Sei in debito, Briniel

Oggidì
(Parte seconda)

15

Venti giri rapidi d'orobussola più tardi, Grimm e Tommy fecero il loro ingresso al Quinto della Dovizia, solo per constatare che non vi era anima viva. Decisero allora di scendere al Quarto, per rimuovere i vestiti, la puzza di alcol e i ceroni che avevano sia sul viso che nei capelli.

La sensazione di essere nuovamente loro stessi era tanto indescrivibile quanto rara. Grimm pensava continuamente che indossare maschere, di metallo o di cosmetici, era allo stesso tempo una benedizione e una tortura, un lavoro per cui era grato, ma anche una finzione pericolosa. Ogni istante, in ogni passo, in ogni sorriso falso, rischiavano di perdere un pezzo di loro stessi e di non ritrovarlo mai più. Restò svariati istanti a osservarsi allo specchio, per ricordare a sé stesso che lui era quel giovane uomo, dalla chioma e dagli occhi cerulei, come sua madre, dalla mascella squadrata e dal naso dritto. La pelle ricoperta di segni che non se ne sarebbero mai andati, un promemoria costante, come il suo silenzio, che la vita era dannatamente breve. E per qualche strana, insensata ragione, lui era ancora lì a viverla.

Con questi e altri pensieri che non avevano intenzione di andarsene dalla sua mente, scese con l'amico alla Tana, ancora gremita di gente che perdeva aurei e dignità come se ce li avesse mai avuti. Quando entrarono nello studio di Dankar, con lui c'era solo Dahna, stravaccata su una poltrona con un tulipano di Jerry in mano.

«Che cazzo è successo?», chiese il Capitano.

«Ehm... ho bevuto troppo, ho perso una moglie che non sapevo di avere e mi hanno chiuso fuori. Ci credi?», disse Tommy, senza molti giri di parole.

Dankar lo guardò con un sopracciglio alzato e sorrise. «L'hai trovata almeno, la moglie?»

«Non lo so. Dahna Briniel, vuoi tu...», propose lui, alla ragazza.

«No!», gridò lei, seria e con un'espressione sconvolta in viso. «Dèi... sei irrecuperabile.»

«Lo so», gli rispose, facendole l'occhiolino, poi si voltò nuovamente verso Dankar. «A quanto pare no, Capo.»

Grimm nascose un sorriso e, dopo essersi accomodato su una poltrona accanto a Dahna, si mise la mano davanti agli occhi per la disperazione.

«Dov'è Soffie?», chiese Tommy.

«In camera sua, è tardi e quello che ha sentito l'ha lasciata palesemente sconvolta. Ha bisogno di riposare», gli rispose Dankar, invitandolo ad accomodarsi.

Dopo qualche istante di silenzio, interrotto solo dal suono del liquido ambrato versato nei bicchieri dal Capitano, Tommy si schiarì la voce.
«Ottimo, chi inizia?», chiese al gruppo.

Fu Dahna a prendere la parola. «Soffie ci ha raccontato cos'è successo nell'ufficio di Emeralda. Le due ragazze che abbiamo visto stamattina erano vive, ma avevano assunto troppi oppiacei e sono svenute. Le giubbe hanno aiutato la Madama a portarle alla Casa di Cura, in realtà non ci sono mai arrivate. Kruler era in accordi con lei per dirottare il carico e portarle a Onderbourg per salvare il salvabile, secondo le indicazioni di lei.»

«Il salvabile?», chiese Tommy, disgustato.

«Organi. Valgono molto, almeno quelli che non sono marciti per la droga»

«Merda, mi viene da vomitare. Le loro famiglie?»

«Quelle ragazze arrivano dalla Baia, Tommy», gli rispose Dankar. «Le loro famiglie, sempre che ci siano ancora, probabilmente pensano che siano morte.»

Tommy abbassò lo sguardo, dispiaciuto.

Negli occhi di Grimm, invece, bruciava il fuoco di Thanatos. Perciò stamattina i due stavano complottando per vendere i resti di quelle ragazze?

Dahna annuì. Dal suo volto non traspariva alcuna emozione.

Dove le hanno portate?

Fu Dankar a rispondere. «Sono nel retrobottega della Macelleria. O lo erano, almeno. Dobbiamo portarle via da lì prima che vengano portate di sotto

«Le ragazze nella sala comune avevano tutte un marchio dietro al collo, eccetto una», disse Dahna, voltandosi verso Grimm. Il pensiero del corpo di quella ragazza su di lui le fece tornare un brivido lungo la schiena.
Grimm era pensieroso, ma spostò lo sguardo su di lei come se si sentisse bruciare vivo. Rimasero a fissarsi per qualche istante, due sguardi che non riuscivano a spiegare quello che era accaduto dentro quella sala, due sguardi che non avrebbero dovuto scavare così a fondo l'uno nell'altra. Fu lui a interrompere il silenzio, gesticolando velocemente.

Lamnia mi ha detto che Emeralda sta ancora al Circolo durante gli spettacoli, abbiamo una finestra di due giri per il colpo al Lupanare.

«Lamnia?», chiese Dahna, confusa.

«Lamnia è una vecchia conoscenza di Grimm, una talpa. Non tutte le ragazze che ballano sul palco del Circolo scendono nelle stanze sotto il Lupanare, alcune vengono assunte solo per ballare e intrattenere gli ospiti, soprattutto nelle serate in cui è invitata la Corte, ma tu dovresti già saperlo, o sbaglio?», le chiese Tommy, con aria accusatrice.

Dahna chiuse gli occhi per un istante, sospirando, poi bevve un po' del liquido ambrato per farsi coraggio. Loro avevano il diritto di sapere e lei era stanca di portarsi quel peso sulle spalle. Nia le aveva insegnato a non fidarsi di nessuno, ma non poteva nascondere la verità a loro, soprattutto se ciò che Dankar sosteneva era vero.

Era da troppo tempo che non aveva più una famiglia e quei delinquenti pazzi ed egocentrici erano tutto ciò che aveva adesso, così sì schiarì la voce e iniziò dal principio.

«Ho lavorato per Bernabé per cinque orbite, lui teneva in ostaggio mio fratello e in cambio della sua vita io dovevo stare al suo gioco. Trafficava oppiacei, papaveri soprattutto, ma anche belladonna e narcotici. All'inizio il prezzo di quegli scambi ero io», disse, deglutendo e cercando di non pensare troppo a ciò che stava raccontando. «Poi, con il tempo, ho imparato a rubare denaro per proteggermi. L'ho rubato anche a lui, non se n'è mai accorto. Dopo cinque lunghissime orbite, io e gli altri acrobati organizzammo un piano per liberare mio fratello. Era studiato nei minimi dettagli: Nath doveva solo abbracciarmi e venire con me», prese un lungo respiro, ricacciando indietro le lacrime.
«Ma non lo fece, perché quando andai da lui, non mi riconobbe. Era solo sinceramente visceralmente spaventato, preoccupato che volessi rapirlo anche io e portarlo in un posto ancora peggiore. Qualcosa in me scattò quella notte, non saprei dirvi cosa, né tantomeno spiegarlo, so solo che, senza saperlo, mi ritrovai un attimo dopo fuori dal Léon, con una torcia in mano e il fuoco che divampava ovunque.»

Le sopracciglia di Grimm si alzarono, ricordando la gazzetta che aveva letto la mattina in cui aveva detto addio ai suoi, al Colle Esanime. I pezzi si stavano pericolosamente incastrando tra loro.

«Ero accecata dalla rabbia, aspettai che gli altri acrobalieri e fenomeni da baraccone fossero tutti fuori e poi diedi fuoco al tendone. Iniziai a correre verso Due, che aveva preso in braccio Nath, e lo pregai di lasciarmelo. Mio fratello piangeva e mi guardava con il terrore negli occhi. Due mi disse solo: 'Mi prenderò cura di lui, vattene prima che qualcuno ti veda' e così feci. Corsi fino al molo e mi arrampicai silenziosa sulla prima nave attraccata. Due notti dopo ero a Diefbourg, denutrita e disperata. Entrai nella prima locanda che vidi e chiesi di poter lavorare, perché avevo fame e non un solo aureo con me. Mi assunsero subito. Il Pozzo divenne la mia casa...»

Un'espressione a dir poco allibita si palesò sul volto di Tommy e Grimm, che giunsero quasi simultaneamente alla stessa conclusione.

«Aspetta. Quando è successo?», le chiese Tommy, scioccato.

Dahna non capì quella reazione. «Cinque orbite fa, un ciclo dopo l'incendio.»

«Era il quarto di Carnavalia?»

«Mi sembra di sì, perché? State bene? Sembra che abbiate visto un fantasma», rispose lei, sempre più confusa.

«Ti eri travestita?»

«Certo, era obbligatorio anche per gli inservienti. Quello stupido costume...»

Non fece in tempo a finire, che Tommy concluse la frase per lei. «Da giullare. Ceruleo e a righe rosse e bianche. Una maschera bianca sugli occhi e due lunghissime trecce nere.»

Dahna lo guardò come si guarderebbe una scimmia che si gode il tè pomeridiano nel suo servizio di porcellana.

«Come diavolo...?»

Grimm rimase serio, i pezzi stavano combaciando alla perfezione, mentre Tommy... Lui non riuscì a trattenere le risate. Rise fino alle lacrime, sbattendo la mano sul ginocchio e tenendosi il petto con l'altra, come se non riuscisse ad incamerare abbastanza aria.

«Perdona la mia insensibilità, mia cara, dolce volpina. Quella sera, un uomo delizioso, dalla chioma rossa e le maniere non proprio esemplari ti chiese due Hurricane. E disse: Per favore

Dahna non voleva crederci. Lo guardò allibita e iniziò a scuotere la testa, sperando che non fosse vero.

«Qualcuno mi può spiegare cosa sta succedendo?», si intromise Dankar, confuso.

«Non è vero», disse Dahna, più a sé stessa che a Tommy.

«Oh sì, è vero. E non puoi dire che non ti sia piaciuto. Uno a zero per il sottoscritto. Grimm ne è testimone.»

In quel momento, gli occhi di Dahna si spostarono su quelli cerulei del ragazzo al suo fianco e gli chiesero, anzi gli implorarono, di smentire tutto.
Grimm la fissò, cercando di ricordare i dettagli. Lei era la ragazza che aveva dato fuoco al Léon ed era la stessa ragazza che meno di un ciclo dopo si era lasciata trasportare da Tommy in mezzo a un locale squallido, per poi baciarlo davanti alla folla.
Era stupito, ma non meravigliato. Lui cercava altre risposte, risposte che avrebbero potuto toccarlo personalmente. Quella rivelazione non era nulla, in confronto.

«Cosa cazzo vuol dire che le è piaciuto? Grimm, vuoi spiegarmi?», chiese Dankar, esasperato.

Confermo. Nulla di che, si sono baciati a Carnavalia, cinque orbite fa. Lei era alticcia, lui era beh... Lui. Uno a zero per Tommy. Ora va' avanti, Brìniel. Come ci sei finita al Circolo?

Dankar aveva ancora lo sguardo mezzo scioccato da quella notizia e si promise di approfondire la questione, ma concordò con Grimm. Ora, la cosa più importante era sapere come Dahna fosse finita in un Circolo di ballerine seminude a pochi passi dal Lupanare.

«Una sera, al Pozzo, arrivò una ragazza. Non era del tutto lucida e la sua poca lucidità non era dovuta all'alcol. Non solo a quello, almeno. Mi si avvicinò e mi chiese se avessi dei papaveri. Le dissi di no e lei mi rispose che avrebbe pagato bene, così usai ciò che avevo imparato da quello stronzo di Hector per racimolarne una mezza oncia. Ci incontrammo al Circolo, dove lei lavorava. Le mie ricompense furono cento aurei e un provino indesiderato. Il Léon mi aveva tolto parecchio, ma altrettanto mi aveva insegnato. Sapevo contorcermi come nessuna e sapevo come intrattenere il pubblico. All'epoca non sapevo del Lupanare e provenivo da sopra, mi facevo chiamare Rya e avevo i capelli neri. Emeralda mi promise una paga sostanziosa per tre serate al quarto di ciclo e io accettai. Per tre orbite lavorai sotto il sole al Pozzo e l'antinotte al Circolo. Tutti andavano pazzi per Rya, finché lei stessa non capì che volevano dell'altro da lei...»

Grimm sgranò gli occhi. Non poteva crederci. Era lei. La fissò come se guardandola, solo guardando nei suoi occhi ametista, avesse potuto leggerle l'anima. E lei ricambiò, cercando in quegli occhi diversi qualcosa di familiare. Restando così, per un tempo indefinito, entrambi stavano lasciando che i ricordi prendessero vita prima di essere interrotti all'improvviso.

Tommy guardò il suo amico e capì. Bernabé, i traffici di droga, il Circolo. Non poteva essere vero. Dankar aveva appena fatto entrare nella loro famiglia il peggiore incubo di Grimm e lui era l'unico a saperlo. O forse non lo era e Dankar aveva nascosto qualcosa anche a loro.

Forti colpi metallici alla porta fecero trasalire la Banda, che non si aspettava alcuna visita, a quel giro della notte.

«Chi è?», urlò Dankar.

«Alexei III, Duca di Assia e dominatore dei mondi», rispose una voce metallica, prima di girare la maniglia e palesarsi nello studio, ridendo.

Larry corse in braccio a Tommy e lo abbracciò con le sue braccia sottili. «La solitudine è una brutta bestia, amico», gli disse.

Grimm lo fulminò con lo sguardo.

«Mi sta guardando male, vero?», continuò il robottino, senza smettere di osservare il volto di Tommy.

«Se uno sguardo potesse uccidere, saresti già morto. Cosa ci fai qui?», rispose lui.

Larry ignorò completamente la domanda. Si era girato verso Dahna e la stava fissando apertamente. «Wooooooooo, per Gaelos! E questa meraviglia chi è?», chiese con gli occhi adoranti.

Grimm lo fulminò con lo sguardo e gli fece cenno di non avvicinarsi, ma lui non lo stette a sentire. E quando mai lo stava a sentire?

Si avvicinò alla ragazza e fece un inchino. «Molto lieto, signorina. Io sono Larry», e così dicendo le porse una manina di lucido bronzo e posò un lieve bacio sul dorso della sua.

«Piacere mio», disse lei sorridendo. «Io sono Dahna. Ho sentito parlare di te.»

«E ci mancherebbe pure. Sai cosa farebbero questi senza di me?», chiese, rivolgendosi agli altri e ricevendo solo alzate di sguardi. «Te lo dico io, non farebbero. Quindi sei la sorella di Dankar?»

«Così parrebbe», gli rispose lei, rabbuiandosi in volto.

«Condoglianze vivissime», disse, poi si girò di modo da non dare le spalle a nessuno dei presenti. «Amici, ho una buona notizia e una cattiva notizia. Notizia. Notizia.»

Grimm si sporse verso di lui e gli tirò uno schiaffo sulla nuca.

«Ah, grazie Gri. Ora va meglio. Dicevo, ho una buona notizia e una cattiva, quale volete per prima?»

«La buona, ti prego», disse Tommy, che ne aveva già avuto abbastanza per quella notte.

«La buona notizia è che ho ritrovato la vite della mia rotula destra», e così dicendo, indicò la giuntura tra due tubi di metallo e iniziò a piegare avanti e indietro quella sottospecie di ginocchio. Se il suo sorriso avesse potuto continuare oltre le orecchie, l'avrebbe fatto.

Grimm aveva ormai ingoiato cinque tulipani di Jerry e si ritrovava mezzo stravaccato sulla poltrona, con la mano destra sugli occhi, esasperato. Ogni tanto la tentazione di spegnerlo era così forte...

«Buon per te. La cattiva?», gli chiese il Capitano, spazientito.

«Oh, giusto. Le giubbe sono entrate alla Dovizia mezzo giro fa, hanno preso Soffie e hanno lasciato questa», disse, aprendo una specie di sportellino sul suo petto e estraendone una busta.

Tommy si strozzò con il rum, Dankar smise di respirare e Grimm sollevò di scatto lo sguardo su di lui.

Larry spostò lo sguardo tra di loro, confuso. «Dovevo dirla subito questa parte, vero?», chiese rivolto verso Tommy.

«Le giubbe hanno preso Soffie?», chiese lui, serio.

«Sì, e hanno lasciato questa busta. Ma mi ascolti? Grimm, potresti controllare anche i suoi, di timpani? Mi sa che non funzionano benissimo.»

«Glielo dici tu o ci devo pensare io? Perché se ci penso io finisce male», chiese adirato Tommy a Grimm, che ormai aveva perso quasi tutta la lucidità e, con essa, anche tutte le speranze di aggiustare il cervello dell'androide. Si scolò il sesto tulipano di rum, si alzò dalla poltrona, cercando la stabilità che stava irrimediabilmente perdendo, e sottrasse dalla presa di Larry la busta, porgendola a Dankar.

Il Capitano la prese, la aprì e lesse ad alta voce il contenuto:

Egregio Capitano Dagger,

Con la presente, sua Maestosità l'Imperatore Calidius desidera invitarvi ai Sacri Natali dell'orbita corrente, nel ciclo primo della Stagione delle Nevi.

Il banchetto avrà luogo a Corte, la diciottesima antinotte di Chionembre, e sarà occasione di convivialità e adunanza tra i massimi vertici del commercio galthorniano.

Sua Grazia ha espresso specificatamente la volontà di estendere codesto invito ai vostri stimabili collaboratori, per discutere di un nuovo incarico al confine del Settimo Mare.

Restiamo in trepidante attesa del nostro prossimo incontro e, a garanzia della vostra partecipazione, regaleremo un lussuoso soggiorno di qualche dì a vostra nipote.

Morlion

«Dobbiamo andare a prenderla. Subito», disse Tommy, disperato e con il respiro corto.

Dankar rimase immobile a riflettere per quella che sembrò un'eternità.
Gli altri lo guardavano con gli occhi sgranati, i cuori pesanti, gli occhi semilucidi dal terrore. Non era Calidius ad essere corrotto, erano le persone che lo accerchiavano. Era Morlion. Erano la Corte, le bugie, le omissioni. Era la consapevolezza di non sapere cosa poteva accadere a Soffie, ad ucciderli.

«Non possiamo lasciarla lì. Non possiamo, ti prego», supplicò Tommy.
Altri eterni attimi di soffocante silenzio si susseguirono, riempiendo l'aria di aspettative. Poi il Capitano parlò e le speranze di ognuno di loro crollarono.

«No», disse con tono serio. «Soffie è in grado di cavarsela da sola, se non avesse un piano non li avrebbe seguiti e se non fosse stata consenziente, l'avremmo sentita urlare. Penso di sapere cosa sta combinando, ma devo comunque recarmi ai Natali, perché se ci sono gli esponenti del commercio ci sarà anche Emeralda e se c'è Emeralda può solo finire male. Non permetterò che veda Soffie. Abbiamo otto dì a partire da domani, faremo così. Grimm tu resti con Dahna alla Dovizia. Morlion e la Corte non sanno che siete miei collaboratori, hanno conosciuto solo Tommy, perciò tu verrai con me», disse, indicando il giovane dai capelli purpurei.

«L'unica cosa a cui dobbiamo pensare sono le ragazze che ora stanno nelle fredde celle del retrobottega del Macellaio, domani io e Tommy andiamo da lui e proviamo a indagare, all'alba ci troviamo tutti al Quarto piano e capiamo come portarle via da lì. Ora andate a farvi una bella dormita, a Soffie ci penso io.»

Tommy, dapprima scioccato e poi con uno sguardo consapevole e cupo, prese in braccio Larry e si incamminò verso l'uscita.
Grimm bevve un altro bicchiere e si avvicinò alla scrivania del Capitano. Vuoi che vada a Palazzo? Magari riesco a parlare con lei prima dell'alba.

Dankar fece cenno di diniego con la testa, lo sguardo verso il basso, sconsolato. «Io e Soffie avevamo programmato uno scenario simile. Sa come comportarsi. Secondo il Codice, le Giubbe non possono torcerle un capello finché un tutore non è presente.»

Grimm sbatté un pugno sulla scrivania. Non ti azzardare a usare il Codice con me, lo conosco meglio di chiunque altro. Sai anche tu che Morlion potrebbe non rispettarlo. Vuoi davvero lasciarla lì?

«No, Gri. Non voglio, ma non ho alternative. Se ci intrufoliamo stanotte e veniamo beccati le faranno del male. È più al sicuro così. Morlion ha dato indicazioni precise e mi fido di lei. È una ragazza forte.»

Un grugnito uscì dalla gola di Grimm, forse il primo vero suono da molto, moltissimo tempo. Dankar alzò di scatto lo sguardo su di lui e lo stupore si fece strada nelle espressioni di entrambi.

«Ora va' a riposare, Soffie vorrebbe che salvassimo quelle ragazze indifese prima di pensare a lei ed è ciò che faremo», e così dicendo congedò lui e Dahna, che era rimasta sulla soglia, pronta a partire in direzione del Palazzo al primo accenno di suo fratello.

Non fece in tempo a mettere piede fuori dalla Tana, però, che un uomo sulla cinquantina, gli occhi a mezz'asta e il fetore putrescente di belladonna, la prese dal bavero e la spinse al limitare della passerella.

«Dammi le foglie», sibilò, a un palmo dal suo viso.

Dahna ebbe un conato di vomito. «Di cosa stai parlando?»

L'uomo la spinse ancora più in là con una mano, facendole piegare la schiena sulle corde che separavano la passerella da una caduta di una sessantina di piedi nelle fredde acque dello Zaan, mentre con l'altra le teneva un coltello puntato allo stomaco. «La Belladonna, so che ce l'hai.»

«Io non ho...», Dahna non fece in tempo a finire la frase che una mano si intromise tra lei e l'uomo, rubando il coltello che finì dritto lungo la carotide del vecchio.

Successe tutto in una manciata di istanti: il sangue zampillò e impregnò la tunica di lei, prima di cadere nell'acqua al di sotto. Quando Grimm fu certo che quelle gocce color cremisi avessero richiamato abbastanza predatori marini per uccidere un esercito, girò il corpo quasi senza vita dell'uomo per spostarlo da Dahna e lo spinse giù dalla passerella. Al rumore del tonfo nell'acqua gelida, seguirono macabre sinfonie di carne lacerata e versi famelici che colorarono quella silenziosa notte in un concerto di morte e quelle buie acque in una tavolozza di rosso.

Dahna aveva il cuore a mille, un po' per l'adrenalina un po' per la rabbia di non essere riuscita a reagire da sola, colta alla sprovvista in un istante in cui nessuno avrebbe dovuto essere sveglio in quella città sotterranea dimenticata dagli Dèi.
Quando riprese a respirare a un ritmo regolare, si voltò verso Grimm.

«Grazie», sussurrò, con un nodo alla gola.

Lui le si avvicinò lentamente, posò le mani sulle corde a lato dei suoi fianchi e portò le labbra a un soffio dalle sue. La brezza che spirava tra quelle fredde rocce era gelida, nella città di sopra qualche fiocco di neve aveva iniziato a posarsi sui tetti delle dimore e in molti letti le persone litigavano per un pezzo di coperta in più. In quell'istante, però, con il respiro di lui sulle labbra e quegli occhi cerulei che le scavavano l'anima, Dahna provò un irragionevole calore. La gente a poche miglia da lì si copriva, tremando. Lei sentiva brividi nuovi e sembrava sciogliersi sotto il sole cocente degli Alisei.

E senza che nessun altro potesse vederli, senza l'ombra di un'anima lungo quelle marce passerelle, senza che nessuno potesse anche solo immaginarlo, lui parlò, per la prima volta dopo orbite, con la voce bassa e roca, la lingua narcotizzata dall'alcol e la testa offuscata dall'adrenalina.

«Sei in debito, Briniel.»

E, così dicendo, la lasciò sola.

Quella voce, pensò lei.

E fu di nuovo inverno.


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Spazio autrice:
Tommy aveva ragione, ciurma. L'alcol taglia le catene dei nostri freni inibitori, purtroppo e, in casi come questo, per fortuna. Ma Grimm non potrà passare la sua vita sbronzo, perciò tenetevi stretti che partiamo presto per una nuova avventura negli abissi della sua mente e, poco dopo, negli abissi del Quinto mare. Pronti a comandare una nave?😍
Spero vi sia piaciuto, aspetto con ansia i vostri commenti 🥹
Un abbraccio 🥰❤️

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