Capitolo primo. Passeggiando in villa.
Pigra domenica di fine Aprile. Sole già alto nel cielo, ma velato da un sipario dispettoso di nuvole, un caldo, umido, sabbioso alito di vento scompiglia capelli e gonne, il semaforo segna verde, mi devo sbrigare. Quindici passi, e mi ritrovo nel paese dei balocchi. La giornata grigia non ha scoraggiato le tante persone che passeggiano oziose, anche perché, in verità, ogni tanto qualche raggio fa capolino, e ridona colore vivo alle cromature delle biciclette ed ai pattini dei ragazzi. Isola pedonale, la città oggi è una enorme isola, per poche ore, e qui dove ieri correvano e rombavano migliaia di motori, è tutto un brulicare di attività ludiche e piacevoli. Certo, è come essere in un luna park, si avverte subito, trasportato dal lento scirocco, l'aroma dolciastro delle mandorle caramellate, accompagnato dal fischietto del gelataio, un po' più avanti si incrocia l'omino della granita al limone, col classico blocco di ghiaccio da grattare, coperto da uno straccio di circa la mia età.
Appena passate le feste di Pasqua, ma la gente non ha alcuna intenzione di pensare al lavoro ed allo stress della vita reale, l'atmosfera è così rilassata qui che sfiderei anche un incallito broker newyorkese a pensare ai listini borsistici. Un capannello copre un carretto che da poco tempo è comparso nelle nostre strade, protagonista in tanti film americani, a strisce gialle e rosse con la tipica immagine invitante sul fianco e il venditore con la tuta in tinta, impegnato a dispensare hot dog agli avventori di passaggio, che avidamente masticano e si leccano invariabilmente le dita sporche di ketchup e maionese.
Alla mia destra un forte rombo mi costringe a rivolgere lo sguardo verso la calma distesa azzurra che, silenziosa, non aveva ancora catturato la mia attenzione. Il golfo, oggi perfettamente distinguibile per tutta la sua estensione, abbraccia col mare anche una moltitudine di motoscafi variopinti che descrivono un ovale intorno a due enormi boe tetraedriche arancione a pochi metri dal lungomare. Lo spettacolo è incantevole, tra scie di spuma, schizzi, ad abili evoluzioni dei piloti; qualche centinaio di metri al largo della gara, che si svolge tra il castello ed il molo turistico, facilmente distinguibili per le vele bianche triangolari regatano una dozzina di catamarani. Anche il contrasto tra lo sfrecciare dei bolidi affusolati ed il lento scivolare degli scafi, spinti da due fazzoletti triangolari, sembra messo lì, apposta, per gratificare lo sguardo e l'anima.
Innumerevoli coppiette passeggiano, in una mano un cono gelato e nell'altra un pugno di tenerezza, una ragazza con pantaloni a vita bassa scuri, stivali neri a punta, con tacco a spillo ed ombelico scoperto mi si approssima con passo deciso, mirando verso una meta imprecisata, prima di incrociarmi tenta invano di celare sotto la esigua stoffa di un top elastico, il piercing che aveva attratto il mio sguardo.
Piccole schermaglie tra adolescenti entusiasti, che scoprono le prime emozioni del corteggiamento, carezze e capelli che si sfiorano, parole sussurrate nelle orecchie, i primi baci impudichi, le prime tenerezze sulle panchine, i primi sguardi trepidanti, piccoli amori che nascono.
Mi soffermo davanti al gazebo, l'unico della villa comunale della città, con alte colonne verdi ed un tetto trasparente, alcune sedie disposte intorno, in file curve concentriche. Salgo le scale che portano al centro della struttura, quattro sedie, un leggio, un violino, una viola, un violoncello ed un clarino sono i protagonisti di quella strana natura morta. Scendo dal palco improvvisato e dopo appena cinque minuti la natura si rianima e l'aria si riempie delle dolci note degli archi, e magicamente intorno a me è tutto uno schioccare di labbra ed un frusciare di abiti smossi da carezze. Sarà stata una coincidenza, forse ero soprappensiero, non me ne ero accorto prima.
Chi si innamorerà questa mattina sentirà i violini, ma per una volta sarà tutto vero.
Fino ad oggi non mi sono mai innamorato, probabilmente, non ho mai udito violini, ho avuto qualche storia, certo, qualcuna è nata anche con una chitarra, ma di musicale ha avuto poco. Ma a parte l'innamoramento, quello che non ho mai provato, è il colpo di fulmine. Ma forse perché non ci ho mai creduto.
Ammettere la possibilità che un anonimo giorno, di una qualsiasi vita, possa essere infiammato dal corpo di un'anima stregata, è senza dubbio affascinante, seducente, tanto da indurre a sperare che la sorte, con abile rimestata, estragga il nostro nome dall'infinito bussolotto terrestre. Anche soltanto per assaporare una goccia di questo particolare nettare divino.
Molte donne negano la possibilità di un colpo di fulmine, poiché sostengono che sia impossibile innamorarsi in pochi minuti, che c'è bisogno di conoscenza reciproca, frequentazione, dialogo, condivisione di idee, e soprattutto tempo. In parte può essere vero, perché l'amore per una persona è un processo graduale, progressivo e certamente non immediato, ma questo è l'amore!
Il colpo di fulmine è diverso, è un concetto meno completo dell'amore, ma altrettanto complesso, basato soprattutto su sensazioni ed emozioni piuttosto che su sentimenti, il tutto racchiuso nel nome colpo di fulmine. Analizzando semplicemente le tre parole insieme si immagina qualcosa di improvviso ed assolutamente casuale, violento, subitaneo, che trasmette un'energia tale da incenerire un albero ed abbacinare le nuvole in piena notte. Rileggendo non come descrizione meteorologica ma in chiave emozionale, qualche fortunato può riconoscersi ed accennare un piccolo sorriso malinconico.
Ma le sensazioni che si provano nell'occhio del ciclone sono molto diverse.
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