Centro diurno

Ieri è stata una brutta giornata. È cominciata con un brutto sogno ed è finita con mia madre che piangeva e singhiozzava perché non mi sopporta più. Stamattina ho provato le stesse cose che provavo quando mi alzavo e in casa c'era l'ex di mio padre, "camminavo sulle uova" (definizione della mia psicologa) per non farla arrabbiare e cercavo di esistere il meno possibile. Non ho mai provato queste cose con mia madre.
Ma poi mi sono detta " Cazzo, lei è mia madre, non una puttana russa di merda" e così ho iniziato a parlarle ed è tornato tutto più o meno normale fra noi.
E poi siamo andate alla visita al centro diurno.

Per chi non sapesse cos'è un centro diurno, in breve è un posto con altri ragazzi e ragazze problematici con operatori in teoria specializzati, un paio di neuropschiatri infantili e uno psicologo, dove si fanno attività e laboratori dalla mattina alla sera e poi si cena e si dorme a casa.
Ogni ragazzo ha un operatore di riferimento a cui dice tutti i cazzi che gli girano per la capoccetta disturbata e questo operatore lo aiuta nelle relazioni con gli altri e con i suoi problemi in generale, più o meno.

Oggi ho visitato il centro e ho parlato con la neuropsichiatra responsabile che mi ha parlato dei laboratori e di altre cose noiose, poi ha detto che dovrò fare degli incontri con il mio operatore di riferimento per instaurare un rapporto di fiducia e allora ho pensato: " In comunità il rapporto di fiducia con Susy (la mia operatrice di riferimento lì) si è instaurato al terzo giorno quando dopo una crisi ho dovuto fare la doccia con lei (e lì le docce erano aperte, non c'era la cabina)"
Poi la neuropsichiatra mi ha fatto vedere gli spazi del piano dove c'è la segreteria e la stanza per lo studio e ha salutato un po' di gente, poi abbiamo incrociato un operatore: - Piacere, io sono Luca - e mi ha stretto la mano. Ho sbarrato gli occhi, quando ci siamo voltate per tornare allo studio della strizzacervelli quasi mi mettevo a piangere. "Anche il primo operatore a cui ho stretto la mano in comunità si chiamava Luca, è stato il primo che ho conosciuto e il secondo è stato Matteo, che tutti chiamano Teo, e poi Dalila e Giorgia e poi tutti gli altri... e Luca c'era tutte e due le volte che sono finita in PS, la prima volta mi ha accompagnato proprio lui... Luca, di cui A era innamorata anche se lui aveva una moglie e un figlio che si chiama Michelangelo. Ma dico, come gli è venuto il nome Michelangelo? E quante volte ne abbiamo parlato con A, e quando lei ne ha parlato con lui ed è venuta da noi piangendo, quando la psicologa lo è venuto a sapere e lei ha avuto una crisi perché era una cosa che doveva restare tra lei e Luca, e poi... "
- Okay, allora possiamo andare - e tutti (la neuropsichiatra, la dottoressa che mi aveva accompagnato, mia madre e mio padre ) si sono alzati da sedie e divanetti e, dopo i convenevoli, siamo andati via.

So benissimo che un centro diurno non è una comunità.
So benissimo che anche se in comunità mi sono trovata benissimo con tutti non succederà lo stesso anche qui, ed è questo che mi mette tristezza. Non preoccupazione, in qualche modo me la caverò, ma tristezza; sarò in un posto che mi ricorderà perennemente il più bel periodo della mia vita, ma non sarà affatto il periodo più bello della mia vita. Sarà solo un ricordo, come un museo di azioni e parole che non si sono conservate abbastanza bene da essere esattamente uguali al passato.
E a quelli che pensano: " Magari avrai culo e ti troverai bene anche lì" ho da dire 1) nessuno a tutto questo culo, soprattutto io 2) è praticamente impossibile, non ci sono le condizioni: non si dorme insieme, non si prende la terapia insieme, non ci si asciuga i capelli a vicenda dopo la doccia, non c'è un divano e una radio da ascoltare mentre si aspetta che arrivi la società di catering con Mimmo che ti scarica le casse sul carrello, non ci saranno le uscite insieme e nemmeno i tirocinanti fighi che scaricano la spesa o le corse in ospedale e la tua migliore amica che ti aspetta alzata fin quasi mezzanotte e ti abbraccia ai piedi delle scale, perché non poteva dormire senza sapere che stavi bene.
Non ci saranno tutte queste cose e molte altre, quindi no, non potrà mai essere bello come in comunità, e 3) soprattutto, se anche mi accorgessi che a suo modo è bello quanto lo è stato in comunità, avrei paura. Avrei una paura fottuta di dimenticare tutte le belle cose che mi porto dentro da quel posto per far spazio ai ricordi del centro, di dimenticare le cose più belle del mondo che ho trovato lì solo perché è passato il loro tempo e diventare un'ipocrita che abbandona ciò che chiamava il periodo migliore della sua vita solo perché ormai è passato. Ho paura di dimenticare il mio passato solo per un paio di bei momenti del presente. Dici ma no, tu non sei così. Sarà pure, ma non mi fido affatto di me stessa.

Quindi sì, non voglio che il centro diurno sia un bel periodo. Non voglio trovare nuove migliori amiche, un nuovo amore, una nuova operatrice di riferimento svampita che mi lava i capelli né un nuovo operatore di nome Luca che mi accoglie all'ingresso. Voglio che sia un brutto periodo, così brutto che non mi potrà ricordare i bei momenti in comunità. Perché i ricordi sono belli, ma fanno un male cane.

Natalinna

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