66. Prima Prova
La campanella quella mattina aveva un suono davvero inquietante.
I ragazzi si guardarono con gli occhi sgranati non appena la sentirono, poi si avviarono insieme verso il cortile interno della scuola.
A dire il vero, sembravano più dei giustiziati a morte che degli studenti.
Non c'era il solito caos, erano piuttosto dei bisbigli sommessi quelli che gli studenti stavano facendo.
Il giorno della prima prova d'esame era arrivato, e Seba aveva la sensazione che un grosso capitolo della sua vita stesse per chiudersi.
Nei corridoi erano state posizionate le file di banchi, ben distanziati gli uni dagli altri, e l'atmosfera non era certo delle migliori.
Salutò Léon con un sorriso e prese posto proprio dietro ad Alex; non sapeva il perché, ma averlo davanti a lui lo faceva sentire un po' meno teso.
La Giorgi -professoressa di italiano- iniziò a consegnare i fogli, poi si prese un attimo per dire quanto fosse orgogliosa di tutti i suoi ragazzi per il percorso che avevano fatto fino a quel giorno, e ricordò loro che non dovevano essere agitati: quello era solo uno dei tanti esami che nella vita avrebbero affrontato.
Strano a dirsi, ma il sorriso rassicurante che aveva rivolto a tutti aveva sciolto un po' la tensione.
Giorgio quella mattina gli aveva mandato un messaggio per augurargli buona fortuna; dei suoi genitori, invece, nemmeno l'ombra.
Sebastiano, come tutti gli altri ragazzi, girò il foglio e iniziò a leggere le tracce tra cui avrebbe dovuto scegliere.
Scartò a priori tutte quelle che parlavano di politica e di storia, tanto avrebbe sicuramente dovuto discuterne durante l'orale.
Anche quelle dei poeti del '900 vennero accantonate.
Tra tutte, solo l'ultima attirò la sua attenzione:
Le scelte sono belle ma anche le rinunce hanno un loro valore, perché definiscono i nostri limiti, perché mostrano le strade rimaste senza destino, le cose costruite e non finite, i condizionali che non sono fioriti.
Fabrizio Caramagna.
A nulla l'uomo rinuncia con più fatica che a un vizio.
Hermann Hesse.
In arte la vittoria è un'arrampicata sulle montagne della rinuncia.
Vasile Ghica.
Molti scrittori, contemporanei e del passato, trattano la rinuncia esponendola sul piano materiale.
Privarsi di un oggetto, un comfort o un accessorio è certamente faticoso, ma cosa accadrebbe se dovessimo parlare di rinunce riguardanti le persone?
Di chi, ad oggi, potresti fare a meno?
Sebastiano mordicchiò il tappo della sua penna, leggeva e rileggeva quelle righe mentre batteva freneticamente il piede a terra; Andrea, nella sua stessa posizione ma dall'altra parte del corridoio, gli lanciò una gomma. Quando si voltò dalla sua parte, lo vide mimare un "hai rotto il cazzo" con le labbra, e a stento trattenne una risata.
Prese il foglio protocollo e iniziò a scrivere.
"Tutti siamo utili, nessuno è indispensabile" è sicuramente una delle frasi più usate al giorno d'oggi, ed è tristemente vera.
Non esiste una sola persona che, arrivati alla nostra età, possiamo definire necessaria alla nostra sopravvivenza.
Siamo grandi, siamo gli adulti del domani, sappiamo cavarcela in ogni campo e, se non sappiamo farlo, possiamo imparare.
Impareremmo a cucinare, nel caso non ci fosse nessuno a casa a preparare pranzo e cena.
Impareremmo a pulire, nel caso non lo facessero i nostri genitori.
Troveremmo hobby, nel caso non avessimo amici con cui passare il tempo.
Ma che vita sarebbe, quella?
Alla soglia della maturità, anche se solo sulla carta, ho deciso che posso fare a meno di tutte le persone che non hanno voglia di cucinare con me, di aiutarmi a pulire e di condividere i miei hobby.
Posso fare a meno di chi non mi accetta, di chi mi chiede di nascondermi perché non rientro nei suoi canoni di normalità, di chi dice di amarmi a parole, ma non lo fa coi fatti.
Posso fare a meno dei razzisti, che inquinano il mondo con la loro presenza; degli intolleranti a tutto ciò che non è conforme alla loro verità assoluta; dei bulli che sono convinti di avere il diritto di poterti importunare, picchiare, insultare; degli uomini che si credono superiori alle donne e delle donne che si credono superiori agli uomini.
Posso fare a meno degli omofobi, di quelli che non ci metterebbero un secondo a sbatterti contro il muro di un vicoletto solo perché credono che tu sia gay, o perché ne hanno le prove e non gli sta bene.
Posso fare a meno di mia madre, se non passa un Natale con me da quando avevo sei anni, e anche di mio padre se non mi chiede mai come sto.
Posso fare a meno dei datori di lavoro che sottopagano i dipendenti perché "tanto se non vieni tu, qualcun'altro lo trovo".
Posso fare a meno dei dementi che imbrattano i monumenti pubblici con le bombolette spray e di quelli che si credono arrivati solo perché hanno mille followers su Instagram.
Posso fare a meno dei politici, se il loro interesse non è tutelare i cittadini.
Possiamo fare a meno di tante persone nella nostra vita, probabilmente del novantanove per cento, ma per quell'uno per cento restante, vale la pena vivere.
Sebastiano si alzò dalla sedia e andò a consegnare il foglio alla commissione.
Uscì dalla scuola sentendosi improvvisamente più leggero.
Mandò un messaggio a Léon dandogli appuntamento in spiaggia e si incamminò col sorriso sul volto.
Nonostante fosse giugno e splendesse il sole, quel giorno la spiaggia era quasi deserta.
Seba stese uno dei teli da mare che aveva acquistato poco prima e ci si sedette sopra, rigirandosi il sacchettino tra le mani.
Era agitato, e guardare quella famiglia che giocava a poca di stanza da lui gli trasmetteva tranquillità.
I genitori avranno avuto trent'anni o poco più, e la bambina forse cinque.
La palla che stavano cercando di non far cadere finì proprio ai suoi piedi, e lui la raccolse ripulendola dalla sabbia, per poi porgerla a quello scricciolo che gli si era avvicinato.
Capelli ricci e occhi verdi, una meraviglia.
«Ci vuoi giocare un po' tu?» gli chiese, e Seba scosse appena la testa, sorridendo.
«Come ti chiami?»
«Sebastiano.»
«E perché?»
Fece spallucce e ci pensò un attimo.
«Non so... Ai miei genitori piaceva questo nome.»
«Ah... Io mi chiamo Caterina perché la mia bisnonna si chiamava così.»
Seba mise su un'espressione dispiaciuta.
«Oh... E ora non c'è più la tua bisnonna?»
La bambina scoppiò a ridere e negò col capo.
«Nah. La mamma dice sempre che quella ci seppellirà a tutti.»
Stavolta fu Seba a scoppiare a ridere, vedendo con la coda dell'occhio la mamma avvicinarsi a loro.
«Cate, non puoi rompere le balle alla gente. Vieni via, su!»
La bimba alzò gli occhi al cielo e si voltò verso la sua mamma.
«Non si dicono quelle parole! Lo dice sempre anche lo zio Gianlu!»
Lei sbuffò una mezza risata e si coprì il viso con la mano, probabilmente esasperata dalla parlantina di quella bambina.
«Lo zio Gianlu dovrebbe imparare l'italiano, prima di giudicare!»
La piccola incrociò le braccia al petto e fece una faccia offesa.
«Guarda che lo sa l'italiano! Ieri mi ha detto che è più peggio non sapere niente sulle macchine.»
«Più peggio? Ha detto così?»
«Sì!»
«Appunto! Giò, vieni a recuperare tua figlia» urlò verso il ragazzo che le guardava da lontano.
Sebastiano aveva seguito quel battibecco tra madre e figlia con l'ilarità sul volto.
«Scusaci» gli disse il ragazzo prendendo in braccio la piccola.
«Vostra figlia è fantastica. Ha una parlantina che fa morire» si complimenti, sincero.
«Seh, tutta sua mamma.»
«Ehi!» ed ecco che quel povero ragazzo si beccò uno scappellotto sul coppino, facendo scoppiare Sebastiano a ridere.
Li guardò mentre si allontanavano, e pensò che fino a pochi mesi prima anche lui aveva messo in conto di volere dei figli, prima o poi.
Gli sarebbe pesato non poterli avere? O sarebbe riuscito a colmare quel vuoto con qualcos'altro?
Léon entrò nel suo campo visivo pochi minuti dopo, camminando con quella sua andatura un po' scazzata che ormai lo caratterizzava.
Era bellissimo, come sempre, e il suo cuore si mise a battere più veloce man mano che si avvicinava.
Sì, decisamente avrebbe potuto sopportare qualsiasi mancanza, pur di stare con lui.
«Sei stato veloce» si sentì dire quando era ancora a qualche passo di distanza.
«Stanotte non dicevi così» e gli strizzò l'occhio.
Il francese rise, poi prese posto al suo fianco.
«Allora, quale traccia hai scelto?» gli domandò, mentre si perdeva in quegli occhi grigi, belli da morire.
«Ero indeciso tra la prima e l'ultima, ma alla fine ho scelto la prima.»
Tipico di Léon: non si sarebbe fatto sfuggire l'occasione di parlare di uno dei poeti francesi del '900!
«E tu?»
«L'ultima.»
«E quello?» chiese indicando il sacchettino che rigirava in mano da quando era arrivato.
Le mani di Seba iniziarono a sudare mentre glielo passava.
«È la sua risposta» disse con noncuranza, come se non gli stesse facendo una vera e propria dichiarazione.
Léon lo aprì e ne tirò fuori un cordoncino di cuoio, a cui era appesa la medaglietta che il più piccolo aveva provveduto a far incidere nemmeno mezz'ora prima.
Rimase serio mentre leggeva, così tanto che Sebastiano si sentì in dovere di spiegare, pensando che non avesse capito il riferimento.
«Nell'ultima traccia veniva chiesto di chi potremmo fare a me-»
«Di tutti ma non di te» lo interruppe Léon alzando gli occhi, ora lucidi, su di lui.
«Di tutti ma non di te» confermò lui, un sorriso mal trattenuto e il cuore che sembrava di nuovo esplodergli nel petto.
Venne travolto dal più grande, che gli si era praticamente buttato addosso, e si lasciò trasportare da quel bacio che sembrava sempre condurlo in un'altra dimensione; una dimensione fatta solo di loro due e nessun'altro.
Quando riaprì gli occhi, trovò quelli del francese a guardarlo come se fosse la cosa più bella del mondo, e si domandò se esistesse una sensazione più bella nell'intero universo.
«Ti amo, Sébastien» e quel suo povero cuore fece una capriola.
«Potrei lamentarmi e dirti che non lo dovevi dire, ma ti amo anche io.»
Sorrise guardandolo sorridere e tornò a specchiarsi in quelle iridi che erano ancora grigie, ma ora sembravano calme come non le aveva mai viste.
Spazio S.
Ma chi abbiamo trovato in questo capitolo? C'erano Giò, Becca e Cate 😍
Chi ha letto "Come Pioggia D'estate" probabilmente li ha riconosciuti, e chissene frega se nella linea temporale la bambina non doveva nemmeno essere ancora nata, io l'ho bellamente ignorata perché avevo voglia di rivederli 🤭❤️
E abbiamo anche scoperto il senso del titolo di questa storia 💕
Domani vi posto l'ultimo capitolo, poi sarà ora dell'epilogo 😭
Lascerò il mio indirizzo a chiunque vorrà mandare generi di conforto quali cioccolato, alcool, caramelle gommose o gelato ✌️😂
Buona giornata a voi,
Un bacio, S. ❤️
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