Sono stupido, ma non a questi livelli

Oggidì

16

«Oh, che meraviglia. Andiamo in vacanza?», chiese Larry.

«No. Tu non vai proprio da nessuna parte, dopo quello che hai fatto», gli rispose Tommy, austero.

«Tu, invece», disse, rivolgendosi a Grimm, intento a buttare qualche strano aggeggio dentro una sacca da viaggio. «Dove credi di correre nel pieno della notte? Sei sbronzo marcio. E perché ci hai messo tanto a salire?»

«Soffie», sussurrò Grimm.

In un attimo, due paia di occhi violacei e due paia di fanali bronzei schiantarono lo sguardo sulle sue labbra, increduli. Larry perse il pezzo inferiore della mascella metallica, che cadde a terra con un tonfo non proprio leggero.

«Scusa, puoi ripetere?», gli chiese Tommy con gli occhi in procinto di uscirgli dalle orbite.

Grimm sbuffò, un po' per tenere sotto controllo il respiro irregolare dovuto all'alcol, un po' per nascondere un piccolo sorriso alla vista dell'amico destabilizzato.

Si schiarì la gola. «Vado a prendere Soffie», disse, con un tono lievemente più alto.

Rimasero lì a fissarsi per un attimo, finché il rumore termico tipico di un cortocircuito meccanico li sorprese. Larry, chino a raccogliere il pezzo di mandibola caduto, si era accasciato sulle ginocchia, guardando il suo padrone con un occhio spento e l'altro fin troppo aperto, mentre gli ingranaggi che aveva dietro alla nuca iniziavano a sbattere l'uno contro l'altro, saltando fuori dalla scatola cranica di metallo.

Grimm corse subito da lui. O meglio, strisciò i piedi e si accovacciò al suo fianco, perdendo inesorabilmente l'equilibrio.

«Tu... lui... Tommy... To... Gri... lui... ho sentito, sentito, bene?», balbettò il robottino.

Dalla sua testa iniziarono ad uscire filamenti di fumo grigio come pensieri sconcatenati che cercavano di intrecciarsi e trovare un senso a loro stessi.

«Il liquido», ordinò Grimm a Tommy, indicandogli l'ampolla sul suo comodino.

L'amico corse a prenderla e gliela porse, non senza smettere di fissarlo come se fosse un felino randagio che ballava la polka su una zampa sola.

Quando Larry fu freddato, letteralmente, Grimm si accasciò a terra e poggiò la schiena lungo il muro, la testa pulsante appoggiata all'indietro e gli occhi vitrei che guardavano il nulla.

«Puoi spiegarmi?», gli chiese Tommy.

«Devo andare a prendere Soffie.»

«Tu non vai da nessuna parte conciato così. A malapena ti reggi in piedi. Che cazzo è successo dopo che me ne sono andato?»

Grimm sospirò, infilandosi una mano tra i capelli. «Ho cercato di convincere Dankar a farmi andare da lei. Lui non ha voluto, perciò ci vado da solo.»

«Cos'altro? Cosa ti ha spinto a parlare?»

«Il rum.»

«Bel tentativo, ma ti sei sbronzato per diverse orbite e non hai mai parlato, quindi cos'è successo? È stata Dahna?»

Un grugnito fu l'unica risposta che Tommy ricevette.

«Non fare finta di non sapere di cosa sto parlando», gli disse, con tono inquisitorio.

«Non ne ho idea.»

La voce di Grimm era cruda e roca, un sussurro leggero e allo stesso tempo pesante quanto un macigno.

«Non guardi qualcuno così da quando passavi tutte le notti al Circolo. Non riesco a capire onestamente se vuoi ammazzarla o scopartela, ma di sicuro non ti è indifferente. È per quello che ha detto alla Tana? Per Rya? Per Bernabé? Non è stata colpa sua, Gri.»

«Dankar l'ha messa in mezzo a una cosa più grande di lei. Non dovrebbe essere qui solo perché è sua sorella. Non dovrebbe essere qui e basta.»

«Quindi vuoi ammazzarla, ok. Ed è il tuo istinto omicida ad averti sbloccato le corde vocali o cosa?»

Grimm lo guardò storto. Parlare iniziava a stancarlo, fisicamente e mentalmente. O forse era l'alcol. Si allungò verso l'anta dell'armadio vicino a lui e tirò fuori un aggeggio metallico costituito da un corpo in acciaio e otto verosimili zampe della stessa lega. Sembrava una Theraphosidae, anche conosciuta con il nome di migala o, come amava chiamarla Tommy, creatura pelosa nata per fare schifo. Dèi, quanto odiava i ragni.

«Non ti azzardare a metterla vicino a me», gli ordinò, con una smorfia schifata e in procinto di urlare.

«È di metallo, Tom, non morde. Prendila e portala alla torre Est del Palazzo imperiale. Sarà lei a parlare con Soffie.»

«Io quella roba non la tocco. Oh, cazzo, si muove! Dèi, che schifo.»

Grimm alzò gli occhi al cielo e ruotò una leva al di sopra della testa metallica del ragno. La creatura di richiuse in sé stessa e divenne una semplice sfera dai toni blu opaco.

«Meglio?», chiese all'amico.

«No! È ancora peggio, io so che quell'essere schifoso è nascosto lì dentro. E se prendesse vita mentre ce l'ho in mano e mi attaccasse? E se non me ne accorgessi e iniziasse a camminare velocemente con quelle sue zampine schifose lungo la mia giubba e mi assalisse al collo? Non ci voglio neanche pensare.»

«Vuoi sapere se Soffie è in pericolo o no?»

Tommy sospirò e si arrese. Con la faccia schifata e i conati che gli mordevano la bocca dello stomaco, porse una mano a Grimm che vi posò la sfera grigia. Un brivido scosse il braccio di Tom, arrivando fino alla punta dei capelli.
Con un movimento lento e controllato, e con la mano tremante, Tommy inserì la sfera nella tasca esterna della sua giubba e si scrollò l'ansia dalle spalle.

«Dahna dov'è?», chiese poi all'amico.

«E io perché dovrei saperlo?»

«Perché sei l'ultimo ad averla vista?»

«Non lo so e non mi interessa. Vai a Palazzo, io cerco di rimettere in sesto quell'idiota.»

Tommy sbuffò e annuì. Erano solo supposizioni, ma non potevano essere coincidenze. Lo guardò, cercando di trasmettergli un unico, semplice messaggio: Non è stata colpa sua. Poi, sempre con movimenti controllati, si alzò e uscì dalla stanza in direzione del centro città.

Dopo parecchi giri di imprecazioni sussurrate e altri bicchieri di rum, Grimm riuscì a rimettere al loro posto gli ingranaggi nel cervello di Larry. Gli fissò nuovamente, stavolta con qualche vite in più, la mascella e rimise in funzione l'occhio smorzato. Quel piccolo androide sbadato avrebbe perso il doppio dei bulloni adesso, ma almeno si era riacceso.

«Ohi, ohi. Che strana sensazione.»

«Tu non dovresti provare sensazioni, Larry.»

«E tu non dovresti parlare, eppure eccoci qua», rispose l'androide, con aria di sufficienza.

Grimm si passò una mano tra i capelli, sospirando. Uno a zero per lui.

«Quindi cos'è successo? E dov'è Tommy?»

«Tommy è a portare l'aracnide meccanico a Palazzo per avere notizie da Soffie. Il resto è complicato.»

«Ha portato Tara? Ma ci volevo giocare io!»

Grimm alzò le sopracciglia, guardandolo con finto stupore. «Non penso morirai per qualche giro senza Tara»

«Guastafeste. Ad ogni modo lo dobbiamo aspettare, no? Ho tutto il tempo di sentire la storia, non ho neanche sonno.»

«Certo che non hai sonno, sei una scatola di metallo.»

«Io ho sempre sonno, sai come lo capisco? Perché questa rotella qui dietro, dopo un po' che te e Tommy sparate cazzate, si surriscalda. Quando succede, so di aver ascoltato troppo e che devo dormire.»

«Lo so, Larry, te l'ho messa io quella rotella.»

«Bene, adesso è fredda quindi spiega.»

Grimm prese un altro goccio di liquido ambrato per prendere coraggio.

«Ho bevuto troppo.»

«Quello è evidente. Sono stupido, ma non a questi livelli. Nelle ultime orbite sei sempre stato sbronzo, cos'è cambiato stanotte?»

Grimm gli lanciò uno sguardo minaccevole, come a dire: ti posso smontare con la stessa disinvoltura con cui ti ho montato.

«È inutile che mi guardi così, sappiamo entrambi che ho ragione. È per la sorella del grande capo, vero?»

«È Rya.»

«No, si chiama Dahna, mi è parso di capire.»

Dèi, pensò Grimm. Non ricordavo che il livello di sopportazione da sbronzi fosse così basso.

«Dahna è Rya, la ragazza del Circolo, ricordi?»

«Quella Rya? Mora, occhi viola, culo da panico?»

Grimm gli tirò uno schiaffo dietro la scatola cranica.

«Onesto. Me lo sono meritato. Come fa una con i capelli bianchi e gli occhi verdi a essere una con i capelli neri e gli occhi viola?»

«Ma tu hai imparato qualcosa dalle ultime dieci orbite in questa Banda o hai solo rotto le palle?»

«Ehi, non essere scorbutico. Non avevo collegato le parrucche e tutto il resto, mi sono appena rimesso in moto. Gaelos! Sei agitato, ti preferivo quasi quando eri muto.»

Grimm alzò gli occhi al cielo e poi si mise in piedi, barcollando. Nella mano destra teneva il tulipano ghiacciato e, nascosta dal polsino della camicia nera, sentiva bruciare più che mai la piccola cicatrice.

L'androide si mise seduto sulla sua scrivania, con i tubi delle gambe incrociati. «Come fai a sapere che è lei? C'erano tante ballerine al Circolo.»

«Intuito.»

«Quindi tu ti sbronzi, credi che quella che hai davanti sia la stessa ballerina che ti ha fatto svalvolare e che hai salvato quattro orbite e mezzo fa, e all'improvviso parli di nuovo?»

«Ho paura che se smettessi di bere tornerei a non parlare.»

«Siano lodati gli Pseudologi! Smetti subito, per favore, che non sono abituato a questa versione di te. Mi mette i brividi.»

«Tu non puoi sentire i bri...», disse Grimm, senza riuscire a terminare la frase.

«Per la testa di Andros! Ho capito, non ho emozioni, pignolo dei miei ingranaggi. Era per dire, cosa dovrei fare con te adesso? Soprattutto, cosa vuoi fare tu?»

«Non ne ho idea, ma lei non dovrebbe essere qui.»

«Perché, altrimenti cosa succede? Il grande Grimm va fuori di capoccia?»

Grimm gli si avvicinò rapidamente, allungando una mano in direzione della sua leva di accensione.

«No, no, no! Ok, scherzavo. Senti, è chiaro che molto tempo fa hai provato qualcosa per quella ballerina, non so cosa però perché io non posso provare emozioni», gli disse, facendogli il verso. «L'hai salvata e ora ce l'hai letteralmente a due passi da te, cos'hai intenzione di fare?»

Grimm non fece in tempo a rispondere, in realtà non fece nemmeno in tempo a pensare a una risposta, che la porta della stanza si aprì e Tommy fece il suo ingresso.

«Gaelos, quanto è ripugnante questo coso. Prendilo, non voglio più vederlo», disse, lanciando l'aracnide in mano all'amico.

«Oh, Tommy, menomale che sei tornato», gli disse Larry, alzandosi sulla scrivania e aprendo le braccia in attesa che lui si avvicinasse. Ma lui non si avvicinò, anzi restò sulla soglia a guardarlo con la furia negli occhi.

«Che ho fatto?»

«Hanno preso Soffie e tu hai aspettato mezzo giro per dircelo, ecco cos'hai fatto. Era importante, Larry. Potevamo fare qualcosa.»

«È stata Soffie a farmi cenno di stare in silenzio. Io faccio quello che mi dicono.»

Tommy si sfregò il viso con una mano, come se così facendo potesse sciogliere ogni nervo scoperto e ogni preoccupazione che lo assillavano.

«Silenzio, adesso», ordinò Grimm.

Mise il meccanismo sulla scrivania e girò la leva di accensione, poi tirò una cordicella posta al di sopra del piccolo corpicino e la creatura iniziò a sussurrare con la voce di Soffie:

'Ciao ragazzi, grazie per avermi mandato Tara. Sto bene, Dankar aveva già programmato uno scenario simile. Ci servono le informazioni di cui è al corrente Morlion e questa è l'occasione perfetta, senza doverci intrufolare a Corte illegalmente. Secondo il Codice, anche volessero farmi qualcosa, sono obbligati ad aspettare i Natali. Ricordatevi che io sono cresciuta al Lupanare, perciò anche se vi state mangiando il fegato - e ne sono lusingata - smettetela di piagnucolare e salvate il salvabile dalle grinfie di Kruler. Al resto ci penso io. Ci vediamo tra un quarto.

Restate in vita.'

«Dèi, ha più fegato che orbite di vita quella ragazzina. Potrei essere innamorato», disse Larry, con sguardo fiero.

«Tu non puoi essere innamorato», gli rispose Tommy, avvicinandosi e prendendo un po' d'acqua.

«Per la miseria, non vi sopporto più. Hai presente la rotella di prima, Gri? Ecco, è ustionante adesso. Mi spengo. Non ne posso più di voi due! Buonanotte», e così dicendo si andò a sdraiare sulla branda accanto al letto di Grimm e allungò la mano dietro la schiena, ruotando la piccola leva.

Grimm soffocò una risata, un po' per il suo androide arrabbiato e un po' per il sollievo di aver sentito la voce di Soffie. Era ora di buttarsi a letto e smaltire un po' la sbornia.

«Glielo fai sentire tu a Dankar?», chiese all'amico.

«Neanche per sogno, ti ho detto che non lo tocco quell'affare!»

«Allora va' a riferirglielo a voce, scrivigli una lettera, fai come vuoi. Io vado a dormire», rispose lui, avvicinandosi al letto e iniziando a spogliarsi.

Tommy restò a guardarlo per qualche istante. Era passato un decennio, ma non si era ancora abituato alle cicatrici ed era stato un colpo al cuore sentire di nuovo la sua voce. La sua schiena era completamente ricoperta di segni lasciati dal fuoco che Grimm aveva tentato di coprire con una moltitudine di tatuaggi. Ognuno di essi aveva un significato importante per lui, alcuni lo avevano per entrambi, eppure quella visione era qualcosa a cui nessuno sarebbe mai stato in grado di abituarsi.

«Tornerai al Simbolium, domani?»

«Probabile. Le mie capacità cerebrali devono essere ridotte del novantanove virgola nove per cento, ricordi? Domani avrò solo un gran mal di testa, ma dubito che le mie corde vocali collaboreranno.»

«Mi è mancata la tua voce. Vorrei che una di quelle infinite poltiglie funzionasse. Sapere che posso parlare con te solo quando sei ridotto a uno straccio è straziante.»

«Puoi parlare sempre con me, basta che usi le mani. Ce la sto mettendo tutta.»

«Lo so.»

«L'antidoto per Dankar è più importante», concluse, sedendosi sul letto e ingurgitando un bicchiere di acqua fresca reso effervescente da una compressa per l'emicrania.

«Lui non sarebbe altrettanto d'accordo. Buonanotte Gri.»

«Buonanotte Tom.»

Tommy lo lasciò da solo, con un senso di vuoto nel petto. Avrebbe tanto voluto aiutarlo, ma non sapeva come. L'antidoto per il suo mutismo sembrava non esistere. L'alcol non può essere l'unica soluzione, pensò. Altrimenti tra qualche orbita dovrà curarsi anche il fegato oltre che le corde vocali.

Solo quando ebbe finito con Dagger e l'ebbe lasciato solo e decisamente meno preoccupato nel suo studio alla Tana, dal quale non si era mosso, Tommy ripensò al fatto che alla fine Grimm non gli aveva detto cosa lo avesse spinto a parlare.

Nonostante i giri estenuanti di quella notte, non aveva sonno. Troppi pensieri affollavano la sua mente inquieta e, per quanto sentire Soffie fosse stato un sollievo, non avrebbe potuto dormire nemmeno sotto tortura, perciò salì al Quarto e, uscendo dalla finestra, si arrampicò sul tetto della Dovizia.
Un'ombra dai capelli bianchi era già lì, seduta ad ammirare i profili della città e i piccoli fiocchi di neve che si stavano depositando sopra di essi.

«Ehi, straniera.»

«Ehi», rispose lei, telegrafica.

«Posso?»

«Accomodati. Sappi che è ghiacciato.»

Tommy si sfilò la giubba e gliela mise sulle spalle, poi si sedette al suo fianco.

«Morirai di freddo.»

«Bisogna pur morire di qualcosa», le rispose lui, sorridendo.

Dahna annuì, assente.

«Cos'è successo con Grimm?»

«Niente.»

«Beh, non direi niente. Ha parlato.»

«E perché sei convinto sia merito mio?»

«Perché lo conosco da una vita e non può essere stato solo il rum.»

Dahna lo guardò per un istante, poi si votò di nuovo a osservare lo spettacolo che avevano di fronte. Dopo qualche attimo, disse: «Mi ha salvato la vita. Un uomo mi ha minacciata con un coltello per avere della Belladonna, fuori dalla Tana. Lui gli ha tagliato la gola e lo ha buttato in mare.»

«Cosa ti ha detto?»

«Che sono in debito.»

«Tipico di Grimm. Vuoi sapere invece cosa penso io?»

«Illuminami.»

«Quando eravamo alla Tana, hai detto che sei stata assunta da Emeralda per ballare. Che ti facevi chiamare Rya e avevi i capelli neri. Allora c'erano solo due Rya in quel buco depravato e una di loro era bionda. Perciò tu devi essere quella che faceva i numeri con i tessuti aerei e con il palo.»

«Touchée. Dove vuoi arrivare?»

«Quando tu arrivasti al Circolo, Grimm aveva da poco detto addio ai suoi. Voleva voltare pagina e cercare di non restare incatenato all'incidente. Ma il suo desiderio di cambiare vita non andò proprio secondo i piani. Me ne assumo in parte la colpa. Si diede all'alcol e al lavoro. E alle donne. Parecchie. Alcune erano del Circolo, ma si puliva la coscienza rubando denaro dalle casse di Emeralda e gli andava bene così. Andava spesso a veder ballare le ragazze, ma metteva il lavoro al primo posto e, nel frattempo, cercava di mettere insieme gli ingredienti più disparati alla ricerca di una pozione che curasse il suo mutismo. Finché non conobbe Lamnia. Finché non arrivasti tu. Te l'ho detto, al limitare del Malagio, ricordi? Le maschere non le abbiamo inventate noi della banda, ma ne abbiamo approfittato sicuramente parecchio. Da quel momento per lui divenne una cosa personale

«Sai della lettera», gli disse lei. Non era una domanda.

Tommy annuì, con lo sguardo basso, e quella fu l'unica risposta di cui Dahna aveva bisogno.

«Quindi avevi ragione anche sul fatto che mi volesse ammazzare.»

«Probabile. Ma se ti avesse voluto morta lo saresti già da un pezzo, credo che te l'abbia dimostrato stanotte.»

«E allora cosa vuole da me?»

«Anche se lo sapessi, non spetterebbe a me dirtelo.»

Ma Dahna non aveva bisogno che lui lo dicesse e, sebbene lo mascherasse al meglio, in quel momento la sua pelle si ricoprì di brividi. Tommy pensò avesse freddo, ma lei sapeva benissimo che non era la neve il problema.

Era ciò che desiderava Grimm e quello per cui non si sarebbe mai fermato dinnanzi a niente e a nessuno.

Era la vendetta.

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Spazio autrice:
Bentornati nell'oggidì, mie care spugne!🍻
Strano sentire Grimm parlare, ma ne avevamo bisogno. Io, almeno, ne avevo un viscerale bisogno 🥹
Chi è Lamnia, questa misteriosa conoscenza di Grimm dal nome esotico, e cosa c'era scritto in quella lettera?
Lo scopriremo tra un po', nel frattempo fate sogni sereni e tenetevi pronti. Al tramonto del prossimo oggidì ci ritroviamo al Quarto per tentare di liberare le ragazze prigioniere di Kruler, poi parteciperemo ai Natali e poi chissà in quale mare ci porteranno gli ordini supremi di Calidius.
Restate in vita.
Vi voglio bene❤️
Stefi ✨

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