Due addii
"Guardami" dice.
Ma non posso guardarla perché sono troppo impegnata a studiare i segni grigi di, non so, forse sporco, sulle mie scarpe bianche. Sto guardando loro, fino in fondo, fino al particolare più piccolo che il mio occhio riesce a cogliere: una striscia grigia, una macchietta, non uniforme, sui bordi si disperde, è frastagliata, è come se fosse un'isola, il contorno di un'isola sulla mia scarpa bianca.
"Ti prego guardami..." ripete.
Un ritorno alla realtà, un piccolo sobbalzo, una stretta al petto, ma io non mollo e continuo a dedicarmi a quell'isola nel mare, solo che a un certo punto i contorni si perdono, la vista si fa leggermente annebbiata e capisco che ho perso il controllo; in quell'istante mi rendo anche conto del fiato trattenuto fino a quel momento perché lo sento bloccato in gola che chiede di uscire. No, aspetta, solo un attimo, che se ti lascio andare ora mi sembra di esplodere, aspetta, un attimo.
Devo per forza sbattere le palpebre perché ormai s'erano formate come delle cupole d'acqua sui miei occhi, sbatto le palpebre ma ancora trattengo il respiro.
"Mi dispiace..."
Per sbaglio, per errore, per distrazione, mi si apre un attimo la bocca ed esce un breve singhiozzo, perché subito la richiudo spaventata, spaventata da ciò che potrebbe fuoriuscirne.
Non riesco più a vedere le scarpe, non riesco più a osservare quella macchiolina grigia, e nella mia testa rimbomba tutta l'aria che sto tenendo prigioniera. L'aria s'accumula, spinge contro le pareti, vuole uscire, ma anche l'acqua, le lacrime, chiedono di scorrere liberamente. Quei due si alleano, si forma come un tornado d'aria e di acqua, mi vortica nella testa, scombussola tutto, mette in disordine quel vuoto, come correre a digiuno penso per un attimo, si muove così velocemente che sembra mi mandi a fuoco l'intero cervello. E ancora le labbra serrate e gli occhi spalancati.
Le mani totalmente rilassate, bloccate sulle ginocchia, le sento bruciare, le sento vive, non so cosa le blocchi, ho la sensazione che potrebbero staccarsi dal mio corpo per andare a gettarsi in un rogo, o sgretolarsi sul terreno o distruggersi tra di loro, ma staccate da me.
A fuoco, sto andando a fuoco, ma non si vede, non si sente.
Non riesco a muovermi, sento che se mi muovessi potrei esplodere, o implodere, chissà qual è sempre delle due. Non posso muovermi, sono finita se mi muovo, come faccio a spostarmi di un centimetro senza perdere del tutto la ragione?
È così, la mia stabilità in questo momento sta tutta nella mia compostezza, nella mia immobilità, nel mio silenzio.
Sto andando a fuoco ma qualcosa mi nasconde, la mia staticità mi nasconde.
Sto contenendo le fiamme? Sì, penso, altrimenti avrei fatto bruciare tutto ciò che ho intorno, altrimenti sarebbe andato a fuoco tutto, le sto contenendo.
"Ti prego dì qualcosa"
Dire, dire, dire.
Dì qualcosa.
Qualcosa
Qualcosa qualcosa qualcosa qualcosa
Fiamme
Vorrei prendere fuoco
Vorrei bruciare.
Poi succede che un dito si muove.
Si sposta, si sposta e io non sono esplosa, non ho preso fuoco, sono viva.
Riesco a spostarmi, dove sono finite le fiamme?
Aspetta, e ora?
Ce l'ho fatta?
No
Sento uno squarcio al petto, un buco, mi compare un buco nel petto, il cuore scompare, sento il mio corpo precipitare
Precipito dentro me stessa, cado
Cado e non atterro mai, mai, continuo a cadere.
Riesco a muovermi, più mi muovo più prendo velocità, più prendo velocità più mi sento bruciare viva ma... non atterro mai. Brucio
Ma non posso toccarti
Non posso lasciare queste fiamme
Queste fiamme non mi lasciano
Mi bruciano viva ma io non muoio, non muoio mai e non atterro mai
Vorrei morire un attimo, vorrei perdere i sensi, non sopporto questa caduta
Non riesco
Non riesco
L'unica cosa che mi da' conforto è immaginare di sgretolarmi, sbriciolarmi, diventare cenere divorata dalle fiamme. Penso a quello, mi concentro su quello, cerco di annullarmi, m'immagino d'annullarmi perché nella realtà non riesco, non posso.
"È che in realtà hai fatto bene, sai, quello che mi hai detto... io penso tu abbia fatto bene. E poi meglio ora che più tardi, per quello dico. Sì hai fatto bene, ma perdonami se reagisco così, è che mi fa male comunque. Anche quando si capiscono le cose queste non fanno comunque meno male... a non averla capita sarei stata peggio secondo te? Ho pensato di no perché a quel punto avrebbe preso il sopravvento la rabbia, che è un sentimento più utile quando cerco di dimenticare, però è anche vero che dopo un po' si fa largo il 'perché?' e sarei stata dilaniata dal voler trovare la motivazione; quindi, insomma, forse con il senno di poi, anche in questo caso pensa un po', meglio così... è che un po' mi spiace, ma quello è normale. Spero tu possa stare meglio, credo che comunque te lo meriti, non ti odio oggettivamente, soggettivamente forse un po' sì, passami i modi di dire, ma solo perché mi torna utile capiscimi. Sì comunque ecco, stai bene, ti voglio bene io. Voglio bene a tutti alla fine, stai bene.
Io? No, no non ho voglia di pensare a me".
"Hai sbagliato... ho sbagliato anche io, ma siamo entrambe d'accordo che la colpa maggiore sia tua. Ora sono un po' accecata perché sento questo sentimento dentro, questo amore, nei tuoi confronti che mi ostacola, ostacola la ragione. No, la mia ragione non ti odia, è solo che mi sta dicendo che mi hai fatto male e non posso far finta di niente perché hai fatto male alla persona che sono io, che abita in questa testa, questo corpo... dall'altra parte al mio cuore sai cosa gliene può fregare, pensa solo a te, per lui io non esisto, e non sai quanto ha cercato d'ingannare la testa ultimamente, l'ha proprio presa sotto ostaggio, l'ha come sedotta e io, io per un po' non esistevo più, esistevi solo te.
Comunque niente, questo è, capito? Ho fatto un casino, più con me stessa che con te, ma una cosa di cui t'incolpo è avermelo lasciato fare... perché mi vuoi bene, e voler bene vuol dire desiderare il bene... forse l'hai desiderato ma solo a parole, a fatti non sei mai riuscita.
Mi spiace, alla fine mi dispiace, perché parla il cuore, e il cuore si è arreso, ma vorrebbe consegnarsi a te, mi dice: 'va bene, va bene, bandiera bianca, mollo la presa, puoi andare avanti te testa, però io questo corpo non lo voglio abitare, non lo voglio accudire, non puoi restare solo tu? Non puoi fare solo te? Io me ne vado, a me non interessa star qua, io penso a un'altra persona, donami a lei, puoi? Perché non puoi darmi via? Non so più come si abita qui, non sono in grado, non so farlo, non mi piace neanche, io so solo abbandonarmi agli altri' La mia testa risponde: 'Non dovrebbe funzionare così, dovresti trovare qualcuno che ti faccia apprezzare entrambi i luoghi, ma soprattutto quello dove sei nato in origine, e ti dirò di più, dovresti saper apprezzare il posto in cui sei, in cui esisti, a prescindere, da solo, di tua spontanea volontà'
Il mio cuore si dispera, si chiede come, ma come farà, come si fa, e qua parlo io, parlo io perché la mia testa è stanca, come si fa ad apprezzare questo posto? Sono molto più brava a lasciarmi andare a un altro, all'esterno, qui non c'è niente, questo luogo non mi da' nulla, davvero dovrei apprezzarlo? E finché non lo faccio non sarò pronta ad aprirmi all'esterno? Allora resterò per sempre da sola chiusa in un castello dalle stanze gelide, senza finestre, il pavimento grigio, i soffitti alti, senza porte, senza arredo, senza luci, senza ombre.
Tu... parla la mia mente, mi hai portato sul bordo del precipizio. Non volevi, non te ne rendevi conto, ma questo non è importante perché mi hai ucciso, hai ucciso il mio cuore che non batte più per me, non vuole più farlo, era disposto a farlo solo per te... ecco cosa mi hai fatto.
Ci saremmo potuti salvare, non è successo, addio"
28.02.2023
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top