Capitolo 9: Disincanto
Poi dicono che i meridionali hanno poca voglia di lavorare. Dover uscire da casa per rinchiudersi nei prefabbricati in cemento armato, maleodoranti di aria condizionata e fumo, quando il sole caldo cerca di convincerti che ci sarebbe di meglio da fare, non è esaltante. Ancora la spiaggia sarà deserta, la sabbia fresca, appena setacciata, ma tra un po' comincerà la processione di bagnanti abituali, che non si lasciano impressionare dall'acqua fredda di maggio e non si negano un tuffo.
Quando mi capita di lavorare in giornate così, spero di essere fortunato e dividere la malasorte con qualche ex collega universitario, e passare il tempo, che scorre sempre troppo lento, con chiacchierate ospedaliere post lauream tra il nostalgico e il divertito. Una cosa è assolutamente vera, nei sei anni (purtroppo non sono riuscito a trattenermi di più, magari col senno di pori sarei rimasto un po' di più) di università sono riuscito a conoscere soltanto pochi esemplari dei duecentocinquanta frequentatori abituali delle aule. Il numero sembra piccolo relativamente ai quattromila della giurisprudenza ma ognuno di noi aveva un raggio più o meno fisso di azione, il mio ad esempio era localizzato tra i primi banchi, a causa della miopia che mi costringeva a brevi distanze. Per tale motivo la fauna del cosiddetto loggione, estremamente variegata e comunicativa, data l'assenza di controllo e l'oscurità, era per me quasi sconosciuta. Caso ha voluto che qualche mese fa, un triste pomeriggio di noioso far niente ospedaliero, fosse illuminato improvvisamente da un piuttosto attraente esemplare, appunto, del loggione.
Ricordo ancora perfettamente la sua voce e le sue parole, ed anche l'incontro, le prime battute come se fosse appena accaduto. Come un deja-vu la scena si ripropone davanti a me.
Sembriamo due cani che si annusano per riconoscersi, scambiamo poche battute stereotipate, abbastanza atone per non far trapelare le intenzioni, ma pungenti quel tanto da stimolare la conversazione. Le schermaglie in poco tempo terminano e si vira improvvisamente dal faceto al serio, quando si arriva alla infelice, tipica, attesa e odiata domanda: «Stai ancora con...?». Il suo volto cambia improvvisamente, il rosa sparisce dalle gote lasciando spazio ad un pallore interrotto qua e la da piccole areole vermiglie, la voce si abbassa di tono, il volume anche.
«No, tu ricordi quello che lavorava in banca, non più!»
«Ed ora?»
«No, ufficialmente no!». Avesse risposto soltanto no, la discussione sarebbe morta lì, ma le donne raramente lasciano che parole incontrollate rivelino più di quanto vogliono. Quell'ufficialmente richiedeva una domanda di approfondimento. Puntuale: «Ufficiosamente?», breve pausa di residua incertezza, prontamente accantonata, e poi la linea delle labbra si allarga nuovamente, gli occhi rivolti verso il soffitto come per ricevere un suggerimento, una fastidiosa ciocca di capelli corvini riposizionata con abile gesto e: «Usciamo, da un po'». Il tono incerto suggerisce mentre lo sguardo sfuggente tenta di celare ciò che irresistibilmente desiderava confessare, come fosse stata una grave colpa: «Un paio di mesi, non di più», finalmente mi concede di esplorare il mistero nei suoi occhi «E' fidanzato con un'altra!».
«Porcaccia miseria, sei rovinata». La sua espressione trasmette un sentimento poco presente in chi comincia una relazione con una persona impegnata: rassegnazione. «Lui che dice?»
«Niente, che sono in crisi, non la ama più...!»
«Pensi che la lascerà?»
«No!». A questo punto, fiutato un terreno fertile non ho indugiato più.
«Perché sei così sicura che non la lascerà mai? Dice che ti ama immagino!».
Altra pausa, appena sufficiente per scegliere le parole, «Ho un problema». Finalmente! «Capisco dall'inizio come evolverà un rapporto, anzi non lo capisco, lo so!».
Questa affermazione, rara nel suo genere, chiaramente causa del tono pacato e rassegnato del suo racconto, mi aveva incuriosito, dovevo sapere di più, come può una persona capire dal principio l'esito di una relazione, quando per me è incerto anche dopo dieci anni? Non solo, può sembrare a prima vista una dote, ma invece è tra le peggiori maledizioni che possano colpire una persona: saper fin dall'inizio se una storia funzionerà o no può far risparmiare tempo, ma fa sbiadire tutto il colore ed il profumo dei primi giorni, l'entusiasmo e la certezza effimera di credere che la persona al tuo fianco sia quella nata apposta per accompagnarti tutta la vita, l'altra metà della mela. Insomma ben poco di cui essere allegri.
Le chiedo come vive questa sua situazione, «E' triste» mi risponde, «Non c'è più neanche l'illusione di un futuro insieme, puntualmente quando penso di aver trovato un uomo per me, avverto una sensazione inequivocabile e disarmante di inutilità, e tutto allora torna a livello epidermico, superficiale. Non vale più neanche la pena di provarci, prendo ciò che posso, prima o poi finirà!». Un lungo e sofferto sospiro, uno sguardo alla piccola finestra per cercare forse un altro po' di coraggio. Non parlo, tenendola per gli occhi aspetto, sperando di vedere affiorare ancora un po' di verità. Scavando nella sua anima rivela: «I miei uomini sono tutti già impegnati!»
«Li cerchi tutti sposati?», domando per sorridere.
«No, anche fidanzati, ma non li cerco così, mi attraggono e poi scopro che sono impegnati!»
«Allora ti piace qualcosa caratteristico del maschio sposato?»
«Probabilmente!»
«E quando lo scopri che fai, t'arrabbi e li lasci?», ormai le domande servono solo per indirizzare leggermente il discorso su una strada già segnata.
«No, nella maggioranza dei casi lo sospetto già, decido di andare avanti! A mio rischio e pericolo, tanto so che non la lascerà mai».
Mi trovo costretto a sbilanciarmi con un commento tra l'ovvio ed il retorico per raggiungere il fondo del bicchiere, con un effetto sorprendente: «Probabilmente è un modo inconscio per non legarti in una relazione definitiva, paura di avere un rapporto vero, un coinvolgimento profondo che potrebbe farti male!». Reazione comune dei poveri esseri umani dopo una cocente delusione amorosa, dopo, soprattutto lunghe storie. Non era così. L'espressione del viso cambia di nuovo, riacquista un certo rossore, le labbra si schiudono e si incurvano da un lato atteggiandosi ad un mezzo sorriso di trionfo «No, la mia analista sostiene che è un altro motivo!» - facendo scivolare la parola analista sapientemente, come se nulla fosse, attendendo una mia reazione, che si estrinseca in un aumento di intensità dello sguardo e un aggrottare di ciglia come a dire Che diavolo stai dicendo Willis - «Sai che sono stata in analisi, vero?».
«Veramente questa mi mancava!» - ricevo anche approfondimenti non richiesti sulle cause dell'analisi, «Si,la mia analista ha interpretato il mio tropismo per uomini sentimentalmente impegnati con una tesi particolare ma interessante: la figura importante nel nostro rapporto a tre è in realtà la donna ufficiale, mia controparte, nella quale io riverso la mia mancanza di figura materna!».
Non ho potuto fare a meno di riflettere che probabilmente questo è anche il motivo per cui lei non cerca di separarli, si perderebbe l'antagonismo e il riferimento. Ammetto che la tesi dell'analista sia particolare, e appare anche un po' fantasiosa, ma, non avendo studiato la scienza della psiche umana non posso emettere giudizi. La ragazza, da poco tempo privata di un inestimabile affetto, centro anche della vita di tutti i giorni, caratterialmente già insicura, si è lasciata per un po' trasportare dalla corrente alla deriva, alla ricerca di una nuova stella fissa con cui orientarsi. Ma ha finalmente ricominciato a remare, di questo ne sono certo.
Un motorino mi passa davanti a pochi centimetri dai miei piedi, riportandomi alla realtà. Ovviamente è sul marciapiedi perché la strada è troppo scomoda...
E' sorprendente come, le tre donne così fotografate nella mia memoria, nonostante le personalità distanti abbiano avuto la forza e la caparbietà di condurre, per poco o tanto tempo, una relazione, senza speranza. La limitata mente maschile ha grosse difficoltà ad addentrarsi nella complessa rete delle circonvoluzioni femminili, quindi non può capire, nella maggior parte dei casi, cosa spinga una donna a seguire una strada così erta e tortuosa. Tranne l'ultima che aveva già ricevuto un trattamento psicoanalitico e mi ha facilitato l'interpretazione, per le altre il discorso cambia e posso andare soltanto per supposizioni.
Credo però che molte difficoltà nascano dal fatto che il ruolo della donna nella società sia profondamente cambiato, molti lavori, comportamenti e atteggiamenti tipici degli uomini in carriera, ora sono adottati dal gentil sesso (gentile si fa per dire). Per ciò sono sempre di più le donne che scelgono la carriera come primo impegno nella loro vita, che non hanno come unico scopo il matrimonio e che pretendono un partner con certe caratteristiche precise. Nonostante molti ancora pensino il contrario, tante donne fanno sesso per il puro piacere momentaneo, senza dover necessariamente pensare ad un futuro, e non hanno remore nel palesare tale atteggiamento. Questa nuova condizione è un po' rischiosa, perché se non gestita al meglio da entrambi i sessi, può rischiare di mettere in pericolo la formazione delle nuove famiglie. Anche perché la società spinge all'individualismo e ad all'egoismo. MI spiego meglio, se in una coppia entrambi sono professionisti affermati, dediti alla carriera, con l'ambizione del guadagno e della crescita professionale, è evidente che l'amore, base di un rapporto duraturo, ne venga a soffrire. L'amore va alimentato, con la dedizione, il tempo ed il dialogo. Se questo manca, si diventa coinquilini, ma non certo famiglia.
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