6 - silenzio

Quando aveva visto aprirsi la porta dell'aula di pozioni aveva tirato indietro le spalle, aveva fatto un respiro profondo e si era preparata ad affrontare una nuova battaglia.
Ma, nell'istante esatto in cui si stava domandando per l'ennesima volta perché diavolo stesse facendo tanti sforzi per un apatico bastardo, vide gli occhi del professore diversi.
Oh, era sempre arcigno.
Sempre gelido.
Sempre muto.
Eppure qualcosa nel suo sguardo le fece rilassare i muscoli del collo.
Quando vide un suo gesto stizzito indicarle una sedia accanto alla scrivania, quasi stentò a crederci.
E così si era ritrovata nuovamente seduta nella tana del lupo, nuovamente senza qualcosa di intelligente da dire, e nuovamente con le dita che si contorcevano sulla la stoffa di una gonna prossima alla dipartita.
Non era mai stata una a cui importasse qualcosa del guardaroba, ma in quel momento, davanti ai suoi abiti neri ed impeccabili, si senti improvvisamente fuori posto.
Lei, e il suo completo finto elegante da quattro soldi.
Lei, e i suoi sogni di giustizia.
Lei, e il suo mondo diviso in bianco e nero.

Lui stava in silenzio, come sempre d'altronde, ma quella volta Hermione si rese conto che era un silenzio diverso.
Era uno di quelli obbligati dalla brutta sensazione di non avere nulla da dire.
Lui se ne sbatteva del bene e del male, del bianco e del nero, del giusto e dello sbagliato, per il semplice fatto che a volte è impossibile capire la differenza.
Forse viene facile sui libri.
E più facile ancora nel giudicare.
Ma quando si è costretti a vivere nella melma, a boccheggiare tra la cenere di una giustizia che forse un giorno ti sei raccontato, era così semplice distinguere?
No, non lo era.
E lei questo poteva capirlo benissimo.
Ma, malgrado tutto, quella volta restava in silenzio.
Non per scelta.
Per assenza di alternative.

-    "Vuoi da bere?"

Dopo un tempo che le sembrò infinito sentì la sua voce profonda interrompere il sottile crepitare del fuoco.
Non si aspettava quella domanda, come d'altronde non se ne sarebbe aspettata un'altra.
Fece un cenno rapido del capo, al quale lui rispose con una repentina alzata dalla scrivania, uno sventolare di mantello che lo condusse verso il camino, un tintinnio del bicchiere che urtava delicatamente la bottiglia di vetro intarsiato nel quale sonnecchiava un whisky invecchiato dal colore del caramello.
Poi si voltò.
La raggiunse con due passi veloci e le porse il bicchiere senza perdere tempo a guardarla negli occhi.
Hermione portò il vetro alle labbra, lasciando che il liquido le fondesse la lingua, la gola e lo stomaco.
Trattenne a stento un moto di disgusto che a lui, chiaramente, non riuscì a sfuggire.

-    "Non ho del succo di zucca, mi dispiace!"

C'era una vena di sarcasmo in quella frase lasciata uscire di fretta.
Eppure Hermione sentì che l'astio di un tempo aveva lasciato il passo ad una conversazione che aveva quasi del civile.
Ad una normalità anormale che da qualche giorno tentava invano di travolgerli e che quella sera, forse, ci era riuscita.

-    "Il whisky va bene, soprattutto se posso accendermi una sigaretta..."

Un'alzata repentina di sopracciglio.

-    "Lo hai sempre fatto senza chiedermi il permesso, cosa dovrebbe essere cambiato questa sera?"

Hermione si lasció scappare una risata sommessa.

-    "Questa sera è stato gentile, professore..."

Lo vide irrigidire le spalle, mentre una soddisfazione densa come melassa e calda come una cioccolata in pieno inverno le risaliva lentamente l'esofago, per stamparsi sulle labbra in un sorriso carico di vittoria.
Stracolmo della sublime sensazione di aver messo con le spalle al muro chi non aveva mai permesso a nessuno di farlo.
Almeno per un attimo.
Vide un gesto veloce della sua mano sottoscriverle il permesso di dare una boccata di nicotina che, in quel momento, sembrava più imprescindibile dell'aria stessa.

-    "Sa, professore, non è scritto da nessuna parte che io e lei dobbiamo farci la guerra!"

Una nuova occhiata gelata.
Poi un sorriso tirato, uno di quelli che gli aveva visto fare tante volte per i corridoi, quando la sorprendeva con Harry e Ron a studiare uno degli infiniti piani andati male per eludere una sorveglianza quasi impossibile da arginare.

-    "Questo dipende da te..."

Silenzio.
Una nuova boccata di sigaretta che invase l'aria dell' odore di vaniglia chimica.

-    "No, dipende da noi!"

Lo vide abbandonare la schiena sulla poltrona.
Dare un lungo sorso di whisky.

-    "Vorrà dire che farò del mio meglio, Granger!"

Un altro sorriso.
Di quelli glaciali, di quelli capaci di zittire chiunque.
Ma non lei.

-    "Allora, vuole rispondere alla mia domanda?"

Un altro sorso dal bicchiere appannato dal ghiaccio.

-    "Si..."

Hermione aspirò il fumo, concedendosi il lusso di lasciare uscire lentamente una manciata di nuvole barocche dalle sue labbra.

-    "Si cosa? Sì, ha paura... o sì, risponderà alla mia domanda?"

-    "Sì e basta, avvocato... prendila come preferisci!"

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