47. I Gesti Importanti
C'era una strana emozione che serpeggiava nel corpo di Sebastiano. Poteva sentirla nascere dal cuore, scorrere nel sangue che stava pompando in tutto il corpo e fermarsi lì, nella gola, a formare un nodo che gli rendeva difficile persino respirare.
Era tristezza.
Era insieme a Léon sulla cima della Tour Eiffel, ammiravano la notte che si stagliava su Parigi coprendola col suo mantello scuro, mentre le luci artificiali sembravano mille piccole lucciole impazzite; le loro mani erano intrecciate, gli occhi pieni di meraviglia e il vento freddo che rendeva le loro gote fin troppo rosse.
Quella giornata era stata a dir poco perfetta.
Erano partiti la mattina presto, avevano fatto colazione in una tipica pasticceria della città, assaggiando dolcetti che Seba avrebbe ricordato probabilmente per tutta la vita per quanto erano buoni.
Avevano passeggiato per le vie degli Champs Élysées, erano passati davanti al Louvre e nella Place Des Vosges.
Avevano pranzato in un delizioso ristorantino e poi erano arrivati fino alla basilica Sacrè-Cœur, imponente e meravigliosa.
Avevano passato il pomeriggio a Montmartre tra viuzze colorate, artisti e suggestivi scorci.
Si erano goduti la giornata soleggiata di quel giorno di febbraio mentre facevano un piccolo tour sul Bateau-mouche e si erano fermati a cenare nel bistrot che, secondo Léon, aveva la cucina più buona di tutta Parigi.
Eppure, nonostante quella fosse sicuramente la giornata più bella che avesse mai trascorso in diciott'anni di vita, Sebastiano era triste.
Quel magone lo aveva accompagnato per tutto il giorno nelle vie di Parigi, tra monumenti storici e croissant, tra un bacio e un sorriso.
Era rimasto lì, sul petto, pronto a farsi sentire ogni volta che Sebastiano rideva, ogni volta che gli sembrava di sfiorare la felicità con la punta delle dita.
Aveva deciso quella stessa mattina che avrebbe trascorso il tempo con Léon privo di qualsiasi pensiero, e invece si era fatto prendere dall'angoscia per i giorni che sarebbero arrivati a breve.
Il giorno seguente sarebbero ripartiti per tornare a casa, si sarebbero salutati, e lui avrebbe dovuto fare i conti con la realtà.
Ecco qual era il problema: Seba non era pronto a tornare. Avrebbe voluto che il tempo si fermasse lì, mentre lui e il francese si tenevano per mano su uno dei monumenti più iconici di tutta la Francia.
Ruotò il capo verso di lui quel tanto che bastava per guardarlo un attimo, e lo vide immerso il quel magnifico panorama.
Chissà quanto gli era mancata la sua città.
Chissà quante volte aveva desiderato tornarci, e i ricordi l'avevano bloccato lontano da casa.
E ora era lì per lui.
Léon portò gli occhi nei suoi e gli rivolse un mezzo sorriso, che a Seba parve odorare di malinconia mista a tristezza.
«Torniamo in hotel?» gli chiese, e il biondo annuì.
Passeggiarono senza parlare, godendosi i rumori che la città aveva da offrire: il brusio della gente attorno a loro, il traffico delle auto poco distanti e qualche allarme qua e là. Non era nulla di nuovo, eppure sembrava così diverso...
Una volta in stanza si diresse direttamente in bagno, aprì l'acqua calda nella vasca e iniziò a spogliarsi, mentre Léon se ne stava in piedi appoggiato alla porta.
Seba tirò un sospiro di sollievo quando si immerse in quel tepore, sentendo finalmente il freddo della giornata che si toglieva di dosso.
Era stato bel tempo, è vero, ma era pur sempre febbraio, e a lui pareva di essersi congelato a furia di passeggiare all'aria aperta.
Rilassò le spalle e chiuse gli occhi, prima di sentire lo sciabordio dell'acqua dopo che il biondo lo aveva seguito.
Sorrise con gli occhi ancora chiusi, mentre sentiva la schiena di Léon appoggiarsi con delicatezza sul suo petto.
«Non voglio tornare a casa» confessò a bassa voce, quasi come se si vergognasse di aver detto una cosa del genere.
«Lo so.»
Léon gli prese le braccia e se le strinse attorno al petto, iniziando a posare delicati baci sulla pelle calda del più piccolo.
«Potremmo scappare. Non restiamo in Francia e non torniamo in Italia. Potremmo andare in Germania, o in Svizzera... o in Spagna, se ti piace la movida.»
Léon sorrise, Seba riuscì a intuirlo dal sospiro che esalò.
Era buffo riuscire a riconoscere le sue espressioni dai rumori che emetteva, pensò, mentre anche lui si lasciava andare a qualcosa che venne fuori più come una smorfia.
«E poi?»
«E poi niente, lavoriamo e ci affittiamo un appartamentino vicino alla spiaggia, così quando vogliamo possiamo andare al mare. Tra qualche anno richiamiamo Alex e Andre, che nel frattempo sicuramente ci avranno perdonato per averli abbandonati, e li invitiamo a venirci a trovare.»
«Gli prepariamo il pranzo a base di pesce, dato che saremo vicino alla spiaggia?»
«No, al massimo io gli preparo il pranzo, tu se vuoi puoi apparecchiare.»
Léon scoppiò a ridere, e Sebastiano sentì il cuore riempirsi di gioia mentre la schiena del francese vibrava contro il suo petto.
«Si potrebbe fare, sì.»
«Tua zia e tua sorella ce le portiamo dietro da subito, però» aggiunse il castano, e Léon annuì con ancora sul volto quel bel sorriso che gli faceva stringere gli occhi.
«E Chiara?»
Seba buttò indietro la testa, sbattendola di proposito contro il bordo della vasca.
Una volta, due, tre.
Sembrava che quel movimento ripetuto riuscisse ad attutire un po' il dolore sordo che si portava dietro da un paio di giorni a quella parte.
Vide Léon voltarsi e, mentre ancora fissava il soffitto continuando colpire la ceramica, si sentì afferrare il viso e si ritrovò con gli occhi in quelli grigi dell'altro.
«Sébastien...»
«Io non voglio tornare a casa» gli uscì in un singhiozzo, mentre i lineamenti del bel viso che aveva di fronte a sé diventavano sfocati e le lacrime iniziavano a sfuggire al suo controllo.
Sebastiano piegò la testa in avanti, cercando di nascondersi da quell'attacco di rabbia e tristezza che gli aveva invaso il petto.
Sentì le braccia del più grande circondarlo e appoggiò la fronte sulla sua spalla mentre l'altro lo cullava in un dondolio che riuscì a infondergli un po' di quella calma che era andata perduta.
Rimase in quella posizione per minuti che sembrarono eterni, con le braccia di Léon avvolte al suo corpo e la testa nell'incavo del suo collo.
Anche dopo essere stato a mollo nell'acqua il profumo del biondo era ben percepibile.
Era uno di quegli odori a cui ci si abitua in fretta, che crea dipendenza perché ti fanno sentire a casa.
Ed è proprio così che lui si sentiva nell'abbraccio del più grande: protetto e al sicuro.
Alzò la testa per andare a incontrare quegli occhi che tanto amava, e gli regalò un sorriso che doveva servire a rassicurarlo: aveva avuto un momento di sconforto e non era riuscito a controllarlo, ma ora voleva tornare a onorare la promessa che si era fatto quella mattina, ovvero godersi il tempo che avrebbero trascorso insieme.
Léon ricambiò il sorriso prima di avvicinarsi a lui e coinvolgerlo in uno di quei baci che ancora lo lasciavano senza fiato. Uscirono dalla vasca senza nemmeno doverselo dire, ormai i loro occhi avevano imparato a comprendersi meglio di quanto facessero con le parole, e continuando a baciarsi arrivarono al letto, sul quale si distesero con quell'urgenza che solo chi si desidera davvero ha.
A differenza delle altre volte, in quel momento era Léon a sovrastare Sebastiano.
Stava lasciando una scia di baci lungo tutto il suo corpo che gli creavano brividi e scosse su tutta la pelle, e lui era più agitato che mai.
Sapeva bene quello che voleva, solo non sapeva come chiederlo.
Le carezze del francese si stavano facendo sempre più spinte mentre con la testa scendeva per raggiungere il suo sesso; Seba lo fermò, afferrandolo per le spalle e riportandolo col viso all'altezza del suo.
«Fai l'amore con me, stanotte» trovò il coraggio di dire, dopo aver vagato per un po' negli occhi grigi dell'altro, le gote rosse d'imbarazzo e la voce leggermente tremula.
«Io faccio sempre l'amore con te» si sentì rispondere dal biondo, che aveva messo su un'espressione leggermente confusa.
«N-no» farfugliò abbassando lo sguardo, «Io faccio l'amore con te.»
Rialzò gli occhi per guardare in faccia Léon, per accertarsi che avesse capito quello che gli stava chiedendo, e lo trovò con una smorfia sorpresa, le sopracciglia inarcate e la bocca leggermente aperta.
Sebastiano ci pensava da tutto il pomeriggio.
Stavano passeggiando per arrivare a Montmartre e avevano incontrato una coppia di ragazzi giovani, forse avevano meno di trent'anni, la ragazza teneva nel marsupio un frugoletto di appena un mese, e il ragazzo aveva un braccio attorno alla sua vita e la mano libera ad accarezzare la schiena del piccolo.
Seba li aveva guardati e gli si era stretto lo stomaco, perché aveva pensato che quella era l'immagine di famiglia che si era immaginato per tutta la vita, con entrambi i genitori sorridenti e felici di essere diventati tali.
Non come lui, che appena prima di sapere dell'arrivo di un probabile figlio, aveva deciso di lasciare la sua ragazza, e ora si ritrovava con un peso sul cuore enorme da trascinare.
Il suo umore era cambiato all'improvviso e Léon, dopo essersene accorto, lo aveva portato in un piccolo panificio che faceva dei croissant deliziosi; ne aveva comprato uno per ciascuno e aveva ricominciato a passeggiare per le vie del quartiere.
Léon aveva fatto qualcosa di enorme per lui, quel giorno: aveva messo da parte i suoi ricordi e il suo passato, e lui, quando aveva preso piena consapevolezza di quel suo gesto così importante, aveva deciso di volerne fare uno altrettanto significativo.
Aveva deciso di essere suo completamente, anche nell'atto più intimo del fare l'amore.
«Sebastiano...» il francese l'aveva detto con un tono strano, come se non fosse certo che ci avesse pensato per davvero.
Ma lui ci aveva pensato eccome.
«Fai l'amore con me, Léon» disse ancora, con la voce più decisa questa volta, come quella di chi sa benissimo cosa sta chiedendo.
Lo vide sorridere e sorrise con lui, mentre sentiva le sue labbra e i suoi morsi su ogni centimetro di pelle.
Se quella davvero doveva essere l'ultima notte che avrebbero passato insieme, Sebastiano avrebbe voluto un ricordo che non si sarebbe mai, mai e poi mai cancellato dalla sua mente.
Voleva sapere come ci si sentisse ad appartenere completamente a qualcuno. No, non a qualcuno. A Léon.
Aveva gli occhi pieni di lui in quel momento, e anche quando lo vide alzarsi per prendere il lubrificante non li staccò mai dalla sua figura.
Léon era così: ti ci potevi perdere mentre lo guardavi, perché tutto in lui ti teneva incollato a sé.
Era come una calamita per Sebastiano, e lui se ne era reso conto giorno dopo giorno riempendosi di una consapevolezza che gli faceva quasi paura, tanto era grande.
Tornò da lui nel giro di pochi secondi, e le labbra furono di nuovo sulla sua pelle, regalandogli nuovi sospiri e nuovi brividi.
Seba non era mai stato così agitato in vita sua, sentiva il cuore martellargli nel petto ad un ritmo incontrollabile, mentre baciava la pelle chiara e candida del compagno.
Lo sentì scivolare verso il basso, riempendo di piccoli morsi il collo, il torace, l'inguine.
Lo prese in bocca in un gesto lento, studiato per portare il più piccolo all'esasperazione, e mentre Seba si spingeva contro di lui, sentì le dita del più grande avvicinarsi pericolosamente alla sua apertura, massaggiandola con gesti delicati e decisi allo stesso tempo.
Léon entrò lentamente, mentre Sebastiano irrigidiva tutto il corpo e afferrava il lenzuolo stringendolo con forza nei pugni.
Bruciava un po', ma era abbastanza sopportabile doveva ammettere; lui si era certamente immaginato una cosa molto più dolorosa.
Il biondo continuava a distrarlo leccando la sua erezione, e Sebastiano si sentiva sopraffatto dal piacere intenso che stava provando.
Il bruciore iniziale aveva lasciato posto ad una sensazione di totale appagamento; sensazione che tuttavia finì non appena Léon inserì un secondo dito.
Sebastiano spalancò gli occhi, sorpreso, ma il francese fu bravo a distrarlo nuovamente prendendo in bocca il suo sesso e aumentando il ritmo con cui lo penetrava.
Poi, senza capire come, una scossa gli attraversò il corpo.
Aveva toccato un punto, Léon, che Sebastiano non immaginava nemmeno potesse fargli provare quel piacere così intenso.
Guardò in faccia il compagno, vedendo che aveva messo su un sorrisetto malizioso, mentre lui quasi faticava a respirare. Di nuovo le dita del biondo andarono a sfiorare quella parte di Sebastiano che lo lasciava senza fiato, e lui non poté che pronunciare il suo nome come una sorta di supplica.
Il sorriso del più grande si allargò, mentre risaliva verso di lui e si posizionava tra le sue gambe. Lo sentì puntare l'erezione contro la sua apertura e spingersi dentro, facendogli mozzare completamente il respiro.
«Respira, Sébastien, ora passa» gli disse con voce rassicurante, mentre ricominciava a riempirlo di baci.
Dio, gli sembrava di essere letteralmente spaccato in due.
Era doloroso da morire, e allo stesso tempo era bellissimo sentire Léon dentro di sé.
Fece qualche respiro profondo, e l'espressione dolce che Léon aveva messo su lo aiutò a calmarsi appena, quindi annuì.
Sentì il compagno muoversi piano, mentre con la mano andava a massaggiare di nuovo il suo sesso, regalandogli un minimo di sollievo e facendolo rilassare un po'.
Le prime spinte furono dolore puro, poi avvenne qualcosa di magico.
Sebastiano sentì toccare di nuovo quel punto di prima, quello che lo aveva fatto godere in quella maniera così intensa e inaspettata.
Arcuò la schiena verso Léon e strinse le gambe attorno ai suoi fianchi, mentre il piacere continuava ad invaderlo in maniera sempre più prepotente, sfiancante.
«Oh, cazzo» ringhiò contro la sua spalla, mentre il compagno prendeva un ritmo sempre più serrato.
Era poesia pura quella che stava accadendo in quella stanza: Léon era dentro di lui, si erano fusi in una cosa sola mentre continuavano a guardarsi negli occhi per non perdersi nemmeno un minimo particolare di quella nuova unione.
L'apice arrivò così, all'improvviso, travolgendolo nell'orgasmo più potente che avesse mai provato e obbligandolo a soffocare un grido di puro piacere sulle labbra del più grande.
Sebastiano strinse le braccia attorno al francese più forte che riuscì, mentre una piccola lacrima sfuggiva al suo controllo, piena di tutti i sentimenti che stava provando in quel momento così intimo e importante.
Lo abbracciava forte, sentendolo ancora dentro di sé e sperando di riuscire a ricordare tutte le emozioni belle che aveva provato con lui nel poco tempo che gli era stato concesso, perché una parte di lui sapeva già quale sarebbe stato l'esito del test di Chiara, e sapeva perfettamente che quella era la sua ultima occasione di essere felice.
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