Introduzione - Cosa vuol dire Conoscere?

Cosa vuol dire Conoscere?

Per Kant la Conoscenza è una sintesi a priori (a prescindere) tra un concetto dell'intelletto e la forme spazio-temporali dell'intuizione sensibile.

Okay, okay... facciamo un passo indietro, non ho mica intenzione di buttarvi lì Kant come se fosse una storiella della buonanotte, rischiando così di disperdere ogni lettore presente nel giro di un'unica frase!

Partiamo dalla rivoluzione copernicana che questo filosofo mette in atto tra il diciottesimo e il diciannovesimo secolo.

Prima che arrivasse Kant vi era una comune convinzione tra gli uomini, una di quelle verità che risultano quasi implicite, ovvie; parlo della credenza che l'uomo fosse al centro di tutto.

E come biasimarli? Ci ritroviamo catapultati qui, su questo pianeta enorme, circondati da altri migliaia di elementi strani e sconosciuti che appaiono minuscoli ai nostri occhi, tutto ciò senza la presenza di qualcuno che ci spieghi il perché. Siamo come dei bambini che imparano a conoscere il mondo pian piano attraverso l'esperienza. A questo punto la più immediata delle conclusioni è che se siamo in questo luogo un motivo ci sarà: qualcuno/qualcosa ha voluto che noi fossimo qui, ora.

Ci immaginiamo sempre i protagonisti di questa grande storia che è l'universo, eppure dopo Copernico e Galileo Galilei abbiamo iniziato a renderci conto che così non è: non siamo il centro dell'universo né il motivo della sua esistenza. Tutto questo ci ha fatto sentire un po' dei falliti, ammettiamolo, è come pensare di essere sempre stati il grande amore di qualcuno e scoprire che in realtà a quel qualcuno non importa un fico secco di noi!

Insomma, ecco che si sgretola uno dei pilastri delle nostre antiche credenze... e allora chi siamo noi? Perché siamo qui? Ma soprattutto, qual è lo scopo di tutto questo?

Ah, scusatemi... vi ho posto queste domande come se avessi custodita una chiave dentro di me che apre la porta di ogni soluzione, ma ahimè così non è e forse mai potrà esserlo. L'unica cosa che posso fare è porre alcuni nuovi spunti di riflessione per comprendere meglio ciò che si può effettivamente comprendere.

Ritorniamo a Kant, la rivoluzione che, come dicevo, attua è denominata "Rivoluzione Copernicana di Kant" perché agisce similmente alla Rivoluzione Copernicana, com'era anche facilmente intuibile.

Copernico sposta la Terra dal centro del sistema solare e ci piazza il Sole al suo posto, ovvero passa dal Geocentrismo (Terra al centro del sistema) all'Eliocentrismo (Sole al centro del sistema).

Quello che Kant fa è molto simile: sposta l'oggetto dal centro del Sistema conoscitivo e ci piazza il soggetto. Che cosa significa? È molto semplice in realtà, più di quel che si possa pensare.

Non è il soggetto (io, umano) che si adatta all'oggetto per conoscerlo ma il contrario, ovvero è l'oggetto che si modella secondo le nostre forme di soggetto. Cosa sono le forme? Sono lo spazio-tempo, non per'altro infatti si tratta delle famose forme spazio-temporali, citate nella prima frase, che servono per conoscere un oggetto.

Perché un oggetto dovrebbe aver la necessità di modellarsi ai nostri occhi?

Perché voi pensate che ciò che vediamo corrisponda alla realtà assoluta? Io non ne avrei la certezza.

Kant dice che Hume lo ha risvegliato da un "Sonno dogmatico", il filosofo citato era infatti arrivato alla conclusione che il nesso causa-effetto non fosse realmente percepibile ma fosse stato introdotto sulla base dell'esperienza. Tenterò di spiegarmi meglio: nel momento in cui spostiamo un oggetto noi abbiamo la certezza della contiguità spaziale (l'oggetto si muove dal punto 1 al punto 2) e della successione temporale (il tempo impiegato a portare l'oggetto nella nuova posizione), ma non siamo assolutamente in grado di percepire il nesso in sé.

Da questa importante riflessione Kant scopre una nuova verità, che personalmente trovo sconvolgente e bellissima allo stesso tempo (rappresenta perfettamente l'idea del Sublime), ovvero la mancata corrispondenza tra l'oggetto in sé e l'oggetto percepito, in parole povere non possiamo aver la certezza che l'oggetto da noi percepito (che chiamerà il Fenomeno) rappresenti realmente l'oggetto in sé (il famosissimo e citatissimo Noumeno).

Noi esseri umani abbiamo una predisposizione tale, ovvero la struttura dello spazio-tempo (che Kant considera innata, quindi già presente dentro di noi a prescindere dall'esperienza), che ci permetterà di conoscere l'oggetto in un modo tutto nostro che probabilmente non rappresenta la realtà stessa dell'oggetto. Il Noumeno non si può conoscere e questo perché possiede caratteristiche, se così vogliamo chiamarle, da noi incomprensibili.

Come vi sentite ora a sapere che mentre guardate una mela essa in sé potrebbe avere una forma del tutto diversa? Io, sinceramente, ribadisco, trovo tutto ciò meraviglioso, quasi elettrizzante. Mi piace pensare che non tutto è come sembra, mi piace quest'alone fantasy che avvolge l'universo e ogni cosa che ci circonda.

Non era di quest'idea Berkley, un filosofo religioso. Fu in realtà proprio lui il primo a dubitare della corrispondenza tra la realtà percepita e la realtà in sé stessa, vorrei però spiegarvi brevemente la sua soluzione tramite una famosa filastrocca:

Si stupiva un dì un allocco:

"Certo Dio trova assai sciocco

che quel pino ancora esista

se non c'è nessuno in vista"

Risposta

"Molto sciocco, mio signore,

è soltanto il tuo stupore:

Tu non hai pensato che

Se quel pino ancora c'è

è perché lo guardo Io.

Ti saluto e sono Dio"


Okay, cosa vuol dire, detto semplicemente?

Berkley dice che questa mancata corrispondenza tra il Fenomeno e il Noumeno è risolvibile con la presenza di Dio, si tratta per lui, infatti, di un incipit per dimostrarne l'esistenza. Per il filosofo era, appunto, impensabile vivere in una realtà priva di questa corrispondenza (anche se io non son d'accordo, proprio come Nietzsche sono pronta ad accettare questa verità senza tanti problemi). Come garantire tale corrispondenza? Tramite l'esistenza di Dio! Se Dio esiste è impossibile che abbia creato questo divario tra le due visioni, questo perché con Dio s'intende un essere perfetto e buono, ciò implica anche il fatto che non possa mentirci.


Forse ora siamo pronti per tornare alla frase iniziale di questo lungo testo.

La conoscenza è una sintesi a priori tra un concetto dell'intelletto e la forma spazio-temporale dell'intuizione sensibile.

Il concetto rappresenta un concetto unificatore, come può essere il nesso causa-effetto già citato.

La forma spazio-temporale non è altro che il luogo e il momento in cui è presente l'intuizione sensibile, ovvero l'oggetto.

La sintesi tra questi due elementi è a priori, ovvero non necessita di un'esperienza sensibile.

Per conoscere un oggetto, possiamo concludere, necessitiamo di questi due ingredienti.

Questa prolungata spiegazione vuole fungere un po' da incipit alla raccolta che andrò a creare, perché trovo che sia davvero importante avere chiaro in mente tutto questo discorso. Ragiono molto su ciò che penso e ciò che provo, mi chiedo cosa essi rappresentino davvero, e da questa domanda, prima di arrivare alle risposte, trovo sia necessaria la partenza con Kant che dà una spiegazione su cosa voglia dire Conoscere Qualcosa, spiegazione che condivido.

Il titolo, alcuni potranno essersene accorti, vuole richiamare e citare ironicamente l'opera intitolata "Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo" di Galileo Galilei, che tratta proprio un dialogo tra più personaggi a proposito dei sistemi "del mondo" più discussi dell'epoca: quello geocentrico e quello eliocentrico. Questo richiamo, come potrete facilmente immaginare, è per me in stretta correlazione con il pensiero di Kant, di cui ho parlato (e tanto) in questa introduzione.

"Dialogo sopra i massimi sistemi della mia vita"

Quanti sistemi potrà mai avere questa mia vita? E chi lo sa.


Angolo Immagine

L'immagine allegata rappresenta il famoso quadro dell'artista Magritte, intitolato "Ceci n'est pas une pipe". Non sono una critica d'arte ma l'idea di base dell'autore è facilmente intuibile dalla provocatoria frase scritta, egli nega il rapporto tra la rappresentazione dell'oggetto e l'oggetto reale, non trovate anche voi che ricordi qualcosa di particolare?

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