60. I Cento Giorni Di Giada
Il mucchio di vestiti che ricopriva il suo letto era talmente alto che Giada faticava a vedere la finestra posizionata dietro ad esso.
Erano settimane che aveva deciso cosa avrebbe indossato, aveva fatto le prove un milione di volte nei giorni precedenti, eppure quello stupido vestitino bianco sembrava fasciarle i fianchi in una maniera innaturale, quella sera.
Per non parlare del fatto che sua sorella le aveva rubato il reggiseno a fascia che avrebbe dovuto abbinarci sotto.
Dio, la odiava quando si intrufolava nella sua camera e rubava le sue cose senza nemmeno avvertirla.
E sua madre! Oh, sua madre!
Mai che prendesse una posizione, quella donna!
Tutte le volte che si andava a lamentare da lei per qualcosa che sua sorella le aveva fregato, eccola che se ne usciva con la solita frase: "i soldi con cui pago le tue cose sono gli stessi che uso per pagare le sue! Qui tutto è di tutti!"
Dio, che nervi!
E grazie a questo fantastico e brillante ragionamento, non solo sua sorella si arrogava il diritto di prendere la qualunque, ma ora lei si trovava pure in un ritardo mostruoso!
Alex sarebbe passato a prenderla tra poco più di mezz'ora e lei era nel panico più totale.
La fortuna di quella piccola strega era che lei fosse troppo buona per renderle pan per focaccia, altrimenti sì che in quella casa ci sarebbe stata la guerra perenne!
Respirò un paio di volte per essere sicura di ritrovare tutta la calma che di solito possedeva, poi riaprì gli occhi scrutando quell'ammasso di vestiti: no, non c'era assolutamente niente di adatto.
Poi, all'improvviso, vide spuntare la gonna di quel vestito celeste che aveva comprato l'estate scorsa, insieme a Chiara, e che ancora non aveva mai messo.
Lo tirò fuori di fretta e furia sperando che non si fosse stropicciato troppo nello stare appallottolato insieme a tutti gli altri abiti, e sospirò di sollievo quando constatò che era decisamente indossabile.
Era molto semplice, con le maniche appena accennate e abbottonato fino al collo, ma aveva la gonna che arrivava poco sopra il ginocchio, ed era sicura che con un bel paio di tacchi avrebbe fatto la sua figura. Certo, era leggerissimo, ma in fondo stavano andando in discoteca, mica poteva mettere qualcosa di lana!
Girò su sé stessa un paio di volte davanti allo specchio per verificare che fosse tutto a posto e annuì soddisfatta all'immagine riflessa che aveva davanti a sé.
Tirò su i capelli in uno chignon leggermente spettinato e portò la frangia da un lato, prima di passare al trucco; niente di eccessivo, solo un po' di eyeliner e una bella passata di mascara per infoltire le ciglia.
Il suo telefono squillò, segnalando l'arrivo di Alex sotto casa sua, e lei si precipitò a infilare poche cose necessarie in una pochette abbinata al vestito e uscire fuori.
L'auto del rosso era parcheggiata proprio davanti al suo cancello, come poté notare dando una rapida occhiata dalla finestra, e Giada si affrettò a salutare sua madre e raggiungerlo.
Saltò letteralmente sul posto quando, dopo aver aperto lo sportello dal lato passeggero, Andrea si buttò verso di lei facendo un mezzo urlo, che portò anche lei ad urlare in maniera isterica.
Le risate dei due ragazzi la fecero riprendere in fretta mentre, con una mano ancora sul petto per lo spavento, si preparava a mandare entrambi a quel paese.
«Siete due deficienti!» berciò indispettita, mentre prendeva posto sui sedili posteriori.
I suoi amici avevano le lacrime agli occhi e stavano cercando di riprendere a respirare.
«Cazzo, te l'avevo detto che dovevamo riprendere la scena col telefono» disse Andre tra una risata e l'altra.
«Simpatico, davvero! Tu non dovevi andare alla festa dell'artistico, piuttosto?»
Andre, nei giorni precedenti, aveva messo al corrente i suoi amici di quella decisione e Giada si era sentita estremamente sollevata; aveva decisamente bisogno di respirare un po' di aria "pulita".
Il riccio ridacchiò e abbassò lo specchietto dal suo lato, posizionandolo in modo da poterla vedere semplicemente alzando gli occhi, e il cuore di Giada perse un battito.
«Figurati se mi perdevo la serata dell'anno con i miei amici» rispose ancora sorridendo.
Giada alzò gli occhi al cielo e iniziò a scuotere la testa.
«Certo, come no! Conoscendoti, la tipa che avevi puntato ti ha denunciato per stalking e devi starle come minimo lontano cento metri.»
Ascoltò l'ennesima risata di Andrea e le mani iniziarono a sudarle.
Quando ci pensava, ancora non si capacitava di come fosse successo; com'era possibile che, con tutti i ragazzi liberi del mondo, lei si fosse innamorata proprio di Andrea?
Poi, però, si ricordava dei pomeriggi che avevano passato a parlare; delle volte in cui lui le aveva mostrato quel lato di sé un po' più dolce, che piano piano l'aveva conquistata.
Se n'era resa conto un pomeriggio di primavera, quando lui era andato a studiare a casa sua per farsi aiutare in storia e poi si era addormentato sul suo letto dopo neanche dieci minuti in cui lei stava spiegando la seconda guerra mondiale.
Lo aveva guardato e si era ritrovata a sorridere per minuti interi, col cuore che batteva più veloce del solito e gli occhi incapaci di guardare altrove.
Andrea...
L'unico ragazzo che non sarebbe riuscito ad avere una relazione stabile nemmeno sotto minaccia di morte.
Quello che cambiava ragazza tanto spesso da perderne il conto.
Il solo che le aveva impedito di avere una qualsiasi altra storia degna di essere chiamata tale.
Aveva frequentato qualche ragazzo, certo, e aveva anche fatto qualche esperienza, ma nessuno reggeva il confronto con lui.
Nessuno era Andrea, coi suoi modi allegri e quel sorriso che faceva impallidire le stelle.
Nessuno aveva quegli occhi che le facevano perdere il senso del tempo e dello spazio.
Nessuno aveva pianto sulla sua spalla, di nascosto da tutti, mentre i suoi genitori stavano divorziando.
E lei c'era stata, era rimasta lì ad accarezzargli i capelli, mentre gli sussurrava che presto sarebbe passato tutto, e che prima o poi avrebbe fatto un po' meno male.
Parlava per esperienza, Giada: i suoi genitori si erano separati un anno prima di quelli di Andrea, e lei aveva dovuto cambiare città e adattarsi a nuovi compagni di scuola e amici.
Era stata fortunata a trovare Chiara, Seba, Alex e Andrea; si era aggrappata a loro come fossero stati l'unico salvagente nel raggio di chilometri, e il tempo aveva fatto il resto.
Proprio come con Andre, che dopo qualche mese era tornato a sorridere per davvero, facendo sorridere anche lei.
L'auto di Alex che si spegneva la fece tornare alla realtà, mentre i ragazzi scendevano e aspettavano che anche lei facesse lo stesso.
Giada prese un respiro profondo e aprì lo sportello della macchina, pronta all'ennesima serata col fiato trattenuto, proprio come le sue emozioni.
Non era da lei bere così, ma quella sera Chiara sorrideva a Sebastiano come non succedeva da tempo, come se fosse la ragazza più spensierata e felice sulla faccia della terra; Alex aveva fatto gruppetto con qualche ragazzo della loro classe e Andrea si stava strusciando contro Beatrice, la dea della quinta A.
Ingoiò l'ultimo sorso del drink che aveva nel bicchiere e si guardò attorno, sorridendo alla vista di Léon che avanzava verso di lei.
Se solo ripensava al modo in cui aveva cercato di avvicinarlo, ancora si vergognava da morire!
Non era decisamente nella sua natura essere così diretta verso un ragazzo e, a dirla tutta, Léon non le piaceva neanche chissà quanto. Ma aveva avuto l'occasione di fare la carina con qualcuno proprio davanti ad Andrea, e non aveva saputo resistere.
Che razza di masochista: tutto quello che aveva ottenuto erano un due di picche da parte del francese e la completa indifferenza di Andrea.
«Ti hanno lasciata da sola?»
Giada sorrise a Léon, mentre appoggiava il bicchiere ormai vuoto sul bancone.
Il locale era bello: la sala principale non era troppo grande, e probabilmente quella discoteca era stata scelta proprio per quel motivo, dato che in fondo erano poco più di un centinaio di studenti; intorno al perimetro erano sistemati divanetti e tavolini bassi, presenti anche nel giardino esterno; ma il pezzo forte era il tetto, a cui si accedeva tramite le scalinate interne. Lei ci era salita poco prima per godersi un attimo di silenzio, era lì dentro da poco più di un'ora e la testa già le scoppiava.
«Come vedi sono tutti felicemente accoppiati» rispose ridendo, mentre buttava qualche occhiata ai suoi amici.
Léon si guardò intorno, imitandola, poi le porse una mano con quel mezzo sorriso che aveva ogni tanto, e che a Giada ricordava qualcosa di triste.
Accettò la sua offerta e si lasciò trascinare in pista, iniziando ad ancheggiare con lui.
E chi l'avrebbe mai detto che Léon fosse un ballerino così bravo? Si muoveva come se non avesse fatto altro in tutta la vita, attirando parecchi sguardi su di loro.
Addirittura anche Beatrice si era fermata dallo strusciamento con Andrea e li stava guardando sorridendo!
E lei non poteva che gongolare.
Si sapeva muovere bene, Giada, probabilmente grazie alle lezioni di danza che aveva seguito fino ai suoi tredici anni.
Rideva e seguiva i passi del francese senza fatica, e ogni tanto guardava i ragazzi che si erano radunati attorno a loro facendo una sorta di tifo.
La canzone terminò, e lei si ritrovò con il viso di Léon a pochi centimetri dal suo, tra le sue braccia, ancora nella posizione del classico casquè.
Scoppiò a ridere e allacciò le mani dietro la nuca quando lui la riportò in piedi, e insieme continuarono sulle note lente di Gazelle.
Ecco un altro punto a favore di quel locale: il dj passava dall'house, al reggaeton, alla dance anni '80, ai lenti, e lei lo trovava decisamente fantastico.
La sapeva a memoria quella canzone; quando Andrea le aveva detto che amava quel cantante, lei aveva passato ore ed ore ad ascoltare la sua discografia, e alla fine ne era stata conquistata lei stessa.
Ed ecco che, di nuovo, i suoi pensieri tornavano al ragazzo a cui non avrebbe dovuto pensare.
Il sorriso che aveva fino a un minuto prima scomparve, lasciando posto ad un vago senso di irrequietezza.
Léon si irrigidì, riuscì a percepirlo dalle mani che le stringevano i fianchi e che ora serravano la carne un po' di più.
Guardò nella sua stessa direzione e vide qualche compagno di classe del francese proprio dietro a Sebastiano e Chiara. Che avesse qualche problema con loro?
«Tutto bene?» gli chiese, le sopracciglia aggrottate in segno di apprensione.
«Sì. Scusami, devo andare un attimo in bagno.»
Lo guardò allontanarsi e decise di tornare un po' di sopra, su quel tetto che tanto le era piaciuto e da cui si vedeva un panorama pazzesco.
Fece un occhiolino alla sua migliore amica e salì le scale, sentendosi invadere dal sollievo quando la sua pelle fu accarezzata dall'aria fresca dell'esterno.
Era quasi marzo e le temperature erano state decisamente gentili quell'anno.
Nonostante fosse tardi e lei fosse vestita con un abito estivo, doveva ammettere che non era troppo freddo.
Sussultò quando sentì qualcosa appoggiarsi sulle sue spalle e rimase esterrefatta quando capì che era la giacca che Andrea le aveva gentilmente offerto.
Quando era arrivato sul tetto? Giada era così impegnata a godersi la città e il panorama da non averlo minimamente sentito.
Gli sorrise, sistemandosela un po' meglio, e tornò a guardare di fronte a sé.
C'era il rischio che lui vedesse le sue gote arrossate, o lo sguardo da ebete che aveva paura di avere ogni volta che lo guardava.
«Lo sai? C'è un gioco che avrei sempre voluto fare con te e che non abbiamo mai fatto. Ho deciso che o è stasera, o non lo faremo mai più. Ci stai?»
Se n'era uscito così, dopo averla affiancata ed essere rimasto in silenzio per almeno cinque minuti.
«E perché se non lo facciamo stasera non lo faremo più?» domandò confusa.
Andrea sorrise, continuando a guardare il panorama.
«Perché ho ricevuto una proposta per l'estate, e quella sarà la mia via di fuga.»
«Che proposta?» era già andata in agitazione a quell'affermazione.
Sebastiano partiva ogni estate e stava via tre mesi, Chiara era sempre impegnata con la parrocchia e Alex aiutava i suoi nonni col terreno agricolo. Ci mancava anche che se ne andasse pure Andrea!
Finalmente gli occhi azzurri di Andre incrociarono i suoi; lo vide alzare un sopracciglio e mettere su la sua solita aria da playboy.
Stupido.
«Giochi o no?»
Giada alzò gli occhi al cielo e poi annuì, accettando la proposta.
«Ti dirò tre cose, ma di queste solamente due sono vere. Tu dovrai indovinare quella inventata. Pronta?»
Nonostante l'aria perplessa che aveva messo su, Giada annuì ancora, mentre rimetteva a posto il ciuffo che il vento le aveva spostato.
Andrea sorrise, di nuovo, poi portò un dito alla tempia, come se stesse pensando a quali opzioni poterle dare.
«Da bambino mi sono rotto il dito medio e sono andato in giro fiero per tre settimane facendo il segno del vaffanculo. Ho provato a fumare insieme a mio cugino a dieci anni. Mi sono classificato primo a tutte le gare di nuoto a cui ho partecipato.»
Giada ci pensò un attimo, poi si ricordò che Andre era davvero un pessimo nuotatore. A stento riusciva a stare a galla, santo cielo!
«L'ultima è una bugia.»
Il sorriso che le regalò le fece saltare un battito, e lei si sentì arrossire ancora di più.
«E brava la mia Giadina. Seconda manche: ho dato il mio primo bacio a dodici anni. Ho ancora il terrore dei pagliacci perché ho visto IT quando ero piccolo. Mi piacciono i film romantici.»
Giada scoppiò a ridere.
Che amasse i film romantici lei lo sapeva, perché glielo aveva confidato in gran segreto qualche tempo prima, facendole giurare che non l'avrebbe mai detto a nessuno.
Che avesse il terrore dei pagliacci era impossibile: solo l'estate precedente l'aveva accompagnata al circo, e lì era pieno di clown.
«Non è vero che hai dato il tuo primo bacio a dodici anni» disse, sicura della sua risposta.
Ma Andrea chiuse gli occhi e negò con la testa.
«Sbagliato!»
Lei spalancò i suoi. Com'era possibile? Le aveva mentito riguardo ai film? Perché mai avrebbe dovuto farlo? Oppure l'aveva accompagnata al circo nonostante il terrore dei clown? Ma anche quello non aveva nessun senso.
«Ma-»
«Ultima manche! Sei pronta?»
«Qual era l'affermazione falsa di prima?»
«Te la sei giocata! Ora passiamo all'ultima sfida» rispose lui, portandosi una mano al mento e sfregandolo appena, come se non sapesse cosa inventare per farla perdere.
Poi, lo sguardo da stronzetto che aveva messo su si addolcì improvvisamente, causandole un tuffo al cuore che le fece rischiare di cadere lì, davanti a lui.
Le prese la mano, e col pollice iniziò ad accarezzare piano la sua pelle, regalandole brividi che si espansero in tutto il corpo come una scarica elettrica.
«Stasera sei bellissima. Alex ieri ci ha provato con me. Mi sono innamorato di te come uno stronzo, e ora rischio di rovinare la nostra amicizia.»
Giada sgranò gli occhi, il respiro improvvisamente corto e il cuore che batteva all'impazzata.
Alex non ci avrebbe mai provato con Andrea, mai.
Perché? Perché le stava dicendo quelle cose?
Voleva prenderla in giro?
Era quello il suo piano?
Era così tanto pentito di non averla ripresa prima, quando l'aveva spaventata, che aveva deciso di farlo adesso, mettendola in ridicolo?
Ma quello non era un comportamento da Andre.
Certo, amava gli scherzi, ma fino ad un certo punto.
Non si sarebbe mai spinto così in là.
E i suoi occhi... Quegli occhi che la guardavano come se fosse la cosa più bella che avesse mai visto.
Come se, all'improvviso, avesse deciso di togliere la maschera che nascondeva i suoi veri sentimenti; la stessa che aveva messo su anche lei da troppo tempo a quella parte, per non fare capire a nessuno tutto il tumulto di emozioni che aveva dentro di sé quando lui le stava vicino.
«Andre...» boccheggiò appena, la salivazione azzerata e le mani che avevano iniziato a tremare.
«Mio padre mi ha proposto di passare l'estate con lui dai nonni, in Puglia. Se tu ora mi dici che non ho nessuna possibilità, io parto. Parto e me la faccio passare, dovessi diventare prete pur di riuscirci, te lo giuro! Poi torno e saremo amici come prima, perché l'ultima cosa che voglio è perderti come amica. Ma potrei avere una possibilità, che magari è una su centomila, e ho bisogno di giocarmela, Giada.»
Guardò gli occhi del ragazzo che aveva di fronte diventare lucidi e capì che non poteva essere uno scherzo. La voce che aveva tremato nel dirle quelle cose, le mani che avevano stretto le sue così forte, il respiro accelerato... Andrea stava dicendo sul serio. Andrea stava confessando i suoi sentimenti per lei, che pensava seriamente di stare per svenire.
«Non... Tu non hai mai avuto storie serie. Mai!»
«No, infatti.»
«Cambi ragazza più spesso di quanto ti cambi le mutande.»
«Sì.»
«E noi siamo amici.»
«È vero.»
«Allora... Perché?»
Andrea alzò le spalle e mise su un sorriso triste, come se neanche lui sapesse dare una risposta a quella domanda.
«Non c'è un perché, Giada. È così e basta» disse infine.
Lei era... Spiazzata. Sì, spiazzata era decisamente il termine giusto.
«Ma io non-» provò a dire, mentre le pupille vagavano impazzite in quelle diAndrea.
Ci provò, sì, ma non riuscì a finire la frase.
Le mani di Andre avevano lasciato le sue per appoggiarsi in modo delicato ma deciso sul suo viso, e nel giro di un attimo era stata travolta da un bacio che la stava lasciando senza fiato.
Brividi e scosse partivano da ogni parte del suo corpo e la lasciavano inerme, mentre ricambiava quel bacio che aveva desiderato così tanto da mandarle la mente in blackout.
Non c'erano più domande che voleva porsi, non c'erano risposte che voleva avere.
C'erano solo lei e Andrea, su un terrazzo in un giorno di fine febbraio, che in silenzio si promettevano qualcosa di grande.
Spazio S.
Sorpreeeesa 🤭
Il motivo di questo aggiornamento notturno ve lo dico domani... Nel frattempo: ma quanto sono carucci Andrea e Giada?
E pretendo le scuse di chi pensava che avrei fatto accadere qualcosa di brutto a Léon, che si sappia!! 😂😂😂
A domani, un bacio a voi,
S.
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