Impostore
Era un giorno afoso di luglio ma non era il caldo a soffocarmi, anzi.
Non stavo bene e si vedeva: per fortuna però avevo lezione di canto, uno dei pochi momenti se non l'unico in cui se non sto bene mi sento libera di esprimerlo. Si sa, la voce non mente, e poi quando vengo compresa a fondo senza aver bisogno di parlare mi emoziono perché non è per nulla scontato che accada. Così ho ammesso il mio stato d'animo: andava tutto bene, avevo una vita bellissima ma sentivo di non meritarmi nulla né di quello che già avevo né di quello che stavo ottenendo. Avevo trascorso di recente una serata in discoteca in cui non sarei mai voluta essere presente ma avevo sia paura di stare sola a casa con i brutti pensieri sia non volevo deludere le persone che mi chiedevano di unirmi. Ho pianto a lungo e ripetutamente prima e durante il viaggio e quando siamo arrivati mi sono sentita ancora peggio e due mie amiche mi hanno dovuta tenere per le braccia mentre piangevo piegata in due. Non mi reggevo dritta nemmeno da seduta: avevo paura che le persone sarebbero state meglio senza di me e più piangevo più pensavo di aggravare la situazione. Al ritorno il mio compagno ha dovuto fermare la macchina per abbracciarmi e per ricordarmi quanto valessi e quanto tenesse a me. Era da tanti anni che non avevo così tanta paura di vivere.
Avrei voluto risolvere il problema subito ma la mia insegnante mi ha riportata con i piedi per terra, senza sminuire quello che sentivo come fanno in tanti ma ricordandomi che era una cosa fattibile ma non certo dall'oggi al domani. Aveva visto che avevo bisogno di tirare fuori parole che ancora non avevano trovato una valvola di sfogo e mi ha suggerito di scriverci una canzone a riguardo. L'ho trovata un'idea perfettamente geniale: forse il primo passo per stare bene consisteva nell'ammettere che stavo male. È stato così che quella notte tra l'una e le due ho preso il telefono e ascoltando una traccia tratta da YouTube, inquietante e dal ritmo incalzante, ho scritto di getto tutto il mio dolore, tutta la paura di essere quella che sono e di provare tutto quello che sente chi deve convivere con la sindrome dell'impostore.
Ci sto ancora lavorando, sto ancora imparando ad accettare alcuni lati di me, ma Impostore occupa una parte importante del mio cuore e mi ricorda anche che non sono sola nella sofferenza e soprattutto che, senza rinnegarla, posso stare meglio pian piano. Ogni volta in cui la canto o la ascolto, il mio cuore batte più forte: sento che quelle parole sono il frutto di un passato che sto superando. E con superare intendo che sto finalmente capendo che non è vero che si sta meglio senza me ma che ci sono diverse persone che sono felici e grate che io sia qui.
Mi auguro davvero che tutti coloro che pensano di essere costretti a convivere con i brutti pensieri possano almeno sentirsi meno soli grazie a questo brano e magari iniziare a pensare di cambiare prospettiva sulla propria vita, vivendo prima il forte dolore e poi ridimensionandolo grazie alla presenza di persone vere e preziose.
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