24 - la verità

Severus Piton aveva avuto paura in molti frangenti della sua vita.
E aveva imparato a conviverci.
Lo aveva fatto così tanto da trovare la forza, dopo anni, di confessarlo negli occhi di una ragazzina che era piombata nella sua esistenza senza chiedere permesso, e che aveva offuscato tutto quanto.
Ma quella volta, in quella notte dalla quale era appena riemerso, aveva provato una paura diversa da tutte le altre.
La paura di non essere in grado di salvarla.
Di vederla morire.
Oh, lui aveva già visto morire qualcuno che amava.
Ed era sempre stato impotente di fronte a quelle morti.
Ma quella volta si era ritrovato a correre in un vicolo con il cuore pieno di speranza.
E la speranza gli aveva fatto paura.
Perché era un sentimento che non si era mai potuto concedere il lusso di provare.
E adesso lei era lì, davanti a lui, avvolta in un mantello che sembrava infonderle calore e un brivido che Severus non si era mai sentito pronto a far nascere.
Lo guardava immobile, con quei suoi maledetti occhi color nocciola che avevano smesso di renderlo padrone dei suoi pensieri da un tempo tanto lungo da diventare quasi insopportabile.
Ed era bella.
Maledizione quando lo era.
E aveva paura, anche lei.
Aveva paura di lui e della prigione senza sbarre nella quale si era rinchiuso.
E Severus avrebbe solo voluto stracciare quel suo costume da freddo professore mascherato da spia, correrle incontro, e stringerla tra le sue braccia.
Quelle braccia che non avevano più stretto nessuno da venti lunghi anni, e che serbavano solo il ricordo di un corpo freddo, con gli occhi immobili e la bocca spalancata sull'orrore.
Per un attimo pregò che fosse lei a muoversi, ad andargli vicino, ad afferrargli le mani e a dargli una traccia di copione da seguire, perché lui no, non era in grado di farlo.
Il fuoco crepitava in un camino che non aveva mai visto tanta luce, mentre lei agitava nervosamente nel bicchiere le ultime gocce di whisky, cercando nelle tracce di un alcool bevuto troppo in fretta, il coraggio di liberare il suo vero volto, e di corrergli incontro.
Aveva fatto di tutto per allontanarla, Severus Piton.
Si era reso schiavo di un istinto sconosciuto per poi indossare nuovamente la sua eterna maschera.
L'aveva scoperta, l'aveva amata.
E quando si era reso conto di amarla l'aveva allontanata dalla sua vita.
Perché era quello che sapeva fare meglio.
E in quel momento si ritrovava lì, con lei ferma davanti, mentre le leggeva negli occhi la voglia di dire qualcosa senza riuscire a farlo.
Si diresse verso il camino, cercando un diversivo nell'ennesimo bicchiere di whisky.

- "Posso averne un altro anche io?"

Aveva intuito la sua voce alle spalle.
Un sorriso gli era scappato dalle labbra, in un muto ringraziamento per avergli concesso inconsapevolmente un argomento di discussione, abile a difenderlo dal silenzio che si era fatto troppo spesso.
Afferrò la bottiglia tra le mani, pregandola di fargli da complice, di riuscire a catalizzargli lo sguardo quel tanto che bastava a non ritrovarsi nuovamente imbambolato, con gli occhi puntati in quelli di lei.
Raggiunse Hermione senza dire una parola.
Con un gesto rapido le riempì un bicchiere ormai quasi giunto alla fine.

- "Grazie!
... se va avanti così sarò costretta a scendere ad Hogsmade per comprargliene un'altra bottiglia..."

Lo disse nascondendo un sorriso dietro ad un nuovo sorso di whisky.
Severus sollevò un sopracciglio, prima di lasciar scappare un incantesimo dalla bacchetta e di aprire lo sportello della sua libreria dietro cui riposavano silenziosamente le sue scorte inesauribili di liquore.

- "Dovrai impegnarti di più, Granger, se vuoi trovare una scusa per farti una passeggiata in paese..."

Hermione lo guardò per un istante.
Nei suoi occhi lesse uno sconcerto durato qualche istante più di un secondo davanti alla sua battuta nemmeno troppo riuscita.
Poi la vide scoppiare a ridere.
In quel modo in cui solo lei era capace di ridere, mentre si portava una mano davanti alla bocca e cercava di nascondere gli effetti devastanti di quaranta gradi alcolici andati di traverso.
Severus Piton avvertì gli angoli delle labbra sollevarsi in qualcosa che poteva tranquillamente assomigliare ad un sorriso.
Diede un altro sorso di whisky.
Più per nascondersi dai suoi occhi che per effettiva necessità.
Perché la sua necessità, in quel momento, era solo di correrle incontro.
Era di passarle i palmi delle mani sulle clavicole che il mantello lasciava scoperte, permettendogli di intravederle sotto la camicia di seta ancora sporca di sangue rappreso.
Di scendere sulle braccia, accarezzando la sue pelle sottile.
Di sentire quel suo profumo fresco e pieno di vita.
Di sentire lei, stretta nel suo abbraccio.
Hermione lo guardava.
In silenzio.
E se Severus pensava che quello che stava vivendo in quel momento si potesse tranquillamente chiamare imbarazzo era perché non era pronto a reggere la domanda che lei gli fece con la naturalezza disarmante che aveva sempre rivolto ai sentimenti.

- "Perché è venuto a prendermi?
Lei non sapeva che avrebbe trovato un inetto travestito da mangiamorte..."

Sentì il liquido ambrato bruciargli la laringe, mentre scendeva verso uno stomaco che si era contratto come sotto gli effetti di una scossa elettrica.

- "Lei ha corso un rischio enorme per salvar..."

- "Cosa vuoi sentirti dire, Granger?"

Silenzio.
I suoi occhi gli schiaffeggiarono per un attimo la pelle del viso, artefici di quell'espressione da avvocato in cerca di risposte.

- "La verità. Voglio sentirmi dire la verità!"

Lo disse mentre si avvicinava piano, un passo dopo l'altro, mozzandogli il respiro nella gola.

- "Voglio che tu mi dica perché mi baci sullo stipite di una porta, prima di cacciarmi con il gelo nella voce, Severus..."

Trattenne a stento un sussulto, nel sentire il suono del suo nome uscire dalla labbra di lei, diventate improvvisamente meno inclini a mantenere una formalità che si era fatta sterile.

- "Voglio che tu mi dica perché eri pronto a morire per tirarmi fuori da quella catapecchia..."

Un altro fremito nella schiena, mentre la osservava raggiungerlo lentamente, un passo dopo l'altro.

- "Voglio che tu mi dica perché non parli, non mi parli mai.
E che mi dica perché mi guardi così..."

Era vicina, sempre più vicina.

- "Granger..."

- "Hermione, io sono Hermione. E tu sei Severus.
E mi sono stufata di fingere che non sia così, di assecondarti nella tua follia."

Era ad un passo da lui.

- "Quindi adesso io ti bacio, professore.
Perché ho avuto una notte di merda, una paura fottuta e ho voglia di sentire il calore delle tue braccia..."

Era vicina da poterne sentire l'odore del respiro, da poterne vedere le screpolature della labbra.

- "Se vuoi fermarmi, fallo adesso. Dicendomi la verità.
Dandomi una ragione che abbia un senso, che non ti veda vittima di un passato che può solo allontanarsi ogni giorno di più.
Perché se è questa la ragione, Severus, è una cazzata!"

La vide avvicinarsi piano, così piccola di fronte al suo petto.
Così risoluta davanti ai suoi occhi immobili.
E Severus Piton perse la ragione.
Ancora una volta.
Poggio le labbra sulle sue, le dischiuse, e assaporò quella bocca satura di gioventù.
La invase con la lingua, respirando nel suo respiro.
Lei gli passò una mano sulla guancia, allontanandolo piano.

- "Adesso hai di nuovo intenzione di cacciarm..."

- "Stai zitta... Hermione!"

Glielo disse lì sulla bocca.
Perché voleva solo smettere di pensare, Severus Piton.
E perché aveva ragione lei.
Aveva sempre avuto ragione lei.
E lui era stufo marcio di restare intrappolato in quella casacca nera, in quel personaggio gelido e in quella vita di merda.
E voleva lei.
La voleva come non aveva mai voluto nient'altro.
Non voleva parlare.
Non voleva trovare l'ennesima scusa per rinchiudersi nella sua solitudine.
Voleva solo farsi guidare dal fremito delle sue mani, che non aveva mai sentito tanto indomabili.
Voleva solo sentire ancora il sapore della sua bocca e la sensazione che sapeva dare il calore della sua carne.
E allora le fece scivolare le mani sulla schiena, Severus Piton.
Le afferrò la camicia sporca di sangue, lasciando che le scivolasse sulla pelle, fino ad abbandonarsi su un pavimento gelato.
Avventurò le dita sui suoi fianchi, raggiungendo l'orlo di una gonna che cominciava a sentire di troppo, lasciando che raggiungesse la camicia, sulle pietre rese lise dal tempo.
Lasciò le labbra a vagare sul suo collo, cercando di imprimersi l'odore così a fondo nella memoria da non poterlo più dimenticare.
Hermione fremette sotto il suo ennesimo bacio lento, abbandonato sulla mandibola.
Vide le mani di lei correre sull'allacciatura della casacca, litigare qualche istante con i bottoni che sembravano non voler finire mai.
E improvvisamente si sentì libero, ancora un po' di più, mentre una camicia bianca come la neve rivelava la sua presenza in un sotterraneo umido.
La prese tra le braccia.
La sollevò da terra.
Il peso del suo corpo gli parve così effimero.
Raggiunse la parete, spingendole la schiena sulle pietre crepate.
La prese lì, Severus Piton.
Senza più dire una parola.
Senza più essere vittima di un passato torbido.
Senza più mascherarsi dietro al mostro che aveva passato la vita a dover dimostrare di essere.

Nota dell'autrice: vi chiedo infinitamente scusa per questo ritardo nell'aggiornamento.
Lo so, sono imperdonabile!
Purtroppo il lavoro in remoto ha assorbito e continuerà ad assorbire gran parte del mio tempo, trasformando un periodo che credevo tranquillo in un delirio di consegne a distanza che stanno assorbendo completamente gli stralci malconci della mia ispirazione.
Quando arrivo alla sera provo a scrivere e mi ritrovo stanca morta, con la mente concentrata sul progetto che devo ultimare.
Spero di non farvi aspettare molto per il prossimo capitolo.
Come sempre ringrazio tutti voi.
Chi mi scrive, chi mi lascia le stelline e chi passa solamente a leggere.
Grazie di cuore, davvero!

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