Cap. X

Appena la porta si chiuse alle mie spalle la stanza caló nel buio. Era vero, in quella stanza c'era una strana energia, e l'istinto mi diceva che forse era meglio non usare per alcun motivo i poteri.

«Ragazzi ci siete?» chiesi

«Siamo qui.» rispose Camilla

«Davvero esaustivo.» sbuffai, andando a tentoni, cercando di capire da dove vinisse la sua voce. Abbastanza inutile, visto che nella stanza c'era l'eco.

«Fare luce non é proprio venuto in mente a nessuno?» dissi, mettendo a tacere l'istinto, creando un piccolo fulmine tra le mie dita, giusto per illuminare intorno a me.

Un'idea stupida ora che ci ripenso.

Il fulmine esplose, creando un'ora da d'urto che mi scaraventó all'indietro. Feci in tempo a sentire i tonfi dei miei amici, poi un'accecante luce viola scaturí dall'esplosione e si ingrandí, trascinandoci all'interno.

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Aprí gli occhi e vidi il cielo. O almeno, supposi fosse il cielo, ma il colore era innaturale.
Rosso sangue, solcato da grosse nuvole bianco sporco, non come i batuffoli a cui ero abituata, ma sporadiche lame che tagliavano la volta rossastra.
Ma la cosa piú inquietante di quella vista era il sole, se cosí si poteva ancora definire.
Era molto piccolo, pendeva verso il basso, come se si stesse sciogliendo.

Alzai la testa di scatto, mettendomi a sedere.
Il paesaggio che si stagliava davanti a me era uno scenario post-apocalittico: una cittá distrutta, con i palazzi, un tempo probabilmente maestosi, che cadevano a pezzi. Le strade erano piene di detriti, ai lati di negozi decadenti, case con i muri marci e ricoperti di rampicanti, che bloccavano le entrate.
Tutto in quel paesaggio faceva pensare alla morte, alla guerra e... alla magia, anche.
Una guerra magica, forse.
Inquieta mi alzai dolorante in piedi.
Avevo le braccia e le gambe addormentate, dopo essere stata sdraiata scomodamente sul terreno per chissá quanto tempo.

Ero su una piccola collinetta davanti alla cittá in rovina, affianco ad una strada.
Controllai che sulle spalle avessi ancora il mio zaino, dentro avevamo tutto ció che serviva per sopravvivere: soldi, cibo, vestiti, torce, batterie, fiammiferi e accendini, i beauty case e i miei libri.

Mi guardai intorno, cercando di scorgere i miei compagni, e non appena a li vidi, corsi a tutta velocitá giú dalla collinetta, cercando di non morire inciampando.
Erano tutti e tre svegli, confusi e storditi quanto me.

«Dove. Diavolo. Siamo.» fece Nico, scandendo ogni parola, arrabbiato e confuso.

«Scopriamolo.» proposi «Non abbiamo nulla da perderci.»

~Angolo Autrice~
Ragazzi, mi spiace se pubblico con intervalli di diversi giorni, ma non ho avuto il Wi-Fi (sacrilegio!).
Comunque, voi cosa ne pensate di questo posto?
Alla prossima, semidei!

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