Cap. XI

«Se non ci date dei soldi vi sparerò!» esordì la donna di fronte a noi, puntandoci addosso una pistola.

«Non abbiamo soldi.» rispose Cole, annoiato. Noi altri annuimmo. Fino a dieci minuti prima stavamo camminando tranquillamente per le vie di New York, facendo da perfette prede ai mostri nella città che volevano ucciderci, poi una figura alta aveva preso in braccio un irritato Nico di Angelo e ci aveva portati in un vicoletto per derubarci. Poveretti, non avrei proprio voluto essere nei loro panni.

«Non mentite, vi abbiamo visti uscire dal McDonald's pieni di cibo nello stomaco e ruttando!» esclamò il secondo tizio, minacciandoci con un insulso coltellino.

«Ops, sì, quella che ruttava ero io.» feci, imbarazzata. «Eppure, come avete detto, stavamo uscendo da un fast food. Cosa vi fa pensare che ci siano rimasti dei soldi?» I tre criminali si guardarono confusi. Alla fine il terzo sbuffò e ci minacciò con una bella pistola che non mi avrebbe dato fastidio avere a casa.

«Sentite signori telchini, mi piacerebbe stare qui a discutere con voi, ma la mia priorità è uccidervi. Quindi o ci lasciate andare o morite, questa è la vostra scelta.» fece Nico, prendendo la spada di ferro dello Stige. Non avevo idea di come avesse fatto a capire che i tre criminali erano telchini, ma la frase gli era uscita proprio bene.

«Stupido figlio di Ade, non ti-» iniziò il primo mostro, ma non riuscì mai a completare la frase poiché una freccia lo colpì al petto.

«Non chiamare stupido il mio ragazzo.» disse Will, incoccando un'altra freccia. E fu così che ingaggiammo battaglia. Strinsi il ciondolo della mia collana, strappandomela dal collo e sentendo che si trasformava in un'elsa nel mio palmo. Colpì il primo telchino di piatto con la lama, poi gli tirai velocemente un calcio e Camilla gli infilò il pugnale nel petto, facendolo disintegrare. Dietro di noi apparvero altri mostri, minimo dieci telchini, che ci circondarono e tentarono di combattere.

«Che due palle» feci. I dieci si buttarono su di noi. Eravamo più o meno la metà dei nostri nemici, ma noi eravamo semidei. Figli degli dei dell'Olimpo. Esseri umani superpotenti con i poteri magici, in sostanza. Infilzai un mostro con la spada e mi diressi verso un altro, pronta a far disintegrare anche quello. Il telchino mi si buttò addosso.

Che maleducato, pensai ,se voleva saltarmi addosso per la mia bellezza sarebbe bastato dirlo. Poi pensai al fatto che probabilmente se si fosse azzardato a dirlo lo avrei fulminato, quindi allungai un braccio e lo colpì. Sentii una leggera stretta allo stomaco e pochi istanti dopo l'essere era carbonizzato. La mia bella felpona nera aveva la punta della manica bruciata, ma non me ne preoccupai. Guardai i miei compagni.

«Ci siamo tutti? Bene, andiamo!» dissi, poi uscimmo dal vicolo.

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