14. Rudy


«Che cosa hai fatto? Sei andato a letto con lei e poi l'hai ignorata?»

Guardo il cellulare sperando che dall'altra parte della cornetta ci sia qualcuno che ha disavvedutamente composto un numero sbagliato. No, sul display è scritto Dino a caratteri cubitali. Sono incredulo. «Dino, ma che cazzo stai dicendo.»

«Lenoir, ti chiedo, te la sei scopata?» Alza il tono della voce. Mi metto seduto sul letto cercando di non sembrare troppo distrutto dalla notte insonne. «Sei impazzito, cazzo? È la sorella di Alessandro, la figlia del mister.»

Non sembra convinto. «So chi è meglio di te, idiota. Ma il vostro siparietto di ieri è stato assurdo, ai limiti dell'inverosimile.»

«Io non ho fatto nulla di male» dico a mia discolpa. «O meglio non ora.» Copro il volto con la mano odiandomi per quello che ho appena detto.

«Spiega subito quello che hai detto, brutto cazzone» grugnisce.

«Mondiali 2014, due giorni prima della semi finale contro l'Italia, l'ho salvata da tre tifosi ubriachi che stavano tentando di abusare di lei, l'ho riaccompagnata in camera e abbiamo...» Sospiro.

«E sei sparito» sussurra come impaurito dalla mia risposta.

«Non volevo farlo, cazzo, quella ragazza mi aveva come ipnotizzato facendo cadere ogni mia barriera» sbuffo, «non so come diamine avesse fatto, ma ti giuro, non volevo andarmene, poi...»

«Poi!» incalza Dino dall'altra parte della cornetta.

«Con la luce del giorno ho visto due cuori tatuati su un fianco con scritto all'interno due date: '88 e '94. Supponendo che una delle due fosse del suo ragazzo me ne sono andato.»

«11 giugno 1988, è la data di nascita di Alessandro Leone, suo fratello, cretino.»

Mi sento in affanno quando un battito del cuore salta direttamente in gola. Lenoir non aveva un ragazzo, o meglio, il tatuaggio non apparteneva a un presunto amore, ma al fratello. E intanto la stanza inizia a girare.

«Ci sei?»

«Sì.»

«Quella mattina hai perso l'occasione per fare la cosa giusta, capita. A te troppo spesso, ma intravedo possibilità di redenzione, uagliò

«No, Dino, sono in grado di capire da solo che lei è nella più grande zona di interdizione, se voglio raggiungere l'obiettivo che mi sono preposto all'inizio del campionato.» Le parole hanno un suono amaro in bocca.

Dall'altra parte della cornetta solo sospiri per un breve tempo. «Conosco il passato di quella ragazza, è una tosta, non guardare come appare sullo schermo, ha più determinazione di chiunque conosca e forse anche di te. Mi raccomando... non fare cazzate» ribadisce. «Rudy Hoffman» ripete ancora, «non fare un'altra delle tue cazzate!»

Sbadiglio guardando la sveglia. «Ammonizione ricevuta, Dino. Lenoir Leone è fuori dalla mia portata, lo sapevo anche prima che mi chiamassi.»

«Ho detto solo che con quella ragazza non puoi permetterti di fare il cazzone» continua ridendo mentre chiude la conversazione.

Mi alzo svogliato dal letto e controllo l'e-mail che si sono scambiati il mio nuovo sponsor e l'agente, riguardo ai gadget che devo firmare a breve. In una stanza, a cui devo ancora dare una destinazione, ci sono ben dieci scatoloni tutti marcati Nike contenenti materiale, a quel che dice l'e-mail, da firmare entro tre giorni, pertanto mi metto all'opera e firmo tutto, finché non sento dolore alla mano. Quando mi accorgo che è da poco passato mezzogiorno, mi alzo per dirigermi in palestra, dato che è lunedì so con certezza che non ci sarà nessuno ed è quello di cui adesso ho bisogno: qualche ora di duro lavoro e assoluto silenzio.

Quando entro nello spogliatoio, mi accorgo di avere torto dato che l'armadietto di Alessandro è aperto. Dubbioso su cosa fare mi soffermo sulla porta, poi getto le cose nel mio cassetto ed entro in palestra.

«Sul serio, cosa ci fai tu qui di lunedì, mica sei un lupo solitario come me» chiedo a volume molto alto avendo notato le cuffie alle orecchie di Alessandro.

Alza la testa dal tapis roulant, mi sorride, mette una cuffietta in tasca, mentre con l'altra mano rallenta la velocità di marcia. «Una mattina da solo con le bambine, ecco il motivo per cui adesso sono qui.» Scuote la testa. «Sono veramente incredulo su come riesca a fare Stella. Ok, ha la tata che le da una mano, ma non so come possa resistere ventiquattro ore su ventiquattro e sette giorni su sette.» Mi guarda fisso. «Sono terribili e Anna, la più grande, mi fa paura.»

«Esageri, dai!» dico ridendo, mentre mi avvicino al macchinario di fianco.

«L'ho persa al parco stamattina... mi sono distratto un attimo e lei era sparita. Quasi sono morto d'infarto nei dieci minuti che ho impiegato per ritrovarla. E sai dov'era?»

Nego.

«Stava andando via seguendo un'altra famiglia con un bambino nel passeggino» dice d'un fiato e beve ancora incredulo, «quando mi sono avvicinato io tremavo dalla paura mentre lei ha detto che seguiva loro perché non voleva più due sorelle ma un fratello, e tra tutti i bambini del parco lui le sembrava il più carino. Ha solo cinque anni.»

«In bocca al lupo» dico sorridendo.

«Adesso le ho portate qualche ora dai miei genitori per riprendermi un attimo. Le avrei dovute tenere l'intera giornata, Stella e Lenoir sono andate insieme alla prova di un abito per mia sorella. Presenterà la serata di beneficenza a cui dobbiamo partecipare anche noi in rappresentanza della squadra.»

«Quando?» lo guardo allibito, il solo pensiero di essere nella stessa stanza con lei mi mette in ansia.

«Non questa domenica, siamo in trasferta, la prossima. Credo tu non abbia guardato il calendario degli impegni.»

Scuoto la testa in segno di negazione mentre sbuffo.

«Lo so, non amo molto mettermi in giacca e cravatta neppure io.» Aumenta nuovamente la velocità e prosegue a parlare senza guardarmi. «Non è cattiva come sembra. O meglio è così dolce quanto detestabile.» Sorride.

«Lenoir?» chiedo sottovoce.

Annuisce.

«È difficile crederlo, Alessandro» ingoio rumorosamente non proprio consapevole di cosa sappia di me e sua sorella. «Non riesco a capire cosa posso averle fatto.» Socchiudo gli occhi per paura della sua risposta.

«A lei, suppongo niente, ma a me sì... è per questo che ti odia.»

«Ma...» balbetto, conscio che fortunatamente Alessandro è all'oscuro di tutto.

«Ti dico una cosa solo se mi prometti di non farne mai parola con nessuno.»

Faccio segno di sì con la testa mentre salgo sul tapis roulant accanto al suo e allungo le orecchie per ascoltarlo meglio.

«Lei è più brava di me, era palese fin da piccoli, un talento fuori dal comune e nostro padre ha sempre cercato in tutti i modi di toglierle il calcio dalla testa. Invano.» Si perde in un ghigno che probabilmente evoca vecchi ricordi. «In Italia il calcio femminile non dà soddisfazioni, se così si può dire, come quello maschile, e lui voleva proteggerla da futuri dispiaceri. Non so se abbia fatto bene o male, so solo che lei lo ha percepito come un rifiuto da parte sua e a quattordici anni ha chiesto di poter andare in America per seguire il suo sogno e così è stato. Per un po' di tempo è stata sulla cresta dell'onda ma poi un giorno, di punto in bianco, ha deciso di iscriversi al college. Si è laureata in pochissimo tempo, è un cazzo di genio in tutto.»

«Lenoir gioca a calcio?» chiedo sbalordito.

«Giocava, ha fatto la sua ultima stagione, lo stesso anno dei mondiali in Brasile» precisa.

Ingoio rumorosamente.

Nega prima di proseguire. «Rudy, hai mai avuto un così grave infortunio che ti ha fatto dubitare di poter tornare in campo?»

«Sì, il crociato.»

«Ti ricordi la sensazione che hai provato quando dopo qualche mese non reagivi come dovuto alla fisioterapia o magari i medici ti costringevano a rimanere ancora fermo?»

«La terra inizia a vacillare sotto i piedi e ti accorgi di non voler fare altro che dare calci a un pallone o forse perché probabilmente ti rendi conto di non saper fare altro oltre a questo» dico indicando quello che stiamo facendo.

«Appunto, lei nel pieno della sua capacità fisica ha dovuto smettere di fare ciò che amava per tornare con i piedi per terra.»

«Scusa, e io in tutto questo cosa c'entro?» domando perplesso.

«Mi hai strappato un sogno lo stesso anno della sua rinuncia.» Ride. «Io e lei siamo sempre stati una cosa sola, due gemelli nati con sei anni di distanza, abbiamo un legame profondo, dettato dal fatto che i miei genitori, quando mio padre giocava, ci lasciavano con i nonni per molto tempo. Caso ha voluto che lo stesso anno, Lenoir ha lasciato il calcio, ammettendo che questo, è uno sport solo per uomini e tu hai vanificato il mio sogno di diventare campione del mondo.  Dopo aver perso quella partita, sono stato uno schifo, ho pensato di lasciare il calcio e lei detestava vedermi in quelle condizioni. Lenoir era l'unica che capiva in quel momento cosa stessi passando e quel mio malessere lo ha associato a te.»

Le sue parole mi cadono addosso come un macigno.

«Io non credevo... Be', non so come...»farfuglio qualcosa di incomprensibile, pensando al male che inconsciamente possa averle fatto

«Rudy, sei stato un vero stronzo durante quella partita. E cazzo se ti ho odiato, ma chi di noi non fa cazzate, lo sappiamo benissimo entrambi!» ride. «Tu questa cosa del fare cazzate la prendi molto sul serio. Ma vedo possibilità di riscatto in te.» Fa spallucce. «E' più testarda di me, ma le passerà!»

Abbozzo un sorriso, sento il tapis roulant aumentare l'inclinazione mentre Alessandro scende dal suo. «Adesso vado, la seduta dallo psicanalista è finita.» Si incammina verso l'uscita con l'asciugamano sulle spalle, poi, prima di uscire si volta. «Mia sorella inizialmente dà sui nervi, ma con il passare del tempo non è così male. E poi, credo non abbia mai ucciso nessuno. Credo.» Fa un cenno con la mano e se ne va lasciandomi solo con ancora più dubbi e sensi di colpa di quanti di fatto ne avessi al mio arrivo.

Sono stato uno stronzo epocale. Siamo andati a letto insieme, me ne sono andato senza una parola e due giorni dopo ho tolto dalle mani del fratello la possibilità di poter diventare campione del mondo. E mi domando il motivo per cui prova astio nei miei confronti?

Schiaccio il pulsante per bloccare il macchinario sotto i piedi. Devo schiarirmi le idee.

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