PANE E NUTELLA

La prima volta che ti ho visto mi sei sembrato un ragazzo buffo. Era appena un mese che ero in quel collegio universitario di Milano, e a parte un paio di ragazze non conoscevo nessuno. Nemmeno la coinquilina che mi avevano assegnata, Greta. Lei era sempre fuori, la vedevo due, tre volte la settimana. Non le interessava farsi nuove amiche, viveva per il suo ragazzo e il suo gruppo di studio. Anche io studiavo molto, ma mi mancava sempre di più la vita che facevo a casa mia: sempre in giro, mai un minuto libero, mai da sola. A Milano invece, pur con tutte quelle persone attorno, ti senti perennemente solo, e se non stai attento, riesci a perderti.

Ecco, io, dopo solo un mese, stavo già per perdermi, quando una mattina, alle 6:45, incontrai il tuo sguardo assonnato nella cucina del campus. Avevi in mano un coltello pieno di nutella, che generosamente e attentamente, cercavi di spalmare su una fetta di pane alta tre dita, o forse quattro. Io stavo parlando al telefono con il mio ragazzo, gli spiegavo per filo e per segno come si sarebbe svolta la mia giornata tra lezioni, visite in banca e in libreria, quando tu alzasti il viso, allontanandolo a fatica dalla fetta di pane e nutella che ti eri preparato, e mi guardasti dubbioso. Io iniziai a sorridere nel vedere le tue espressioni facciali, rese ancora più buffe dalla nutella che ti si era appiccicata sul contorno delle labbra mentre leccavi il coltello che avevi in mano. Per un attimo, che mi sembrò lunghissimo, non mi importava più cosa dicesse il ragazzo al di là del cellulare. Ero divertita e incantata da te, non so bene per quale motivo. Forse le espressioni bizzarre che si susseguivano rapidamente sul tuo volto, oppure il tuo fisico ben curato e scolpito, o il fatto che per la prima volta qualcuno oltre me era in cucina così presto, o tutte insieme, non so... ma tu mi avevi colpito. Senza dirmi una parola, senza cercare di impressionarmi, senza fare nulla, se non essendo te stesso, in quello stesso istante mi sei entrato dentro.

Poi la voce insistente nel mio orecchio, mi riportò alla realtà. Io mi staccai dai tuoi occhioni blu come il mare, e mi concentrai di nuovo sul mio lui. Non ricordo cosa del mio discorso al telefono fece scattare la tua risata, ma ne fui grata: era un suono meraviglioso, limpido, vero, reale. Mi voltai, ti sorrisi, ti salutai, e scappai.

Solo una volta in università, mi accorsi di non aver fatto colazione in tutto ciò. Mi era completamente passato di mente, ma una volta raggiunti i miei compagni, il brontolio del mio stomaco mi riportò sul pianeta Terra, dove nutrirsi, purtroppo, non era un optional. Passai il resto delle ore a pensare alla tua risata, e alle tue labbra sporche di Nutella, sperando di rivederti al mio ritorno. Ma invece non ti rividi. Né quella sera, né le mattine successive. Iniziando a pensare di aver avuto una visione o roba simile, mi concentrai sui miei progetti e smisi di cercarti tra i 600 ragazzi che ospitavano la struttura.



Con molto molto ritardo, lo so, ma ho finalmente pubblicato questo piccolo capitolo. Non mi piace fare capitoli lunghissimi, e non credo ne farò, quindi cercherò di aggiornare almeno un paio di volte la settimana. Per questi due mesi sarà un po' difficile, considerando che sono in Burundi e che ho da fare gli ultimi esami per la Laurea. Ma spero, come al solito, di riuscire a fare tutto!! Spero vi piaccia :) A giovedì. Baci Baci :*

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