54. Nuove Rinunce

La domenica mattina Sebastiano l'aveva trascorsa a cazzeggiare in camera sua con l'umore sotto le scarpe.
Verso le otto aveva deciso di alzarsi, dato che non riusciva più a prendere sonno, e in cucina aveva trovato i suoi genitori che, stranamente, quel giorno sarebbero andati in hotel un po' più tardi del solito.

Seba l'aveva vista come una buona occasione per parlargli di una questione importante: quell'estate ci sarebbe stata la possibilità di prendere parte ad uno stage che dava un riconoscimento a livello europeo per diventare uno chef professionista.
Aveva spiegato ai suoi genitori tutto per filo e per segno, aveva detto che con i risparmi messi da parte sarebbe riuscito a coprire per intero i costi e aveva calcato sulla questione della valenza internazionale.

Non c'era stato nulla da fare, però: quell'anno avrebbe dovuto iniziare a lavorare nell'albergo che i suoi avevano in gestione ormai da anni.
Sebastiano aveva tentato anche la carta della maggiore età, spiegando che non era giusto che decidessero loro cosa avrebbe dovuto fare del suo futuro, e che ormai era grande abbastanza per prendere le sue decisioni in totale autonomia; suo padre però aveva tirato fuori l'argomento magico, pur senza saperlo, che l'aveva convinto a desistere: gli aveva fatto notare come, al giorno d'oggi, fosse una fortuna avere un lavoro sicuro e con una paga certa, perché un domani che avesse voluto mettere su famiglia sarebbe stato un requisito fondamentale per poterlo fare.

Certo, suo padre non sapeva che quel domani era già arrivato, e in effetti a Sebastiano uno stipendio fisso avrebbe fatto davvero comodo.
Quindi, come suo solito, aveva messo da parte la sua passione e aveva concordato con i suoi genitori, poi era salito in camera e si era steso sul letto ad ascoltare un po' di musica e a chiedersi quando avrebbe trovato la forza di ribellarsi agli eventi che accadevano nella sua vita.

Non aveva avuto il coraggio di lasciare Chiara quando aveva iniziato a frequentare Léon.
Ne aveva avuto ancora meno quando aveva scoperto che aspettavano un figlio.
Non era riuscito ad imporsi con i suoi genitori quando era stato il momento di scegliere la scuola superiore da frequentare.
Non ci era riuscito nemmeno quella mattina, perché la consapevolezza di doversi assumere le sue responsabilità aveva bussato alla sua coscienza, convincendolo che anche quella volta avrebbe dovuto rimandare la sua felicità.

E pensare che nei giorni precedenti era stata la sua àncora di salvezza l'idea di andare via per tre mesi, ovvero il tempo di durata dello stage.
Chiara probabilmente non l'avrebbe presa bene, considerando che avrebbe dovuto lasciarla da sola, ma di sicuro lo avrebbe comunque sostenuto.

Léon sarebbe stato orgoglioso di lui se avesse saputo che aveva preso la decisione di seguire la sua passione per farla diventare un lavoro vero e proprio.

Com'è che era? Dovevano trovare un lavoretto in Spagna, vicino al mare, per potersi pagare l'affitto. Beh, il lavoretto poteva tranquillamente trasformarsi in un lavoro vero e proprio da cuoco in un ristorantino di pesce. Addirittura avrebbe potuto aprirne uno tutto suo, un giorno.

Sebastiano sorrise con amarezza: che stupido era, aveva già diciotto anni, stava per diventare padre e ancora perdeva tempo a fare sogni più grandi di lui.

Il telefono squillò segnando l'arrivo di un messaggio e distraendolo da tutti i suoi pensieri.
Era il rosso, che gli chiedeva se avrebbe voluto passare il pomeriggio a casa sua per una sfida alla Play.
Seba sapeva bene che quella era solo una scusa per assicurarsi che stesse bene, e accettò di buon grado quell'invito, grato ancora una volta di averlo come amico.

Arrivò da Alex nel primo pomeriggio e si sforzò parecchio per non dare nemmeno un'occhiata alla casa di Léon, proprio di fianco a quella del suo amico.

Citofonò e aspettò che il portone venisse aperto, poi salì i tre piani che portavano all'appartamento del rosso.
Lo stava già aspettando sulla porta e lo accolse con un sorriso quando lo vide arrivare.

La prima ora la trascorsero sfidandosi con varie gare di moto e, inutile a dirsi, Sebastiano non ne vinse nemmeno mezza, poi decisero di fare una pausa per mangiucchiare qualcosa.

«Allora, novità?» si sentì chiedere mentre agguantava una manciata di patatine.

«No, nessuna... Tu?»

Alex mise su quella sua solita espressione che veniva fuori quando voleva lasciare a intendere qualcosa.
«Dipende... Cosa vuoi sapere di preciso?»

Sebastiano scosse la testa divertito; sapeva bene che il suo amico non era un tipo da pettegolezzi e confidenze, ma sapeva anche che ogni tanto tutti hanno bisogno di sfogarsi un po' con qualcuno, ed era sicuro quasi al cento per cento che lui nell'ultimo periodo non l'avesse fatto con nessuno.

«Non so... Per esempio, come va la tua vita amorosa?» chiese con un sorrisetto malizioso.

Alex allargò il suo e finì di masticare prima di dare il via al suo racconto.
«Sto con Filippo da ormai otto mesi» confessò finalmente.

«Hai capito il latin lover? E noi che davamo per scontato che questo titolo spettasse solo ad Andre. E chi sarebbe questo Filippo? Dove l'hai incontrato? Ti tratta bene? Quando ce lo farai conoscere?» Sebastiano sembrava un fiume in piena, ma d'altronde doveva sapere se il suo amico veniva trattato come meritava.

«Mi tratta benissimo, non ho idea di quando lo presenterò ufficialmente e l'ho incontrato a scuola. Lo conosci anche tu.»

Che strano... All'improvviso Alex sembrava imbarazzato; aveva iniziato a torturarsi le mani e vagava con lo sguardo ovunque, tranne che su di lui.

«A scuola?» Seba ci pensò su, e la consapevolezza gli fece spalancare gli occhi, mentre sul volto del rosso si dipingeva una smorfia quasi terrorizzata.

«Non dirmi che è Boschetti! Guarda che quello è un coglione! L'anno scorso si è fatto beccare mentre spacciava nei giardinetti comunali. Cazzo, Alex, dimmi che non è lui!»

Il suo amico scoppiò a ridere e iniziò a scuotere la testa in senso di diniego.
«Ma vaffanculo! Ti pare che mi metto con uno come Boschetti?»

Seba sospirò di sollievo a quella risposta, anche se, a quel punto, non aveva idea di chi potesse essere questo famoso Filippo... Forse un ragazzo più piccolo di loro? In fondo lui conosceva più che altro quelli dell'ultimo anno.

«E allora chi è? Uno di prima?» e Alex alzò il pollice all'insù per indicargli di salire con l'età.
«Di seconda?» Ancora lo stesso gesto, ripetuto anche quando chiese se fosse di terza o di quarta.
Niente da fare, lui era sempre più confuso e l'altro non si decideva a parlare.
«Non so, vuoi farmi un mimo e tiro a indovinare?» domandò oramai spazientito e troppo curioso.

«È Filippo Martinelli» esalò a bassa voce, finalmente.

«Martinelli, come il nostro prof di fisi-cazzo!»

L'espressione incredula di Sebastiano fece scoppiare a ridere Alex, che iniziò a fargli aria per farlo riprendere.

«Ma ha il doppio della nostra età!» e l'altro rise ancora più forte.

«Ma che cazzo dici? Ha solo sette anni in più.»

«Ma com'è successo?»

Alex fece spallucce e Sebastiano vide chiaramente i suoi occhi addolcirsi al ricordo.
«L'ho incontrato per caso a fine luglio, l'anno scorso. Si era slogato una caviglia mentre correva, così l'ho aiutato a tornare a casa, mi ha chiesto di rimanere ancora un po' e... Beh, il resto lo puoi anche immaginare» disse facendogli un occhiolino.

Sebastiano non poteva crederci!
Era davvero felice per il suo amico, soprattutto considerando l'espressione sognante che aveva sul volto in quel momento, ma proprio non si sarebbe mai aspettato che la relazione che aveva fosse col loro professore di educazione fisica. Insomma, li aveva visti interagire parecchie volte da quando era iniziata la scuola e non si era mai accorto di nulla! O quei due erano particolarmente bravi, oppure era lui ad essere sempre nel suo mondo.

«Non te lo chiedo neanche se va tutto bene, ci manca poco che mi vomiti gli arcobaleni fiorati qui sul pavimento!»

Alex scoppiò a ridere e gli assestò un pungo sulla spalla.
«Ha parlato il pezzo di ghiaccio! Avevi gli occhi a cuore ogni volta che guardavi Léon!» Alex strinse gli occhi con forza dopo quell'affermazione, probabilmente maledicendosi da solo per l'uscita infelice, ma Sebastiano cercò di rassicurarlo.

«Non ti preoccupare.»

«Sono un coglione, scusami.»

«No, tranquillo. Prima o poi tanto dovrò iniziare a parlarne, no?»

«A Chiara hai detto qualcosa?»

«No, ma dovrò farlo... Non posso prenderla in giro così. Non possiamo giocare alla famigliola felice per sempre, giusto?»

«Giusto» concordò il rosso, che ora aveva messo su un sorrisetto dispiaciuto.

«Gli altri lo sanno? Di te e Martinelli, intendo.»

«No. Non avrei voluto dirlo a nessuno perché è pur sempre un mio professore, se qualcuno scopre qualcosa siamo spacciati. Ve l'avrei raccontato a scuola finita, ma poi tu hai sentito quella telefonata...»

«Tranquillo, non direi mai niente a nessuno.»

«Sì, lo so. È che mi sarei sentito in colpa a dirlo a te e non agli altri.»

«Quando lo racconterai anche a loro farò finta di non saperne nulla neanch'io, d'accordo?»

«Grazie, Seba» e gli regalò uno di quei sorrisi rassicuranti che lo mettevano sempre di buonumore.

Continuarono a chiacchierare del più e del meno, e quando iniziò a farsi buio Seba salutò il suo amico per tornare a casa. Doveva rimettersi in pari con lo studio se voleva ottenere un buon voto all'esame di maturità.

Uscito dal portone del palazzo fece per dirigersi alla sua macchina, ma la musica a tutto volume proveniente dalla casa di Léon lo fece bloccare sul posto.
Fu più forte di lui, girò su sé stesso e andò davanti al suo cancello, sperando di riuscire a vedere qualcosa attraverso le finestre.

Le luci erano accese e questo gli permise di spiare all'interno, dove riuscì a individuare il francese che ballava in una maniera parecchio stramba, tenendo tra le mani qualcosa che non seppe riconoscere.

La pausa tra una canzone e l'altra gli permise di distinguere un suono quasi soffocato provenire dal retro della casa.
Sebastiano non ci pensò due volte, scavalcò il cancello e fu dall'altra parte nel giro di pochi secondi. 

Fece il giro della casa e andò sul retro, dove trovò Isabelle rannicchiata sul divanetto in vimini del portico, le ginocchia tirate al petto e la testa appoggiata sopra.

«Piccola! Perché stai piangendo?»

Isabelle saltò dalla paura nell'udire la voce di Sebastiano, ma la sua espressione sorpresa durò poco, venendo sostituita in fretta da una di puro odio.
«Vattene via, tu!»

Sebastiano spalancò gli occhi, mentre tentava di capire il motivo di tutta quella rabbia da parte della bambina. In fondo si erano visti solo qualche giorno prima e lei sembrava tranquilla nei suoi confronti.
«Sei arrabbiata con me, per caso?» provò a chiedere in maniera gentile. 

Vide i suoi occhi riempirsi di nuovo di lacrime, e la guardò mortificato mentre annuiva.
«Mi avevi promesso che non gli facevi del male!»

Quelle parole rimbombarono nelle sue orecchie come una mina appena esplosa.
Le aveva sentite forti e chiare, poi era caduto in un silenzio così assordante che quasi gli girava la testa. 

C'era voluto qualche secondo perché il mondo riprendesse a girare, perché lui ricominciasse a sentire la musica che proveniva da dentro casa.

Abbassò lo sguardo, incapace di guardarla in faccia e consapevole di aver infranto la promessa fatta ad una bambina così speciale come era Isabelle.
«Lo so, ma ti giuro che non volevo fargli male e che sto uguale a lui» tentò di difendersi, seppur debolmente.

«E allora glielo devi dire» rispose lei, quasi urlando per farsi sentire sopra a tutto quel baccano.

«Gliel'ho detto, ma tuo fratello è testardo come un mulo quando ci si mette!» Cristo, gli sembrava di essere davanti a una schiera di giudici!

Isabelle sorrise appena, poi con una manina si asciugò le lacrime che gli avevano imbrattato il viso.
«Questo un po' è vero, ma è mio fratello, e adesso è ubriaco e non vuole che sto con lui!»

Quella bambina doveva essere davvero preoccupata per quel testone di Léon.

Seba le sorrise, poi avanzò verso di lei e si accovacciò per essere alla sua stessa altezza.
«Facciamo così: tu ora vai nella tua cameretta a giocare un po', e a Léon ci penso io. Che ne dici?»

Isabelle lo scrutò per qualche secondo, forse cercando di capire se avesse intenzioni buone o cattive, poi decise di affidarsi a lui e annuì, col faccino ancora triste e gli occhi ancora lucidi di lacrimoni.

Sebastiano le lasciò un bacio veloce sulla fronte e insieme entrarono in casa.

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top