Stream of consciousness

Fa caldissimo, in questo momento ringrazio di poter scrivere al computer perché farlo a mano sarebbe una tortura. Ho scritto tre righe e già le mani colavano di sudore.


Non so bene perché io stia scrivendo. Oggi ho provato emozioni diverse: tristezza, amarezza, delusione e rabbia... eppure non sento quella necessità di voler parlarne, di voler parlare di ciò. Forse perché sono sempre le solite cose, di cui ho già parlato, di cui ho già scritto e su cui mi sono già scervellata abbastanza.


Ora voglio solo che il flusso dei miei pensieri coli dalla mia testa alle dita, faranno loro tutto il compito. Corpo e Mente.

Il flusso di coscienza l'ho studiato a scuola durante le lezioni di Ferrari, citando Joyce, la Woolf e altri. Praticamente è un monologo interiore, irrazionale. E' però davvero interessante sapere come realmente funziona.

Gli scrittori inglesi lo descrivevano un po' come un momento in cui mille frecce diverse (che sono le sensazioni) ti trafiggono, questa è un'immagine molto chiara nella mia mente. Praticamente sei immerso in un mare dove esistono infinite forze con infinite direzioni e versi. Un casino. Come si fa a non essere incoerenti e irrazionali?


Ho conosciuto un ragazzo che diceva che preferiva non esser influenzato da altri artisti, preferendo scoprire la sua "strada" da solo. Oggi mentre studiavo Leopardi ho letto una frase che diceva che secondo lui la vita è come la scalata di una montagna che non ha cima. Quello stesso ragazzo aveva espresso un concetto molto simile. Ironico. Dico io, perché non lasciarsi influenzare? Poteva benissimo approfondire l'argomento e scoprire se la pensava esattamente come lui o no, e, se no, perché. Il confronto è sempre un metodo di crescita.

Mi viene in mente l'omino di Mario Bros che per raggiungere un posto elevato deve far presa sulle sporgenze di due pareti parallele tra loro. Non sono due specchi, ma pareti rocciose con frammenti che le rendono irregolari. Ed è proprio quell'irregolarità che le rende perfette, perfette per salire. Se fossero lisci forse la gente le considererebbe perfette, ma sarebbero utili? No.


Ho iniziato a leggere un libro di Bertrand Russel: "Misticismo e logica" e all'inizio parla un po' dei primi passi che un mistico compie per arrivare alla "Rivelazione". Praticamente intuisce, con una sensazione particolare, la Verità, ovviamente la sua verità. Poi la elabora. Mi viene un po'in mente Ungaretti quando descriveva la poesia come un tentativo di portare alla luce dal fondo del mare delle realtà intuite. Il problema era l'inadeguatezza della struttura della mente umana. E' come cercare di mantenere un mucchietto di sabbia presa dal fondale marino, compatta anche all'esterno dell'acqua. Ma l'ambiente cambia e quella non è la sua natura.

Sono in un limbo tra i due. Una mezza Verità sento di averla percepita, afferrata. In mezzo secondo, un istante. Direi che è il contatto la Verità. Racchiude qualsiasi cosa.

Dal contatto nasce la vita. Dal contatto tra due esseri umani al contatto primordiale del Big Bang; che sia o no realmente questa la Verità io so per certo che noi umani al contatto attribuiamo quel podio e quell'importanza. Ogni fenomeno ce lo spieghiamo parlando di contatto, di interazione, d'interferenza. Tant'è che un corpo nello spazio, nel vuoto, mantiene il suo stato d'inerzia per sempre a meno che non abbia a che fare con qualche forza. Io lo trovo inquietante. Destinato alla solitudine, all'esilio... e perché? Perché non interagisce con nulla. Sul suo cammino solo il vuoto.Qua sulla Terra quella situazione è impossibile, è un po' come mettere a confronto il bianco e il nero: l'insieme di tutti i colori e l'assenza di tutti i colori.

Curioso come gli esseri umani finiscano sempre e comunque su un'opposizione, su un contrasto tra due elementi: cavallo bianco e cavallo nero, yin e yang, spirito dionisiaco e spirito apollineo, l'Io e l'Es, Voluntas e Noluntas.

Nauseante. Trovo questo nauseante. Non perché io creda che tutto ciò sia banale o da mediocri, ma perché mi rendo conto che ci respiriamo tutti addosso tentando di guardare la stessa Cosa. Come se ci fosse una X per terra e tutti spingessero per vederla: alcuni vogliono mettersi al suo stesso livello e si sdraiano, altri vogliono tentare di essere imparziali e ci volano sopra, qualcuno dice che il miglior punto di vista è il nostro e non c'è bisogno di affaticarsi troppo e poi ci sono quelli che credono che sta diavolo di X sia completamente diversa a seconda di come la si guardi.


In realtà credo che, per quanto tutte le filosofie possano dirsi lontane o discordanti tra loro, ci sia qualcosa che le accomuna tutte. L'unico filo rosso che c'è, secondo me, sono i nostri occhi. Possiamo stare a destra, a sinistra, in basso o di schiena. Il punto è che il nostro Modo di guardare, la struttura spazio-temporale della nostra mente, è sempre la stessa. Non capisco perché Kant non abbia mai usato termini simili, forse per eleganza o per non totale fiducia nella scienza, ma, ehi, alla fine siamo tutti esseri umani!

Possiamo avere pensieri diversi ma il modo in cui siam portati a crearli è sempre quello. In una maniera o nell'altra se la nostra intenzione è quella di "scoprire la Verità ultima" (ci sono miliardi di modi per nominare questa... cosa?), è come se tentassimo di guardarci dentro. La X siamo noi, guardiamo uno specchio e cerchiamo di capirci. Di trovare quel difetto come successe a Vitangelo Moscarda. Lo desideriamo ardentemente. Speriamo da sempre di capire, finalmente, com'è che, da fuori, siamo fatti. E allora continuiamo a specchiarci, Narcisi. 

Ma cosa guardiamo? 

Uno specchio. Nessuno può vedersi, realmente, da fuori. E poi chi lo sa, magari se troviamo quel difetto il nostro senno deciderà di abbandonarci per sempre.

Non lo so, ne vale la pena?Probabilmente si, perché quest'infinita scalata ci piace e già Leopardi l'aveva capito.


Angolo Immagine

Ho scelto l'opera di Caravaggio "Narciso". Ovvio? Sì, forse sì. Però trovo il personaggio di Narciso molto intrigante e molto più profondo di quello che generalmente passa. Forse per tradizione è solo l'emblema dell'egocentrismo, ma se si vuol andare oltre bisogna anche chiedersi da dove nasca questo sentimento.

Il collegamento che più mi piace però è questo: perché Narciso si sta guardando allo specchio? Perché si trova bello. La semplice azione dell'ammirarsi lo rende felice, in questa sua non-ricerca ma continua affermazione.

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top