32 - Shacklebolt

Aveva dovuto strattonare Lucius con la forza, fuori dalla villa.
Era entrato nella scenografia del suo personalissimo incubo, con Hermione che gli si stringeva accanto.
Anche lei, tra quelle mura, aveva visto le sue paure prendere forma, e un dolore lancinante deturparle per sempre la pelle sottile del braccio, sotto la follia assassina di Bellatrix, quelli che ormai sembravano secoli prima.
Quando aveva varcato la porta dello studio lo aveva trovato ubriaco fradicio, riverso sul pavimento, con qualche traccia incrostata di vomito a disegnargli il mento coperto da un accenno di barba incolta.
Quello che restava di un uomo lo osservava con aria di sfida.
L'aria di chi non ha più niente da perdere e non si da la pena di sforzarsi di capire.
Aveva rintracciato Narcissa nelle sue stanze.
Quelle che un tempo aveva conosciuto nell'ombra e nelle quali aleggiavano ancora tracce di una ricchezza in decadenza.
Con Draco era stato più semplice.
Aveva risposto all'appello lanciato dalle urla sguaiate e indistinte di suo padre, era arrivato da solo nel grande atrio della villa, come richiamato dalle bestemmie che Lucius continuava a sibilare tra i denti.
Il ritratto di una famiglia distrutta, alla quale Severus tentava di salvare gli ultimi rimasugli di vita.
Se li era trascinati ad Hogwarts, tra la puzza di alcool non digerito e le domande insistenti, aveva assegnato loro tre camere ben nascoste nel castello, quanto più lontane dalla sua era riuscito a scovare, e li aveva abbandonati al loro destino.
Sperando che Lucius smaltisse la sbornia, Draco la rabbia e Narcissa la delusione.
E poi si era ritrovato nel suo laboratorio privato, con Minerva ed Hermione, che ancora non riusciva a cancellarsi dagli occhi quella scintilla di fastidio, indirizzata ai resti dell'eleganza piena di fascino di una donna che si era scoperta ad odiare di un odio diverso.
Minerva aveva usato tutta la sua influenza per convocare Shaklebolt con urgenza, per strapparlo dai suoi mille impegni inderogabili, senza concedergli alcuna via di scampo, spingendo quanto più poteva su ogni sua carta da giocare.
Kingsley si era affacciato dal camino della presidenza soli pochi minuti più tardi.
Severus si era trovato costretto ad ammettere, ancora una volta, quanto la caparbietà e le argomentazioni della preside risultassero di un'efficacia quasi ineguagliabile.
Infondo Albus Silente aveva lasciato un vuoto enorme dietro di se.
Un vuoto che in molti sentivano la necessità di dover colmare, attribuendo a qualcun altro tutta l'aura di potere e meraviglia che un tempo egli aveva tenuto saldamente tra le dita.
Per un attimo, subito dopo la guerra, si era persino ritrovato a pensare di dover essere lui stesso a dover ereditare tutto quel potere indesiderato.
E si era sentito schiacciare.
Quando Potter aveva raccontato la sua storia, tra gli occhi increduli e le bocche spalancate, il mondo intero gli aveva riversato addosso una speranza mal riposta.
E poi, come sempre, il suo pessimo carattere aveva fatto il resto, insieme ad un omicidio che, per quanto non voluto, per quanto necessario, continuava a macchiare le sue mani pallide.
E così si era ritrovato ancora una volta messo in discussione.
Una discussione perpetua nella quale, assurdamente, si era sempre più trovato a suo agio.
Sicuramente più che nei panni dell'eroe, della guida, dell'esempio da seguire, quantomeno.
E nel momento esatto in cui aveva ripreso il suo posto nel mondo, quello di mentore era rimasto vacante.
Minerva era sembrata a tutti la scelta più giusta.
Per la sua età, per le sue medaglie di guerra, per la sua vicinanza con il grande mago che da quella lontana notte d'estate riposava in una tomba bianca ai confini del grande prato affacciato sul lago.
E così, anche il ministro del mondo magico, affogato fino al collo in impegni difficilmente procrastinabili, si presentava all'appello, non appena la vecchia signora dal passato glorioso si azzardava a scarabocchiare due parole su un pezzo di carta.

Quando, un quarto d'ora più tardi, una strana storia di complotti aveva preso vita sotto i suoi occhi attoniti, uno degli uomini più potenti del mondo aveva semplicemente smesso di parlare, riuscendo a boccheggiare solo qualche frase sconnessa e lanciando sguardi pieni di richieste di aiuto verso il mago a cui, nonostante tutto, aveva sempre concesso il beneficio del dubbio.

- "Il Wizegamot è un'istituzione quasi intoccabile, Minerva.
Devo avere delle prove schiaccianti per mettere in discussione le fondamenta del nostro sistema giuridico..."

La sua voce si portava dietro tutto il peso di una carica in grado di disintegrare chiunque.

- "Severus, non c'è più tempo.
Se ti hanno convocato è perché vogliono mettere fine al tuo potere di dar loro fastidio, è perché ti temono.
E se ti temono faranno di tutto per richiuderti a marcire in una cella dalla quale non sarai più in grado di vedere la luce.
Nemmeno tutto il mio potere, nemmeno quello di Minerva è in grado di sovvertire una sentenza del Wizegamot senza prove schiaccianti..."

Una cosa che doveva assolutamente concedere a Kingsley, oltre ad una buona dose di coraggio e ad un'innato senso del dovere, era la capacità di analizzare le situazioni con una praticità e un'intelligenza degne di stima.
E se c'erano due cose che Severus era in grado di apprezzare, soprattutto quando si trovava nella merda fino al collo, erano la praticità e l'intelligenza.
Per un attimo si sentì in colpa davanti allo sguardo scuro del Ministro, per averlo ritenuto un traditore.
E nessuno meglio di lui poteva capire cosa si provava ad essere ritenuto tale.
Forse un principio di scuse gli si affacciò addirittura dagli occhi scuri.
Forse riuscì a reprimerlo prima di renderlo tangibile.
Severus non lo sapeva.
Ma sapeva che aveva una nuova battaglia da combattere.
Sapeva che aveva un nuovo inganno da scoprire.
Un nuovo nemico da sconfiggere.
E che la sua ultima partita si sarebbe giocata in una pomposa aula di tribunale.
Lui, il suo mantello nero e la sua eterna finzione, in piedi davanti ad una giuria che avrebbe giocato il tutto per tutto per annientare il suo potere scomodo.
Lui, il suo carattere di merda e i suoi modi difficili.
Lui, e il suo avvocato dagli enormi occhi nocciola, che avrebbe combattuto fino all'ultimo respiro per difenderlo.

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