Happy loner

Ciao non sono morta guardate scrivo ancora.

Parto dal presupposto che neanch'io so cos'è questo robo, è scritto di getto senza pensarci su troppo. Onestamente per me ha un senso e mi piace pure ma magari alla gente fa schifo e sembra troppo emo ma non ci posso fare nulla 😃 sta a chi legge provare emozioni per uno scritto.

Potrebbe sparire domani o restare un anno, non faccio promesse.

Voglio specificare solo che la protagonista dei due "atti" non è necessariamente la stessa. Se pensate che lo sia va bene, comunque, ma il secondo atto non deve essere per forza una continuazione del primo.

Consiglio di ascoltare la canzone "Happy loner" di MARINA che secondo me è una buona colonna sonora.

Ora vi lascio alla lettura.

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Atto I - Il metrò delle aspettative

Oggi, la metro è quasi vuota, come da aspettarsi dalla fine di un giovedì pomeriggio nebbioso e sonnacchioso. Non è l'orario in cui la maggior parte dei lavoratori torna a casa, né quello di uscita dalle scuole. C'è solo qualche anima stanca come te, che sembra tutta sul punto di appisolarsi sui sedili arancioni. Sono di un colore troppo acceso, che stona fastidiosamente con il grigiore del resto del mezzo, esattamente come il cartellone pubblicitario appeso di fronte a te, che raffigura un gruppo di bambini intenti a mangiare felicemente una tazza di cereali coloratissimi, cozza con gli insulti incisi sulle pareti del vagone. Fuori il mondo sembra avvolto da un gigantesco batuffolo di ovatta: il cielo è una matassa grigia solida e compatta, un soffitto alto ma opprimente. Potrebbe essere qualsiasi stagione, qualsiasi mese.

Il copione perfetto per una giornata tediosa e stancamente uguale a mille altre.

Una giornata in cui non è successo niente di speciale rispetto alle altre mille.

Una giornata inutile, di quelle che ti fanno sentire più che mai di stare vivendo una vita inutile. Anche se non è necessariamente vero.

Sospiri.

Non odi la vita. Insomma, l'umanità generalmente è uno schifo e il nostro mondo si prospetta ogni giorno peggiore (ma non meno di ogni altra epoca!), ma tutto sommato esistono delle cose e delle persone per cui vale la pena respirare. Magari non tantissime, ma insomma, i tempi non sono facili, ci si accontenta.

Eppure. Arrivano momenti come questo, in cui stai tornando da una riunione estenuante in cui tutti si urlavano addosso, in una stanza sovraffollata e surriscaldata, con un'emicrania nuova di zecca che ti sta premendo le tempie pronta ad esplodere. E ti chiedi quanti giorni del genere dovrai aspettare perché la vita che hai programmato per te stessa anni fa e che ti vuoi impegnare per raggiungere si avveri. Per carità, era solo un sogno da bambina e poi da adolescente, e ora che sei una giovane adulta il tuo compito è capire se è possibile realizzarlo. Ma era un sogno così bello ... aveva la consistenza di una caramella rosata ma così trasparente da poterci guardare attraverso. Morbido e dolce.

Il punto coi sogni è che devi realizzarli. E non è facile come nei film sui ballerini della Disney.

Ami la vita, però a volte ti sembra di capire perché i suicidi fanno quello che fanno. Piuttosto che restare ad aspettare per sempre nella stessa mortale routine, una serie infinita di ritorni a casa in metro, ti ammazzeresti.

Questi pensieri spariranno non appena sarai a casa, farai un bel bagno caldo, darai da mangiare ai tuoi pappagalli e controllerai il telefono che sta esplodendo di messaggi ma ora non hai la forza di controllare, lo sai benissimo. Ti sembreranno stupidi e pessimisti. E poi, che presuntuosa e irrispettosa che sei a pensare di capire perché la gente si ammazza. Come se tu fossi identica a tutti gli altri sette miliardi di persone su questo pianeta, e a tutti quelli che lo hanno lasciato. Stupida.

Però davvero, hai solo una domanda: Quanto tempo ci vuole? Quanto tempo ci vuole a sentirsi del tutto appagati e felici con la propria vita? E come si fa ad arrivarci interi e sulle proprie gambe? Migliaia di voci battono i pugni sulle pareti della tua mente, gridando che sei giovane, che hai tutta la vita davanti, che dovresti pensare ad essere felice e spensierata come i tuoi coetanei, che questi sono atteggiamenti da adulti in crisi di mezza età. Ma tu lo vuoi sapere. Perché ogni parte in cui ti volti, nella vita reale o su Internet, tutti sembrano saperlo già. Sei circondata da persone alte, anzi enormi, spavalde e sorridenti. Sono davvero così o è solo la tua suggestione esasperata, un complesso di inferiorità che è saltato fuori a un certo punto della tua vita e ti porti ancora dietro?

L'ipotesi giusta è la seconda, lo sai già, perché lo sai benissimo che le persone dall'esterno sembrano perfette, che tutti hanno dei problemi o dei dolori nascosti, e tu sei una stupida per pensare il contrario ogni volta che parli con qualcuno che sembra davvero felice e bruci d'invidia.

Ma allora il problema sei tu? Vai avanti aggrovigliata da prima che tu ne abbia memoria in una rete di paure e di dubbi che rischia di soffocarti a ogni passo che compi.

Avrei dovuto fare in un altro modo?

Dovrei dare più importanza all'amicizia con quella persona, potremmo finire per perdere i contatti. Se succederà sarà colpa mia, non ho mai tempo per vederla.

Devo essere più concentrata.

Devo essere più organizzata.

Non mi sono impegnata abbastanza. Non mi impegno mai abbastanza.

La mia faccia non mi piace.

Se mi sforzassi di lavorare su me stessa riuscirei ad amarmi, ho tante buone qualità che non apprezzo. Perché sono così pigra?

Fa male, fa un male impossibile da sopportare ogni volta che te ne rendi conto e cerchi di staccarti quella rete di ansia di dosso. Ma i nodi sono troppo intricati! Sono stati stretti prima che te ne ricordi, quindi devi continuare a camminare, no, a correre, su una banchina, inseguendo disperatamente il treno della vita a cui vorresti arrivare, soffocata da tonnellate di fili velenosi. Sono tutti lì, che ti aspettano tendendoti le mani. Perché non riesci a raggiungerli? Perché?!

Sai che forse hai un problema di qualche tipo.

Che forse non dovresti darti la colpa per tutto.

Ma non riesci a smettere di colpevolizzarti perché tutti quei modelli che ti circondano non fanno altro che ricordarti che loro riescono ad amarsi e tu no. Tu no. Come se avessi in mano tutte le istruzioni per essere felice ma fossero scritte in una lingua incomprensibile.

La parte più atroce è che questo fardello te lo sei costruito da sola, completamente da sola, e sì, forse farebbe ugualmente schifo se qualcuno ti avesse prefissato degli standard impossibili da raggiungere, se potessi attribuire tutto a dei genitori troppo esigenti o qualcosa del genere, ma almeno sapresti che la colpa è di qualcuno. Qui l'unica persona che puoi incolpare è te stessa.

Forse perché le aspettative che fissiamo per noi stessi saranno sempre più pericolose di quelle che ci fissano gli altri.

La tua fermata è arrivata prima che te ne rendessi conto.

Ti alzi, stordita dalla stanchezza e dal treno dei pensieri. Rischieresti di dimenticarti la borsa se non fosse per un passeggero che ti avvisa. Lo ringrazi con la voce impastata dal sonno.

Fuori ha iniziato a piovere, e non te n' eri accorta.

Non hai l'ombrello.

Esci dal vagone, e una pioggerella leggera lava via i pensieri come se fossero calcinacci restati lì dopo un'esplosione. Sono gocce leggere. Aghi sulla pelle, non coltelli.

E finalmente, respiri.

L'interno della tua testa sembra il ricordo di un brutto sogno.

Poi, ti incammini verso casa.

Pensi distrattamente che tra dieci anni, o due mesi, o anche un minuto, riderai pensando a come ti sentivi in questo momento, perché avrai capito molte più cose.

Il che è triste, perché vuol dire che quello che provi ora non ha nessun significato.

Atto II - Uscire soli il sabato sera

Sta arrivando Natale. La cosa ti mette un discreto buon umore, che si accentua sempre di più mentre cammini tra le bancarelle allestite nel corso della tua cittadina. Su cavi tesi tra le case ci sono fili di luci scoppiettanti di colori. A un angolo della strada un Babbo Natale si è tolto di soppiatto la barba finta per mangiare qualcosa da un involto preso dalla venditrice di caldarroste, mentre una bambina lo indica strillando dall'altro lato della strada, sconvolta.

Un gruppo di bambini ti passa accanto vociando e spintonandosi a vicenda, senza degnarti di uno sguardo. Alla fine sei solo un'adulta anonima, non hai molta importanza nei loro giochi infantili. Un tempo non troppo lontano anche tu eri come loro, ma non vuoi passare il tuo giorno libero a struggerti per il ricordo di tempi in cui tutto era più semplice.

Sei sola. Avresti potuto chiedere a qualcuno del tuo gruppo di amici se volesse venire con te, ma non l'hai fatto. E in un certo senso, è meglio così. Li hai sentiti accennare a qualche festa in una casa in campagna sulla chat di gruppo, ma non sai se siano lì o abbiano finito per annullare tutto. Nessuno si è ricordato di chiederti di venire, o se volessi un passaggio per arrivare lì. Non c'è niente di cui stupirsi. Non lo fanno con cattiveria. Semplicemente hai rifiutato così tanti inviti a eventi sociali nelle ultime settimane oberate di lavoro che alla fine hanno capito. E poi sanno benissimo che non sei una grande fan dei posti affollati pieni di gente che fuma e si spintona con musica a palla di sottofondo. Questione di gusti, non ti ritieni nè migliore nè peggiore degli altri per preferire rintanarsi in casa con la tua playlist preferita o fare uscite tranquille con i tuoi soli amici stretti.

Cerchi di giustificare i tuoi amici con queste motivazioni perfettamente valide e sensate, ma una piccola parte del tuo cervello insiste che in realtà stiano iniziando ad odiarti. Sospiri. Che strazio.

Oggi è una bella serata. Per quanto ti guardi attorno, non riesci a vedere altro che insegne luccicanti, alberi di Natale e persone in coppia o in gruppo che camminano carichi di pacchetti. Una fiumana di persone sorridenti, qualcuna dall'aria un po' triste o arrabbiata, qualcuna senza nessuna espressione. Ognuna di loro è un fulcro a sé stante di vita, esperienze e conoscenze. Sembrano tutti così vivi, stasera. E poi ci sei tu.

Da sola.

Non è una novità. Ti piace stare da sola, ricaricare le pile guardando un film o leggendo un libro, andare al parco o a fare shopping senza nessuna compagnia. Il mondo è rumoroso, grande, spaventoso. Stare da soli fa sentire bene. In controllo.

Rimugini spesso sul fatto che hai una vita noiosa. Lavoro provvisorio in attesa di riuscire ad ottenere quello che vorresti, quei pochi amici che non riesci mai a vedere, nessuno che occupi il posto nel letto matrimoniale accanto a te.

Stai aspettando.

È come se stessi solo osservando gli altri. Tutte le persone che conosci stanno crescendo: studiano, si appassionano, lavorano, amano, si innamorano, qualcuno persino si sposa e tra un po' diventerà genitore. E tu sei lì, in fondo alla stanza, dietro una barriera di vetro che non sei neanche tanto sicura che esista. A non fare niente. Come un pesce nella boccia.

Stai davvero vivendo, o stai solo guardando gli altri vivere? Ma che cos'è vivere, alla fine? Hai l'impressione che ci sia sempre qualcosa che ti sfugge, qualcosa che gli altri hanno e tu no.

Vorresti fare come tutti, buttarti freneticamente nella corsa della vita, o come cavolo volete chiamarla, e fare amicizia, innamorarti, ottenere una promozione, viaggiare, fare nuove esperienze. Invece ti sembra di andare piano piano. Tu hai una macchinina a pedali e il mondo un jet.

Non sei sicura di essere brava a connetterti con gli altri. Guardi i tuoi colleghi ridere, scherzare e chiacchierare come guardavi i tuoi compagni di classe qualche anno fa. In silenzio. Non sai mai cosa dire nelle discussioni. Non è che hai paura di disturbarli, è che saltano da un argomento all'altro troppo in fretta e ti senti stupida per non riuscire ad essere così brava con le parole come lo sono tutti, visto che quando provi a dire qualcosa che ti sembra intelligente o divertente riesci a malapena a pronunciare una frase di senso compiuto.

Qualcuno, secoli fa, ti ha detto che intimidivi le persone perché non parlavi mai. Quasi sei scoppiata a ridere, perché era parlare con gli altri che intimidiva te.

Il mondo sembra odiare così tanto l'idea della solitudine, del fermarsi un attimo a riflettere. Del silenzio. Della pace.
Chissà perché, poi.

Sembra che tutti ti dicano che devi attenerti a uno standard, rientrare in una categoria, trovarti un'etichetta a cui aggrapparti per non naufragare tra i flutti di idee altrui.

Ma è davvero così importante?

Il tuo riflesso ti fissa sorpreso da una delle vetrine della via, come se non si aspettasse di essere visto. Lo trascuri un po' troppo, effettivamente. Trascuri troppo te stessa, ad essere onesti.

Guardi la faccia nel vetro, in parte inghiottita dalle luci dall'altra parte della vetrina. La mascherina storta, gli occhiali fuori moda, la coda disfatta. Le occhiaie. La cicatrice che ti sei fatta sbattendo contro uno spigolo a quattro anni. Tu.

Ma se ho me stessa, avere gli altri è davvero così importante?

Sorridi, un piccolo sorriso stanco e segreto sotto la mascherina.

La risposta è no. E non è mai stata sì.

Continui a sorridere mentre ti infili nel locale sulla quale vetrina ti stavi riflettendo. È un locale di cucina internazionale che fa piatti di tutti i tipi. C'è un forte odore di carne e spezie che fa venire l'acquolina in bocca, e ti sei accorta di star morendo di fame. Ti siedi su uno dei tavolini. Dietro il vetro del bancone un signore sui sessant'anni con gli occhi allungati solleva lo sguardo su di te. Sei l'unica cliente del locale, e vi scambiate un'occhiata divertita.

Quando poco dopo ti porta una tazza di una zuppa marrone e bollente, sta sorridendo. Dopo aver fatto raffreddare il brodo, afferri la tazza con entrambe le mani e prendi un sorso. È davvero buonissimo. Il calore della zuppa attraversa la ceramica della tazza e ti scalda piacevolmente le mani.

Questo è un momento solo e soltanto per te, e lo assapori con tutta la tua anima esausta e grata. Ci sei solo tu, qui ed ora, ma è davvero importante? Tra poco uscirai dal locale, tornerai a casa, e da domani la corsa infinita sulla macchinina a pedali ricomincerà dall'inizio. Ora puoi goderti questo faccia a faccia con te stessa, com'è giusto che sia. Perché alla fine al diavolo quello che dicono gli altri, o quello che pensi che diranno. Non c'è niente di male nello stare soli, ogni tanto. È una vita triste se non siamo i migliori amici di noi stessi.

Il tuo riflesso ti guarda ancora dalla vetrina, ma stavolta è soddisfatto, come se avessi capito qualcosa di essenziale.

Grazie al cielo sei ancora qui, gli dici con il pensiero, pensavo di averti perso.

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2390 parole

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