sorriso, poi si allontana verso Alessandro. Tra la folla vedo la mia ragazza nella sua incredibile e devastante bellezza che parla con un tizio che non conosco e in quel momento mi rendo conto che per quella donna potrei camminare sui carboni ardenti, per la mia principessa combatterei tutte le battaglie di questo mondo perché sono innamorato di lei.

Il barman alle mie spalle mi riporta sulla terra dicendomi di andare nella sala a fianco per l'inizio della cena.

Vado al tavolo dove si trovano già il mister e sua moglie, mi siedo a un posto di distanza da Salma sperando che in quella sedia possa venire Lenoir, dopo qualche istante arriva e prende posto a fianco della madre e a me come avevo sperato. Vedo Alessandro e Stella bisticciare mentre ci raggiungono al tavolo, si siedono concludendo la conversazione appena toccando le sedie, sento solo un flebile "hai ragione tu" da parte di Alessandro.

Ho appoggiato una mano sulla sedia di Alessandro, l'altra sulla mia gamba, e quando il presidente della squadra inizia a parlare la tovaglia si sposta coprendomi la mano, poi Lenoir appoggia la sua sulla mia. Restiamo ad ascoltare il lungo discorso sulla storia di questa squadra, degli enormi passi avanti che sta facendo negli ultimi due anni, dello splendido lavoro del mister e di tutti noi giocatori. Un lungo applauso alla fine del discorso sancisce l'inizio della cena, che dopo due ore, complice il cambio di sottofondo musicale, si sta trasformando in disco anni Settanta. Lenoir e sua cognata sono in pista a ballare e io le guardo seduto al tavolo assieme ad Alessandro ormai piuttosto sbronzo, fino a quando, entrambe crollano accanto a me.

«Sono pronta ad andare,» dice Stella mentre Salma annuisce.

«Andiamo anche noi» dice il mister senza far capire se le sue parole siano una domanda o un'affermazione, di fatto la moglie si alza in piedi, quando si rivolge ad Alessandro. «Tu non guiderai in quelle condizioni, vero?» Il figlio nega indicando Lenoir che prontamente afferra il cellulare dalla borsetta.

«Ale, il mio ragazzo sarà a casa tra meno di mezz'ora, preferirei prendere un taxi e andare da lui» stringe la mia gamba sotto al tavolo.

«Guido io, va' pure» la rassicura Stella sorridendo.

Lenoir prende il bicchiere di champagne, buttando giù tutto ciò che è rimasto. «È stato bello, ma...»

«Tu non prenderai un taxi a quest'ora della notte da sola» ribatte Alessandro indicandola con l'indice, «e nonostante tu abbia deciso di perdonarlo, io non ho un bel presentimento su quel tipo.»

«Lasciala in pace.» Stella gli schiaffeggia una spalla. «Devi imparare a farti gli affari tuoi, non è più una bambina. Uomo delle caverne» aggiunge prima di tirarlo su dalla sedia, quasi di peso, mentre Alessandro borbotta.

«Sono con la mia auto, se vuoi ti accompagno io» dico con innaturale tranquillità mentre Lenoir annuisce afferrando la sua minuscola borsetta e salutando tutti con un bacio sulla guancia.

Usciamo dalla sala dirigendoci verso il parcheggio sul retro, dove le apro la portiera del fuoristrada per farla salire; mi siedo al posto di guida e quando siamo certi che nessuno possa vederci le nostre bocche si uniscono in un bacio intenso, desiderato, mentre le mie mani le sfiorano il volto e le sue sono attorcigliate sul mio collo.

«Hai avuto un lampo di genio» mi guarda sorridendo, «ora portami via da qui.»

Accendo il motore in silenzio mentre Lenoir poggia la testa sulla mia spalla. Arrivati a destinazione la prendo in braccio e la porto su per le scale, appena in camera le faccio scivolare via il vestito, ci abbracciamo mentre i nostri corpi si fondono. Lei si stende sul letto e con un dito mi chiede di seguirla, lo faccio, e nonostante la serata sia stata lunga, ringrazio Dio che, in sua compagnia, si stia protraendo ancora, e ancora, e ancora.

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