45. Tra Graffi E Consigli
Sebastiano si stava preparando per uscire, nonostante il suo umore fosse sotto terra.
Era venerdì sera, alla fine aveva accettato di partire con Léon il mattino seguente -anche se non aveva idea di dove sarebbero andati- e aveva appuntamento con gli altri ragazzi al famoso pub che avrebbe aperto nella zona industriale della città.
Infilò una maglietta a maniche corte e mise un cardigan sopra, indossò un paio di jeans e le sue solite All Star nere. Si diede un'occhiata allo specchio e vide i segni che le precedenti nottate passate in bianco avevano lasciato. Dio, era un mostro in quegli ultimi giorni.
Chiara, invece, era sempre più raggiante, più bella.
Parlava e scherzava con tutti e aveva negli occhi una luce diversa dal solito, come una piccola scintilla di speranza.
Sebastiano scosse la testa con forza per impedirsi di tornare con la mente a tutta l'intera faccenda: a breve sarebbe uscito e non voleva guastarsi la serata per un qualcosa che ancora non era certo.
Uscì dalla sua stanza e si diresse alla porta d'ingresso, ma la voce di suo fratello lo fermò.
«Dove vai di bello?»
Seba diede un'occhiata veloce a Giorgio, stravaccato sul divano col telecomando in mano tutto intento a fare zapping.
«Al pub nuovo.»
«Quello nella zona industriale?»
«Sì.»
«Okay... Senti, stai bene? Hai una faccia ultimamente...»
Perfetto, ci mancava anche lui a confermare che avesse l'aspetto di uno zombie!
«Sì, sono solo stanco.»
Giorgio annuì, probabilmente poco convinto della risposta data dal fratello, poi appoggiò il telecomando sul tavolino basso posto di fronte a sé e in pochi passi lo raggiunse, lo afferrò per le spalle e lo spinse a sedere sul divano.
«Dimmi cosa stai combinando» affermò in tono deciso.
Seba iniziò a far vagare lo sguardo per tutta la stanza.
Aveva bisogno di parlare con qualcuno, ne aveva un dannato bisogno.
Non poteva farlo con Chiara, non nel modo in cui voleva, per lo meno.
Non poteva parlarne con Léon, perché sapeva già come la pensava a riguardo.
E Alex non aveva ancora trovato il modo per ritagliarsi un'ora solo per loro due.
Giorgio era suo fratello, gli voleva bene, poteva anche provare a confidarsi con lui, no?
In fondo, quando erano più piccoli lo facevano sempre, perché non approfittare del legame che li univa?
«Forse Chiara è incinta» buttò fuori tutto d'un fiato.
Vide suo fratello sbattere le palpebre più e più volte, portarsi una mano alla tempia massaggiandola, e poi esplodere in un sonoro: «Che stronza!»
«Giorgio!»
«Cosa? Seba, dai, è chiaro come il sole che l'ha fatto apposta!»
«Chiara non farebbe mai una cosa del genere, tu non la conosci. Ti sta sul cazzo e quindi pensi che l'abbia fatto apposta, ma non è così, te lo posso garantire» la difese.
«Apri gli occhi! Quella ragazza è tutta casa e chiesa, è logico che vorrebbe avere una famiglia.»
«Non a diciotto anni.»
«Anche a quell'età, invece! Non sarebbe la prima né l'ultima. Come l'ha presa lei?»
Seba portò gli occhi in basso, sapendo quel che il fratello avrebbe pensato dopo la sua risposta.
«In effetti non sembra dispiaciuta... Dice che tanto prima o poi sarebbe successo perché ci amiamo e bla bla bla... Il problema è che io volevo lasciarla» disse a voce bassa, vergognandosi un po' di quel suo stesso pensiero. Cazzo, se avesse trovato il coraggio prima, tutto quello non sarebbe successo!
«Ah sì? E perché?» domandò curioso Giorgio.
«Perché... Mi sto vedendo con un'altra persona» confessò piano.
Suo fratello mise su un sorrisetto malizioso e gli diede un pugno giocoso sulla spalla.
«Hai capito Sebastiano?! Mi sei diventato un Casanova!»
«Giorgio, non scherzare, è una cosa seria. È un casino se è incinta per davvero» si adirò Seba.
«Lo so che adesso la vedi così, ma le soluzioni ci sono sempre» rispose quello facendo spallucce.
«Non tante, in realtà... Mi sentirei una merda a non essere presente come padre, e lei ovviamente non ha la più pallida idea che io volessi lasciarla, quindi sta vivendo in questa bolla rosa dove si immagina già la sua bella famigliola felice. È un casino, cazzo.»
Suo fratello si buttò sul divano accanto a lui e fece un sospiro rassegnato.
«Seba, gli errori si fanno. Questo è un po' più importante degli altri, ma può succedere, purtroppo. Questo non vuol dire che tu debba vivere la tua vita in modo infelice, però» disse guardandolo con l'aria rassicurante che aveva sempre avuto, ai suoi occhi.
Seba gli sorrise, grato di quel tentativo di tirargli su il morale.
«Da quando sei diventato così maturo?»
Lui fece spallucce e roteò la mano in un gesto che voleva minimizzare.
«Da sempre, ma dispenso le mie perle di saggezza poco alla volta, altrimenti ci fate l'abitudine e venite rompermi i coglioni di continuo.»
Il più piccolo scoppiò a ridere, erano giorni che non lo faceva e gli era decisamente mancato.
Diede una pacca sulla gamba di suo fratello e si alzò, pronto per uscire di casa e raggiungere i suoi amici al pub.
«Ci vediamo domani... E grazie» disse rivolgendogli un sorriso sincero.
Giorgio gli fece un occhiolino e tornò al suo zapping in tv.
Il pub aveva tutta l'aria di essere stato allestito in un vero e proprio ex magazzino.
Il fabbricato era enorme e di un colore asettico, non tanto diverso dalle fabbriche lì intorno.
All'interno lo stile era prettamente industriale: muri in mattoni, tavoli e sedie in legno, impianti di ventilazione con tubazione a vista e grandi finestre.
Seba dovette ammettere che era davvero un gran bel posto, nonostante l'esterno non lo avesse entusiasmato.
Era già pieno zeppo di gente e la musica pompava ad alto volume le canzoni più in voga del momento, mentre camerieri con divise da meccanico facevano avanti e indietro con vassoi pieni di bicchieri e boccali.
Seba strizzò gli occhi per individuare il tavolo al quale erano seduti i suoi amici; era sicuro che fossero già all'interno, visto che la chiacchierata con suo fratello lo aveva fatto tardare un po'.
La figura di Léon fece capolino dietro una tavolata di ragazzi, e lui si diresse verso il gruppo.
«Ciao, amore» lo salutò Chiara, spostando la giacca dalla sedia che aveva tenuto occupata fino ad allora.
Seba si mise a sedere tra lei e Alex, poi salutò tutti i suoi amici.
Si concesse di dare un'occhiata al francese, seduto di fronte a lui, prima di decidere di prendere parte alla conversazione che gli altri stavano intrattenendo da prima del suo arrivo.
Era particolarmente bello quella sera ma, a dire il vero, non ne era poi molto sorpreso... Ultimamente lo vedeva decisamente più attraente del solito. Chissà, forse era perché sapeva che da lì a poco tutto quanto sarebbe potuto cambiare per loro, e questo glielo faceva apparire sotto una luce diversa.
I capelli erano sparati in tutte le direzioni, come sempre, e il maglione nero a collo alto faceva un contrasto spettacolare con la sua pelle chiara.
Gli occhi erano sempre gli stessi, quelli dentro cui amava perdersi e ritrovarsi negli attimi che riuscivano a ritagliarsi per loro due, e quella sera erano decisamente più grigi del solito, come un cielo che aveva appena pianto tutte le lacrime del mondo.
Léon puntò lo sguardo su di lui, accennando un breve occhiolino che fece arrossire il più piccolo e gli fece abbassare gli occhi sul tavolo.
Non si sarebbe mai abituato all'effetto che aveva il biondo su di lui; non sarebbe mai stato in grado di tenere a bada quella voglia di farlo suo non appena lo guardava, o gli sorrideva.
Cercò di distrarsi ascoltando i racconti delle ultime conquiste di Andrea e pensando che avrebbero avuto due giorni tutti per loro dal mattino successivo, ma il gesto di Léon lo distrasse: aveva tirato fuori dalla tasca la solita scatolina con gli stupidi legnetti di liquerizia e ne aveva portato uno alla bocca.
Mentre i ragazzi erano impegnati a prendere in giro Andrea, che parlava del piano che avrebbe messo in atto per uscire con la tipa del momento, lui cercava di mascherare l'erezione che gli stava crescendo nei pantaloni, agitandosi sulla sedia e provocando un sorrisetto malizioso sul volto del francese.
Léon lo guardava dritto negli occhi mentre giocherellava col bastoncino, facendolo roteare tra le labbra e stuzzicandolo con la lingua.
Dio, Sebastiano credeva di impazzire.
Si alzò di scatto, stando ben attento a tirare il cardigan verso il basso per nascondere il rigonfiamento nei jeans, e avvisò gli altri che sarebbe andato a fumare una sigaretta.
Camminò spedito verso l'uscita e, una volta fuori, si concesse di prendere una boccata d'aria fresca.
Tirò fuori il pacchetto di Marlboro dalla tasca posteriore dei jeans e ne accese una godendosi il primo tiro, il suo preferito.
Sentì la porta alle sue spalle aprirsi e richiudersi, e sulle labbra gli spuntò un sorrisetto.
«Sei uno stronzo» disse senza nemmeno voltarsi.
Il suo profumo inconfondibile era stato sufficiente a far sì che lo riconoscesse senza doverlo guardare.
Lo sentì ridacchiare e fermarsi a pochi millimetri dalla sua schiena.
Léon parlò direttamente sulla sua pelle, provocandogli un brivido che si riverberò in tutto il corpo.
«Ti fermi a dormire da me, stanotte?» chiese mentre con le mani afferrava i suoi fianchi e con la punta della lingua gli lambiva l'orecchio.
Un tocco leggero che fece serrare gli occhi a Sebastiano nel tentativo di infondersi un minimo di autocontrollo.
«Sì.»
Non era stata una vera e propria risposta, in realtà... Era stato più un gemito sommesso, incastrato tra la gola e le labbra.
«Sicuro di riuscire a resistere ancora qualche ora?» e le mani del francese strinsero la sua carne un po' di più, quel tanto che bastava a spingerlo al punto di non ritorno.
«No» affermò secco Seba, mentre si girava e afferrava il braccio di Léon, trascinandolo con sé nella parte posteriore dell'edificio, al riparo da sguardi e orecchie indiscreti.
Trovò una piccola rientranza nella parete -probabilmente un ingresso secondario per il carico e lo scarico merci- in cui spinse Léon, facendolo aderire con le spalle al muro.
Si fiondò sulle sue labbra come fossero acqua nel deserto, assaporando ogni secondo di quel bacio bisognoso, urgente.
Le mani del più grande iniziarono a vagare sul suo corpo, mentre spingeva il bacino contro il suo accendendo ancora di più quel desiderio che era già diventato troppo per poterlo contenere.
Doveva fare l'amore con lui subito, immediatamente, se non voleva scoppiare da un momento all'altro.
Slacciò i bottoni dei jeans di Léon, mentre lui faceva lo stesso coi suoi, e li calò fin sotto il sedere, iniziando a strizzare quelle natiche che tanto desiderava.
Portò una mano alla sua bocca, ma Léon gliela schiaffeggiò prima di voltarsi e di dargli le spalle.
«Non c'è tempo, e io ti voglio adesso» disse col respiro accelerato.
«Ma-» tentò protestare Sebastiano.
«Muoviti» ribatté lui in risposta, iniziando a strusciarsi sulla sua erezione e mandando l'eccitazione alle stelle.
Sebastiano non lo ascoltò, si bagnò un dito e lo portò all'apertura di Léon, entrando lentamente dentro di lui che aveva iniziato a mugolare in un mix di disapprovazione e piacere.
Non voleva fargli male, e preferiva aspettare ancora qualche minuto piuttosto che assecondare quel bisogno impellente che sentiva di lui in quel momento.
Inserì un secondo dito, mentre sentiva la mano di Léon allungarsi all'indietro per cercare la sua erezione e iniziare a massaggiarla.
Un gemito più forte degli altri uscì dalla gola del francese, facendogli capire che fosse pronto.
Sebastiano ritirò la mano e si fece spazio dentro di lui penetrandolo lentamente, mentre lo sentiva irrigidire le spalle e la schiena.
Era perfetto.
Essere dentro Léon era qualcosa che non avrebbe saputo spiegare a parole, tanto era bello.
Capiva il suo corpo ancora meglio di quanto capisse il proprio, sapeva cogliere ogni sospiro, ogni brivido, ogni gemito.
Attese qualche secondo per fare in modo che si abituasse all'intrusione, e quando sentì il più grande iniziare a muovere leggermente il bacino diede il via a quell'unione che si era fatta necessaria.
Avanti e indietro con stoccate lente ma decise, mentre soffocava ogni ansimo nell'incavo del collo di Léon, lasciando scie di baci tra la pelle e il tessuto del maglione.
La mano del più grande si infilò tra i suoi capelli, andando a tirarli leggermente e facendogli capire che era giunto il momento di accelerare il ritmo.
Seba non si fece pregare, d'altronde aveva la sensazione che sarebbe scoppiato se avesse continuato con quei movimenti lenti, fatti solo per portare l'altro al limite della sopportazione, e aumentò la velocità e l'intensità delle stoccate, mentre si godeva ogni singolo istante di quel momento perfetto.
Accettò le labbra che Léon gli offrì girando leggermente la testa, e si perse in quel bacio bisognoso.
L'orgasmo li colse quasi nello stesso istante, mentre il biondo soffocava un grido col dorso della mano e Seba lo faceva sulla sua spalla.
Rimasero così per un po', giusto il tempo di tornare a respirare normalmente, e quando il castano si sfilò dal più grande, questo si girò verso di lui cogliendolo di sorpresa con l'ennesimo bacio.
Sebastiano riaprì gli occhi lentamente, come se l'immagine di Léon tutta insieme fosse troppo da sopportare per lui; come se avesse bisogno di guardarlo solo un po' alla volta, tanto era bello.
Si sistemarono meglio che riuscirono e, sorridendo, tornarono verso l'entrata del pub.
«Che hai fatto al collo?» chiese Chiara non appena Sebastiano si accomodò di fianco a lei, il sorriso sulle labbra e la testa ancora nel retro del pub, dove aveva appena fatto l'amore con Léon.
«Cosa?» domandò confuso.
«Qui», rispose lei, tracciando una linea con un tocco leggero dell'indice, «Hai un graffio.»
«Oh... Non lo so, forse me lo sono fatto prima, mentre ero sotto la doccia. Devo cambiare quella cazzo di spugna, ormai è vecchia» affermò mentre con una mano copriva goffamente il punto che lei le aveva indicato.
Chiara sorrise e annuì, prima di posargli un leggero bacio sulla guancia.
Seba alzò gli occhi verso il francese che, con un ghigno soddisfatto, si stava godendo la scena.
Scosse appena la testa mentre un sorrisetto gli affiorava sulle labbra e riprese a parlare coi suoi amici.
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