30 - passati

L'odore dei sotterranei lo fece finalmente sentire al sicuro, protetto da quelle pietre vecchie e umide che lo nascondevano da vent'anni.
Lontano da tutta l'umanità che aveva dovuto intrattenere fino a quel momento nello studio di Minerva.
E improvvisamente si sentì un cretino per non averci pensato prima.
Come poteva aver creduto che Voldemort non avesse considerato quel piccolo dettaglio?
Come poteva non aver notato la leggera incertezza della sua mano mentre gli scagliava addosso l'incantesimo che avrebbe dovuto ucciderlo, mentre ordinava al serpente di finirlo, accasciato su un pavimento straziato, con il collo sanguinante?
Come poteva, il mago più letale di tutti i tempi, non aver avvertito la presenza di Hermione, Potter e Weasley al di là della porta?
Il signore Oracuro aveva dato una spiegazione plausibile ad un omicidio che altrimenti, dal suo punto di vista, sarebbe stato assurdo.
Perché tutto si poteva dire di Lord Voldemort, ma non che fosse un idiota.
Un uomo come Severus avrebbe potuto servirgli a vincere la guerra, e invece era stato costretto ad ucciderlo.
Perché?
Perché qualcuno glielo aveva ordinato!
Già, ma perché?
Sentiva la sua stessa mente vorticare ad un ritmo irrefrenabile. Sentiva ricordi e teorie sbattergli sulle pareti del cervello con una violenza che lo indusse ad afferrare con tremore la bottiglia di whisky e a darne una lunga sorsata.
Se qualcuno lo voleva morto, quel qualcuno doveva aver avuto a che fare con lui.
Ed era qualcuno che poteva venire smascherato dal suo rimare in vita.
La teoria di Minerva si faceva sempre più limpida, sempre più verosimile. E questo gli faceva venire voglia di vomitare.
Il Ministro Shacklebolt era stato il primo uomo che avesse ricoperto quella carica con un minimo di lungimiranza, che avesse apportato modifiche ad un'istituzione stantia e ormai palesemente fine a se stessa.
Severus lo aveva visto combattere, aveva assistito al suo fianco ad infinite riunioni nella casa sicura di Grimmauld place, lo aveva visto difendere Silente, battersi all'interno dei confini di Hogwarts contro i mangiamorte che sfrecciavano da ogni parte, pronti ad uccidere chiunque avessero incontrato sul loro passaggio.
Gli sembrava tutto assurdo, eppure più ci pensava, più i tasselli cominciavano ad incastrarsi.
Ma allora, cos'era che lui sapeva e che avrebbe potuto tradire Kingsley?

- "Severus..."

Si girò di scatto. Pronto a togliersi dalla testa i pensieri e ad interpretare l'uomo di ghiaccio.
Narcissa stava ferma sulla soglia, avvolta in un mantello di velluto grigio.

- "Cosa vuoi, Cissy?"

La sua solita voce infastidita, il suo solito modo schivo di rivolgersi al mondo.
Lei fece due passi, incurante della sua freddezza a cui era abituata da anni, entrò nella stanza riempiendola del suo profumo lasciato scorrere con troppa abbondanza, utile a camuffare l'odore di naftalina che aveva concesso agli ultimi vestiti decenti di mantenere una sorta di dignità.
Gli si avvicinò piano.
Con una mano troppo solerte gli accarezzò la guancia.

- "È tanto tempo..."

Sussurrò avvicinandosi alle sue labbra e depositandogli un bacio tra la bocca ed il mento.

Fu in quel momento che Severus Piton avvertì la presenza di Hermione al di là della porta.
Avrebbe riconosciuto i suoi passi tra mille passi, il suo respiro tra mille respiri.
Allontanò Narcissa mettendoci un secondo di troppo, e si ritrovò in piedi, con la moglie di Malfoy quasi stretta tra le braccia e una ragazzina che lo osservava con gli occhi pieni di incredulità, sul limitare tra il suo mondo e il corridoio.
Sentì il corpo di Cissy irrigidirsi, mentre scoccava un'occhiata carica di odio al giovane avvocato che aveva appena mandato a rotoli i suoi piani.
Quelli che pensava facilmente afferrabili e che invece non sapeva essere ormai impossibili.
Si allontanò piano, si strinse il mantello intorno alle spalle.

- "Mi sembra evidente che siamo costretti a rimandare il nostro incontro, Severus!"

Lui le fece scivolare addosso un'occhiata che voleva chiarirle tutto e che invece non riuscì a dirle niente.
La sua vita era diventata troppo misera per poter concedere ad un semplice sguardo di infrangere i suoi sogni.

- "Vai da tuo marito, Cissy..."

Glielo stilettò ad un palmo dalla bocca.
E lei si allontanò, indietreggiando sui suoi passi senza staccargli gli occhi di dosso.
Si voltò quasi a ridosso della porta.
Lanciò ad Hermione uno sguardo saturo di fastidio, e poi sparì in un corridoio umido, lasciandosi dietro un'infinità di spiegazioni da dover dare e una scia di profumo tanto forte da fargli venire la nausea.
Rimase immobile, Severus Piton.
Incapace di argomentare un malinteso, incapace di rivolgere delle scuse alle quali non era mai stato costretto, e disperato fino a sentire il vomito risalirgli la gola, per la voglia di fornirle, quelle maledette scuse.
Proprio a quell'avvocato che gli stava in piedi  davanti. Con gli occhi spalancati, le braccia incrociate e la totale incapacità di dire una sola parola.
La vide avvicinarsi, afferrare la bottiglia di whisky che lui aveva abbandonato poco prima sulla scrivania, darne una lunga sorsata, poi rovistare nella borsa di pelle che si trascinava dietro da sempre, cercare frettolosamente qualcosa, con la poca pazienza che le concedevano le mani tremanti, estrarne un pacchetto di sigarette, accenderne una con un colpo di bacchetta e dare una lunga boccata, riempiendo la stanza dell'odore di vaniglia chimica che da qualche tempo a quella parte sembrava non rappresentare più per lei una dipendenza tanto feroce.

- "Immagino che il passato abbia deciso di importunare entrambi, oggi..."

Sussurrò, lasciando che il fumo le uscisse lentamente dalla bocca.

- "Il mio non ha mai smesso di farlo, Granger..."

- "Hai capito cosa voglio dire! Malfoy lo sa?"

Lo interruppe senza dare peso alle sue parole, guardandolo negli occhi con una violenza che riuscì a stordirlo per un attimo.

- "Immagino di sì... e immagino anche che non gliene sia mai importato niente!"

La vide fare un cenno repentino del capo, poi dare una nuova boccata alla sigaretta, lasciarsi convincere da un altro sorso di whisky.

- "Da quanto vai a letto con Narcissa Malfoy?"

- "Granger..."

- "Dimmelo!"

- "Hai coniugato male il tempo della tua domanda!"

Lei si fece scappare una risata.

- "Mi sembra di avervi visti abbracciati solo qualche minuto fa, Severus. Non vedo altre coniugazioni di tempo possibili."

Si lasciò conquistare le labbra da un sorriso obliquo, Severus Piton.
Maledizione quando avrebbe voluto dirglielo!
Quanto avrebbe voluto imprimerle nella mente che mai, in nessun istante della sua vita, aveva provato per qualcuno quello che da mesi, ormai, provava per lei.
Che lui, fino alla notte prima, non sapeva nemmeno cosa volesse dire amare una donna, tenendola stretta tra le braccia.
Amarla ovunque era possibile amarla.
Farlo piano, in silenzio. Beandosi solo della sensazione di libertà che sapeva regalare il contatto con la sua pelle nuda.
Voleva dirle tutto.
E invece rimase fermo a guardarla.

- "Hermione..."

Fu tutto quello che riuscì ad uscirgli dalle lebbra.
Perché era vero. Il suo passato non smetteva di tormentarlo, nemmeno davanti alla donna che amava. Che era sicuro di amare, anche se non sarebbe mai stato in grado di dirglielo.
Ma non quel passato. Non quello.
Lei incrociò ancora una volta le braccia, poi fece per dare una nuova boccata alla sigaretta.
Lui le si avvicinò piano. Gliela strappò dalle mani lentamente, la gettò a terra, spegnendola con il tacco di uno stivale.

- "Hermione... vieni qui!"

Glielo disse, e la strinse.
Con tutta la forza che gli concedevano le braccia, lasciando che fosse la sua pelle a raccontarle la storia che non riusciva a lasciar uscire, lasciando che fosse il battito del suo cuore a ribadirle quanto per lui fosse diventata necessaria, quanto niente al mondo avrebbe più potuto mettersi tra lui e un amore di cui non sapeva parlare, ma che gli strappava l'anima, la faceva evadere dalla prigione delle costole e la faceva librare in alto, così vicino alla libertà da rendergli difficoltoso il respiro e più tollerabile il passato.

- "Hai coniugato male il tempo della tua domanda, Hermione. Lo hai coniugato male!"

Glielo ripetè sulla tempia, abbandonandole un bacio sulla fronte e chiedendole il permesso di scendere sulle guance, sulla bocca, poi sul collo.
E infine giù, fino al seno, dove il respiro di lei si faceva tangibile sotto la pelle.
No, non sapeva parlare Severus Piton.
Ma sapeva amarla.
E l'avrebbe amata ancora, lì, sulla scrivania del suo ufficio, tra le carte spiegazzate e una bottiglia di whisky che aveva sempre fatto loro da diversivo.
Le avrebbe detto con le carezze del suo corpo tutto quello che si ostinava a non uscirgli dalle labbra.
Perché non c'era più nessuna guerra che valeva la pena di vincere, nessun riscatto che valeva la pena di cercare, senza di lei a respirargli accanto.
E questo Severus Piton lo sapeva.
E voleva che lo sapesse anche lei.
Che lo sentisse nelle sue dita, che lo leggesse nei suoi occhi e che se lo imprimesse nella mente tanto a fondo da non riuscire più a dimenticarlo.

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