Donne di carte

Piccolo plagio autoindulgente a Neil Gaiman. 

Mi piacciono i tarocchi :) In alcuni casi mi sono attenuta al significato simbolico , in altri ho semplicemente preso alla lettera quello che rappresentava la carta. 

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DONNE DI CARTE
( 22 estratti di libri mai scritti e di vite mai vissute )

0. Il Matto

Apre gli occhi per la prima volta, coperta di sangue, e inizia a urlare.

1. Il Bagatto

È quella ragazza di cui sapevi il nome, a cui non hai mai rivolto la parola per più di dieci minuti, per chiederle se il posto accanto a lei fosse libero o per farle vedere qualcosa negli appunti che non aveva segnato. Non sei neanche tanto sicuro di ricordarti che faccia avesse. Forse era carina, ma non troppo. Il tipo che non attira l'attenzione. Una faccia anonima, ecco, una faccia come mille altre. Ripensandoci, aveva un certo talento per passare inosservata. Cerchi di ricordarti il suo nome, tamburellando la lingua contro i denti, ma trovi solo uno spazio vuoto.
A volte, quando non hai niente da fare, pensi a che fine abbia fatto.

Non che ti importi, ovviamente.

2. La Papessa

Indossava occhiali con la montatura d'osso, usava un profumo alla lavanda e a casa sua c'erano sempre dei biscotti in più per gli ospiti. Era una donna adorabile, a dirla tutta. Anche se quando le parlavi il suo sguardo spesso si perdeva nel vuoto e ti guardava come se fossi trasparente, come se dietro di te ci fosse qualcosa di molto più importante. Il suo sorriso aveva un che di distratto.

"Perché sorridi sempre?" Le avevi chiesto mentre versava il tè nelle tazze.

"Perché so." Aveva risposto. Aveva fatto cadere delle erbe tritate sconosciute nella sua tazza, senza offrirtene.

"Come fai a sapere che funziona?"

Lei aveva riso, rovesciando la testa all'indietro. Difficile dire quanti anni avesse. Sembrava giovane, ma giovane come potrebbe esserlo una dea. I suoi occhi leggermente più distanti tra loro del normale le davano un'aria enigmatica.

"Voglio dire, e se tutto quello in cui credi fosse una bugia?" Avevi insistito.

Lei non aveva smesso di sorridere, imperturbabile. Aveva mischiato le sue carte e le aveva disposte sul tavolo. Poi aveva preso un panno e lucidato la sfera di cristallo.

"Mentirci da soli non è forse la cosa che ci piace di più? Da dove credi che vengano, le religioni?"

3. L'Imperatrice

Il mondo è ai suoi piedi, quei delicati piedini rosei dentro le scarpette di tela coperte di fango. Cammina con entusiasmo per tutto il cortile. La sua corona è fatta di carta e le balla sulla testa rotonda, e il suo scettro, un sonaglio rosso che fino a poco tempo fa era avvolto nella carta regalo, va mostrato ad ognuno dei suoi sudditi. Tira i pantaloni di ogni gigante in vista chiedendo con grande serietà: "Guarda." È un ordine, non una richiesta. Se qualcuno ridacchia e cerca un modo per liberarsi di lei, attacca a strillare. Colpa dell'altro, doveva pensarci bene prima di venire al suo compleanno se non aveva alcuna intenzione di farla sentire la festeggiata.

Dopo aver ottenuto un pasticcino in cambio del silenzio da parte della sua ultima vittima, trotterella sul retro della casa, a contemplare il suo regno. La sua casetta in mattoni, che le sembra enorme anche se ha solo due piani. Suo padre, che taglia la torta per un'invitata. Sua madre, che gonfia palloncini parlando con sua cugina più grande. Loro erano suoi, constata soddisfatta dondolandosi sui talloni. Loro erano suoi, lo sarebbero stati per sempre, e più tardi avrebbe mangiato la sua fetta di torta e avrebbe fatto un giro sul cavallo a dondolo e nessuno sarebbe stato tanto ardito da portarle via tutto questo.

4. L'Imperatore

Ci sono foto di lui su tutte le pareti della sua stanza. Quel viso sfrontato è stato ridotto a brandelli e ricoperto di baci appiccicosi più volte di quello che dovrebbe essere normale, vittima di un'ossessione rotta, perversa e dal sapore di rossetto alla fragola. Non può vivere senza di lui. è l'unica certezza che ha.

Due anni più tardi, le foto sono state tolte, i muri riverniciati, la casa venduta, e lei è su una macchina che la porterà a una città a tre ore di distanza. Non si ricorda neanche di che colore fossero i suoi occhi.

5. Il Papa

I grani del rosario scorrono schioccando ed è già una preghiera a sé stante, senza bisogno di parole o suppliche. Si chiede se chiunque sia lì nella Grande Cabina di Comando tra le nuvole (le piace immaginarselo così, il regno dei cieli) sia soddisfatto di quel suono. È un bel rosario, il suo, fatto a mano. Le piace il pensiero che qualcuno abbia intagliato ogni sfera nel regno e l'abbia levigata con cura, mettendoci comunque più amore di quello che ce ne stia mettendo lei ora nelle sue preghiere. Non le piace particolarmente il suo lavoro. Avrebbe dovuto accorgersene anni prima, ma ormai ha un velo di panno blu sulla testa che le fa sudare la fronte e sa che non se ne può liberare così facilmente.

Mi sa che è un po' tardi per le lamentele, sembra dire il crocifisso davanti a lei.

Ti sei detto la stessa cosa mentre tiravano su la croce? Ribatte lei senza aprire bocca.

Il crocifisso non risponde. La prende come una grande vittoria personale.

6. Gli Amanti

Sono inseparabili. Vanno sempre al mercato assieme, a braccetto, ed escono con le borse piene di pomodori, funghi e spezie bizzarre. Fanno la strada fino a casa con calma, la testa di una sulla spalla dell'altra, come se avessero tutto il tempo del mondo. In effetti è la verità. Vivono nel piccolo cottage sopra la collina, che ha cespugli di lavanda ai lati del vialetto e bellissime rose selvatiche che soffocano il cancello d'ingresso. È una casa piccola, misteriosa, dai soffitti arcuati e dai pavimenti di legno scuro. La più bassa ha appeso piatti bianchi e blu alle pareti e la più alta ha dipinto quadri che si sono sempre dimenticate di incorniciare.

Non escono molto, ma tutti in paese sanno chi sono. I vicini le guardano stendersi sull'erba per ore intere durante le belle giornate, a leggere e ad ubriacarsi di sole come due lucertole. Qualcuno le guarda infastidito, qualcuno le saluta con la mano, qualcuno le ignora. Ogni tanto rotolano più vicino all'altra per sussurrarle qualche estratto di ciò che stanno leggendo. A volte si scambiano i libri. Quella bionda legge Proust e quella bruna Terry Pratchett. Scrivono annotazioni sul libro dell'altra, lettere d'amore sui margini. Baciano la pagina e ci lasciano dentro fiori.

La sera cucina quella con le lentiggini. Quella con gli occhiali fa i piatti mentre la moglie la abbraccia da dietro, la fronte sulla sua nuca. Insieme al sapone cadono giù per lo scarico storie raccontate a fior di labbra, storie che si possono iniziare solo in cucina e finire solo a letto. Storie sul figlio del fattore impazzito, sul bambino caduto in un pozzo e sulla strega che si era impiccata proprio lì, in quella casa che nessuno aveva voluto prima di loro. Quando una storia finisce, la narratrice chiede un bacio. La notte, stanno distese in silenzio ad ascoltare il battito del cuore dell'altra. Guardano entrambe il soffitto, ma è come se guardassero il futuro. Un futuro monotono quanto pacifico, solitario quanto amorevole. Entrambe non riescono a pensare a sé stesse senza l'altra.

7. Il Carro

Non si è mai sentita potente, realizza, con il vento che le si infila dentro la bocca, tra i capelli, sotto il vestito. Ora sì. Ora sente che potrebbe fare tutto. Urla di gioia, e il suo urlo si perde nella notte che rincorre la macchina. Forse sono i bicchieri che ha bevuto, o le pasticche che ha preso, ma è una sensazione così nuova e scottante che non può fare altro che ridere, ridere a crepapelle, come se la solleticasse in ogni punto del corpo. Non ha mai visto l'uomo al volante prima di stasera, ma gli urla che lo ama come non ha mai amato nessun altro. Poi lo bacia, un bacio che è un po' morso e un po' risata. Sì, è questa la via giusta, lei è un proiettile sparato verso il futuro e colpirà il bersaglio. Si sporge dal finestrino con tutto il busto per comunicarlo al mondo intero. Forse l'uomo le ha gridato un avvertimento, ma non è importante. Spalanca le braccia come un angelo, ancorandosi alla macchina con le sole gambe.

"QUESTO È SOLO L'INIZIO." Urla.

È davvero un peccato che non veda quel palo della luce.

8. La Giustizia

Prende il fondotinta e lo applica sullo zigomo, cancellando un livido. Poi passa la spugnetta all'angolo della bocca e sul mento, e quei brutti tagli rossi simili ad artigliate spariscono. Quando ha finito, sorride al suo riflesso, a quella maschera di porcellana che è diventata la sua faccia. Ha compiuto tante volte questo rituale. Da oggi non ne avrà più bisogno. Il pensiero le fa sollevare ancora di più gli angoli della bocca.

Ha pulito tutto. Il coltello è tornato nel cassetto, lucidato fino a risplendere. La sega che lui usava per tagliare la legna è di nuovo nel capanno degli attrezzi. Resta solo il grosso sacco nero poggiato in soggiorno, ma di quello si sbarazzerà tra poco.

La porta sbatte: George dev'essere tornato. Si alza per accoglierlo.

"Mamma, dov'è papà?" Chiede.

Sorride. "Non lo so, amore. Non mi ha ancora richiamato."

George si guarda attorno, i capelli bagnati di sudore e i calzoncini sporchi d'erba. Non si divincola quando lei lo abbraccia, come fa ultimamente.

"Che cosa c'è in quel sacco, mamma?"

Ama suo figlio. Lo ama davvero tanto. Gli posa un bacio sulla fronte e gli scompiglia i capelli, senza smettere di sorridere. Non avrà più ragioni per non sorridere per molto tempo.

Se la caveranno, in un modo o nell'altro. Giustizia è stata fatta, del resto.

"Solo spazzatura, tesoro. Mi accompagni a buttarla?"

9. L'Eremita

"Puoi essere meglio di così." Dice sua madre. "E la cosa peggiore è che lo sai."

È stesa sul pavimento della sua camera, con i capelli sparsi ai lati della testa come un ventaglio. Non pensa al fatto che probabilmente è lurido, perché nessuno entra in quella camera se non lei, e Dio la maledica se ha passato lo straccio nell'ultimo mese. A dire la verità, non pensa proprio a nulla. Prende un bel respiro, riempendosi i polmoni di quell'aria stantia. C'è odore di patatine al peperoncino, polvere e qualcos'altro che non sa identificare. I vestiti sporchi si sono accumulati per terra nel corso delle settimane, insieme a torri di cianfrusaglie, rifiuti e lattine vuote. Sono fragili e pericolanti e, viste dalla sua angolazione, possiedono una certa bellezza. Se avesse sfruttato tutto l'impegno che ha usato per impilare quei rifiuti per buttarli via, la camera sarebbe un gioiello.

"Pensi di essere più interessante, facendo così? Senza uscire di casa, senza lavarti i denti, buon Dio?" Continua sua madre, implacabile. "Pensi di essere meglio degli altri solo perché sei sola?"

C'è una macchia di muffa sul soffitto, realizza. Ecco che cos'era quell'odore sconosciuto. Non se ne sorprende. Anche lei la maggior parte del tempo si sente ammuffita, vecchia e stantia. Forse un giorno inizierà a crescerle addosso qualche fungo che colonizzerà le sue vie respiratorie e i suoi organi interni, e a quel punto potrà levare le tende una volta per tutte. Non può dire che la cosa le dispiaccia interamente.

La faccia di luna piena di sua madre è ricoperta di chiazze rosse.

"Sei solo una bambina egoista. Dovresti tornare a scuola. Non sai quanto ti stai rovinando."

Oh, sì che lo so.

"Vattene." Dice a sua madre senza guardarla.

"Nessuno verrà a salvarti." Risponde, velenosa, prima di sbattersi la porta alle spalle e scendere i gradini pestandoli come se le avessero fatto personalmente del male. Poi inizia a urlare qualcosa contro suo fratello.

Gliela farà vedere, un giorno. Un giorno che non è oggi.

10. La Ruota della fortuna

Quel giorno, aspettando di saltare giù dal treno merci, ti ha offerto una sigaretta. Le hai fatto alcune domande su di lei e sulla sua vita. Le sue risposte sono state interessanti. Ti piaceva parecchio. Aveva i capelli corti come quelli di un ragazzo e l'eyeliner storto.

"Come fai a decidere quando scendere?" Le hai chiesto.

Lei ha lentamente preso un tiro. I suoi occhi erano malinconici come quelli di qualcuno che non ha mai conosciuto una casa.

"Perché? Farebbe qualche differenza?"

11. La Forza

Forse conosci qualcuno che le assomiglia. Indossa giacconi di lana grezza su cui attacca spille ricavate da tappi di bottiglia. I capelli sono del colore che dà più fastidio a suo padre, ha le orecchie bucate e le braccia decorate d'inchiostro.

Non sta mai ferma. Sfreccia nelle piazze con le braccia colme da volantini. Inciampa da quanto corre veloce.

Non sta mai zitta. Ha la voce rauca per il ridere, per il gridare, per il cantare. Una voce rauca, sì, ma bellissima, canta canzoni che parlano di papaveri di sangue e galline astute che sconfiggono volpi.

È in ogni rifugio antiaereo, ogni campo profughi, ogni ospedale, ogni manifestazione.

Sì, penso che tu abbia sentito parlare di lei. È una a cui piace picchiare duro.

12. L'Appeso

Suo padre ha costruito l'altalena molti anni fa, quando non sapeva ancora camminare e suo fratello giocava ancora in giardino, ogni tanto. È caduta giù da quella tavola di legno ruvido diverse volte, graffiandosi il mento e procurandosi bernoccoli. All'epoca qualcuno doveva aiutarla a salire, e una volta seduta i suoi piedi penzolavano nel vuoto. Ora può sedersi con i piedi ben saldi a terra, nota. Si dondola lentamente, senza troppa voglia, seguendo il ritmo di quel pomeriggio afoso e sonnacchioso di inizio luglio. Non è una bambina e non lo sarà più, ma per un attimo finge caparbiamente di esserlo. Finge di avere l'apparecchio ai denti e figurine delle Winx in tasca. Forse tra un po' si alzerà e andrà a guardare i cartoni animati in TV. Non li guarda da più di quattro anni, ma ora ha un certo desiderio di farlo. Ha voglia di tappeti elastici e filastrocche, di passare un intero pomeriggio a leggere fino a sentirsi stordita, di addormentarsi in macchina e avere la certezza che qualcuno all'arrivo la metterà a letto senza svegliarla. Non vuole mangiare zucchero filato, vuole mangiare zucchero filato come se avesse sette anni.

Si dondola un più forte, raccogliendo le gambe sotto la tavola e poi distendendole per darsi la spinta fino a toccare i rami più bassi dell'albero, scomodamente sospesa tra due mondi, uno che non vuole lasciare e uno in cui non è sicura di voler entrare. Pensa alla maglietta che ha visto al centro commerciale il giorno prima, ai compiti di matematica per le vacanze e al sorriso del cameriere quando le ha portato un frappè ieri sera. Dopo l'estate ci sarà il liceo. Qualcos'altro per sostituire ciò che ha perso e non può ritrovare.

13. La Morte

Indossa delle ballerine di tela rossa. Dovresti essere triste, ma l'unica cosa a cui riesci a pensare è Con che cazzo di scarpe vogliono seppellirla? Avresti voluto occupartene tu, ma le sue vicine di pianerottolo sono sgusciate dentro la camera da letto come due anguille, chiudendosi la porta alle spalle. Quando ne sono riemerse, la defunta era già stata vestita e imbellettata. La guardi in silenzio. È una bella signora con i capelli color ferro. Una signora normale, con un'espressione serena in viso. Potrebbe essere addormentata. Anche la casa potrebbe essere una casa normale, se non fosse così vuota. Fissi i due miseri vasi di garofani ai lati della bara aperta, ancora avvolti nella carta collosa del fioraio, e il vassoio di tramezzini solitario sul tavolo, portato dalle stesse donne che l'avevano vestita. In tutto in quella casa ci sono cinque persone: voi tre, i vicini di casa, il parroco calvo seduto sul divano, e la morta. Speri che la porta si apra e una sesta persona entri, con i capelli in disordine e il trucco colato e si precipiti singhiozzando a lato della bara. La guardi con insistenza, gridando interiormente È la sua veglia funebre, porca puttana, non avrete altre occasioni oltre a questa. Ma la porta non si apre. Ascolti senza voltarti una delle vicine di casa ripetere di nuovo Nessun parente rintracciabile e Grazie a Dio ce ne siamo accorti noi e Non veniva mai nessuno a trovarla. La porta continua a non aprirsi, e tu ti chiedi se è questo che spetterà anche a te, un giorno.

Poco prima di andartene noti che le suole di quelle ridicole ballerine rosse erano come nuove. C'era da chiedersi se le avesse mai usate.

14. La Temperanza

Prende lo stesso autobus ogni giorno e la prima cosa che fa quando si siede è poggiare la fronte contro il finestrino. Poi chiude gli occhi e sembra che si addormenti, ma alla sua fermata si sveglia sempre. Sarebbe un bel guaio se non lo facesse. L'impermeabile è sempre lo stesso, la pettinatura è sempre la stessa. Ogni giorno sul suo viso compare una nuova ruga, come una nuova crepa su un vaso sul punto di rompersi. Se glielo chiedi, farà il suo sorriso dolce e stanco e ti dirà che sta bene. Non è difficile crederle. A un numero sorprendentemente basso di persone importa di come tu stia se non crei problemi. Specie se sei una donna.

Lei è così brava a farsi prendere a schiaffi dalla vita. L'hanno chiamata in un modo particolare per questo, una volta, resiliente. Bella truffa, dice lei. Ed è una madre, perché come potrebbe non esserlo. A volte ha paura di quello che i suoi figli penseranno di lei. Non ricorda cosa voleva fare da grande quand'era piccola. Si domanda se sia mai stata piccola. Si domanda se diventerà mai grande.

Ce ne sono a migliaia, come lei.

15. Il Diavolo

Siete usciti insieme solo una volta. Quando ha accettato il tuo invito hai capito subito di essere solo uno sulla lista degli uomini per una notte e basta. Era troppo bello per essere vero.

Ti è venuta incontro sulle scale con un vestito di pizzo nero e i capelli dorati sciolti sulle spalle, e ti si è quasi fermato il cuore. Un vicino l'ha guardata di sbieco e aveva borbottato: "Figlia del demonio." Lei gli ha mandato un bacio, e poi ne ha dato uno a te, uno vero.

L'hai fissata affascinato per tutta la sera, stravaccata su una delle poltroncine a pouf del bar, le scarpe gettate a terra, una mano a sostenerle il mento mentre parlava. È stata lei a dirigere la conversazione, imperiosa e suadente com'era. Parlava con una pronuncia bassa e cadenzata di quanto volesse uscire da quella patetica città una volta presa una laurea.

"È tutto così noioso, qui." Ha detto con un sorriso da gatta, e ti ha guardato come se fosse sottinteso che quel tutto includesse te.

Mentre vi stringevate tra le lenzuola, riuscivi solo a pensare a quanto fosse fredda. Era come accarezzare una statua di marmo. Ti fissava. Chissà se quello sguardo annioato scompariva mai dalla sua faccia. Quando tutto è finito, lei ha chiuso gli occhi contro la tua spalla. Il suo respiro era calmo e regolare, ma eri certo che non stesse dormendo. Hai lottato invano contro il sonno, solo per vedere quell'istante in cui lei avrebbe ceduto alla sua finzione e avrebbe aperto i suoi occhi nocciola per un istante, un istante che ti sarebbe bastato, forse, per cogliere un briciolo della sua vera essenza.

Ma quell'istante non è mai arrivato. Di mattina la sua parte di letto era vuota e ogni traccia di lei sparita.

16. La Torre

Ha costruito lei questa casa. Guardava i lavori di edificazione con aria critica e un paio di pantaloni larghi come quelli che andavano all'epoca. Non ha poggiato una singola pietra, ma è come se l'avesse fatto.

Ha costruito lei questa casa, nel cemento ci sono il suo sputo e il suo sangue. I suoi bambini hanno giocato nel giardino stopposo sul retro, si sono sbucciati le ginocchia cadendo dai gradini di tufo dell'ingresso. Ogni vestito liso che, nel corso degli anni, ha venduto a un negozio dell'usato racconta la stessa storia scritta sul suo viso rugoso.

Ha costruito lei questa casa, e non sorride spesso. La sua bocca è una linea dritta e raggrinzita. Indossa camicie da uomo e quando fai qualcosa che non avresti dovuto fare ti guarda con le braccia conserte sul tavolo della cucina. Sa cosa è meglio per te. Sa cosa è meglio per chiunque abiti tra queste mura.

Ha costruito lei questa casa, perciò resterà immobile nella sua cucina anche se le fiamme la divoreranno.

Ha costruito lei questa casa, e se crollerà, cadrà con lei.

17. Le Stelle

È una notte senza nuvole, e sta scrivendo. Una parola dopo l'altra, come una canzone che le esce spontaneamente dalle labbra, e il suono delle dita sulla tastiera è il suo accompagnamento musicale . Non le sembra difficile, o spaventoso, o inutile, in questo momento. Sorride. Sta facendo quello per cui è nata. C'è una storia che va raccontata, una storia che non trova stupida o inutile, e lei la sta raccontando. Non pensa ai giorni che verranno, giorni in cui giacerà sul pavimento assolato della sua camera desiderando che le parole le si formino da sole tra le dita, in cui il solo pensiero di formare una frase le farà venire voglia di vomitare. Non pensa alle lettere di rifiuto delle case editrici sulla scrivania (ogni parola impressa su carta è una cortese e gelida stilettata). Non pensa a quello che potrebbe dire sua madre, non pensa a quello che sicuramente dirà suo padre. Non pensa al futuro, a quella distesa che le si apre davanti, al suono della sabbia che cade nella clessidra, alla goccia che consuma alla pietra. Non pensa ai se, non pensa ai ma. Per una volta, pensa solo a scrivere.

18. La Luna

Quando di notte la casa è vuota tranne che per lei, le piace aprire tutte le finestre e lasciare che la luce della luna inondi ogni stanze. Mette su un disco, qualche vecchio lento degli anni '60, e spegne la luce. Poi, vestita solo della sottoveste di seta, si concede un ballo solitario. Spalanca le braccia e si muove lentamente, dolcemente, cercando di imprimere un movimento anche alla pancia rotonda. Ogni tanto si ferma e solleva la sottoveste per controllarla. Ci fa scivolare le dita sopra, stupendosi che sia così tesa e liscia, così bianca e tonda come la luna. La guarda, la luna finta accanto alla luna vera. La luna vera è fredda, lontana e sterile, quella finta è tiepida, dentro c'è un bambino. Si trascina per la cucina semibuia con le braccia avvolte attorno al suo corpo, come una ballerina pigra. È così strano pensare che il suo corpo possa creare una persona intera, con occhi, orecchie, organi e tutto. È una sensazione dolce, che è sicura che abbiano provato sua madre e la madre di sua madre e tutte le altre madri su per l'albero genealogico. Lei non pensa che le donne esistano solo per partorire bambini che verranno macellati dal mondo. Questo é qualcosa che riguarda le maree, il sangue, le nenie a bassa voce, i girotondi delle streghe attorno al fuoco. Qualcosa di primordiale, ma gentile, gentile come il satellite bianco.

Fa una piroetta, e il tessuto lucido fluttua attorno a lei come una nuvola. Si chiede se Icaro sarebbe morto lo stesso se avesse volato verso la Luna.

19. Il Sole

È seduta sul portico con un cesto di fragole sulle ginocchia. Ne prende una e la mangia lentamente, perché ha tutto il tempo del mondo. È dolce e tiepida come quel pomeriggio di maggio che volge al termine. Il sole sta per scomparire dietro le montagne. È quel momento della giornata in cui la luce che filtra dalle finestre disegna rettangoli arancioni sul pavimento, in cui il profumo del caprifoglio sembra più forte e tutto è uguale a Un Giorno, tre anni fa, o sette, o venti. Non ricorda cos'è successo in un giorno del genere, ma è certa che sia stato un evento felice. Le cicale friniscono e nella sua gola c'è un nodo che si attorciglia sempre di più e non capisce se è estremamente felice o estremamente triste. Forse è entrambe le cose. Forse non esiste una parola per esprimere quello che sta provando ora.

Chiude gli occhi e il calore del sole le bacia le palpebre. Si schiarisce la voce, e dice: "Da domani, inizieremo a vivere come se non fossimo in debito con il mondo."

Prende un'altra fragola. Le sembra la cosa giusta da fare.

20. Il Giudizio

" Ti amo, ma tu non pensi mai che sarebbe potuto andare diversamente?"

Guarda il suo vecchio marito. Ha i capelli in disordine e la barba lunga. Tiene la mano rugosa di lei nella sua mano altrettanto rugosa.

"Cosa intendi, tesoro?"

È stanco. Da dietro i suoi occhiali quadrati coglie un velo di preoccupazione, perché è lei quella nel letto e lui quello seduto accanto a lei a vegliare.

I suoi occhi vagano per la stanza, incontrando vecchie fotografie in bianco e nero, mangiate dal tempo e dal sole. La sua macchina da scrivere è arrugginita, nota con rimpianto. Non la usa da dieci anni.

"Intendo dire, se quel giorno non fossi scesa dal bus con te," mormora "saremmo qui ora?"

Suo marito la guarda, uno sguardo buono, innocente.

"È un altro dei tuoi racconti, tesoro?"

Chiude gli occhi.

"Non credo." Disse, mentre la vista le si fa sfocata un'altra volta. "Ma non è così importante, dopotutto."

21. Il Mondo

Non so chi siano.

Forse si conoscono.

Forse sono la stessa persona.

Forse sono me, che sto scrivendo.

Forse sono te, che stai leggendo.

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4295 parole

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