Indipendentemente dal sangue
Oggidì
12
Il Circolo della Rosa era esattamente come Dahna lo ricordava: mobili di massiccio Teak proveniente dalle foreste orientali, lampadari di cristallo Schoeler e ampi tappeti assiani color amaranto. Il salone centrale, tutt'altro che modesto, ospitava già decine di invitati mascherati che chiacchieravano animatamente con calici di vino frizzante rosato o tulipani di whiskey in mano. Le poltrone della platea, solitamente rivolte verso il palco rialzato, erano state spostate ai lati per creare un'immensa sala da ballo e la musica fuoriusciva da un pesante grammofono posto in un angolo della stanza.
La Banda si sparpagliò tra la folla, pronta a prendere posto nei luoghi indicati dal loro capo: Tommy all'imbocco dell'uscita est che dava sull'ampio balcone in marmo, Grimm seduto su una delle poltrone lontane dal centro sala, sul lato opposto rispetto al compagno, e Soffie dietro le quinte del palcoscenico, a curiosare tra le attrezzature del quartetto d'archi. Dankar, che era rimasto a scambiare due parole di circostanza con Zendon, si avvicinò a Dahna, senza farsi vedere, e le porse il braccio. «Tutto bene?», le chiese.
«No, per niente, ma il lavoro è lavoro», rispose lei in tono sufficiente, prendendo il braccio del fratello e lasciandosi trasportare alla mescita, da cui si allontanarono con due calici di vino.
«Il ballo durerà fino allo scoccare della seminotte, la maggior parte dei partecipanti verrà invitata ad uscire e tornare alle proprie dimore. Solo allora ci sposteremo di sotto al Lupanare. Vuoi ripassare il piano?», le chiese.
Dahna gli lanciò uno sguardo d'odio. «Ti ricordo che sei stato tu a volere l'ombra di Diefbourg nella tua squadra. L'hai voluta perché eri consapevole del suo valore o solo perché con tutta probabilità era tua sorella?»
«Sei sempre stata una Briniel.»
«E continuerò a esserlo, nonostante tutto, perciò risparmiami le preoccupazioni e i dubbi da fratello maggiore, che ti riesce davvero male, e fidati. Non sono diventata quello che sono improvvisando.»
«Non è detto che tu non lo debba fare. Improvvisare, intendo.»
«La fiducia, Dagger, è una cosa che si costruisce. Indipendentemente dal sangue.»
«Non deludermi.», disse lui con tono severo, quasi offeso, dopodiché la lasciò sola.
Quando gli invitati furono finalmente a loro agio nella sala, allo sbarramento del portone d'entrata, il grammofono si interruppe e gli archi iniziarono a diffondere una melodia danzante in ogni angolo, dando ufficialmente il via all'evento.
Tommy si guardò intorno: Madama Emeralda aveva accettato di lasciarsi trasportare dal marito al centro della pista per il primo ballo e in men che non si dica dieci paia di lucidi stiletti e altrettante paia di mocassini stringati volteggiavano elegantemente su quel pavimento di marmo verkheidiano che rifletteva le loro ombre danzanti.
Dahna sentì una presenza avvicinarsi alla sua sinistra, ma non mosse lo sguardo dalla sala. Il timore di essere riconosciuta era cresciuto in lei dal momento in cui aveva varcato la soglia di quell'edificio e le si era assestato in fondo allo stomaco, ormai colmo di bollicine.
«Il vino ha iniziato a fare effetto, direi.», disse una voce sconosciuta.
Dahna non si voltò, ma sorrise educatamente. «La danza è una delle più alte espressioni d'arte, Vostra Signoria. Mi rammarico al pensiero che per taluni sia necessario perdere un po' di sobrietà per poterne godere appieno.»
«Non posso che essere d'accordo. Se non sono indiscreto, posso chiedere qual è il vostro nome?», le chiese l'uomo.
«Rorea, Signore.»
«Rorea..», disse lui, assaporando il suo nome sulle labbra. «Io sono Kruler, è un piacere. Conoscete la matrona Emeralda?»
«Di fama, principalmente. Partecipare a questo evento è un onore, così come lo sarà fare la sua conoscenza.», mentì Dahna, spudoratamente.
«Permettete un ballo? Al termine, ve la potrei presentare.» e così dicendo porse a Dahna la mano. Lei gli sorrise e lo seguì al centro della sala, ringraziando tutti e tredici gli Pseudologi di avere una maschera sul viso. Danzarono una beguine in allegretto, mantenendo una rispettosa distanza.
«Dove avete imparato a ballare? Vi muovete con una così sublime leggiadria», le chiese l'uomo.
«Oh, un po' qua un po' là. Mi piace osservare e mi reco a teatro ogni volta che la vita me lo permette.»
«Cosa fa un giovane angelo come voi nella vita? La vostra pelle è troppo candida e le vostre mani troppo delicate per lavorare.»
Dahna soppresse una smorfia di disgusto, la maschera le copriva solo gli occhi e non poteva permettersi neanche il minimo errore. Quell'uomo non aveva proprio idea di chi avesse di fronte.
«Sono una stilista di Assia, creo modelli di abbigliamento di alta sartoria, ma le mie mani non toccano alcun ago, potete stare tranquillo. Il modello che indosso stasera l'ho disegnato io.»
Sentendo quelle parole, Kruler le fece fare un giro su sé stessa per ammirare l'opera d'arte di cui quella donna andava tanto fiera. Se ciò che sosteneva era vero, Rorea possedeva un talento fuori dal comune.
«Siete incantevole e il vostro abito è pura gioia per gli occhi.», le disse.
Dahna fece un piccolo sorriso compiaciuto. Quando la musica terminò, si prodigò in un profondo inchino e si lasciò nuovamente prendere sottobraccio per proseguire in direzione di Madama Emeralda, che li osservava già da qualche istante in fondo alla sala.
In quei pochi passi che li separavano, lei pregò di non attirare troppo l'attenzione dei presenti né quella della signora, poiché gli occhi di un acuto osservatore avrebbero potuto vedere chiaramente, oltre al suo incessante nervosismo, la facilità con cui si orientava in quella stanza, ma soprattutto l'assenza di sguardi ammirevoli ai soffitti affrescati o ai quadri dell'Era Dorata, che accomunavano tutti gli altri invitati.
Quasi come se lei, in quel posto, ci fosse già stata. Quasi come se quel posto, in passato, fosse stata la sua maledetta casa.
Probabilmente, la maggior parte dei partecipanti aveva fatto caso a quella giovane donna solo per invidia o ammirazione, l'avevano fermata un paio di volte per complimentarsi, ma senza malizia o comunque senza la familiarità con cui ci si può avvicinare a un conoscente di vecchia data.
Solo due occhi cerulei si ostinavano a seguirla, quell'azzurro che pare impossibile anche solo da immaginare, quello del Primo Mare nella stagione degli Alisei.
Lui era sempre lì, seduto sulla sua comoda poltroncina, con le gambe leggermente divaricate, il volto nascosto ma austero, mentre con una mano teneva il collo del bicchiere per far respirare il suo distillato. Aveva passato diverse notti a seguirla nei quarti di ciclo precedenti. Lei era convinta che l'ombra a cui aveva indirizzato diversi saluti celati nel buio fosse suo fratello, ma Dankar non era in grado di seguirla per più di tre passi e mezzo alla volta e lei era decisamente veloce per un giovane uomo destinato a morire. Per di più, il loro capo era fin troppo coinvolto per osservare quella donna con distaccato occhio critico, tanto che fu dannatamente semplice usare un po' di tintura per capelli e seguire ogni suo maledettissimo passo.
Grimm era sempre stato il suo acuto osservatore, senza che Dahna lo sapesse, da quando li aveva seguiti quella prima notte, sulle rive dello Zaan.
Da quando Dankar, impossibilitato dal dolore, gli aveva chiesto di attirarla e saltare dal parapetto al posto suo e poi di nascondersi rapidamente al di là dell'arcata del ponte.
Erano tante le cose di cui quella donna era all'oscuro.
E anche quella sera, mentre lei faceva sbavare di gelosia ogni donna e di desiderio ogni uomo, notò subito che qualcosa non andava.
Non tanto per il fatto che colui che l'aveva fatta volteggiare come una dea altri non era che il sadico Macellaio di Onderbourg e neanche perché i due erano diretti dalla perfida padrona del Lupanare. Qualcosa non andava perché quella ragazza in quel posto c'era già stata.
E anche lui.
13
«Qualcosa non va?», chiese Tommy all'arrivo dell'amico.
Grimm gli passò un messaggio, scritto su un tovagliolino ambrato, e se ne tornò al suo posto, senza mai smettere di osservare la nuova recluta della Banda. Era una bugiarda, era una ladra professionista, con tutta probabilità era soprattutto qualcuno da cui stare alla larga.
Ed era bellissima.
L'eleganza dei suoi movimenti, i piccoli sorrisi, il vestito perfettamente stirato, ogni mossa e dettaglio erano programmati per giungere all'apogeo della recitazione. Si chiese se era rimasto qualcosa di genuino in lei o se le maschere al quarto piano della Dovizia fossero solo alcune delle facce che si metteva addosso.
Mentre cercava queste e altre mille risposte, vide il Macellaio fare le dovute presentazioni, per poi allontanarsi, lasciandola nelle sporche mani di Emeralda, al limitare del palco. Dietro di loro, Soffie, nascosta dai pesanti tendoni del retroscena, mimava la conversazione in Simbolium, trasformandosi nelle orecchie di Grimm.
Dahna: "Non ho potuto fare a meno di notare i meravigliosi intrecci assiani che decorano il vostro marmo, Madama. Essendo una stilista di Assia, non posso che ringraziarvi dell'ispirazione che i vostri tessuti mi stanno regalando".
Emeralda: "Oh, ti ringrazio Rorea. Sono stati un regalo di Zendon, li ha acquistati da un ricco commerciante di tesori orientali di nome Dankar Dagger, il figlio di Iwan, ne avrai sicuramente già sentito parlare. Era davanti a voi, all'ingresso".
Dahna: "Sì, mi è giunta voce della dipartita del padre. Non ho notato la sua presenza al mio arrivo, le maschere sicuramente non sono d'ausilio".
Emeralda (sorridendo): "Ha una maschera da Medico di Yersinia. Vieni, te lo presento. Potreste fare prosperosi affari voi due".
'Non immagini quanto', pensarono contemporaneamente Soffie e Grimm, che per una frazione di secondo si scambiarono uno sguardo di intesa. Quest'ultimo usò il Simbolium per avvisare Tommy e Dankar dell'arrivo delle due donne.
Non appena furono al cospetto del Capitano, Emeralda disse: «Dankar, lascia che ti presenti Rorea, di Assia. È una stilista e credo fermamente che i tuoi tessuti potrebbero portarla al successo che si merita.»
«Oh, vi ringrazio Madama. Siete gentile.»
«Quella che indossate è una vostra creazione?», le chiese Dankar, con finto interesse.
«Questo straccio, dite? Sì, l'ho disegnato il ciclo scorso, dopo essere stata alle miniere di malachite a Demantis, nelle montagne del Verkheid.»
«Dunque siete anche un'avventuriera.», gli rispose Dankar con un sorriso appena accennato sul volto.
«No, mi rincresce deludere le vostre aspettative. Viaggio solo per trovare ispirazione, come questa sera. I tappeti che commerciate sono una vera visione, Capitano Dagger. Ho già qualche idea per la prossima collezione.»
«E io non vedo l'ora di vederla e di provare alcuni modelli.», si intromise Emeralda, con un ampio sorriso. «Ora, se volete scusarmi, dovrei proprio andare ad incipriarmi il naso. Con permesso», e così dicendo, si allontanò lasciandoli soli.
Dahna si mise nella traiettoria di Zendon, coprendogli la visuale sul fratello, che nel frattempo, in pochi e rapidi gesti, diede l'ordine a Soffie di proseguire con il piano. La bambina camminò velocemente in direzione delle sale da bagno, scomparendo dietro a Grimm.
«Vado da Tommy», disse Dankar alla sorella.
«Non mi interessa.», gli rispose lei.
«Per quanto ancora ce l'avrai con me?»
«Finché non avrò una prova solida a sostegno di quanto hai detto, io resto Dahna Briniel. Non puoi pensare di sganciare una bomba simile e pretendere che tutto resti com'era. Ti conosco da quanto? Un ciclo e mezzo? Non so niente di te.»
«Nessuno sa niente di me.», rispose lui, restando per un attimo in silenzio. «Avresti preferito che te lo dicessi tra un'orbita o due? Se c'è una cosa che ho imparato nella mia breve vita è che, per quanto sia crudele o orribile, la verità è sempre la scelta giusta.»
Dahna quasi non scoppiò a ridere.
«Disse il capo della Banda dei bugiardi.»
«Quello è lavoro! Io non...»
Non fece in tempo a finire la frase, che una voce maschile si intromise alle loro spalle.
«Scusate se interrompo.», disse Zendon, sorridendo al giovane Dagger. Poi si voltò verso Dahna e le porse una mano guantata. «Potreste concedermi il prossimo ballo, signorina?»
Dankar avrebbe voluto tirargli un pugno in faccia, ma si limitò a sorridergli di rimando e a dire: «Prego.»
Dahna non voleva un altro ballo, non voleva altre mani avide sulla schiena, altri aliti chetoacidi a pochi pollici dal suo viso, ma nella mente di Dankar lei era il diversivo e per quanto la sua branda, alla Dovizia, la stesse chiamando con insistenza, si sistemò l'abito e prese la mano dell'uomo, seguendolo al centro della sala.
Quando la musica ricominciò, Zendon l'attirò a sé, approfittando dell'assenza della moglie.
«Siete magnifica...», le disse, aspettando di sapere il suo nome.
«Rorea.», gli rispose lei, celando il disgusto.
«Rorea... è un piacere. Ho notato che parlavi con mia moglie e con il giovane capitano, li conosci da molto?»
«Solo da qualche giro d'orologio, Signoria. Sono entrambi molto gentili.»
«Sì, lo sono. Hai un nonsoché di familiare, ci siamo già incontrati?»
Intendi quando lavoravo per quella stronza di tua moglie?, pensò Dahna.
«Sarebbe molto improbabile, Signoria. È la prima volta che vengo a Diefbourg, io vivo ad Assia.»
«E cosa ti ha portata nella grande capitale, dunque?», gli chiese lui, scettico, guardando il colore chiaro della sua pelle.
«La ricerca di ispirazione. Sono una stilista, i vostri drappi sono veramente unici», sembrava un disco rotto.
«Una stilista di Assia», disse lui, stupito. «Immagino che tu ne abbia visti parecchi di tessuti unici nella tua città.»
Dahna deglutì, cercando dentro di sé il coraggio di resistere a quella messa in scena.
«I tessuti cambiano quando viaggiano. L'aria della città è diversa da quella del deserto, così com'è diversa da quella delle montagne. Si chiama Aerocromia, il fenomeno per cui, a secondo della pressione, dell'inquinamento o della temperatura dell'aria, i tessuti e i colori cambiano. Qui a Diefbourg, le stoffe sono leggermente desaturate rispetto alle nostre. Con il caldo assiano, i colori si accendono.»
«Ah, sì? E dimmi, perché tu brilli così tanto, allora?», le chiese con malizia, facendo scendere la mano lungo la sua schiena, fino a raggiungere le sue curve, e avvicinando le labbra all'incavo della sua spalla. «Profumi di sole e di proibito.»
Dahna non fece in tempo a staccarsi dall'uomo che un braccio si intromise tra di loro, spingendo leggermente all'indietro Zendon e creando lo spazio necessario affinché lei potesse ricominciare a respirare.
«Ma che diavolo?», esclamò il padrone di casa, guardando l'uomo mascherato che si era intromesso all'improvviso.
Grimm valutò per una frazione di attimo quanto in fretta sarebbe saltata la missione se gli avesse tirato un cazzotto in faccia. Non sapeva nemmeno lui cosa diamine ci facesse lì, le gambe erano in anticipo sul cervello, ma prima di giungere a una qualsiasi conclusione, sentì la mano di Dahna sul petto che lo spingeva delicatamente ad allontanarsi. Con ancora la mascella serrata e le nocche bianche dalla forza con cui teneva stretti i pugni, la sentì dire: «Perdonatelo. Mio fratello sa essere alquanto protettivo. Vogliate scusarci, è stato un piacere.»
Sentì la mano di Grimm prenderle il fragile polso e condurla al centro della pista per terminare la danza. Le adagiò una mano casta appena sotto le costole e le chiese il permesso con gli occhi ridotti a due fessure. Dovevano mantenere la copertura, non potevano andarsene nel bel mezzo di un ballo, avrebbero destato sospetti in Zendon e non solo.
La musica era lenta, le loro mani incastrate sembravano quasi non toccarsi. Grimm mantenne una distanza di sicurezza. Se qualcuno gli avesse chiesto a chi serviva quella sicurezza, lui non avrebbe saputo rispondere. Quando gli archi terminarono la loro sinfonia, Grimm trascinò Dahna fuori dalla calca, verso l'uscita e, una volta all'esterno, si nascose sotto il balcone orientale e lanciò una piccola pietruzza in direzione della vetrata per avvertire Tommy.
Poi si girò di nuovo verso Dahna e aspettò l'arrivo degli altri.
Lei non aveva smesso per un secondo di guardarlo.
In quell'angolo semibuio del giardino, all'ombra del balcone monumentale, i due non si parlarono a voce, né con il Simbolium. Si limitarono a fissarsi negli occhi, nascosti dietro alle maschere. Entrambi cercavano di capire perché Grimm avesse fatto quello che aveva fatto, ma nessuno dei due trovò una risposta sensata.
La serata giunse finalmente al termine. I padroni di casa accompagnarono gli ospiti alla porta augurando loro una buona nottata, mentre Dankar e Tommy si incamminarono in direzione dei soci per nascondersi, in attesa di scendere nella città sotterranea e ricongiungersi con la piccola amica.
Trovarono gli altri due all'angolo dell'edificio, in silenzio.
«La vetrata è pronta. Dobbiamo aspettare che siano tutti di sotto», disse Dankar.
Il piano aveva funzionato: Soffie era andata nei gabinetti fingendo uno svenimento, Madama Emeralda l'aveva aiutata e aveva poi chiamato le giubbe nere addette alla sicurezza per accompagnare la piccola a prendere aria e per portarle delle compresse minerali. Approfittando del diversivo di Soffie e Dahna, Tommy aveva usato un marchingegno inventato da Grimm per tagliare una frazione di vetrata che avrebbe permesso loro di aprirla da fuori e scendere al Lupanare. Restava solo da aspettare che le luci venissero spente, andare a scoprire qualche losco segreto e risaldare il vetro, una volta fuori da quella topaia.
Tommy annuì, poi si girò verso Dahna, le sopracciglia quasi unite in un'espressione mista di confusione e ira.
«È vero? Tu lavoravi qui?», le chiese Tommy.
Dankara guardò di sottecchi, senza emettere un suono.
«Vi spiego tutto alla Dovizia», rispose lei, senza alcuna evidente emozione, continuando a guardare l'uomo che l'aveva salvata dalle grinfie di Zendon. Voleva solo ringraziarlo. Quel gesto, per quanto probabilmente non voluto, aveva significato molto per lei.
E mentre Grimm distoglieva lo sguardo, cercando di non pensare alle menzogne e alle omissioni di quella giovane bugiarda, Dahna non riuscì a levarsi dalla testa il momento in cui le sue dita si erano delicatamente posate contro il petto caldo di lui, a pochi millimetri dal cuore.
Il tempo aveva rallentato. Il suo battito decisamente no.
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Spazio autrice:
Carissimi amici bibliofili, sono davvero lieta che siate riusciti a prendere parte al ballo in maschera di Madama Emeralda!
Qualcuno di voi ha ipotizzato nei primi capitoli (giustamente) che la relazione di Dankar e Dahna potesse diventare fisica. Ma a me piace che le storie, sebbene inventate, riflettano almeno in parte la realtà e la realtà non è quasi mai quella che sembra.
Ricordatelo, per i capitoli futuri 😅
Spero che la nuova parte vi sia piaciuta, lavorerò a breve sull'interludio successivo e sul nuovo oggidì che dovrà portare un bel po' di risposte.
Come sempre, ogni consiglio e commento è il benvenuto. Fatemi sapere cosa ne pensate!
Intanto, buona serata e buona lettura 🥰✨
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