44. Confronti
Quella notte Chiara rimase a dormire a casa di Sebastiano.
Glielo aveva proposto lei, voleva parlare col suo ragazzo e probabilmente cercava un po' di sostengo, di conforto.
Peccato che Seba fosse più agitato di lei.
Per tutta la sera -e durante il tragitto in macchina- non aveva fatto altro che pensare a quale fosse il percorso che avrebbe fatto soffrire meno persone, e non era venuto a capo di niente.
Comunque la si girasse, qualcuno sarebbe stato male, e la colpa era solo e unicamente sua.
Era convinto che fosse stato il non aver capito prima i sentimenti che provava per Léon a farlo finire in quella pessima situazione.
Certo, era anche vero che ancora non aveva avuto il coraggio di parlare con Chiara per dirle che avrebbe voluto lasciarla, ma in fondo tutta la storia col francese era iniziata solo una settimana prima, e lui si era ritrovato sopraffatto da tutte le novità che questa aveva portato con sé.
Una volta in camera, Seba le prestò una tuta e iniziò a cambiarsi per potersi mettere a letto. Era sfinito, la notizia della possibile gravidanza di Chiara lo aveva devastato e non trovava le forze nemmeno per parlare un po' con lei, per starle vicino come invece avrebbe meritato.
La guardò di sottecchi mentre infilava un paio dei suoi pantaloni e si chiese come avesse fatto a non capire prima che lei non era la persona adatta a lui.
Chiara non lo attraeva. Era bellissima, certo, ma guardandola non aveva voglia di saltarle addosso. Quando la baciava non sentiva il bisogno di approfondire il contatto.
Ogni volta che avevano fatto l'amore aveva definito la loro unione come una cosa carina, ma nulla che andasse oltre a quello.
Con Léon era tutta un'altra storia: ogni volta che si guardavano, ogni volta che si toccavano, lui sentiva crescere dentro la voglia di avere di più, di osare di più.
Non era gay -o almeno non pensava di esserlo- dato che si era guardato attorno nell'ultimo periodo e non aveva visto nessuno che gli interessasse particolarmente. Sapeva sicuramente riconoscere quando un ragazzo era bello, ma nessuno lo faceva sentire come se avesse lo stomaco capovolto solo con uno sguardo; nessuno era in grado di farlo arrossire così solo con un mezzo sorriso; nessuno era Léon.
E ora rischiava che il pessimo tempismo che aveva avuto, mandasse all'aria la sua occasione di essere felice per davvero; perché fino a quel momento lui aveva solo creduto di esserlo, di questo era certo.
«Come stai?» gli chiese Chiara, subito dopo che si furono stesi a letto.
«Sono un po'... sconvolto, a dire il vero» confessò a bassa voce.
«Anche io» ammise lei, mentre gli occhioni blu cercavano i suoi.
Seba la guardò, e vide sul suo volto le mille preoccupazioni che le stavano affollando la mente.
Portò un braccio dietro la sua nuca e l'attirò a sé, posandogli un delicato bacio tra i capelli.
«Stai tranquilla... Siamo sempre stati attenti, no? Vedrai che sicuramente è solo un ritardo, niente di cui preoccuparsi.»
La sentì mentre rilassava appena le spalle, tenute rigide fino a quel momento, e annuiva appena.
Chiacchierarono del più e del meno per un'altra oretta buona, cercando di distrarsi con argomenti frivoli, poi entrambi si arresero al sonno.
La mattina seguente si risvegliarono non appena l'allarme di Sebastiano iniziò a suonare, ma mentre lui si sentiva uno straccio per aver dormito poco e male, lei sembrava essere fresca come una rosa.
Decisero che per quel giorno si sarebbero concessi una bella colazione al bar, così si avviarono insieme alla caffetteria sotto ai portici, la preferita di Sebastiano.
La fila era, come al solito, interminabile, e così il castano si concesse di dare un'occhiata alla sua ragazza.
C'era qualcosa che decisamente non lo convinceva: era tranquilla, sorridente, addirittura aveva perso tempo a truccarsi. Come poteva essere così calma, quando lui stava per diventare pazzo?
Andarono a sedersi ad uno dei tavolini esterni, e Chiara addentò la sua brioche al cioccolato.
«Stanotte ho pensato a una cosa» farfugliò con la bocca ancora piena.
«Cosa?»
Chiara si ripulì con un tovagliolino, prese un sorso di succo alla pesca e poi guardò Sebastiano sorridendo, mentre una strana luce le invadeva gli occhi.
«Io e te ci amiamo, stiamo insieme da ormai tre anni, nessuno dei due ha intenzione di andare all'università. Alla fine, se anche fossi incinta, sarebbe comunque un qualcosa che sarebbe accaduto prima o poi, no?»
A Seba si gelò il sangue nelle vene, mentre sbarrava gli occhi con un'incredulità che non pensava neanche di poter provare.
«Sì, ma... Abbiamo solo diciott'anni, è troppo presto» disse tra lo sconcerto generale.
«E cosa proponi di fare, quindi?»
«Aspettiamo e vediamo se ti arriva il ciclo.»
«Banana! Intendo nel caso non arrivasse...»
Seba sorrise a quella parola: la utilizzavano sempre da bambini, per sottolineare una cosa ovvia, e col tempo Chiara l'aveva mantenuta, mentre lui si era aggiornato con un più moderno "grazie al cazzo".
Ma loro non erano più due bambini, e il dilemma che stavano affrontando ne era la prova.
«Non lo so, Chia'... Perché, tu che cosa pensavi di fare?»
La vide abbassare gli occhi, leggermente in imbarazzo, mentre un timido sorriso si affacciava tra i suoi lineamenti delicati.
«Io ho sempre desiderato una famiglia, dei bambini... Lo sai» confessò con l'emozione che le faceva tremare un po' la voce.
«Ma... I tuoi genitori? Vanno sempre in chiesa, un figlio fuori dal matrimonio potrebbe essere motivo di litigi tra voi» tentò. Era la sua ultima speranza e ci si aggrappò con tutto sé stesso.
«Ma figurati, mio fratello è gay dichiarato! La chiesa fino a poco tempo fa condannava l'omosessualità, eppure loro lo hanno sempre accettato. Accetterebbero anche questo... E poi potremmo anche pensare di sposarci!»
Sebastiano si strozzò con l'ultimo sorso di caffè e iniziò a tossire così forte, che più persone si voltarono verso la sua direzione.
«Okay, calmati! Magari al matrimonio ci penseremo, mh?» lo rassicurò lei con l'aria un po' troppo divertita.
«Sì, okay.»
Finirono di fare colazione in silenzio, Chiara con un sorrisetto sul viso e Seba con un mattone sul cuore.
Si avviarono a scuola pochi minuti dopo aver consumato il pasto, e il castano sussultò leggermente quando sentì la mano della ragazza intrecciarsi alla sua.
All'improvviso gli sembrava una cosa sbagliata, una mancanza di rispetto nei confronti di Léon, di Chiara e persino di sé stesso.
Non era giusto tenerle la mano come faceva quando ancora era convinto di amarla.
Non era giusto arrivare dai loro amici così, come se fossero la coppia più felice del mondo.
Allo stesso tempo, però, sapeva che non era giusto abbandonarla in un momento così delicato.
«Allora, come stanno i futuri genitori?»
La voce di Andrea lo strappò dai suoi pensieri, e Seba alzò gli occhi giusto in tempo per vedere quelli di Léon abbassarsi al suolo.
Gli stava facendo male, lo sapeva.
Gli stava facendo male e si sentiva uno schifo per come stava affrontando l'intera faccenda. Solo due giorni prima il francese aveva trovato il coraggio di raccontargli del suo passato, si era fidato di lui, e Seba lo aveva "abbandonato".
Chissà se aveva avuto gli incubi quella notte.
Chissà se era riuscito a dormire almeno un paio d'ore.
Chissà se aveva rimuginato su tutta la situazione come aveva fatto lui stesso.
«Seba è nel panico più totale. Abbiamo deciso che lunedì faremo il test» affermò Chiara con aria compiaciuta.
Léon alzò la testa di scatto, come se all'improvviso avesse realizzato la portata di quella frase, e Sebastiano si sentì trafiggere dal suo sguardo.
Era come se gli stesse chiedendo se fosse tutto vero, se davvero si fossero infilati in quel gran casino.
Si limitò ad annuire rivolto ad Andrea, e tutti insieme si avviarono verso l'entrata della scuola.
Al cambio della seconda ora Sebastiano si stiracchiò sulla sua sedia, con tanto di sbadiglio mal celato e sospiro finale.
Dio, era distrutto.
«Allora, come stai?» Alex ne approfittò per rivolgergli la parola, dato che quella mattina era entrato un'ora dopo e ancora non aveva avuto modo di parlargli.
Seba lo guardò e vide sul suo volto la preoccupazione che il suo migliore amico aveva per lui.
«Una merda» rispose soltanto.
«Vedrai che non è niente. Capita a tutte le ragazze di avere un ritardo, sicuramente Chiara non è incinta.»
«A lei non era mai capitato! È sempre stata puntuale come un orologio. Sono preoccupato, cazzo» mormorò a bassa voce.
«Léon come l'ha presa?»
Seba sbarrò gli occhi a quella domanda, e il suo amico fece un gesto vago con la mano, come a dire che avrebbero parlato dopo del fatto che lui sapesse, o avesse capito.
«Non lo so, non ho ancora avuto modo di parlarci.»
«Beh, dovresti.»
«Lo so, ma stanotte Chiara si è voluta fermare a dormire da me, non me la sono sentita di dirle no... È pur sempre la mia migliore amica» tentò di giustificarsi.
«Con le migliori amiche non si fanno figli.»
«Grazie al cazzo, lo so anch'io questo!»
Alex gli sorrise, mettendo su quell'aria da fratello maggiore che gli veniva fuori ogni tanto, quando faceva la paternale a qualcuno ma allo stesso tempo cercava di essere comprensivo.
«Vedrai che si sistemerà tutto, però intanto devi cercare di stare vicino anche a lui, si sentirà una merda...»
«Ci sentiamo allo stesso modo, allora» borbottò Seba.
Alex gli diede una pacca sulla spalla, poi tornò a guardare la cattedra alla quale si era appena accomodato il professore di matematica.
Dopo neanche due minuti di spiegazione, Seba sentì il cellulare vibrare in tasca; lo prese e vide il nome di Léon spuntare tra le chat di WhatsApp.
Da Léon:
Vieni ai bagni del terzo piano?
A Léon:
Arrivo.
Alzò la mano e chiese il permesso per uscire, e quando il professore glielo concesse si fiondò lungo il corridoio che portava alle scale.
Fece le due rampe di corsa e quando aprì la porta del bagno trovò Léon con la schiena appoggiata alla finestra, le mani infilate in tasca e un piede che batteva freneticamente a terra.
Scattò con lo sguardo su di lui non appena sentì il rumore del battente che si richiudeva e gli regalò un piccolo sorriso che fece fare una capriola al cuore del castano.
Seba in pochi passi fu davanti a lui e si avventò sulle sue labbra, mentre una mano si intrufolava nei suoi capelli e l'altra gli cingeva la vita.
Non aveva nemmeno pensato che sarebbe potuto entrare qualcuno da un momento all'altro, che si trovassero nei bagni della scuola. Aveva bisogno di baciare Léon e l'aveva fatto. Si era sentito abbracciare dal più grande e si era rilassato immediatamente, come se una dose di calmante gli fosse stata iniettata direttamente in vena.
«Dobbiamo partire» si sentì dire non appena si staccarono uno dall'altro.
«Cosa?»
«Questo week end. Dobbiamo partire. Prima che la bomba esploda definitivamente. Partiamo sabato mattina e torniamo domenica.»
«Ma-»
«Niente ma» lo interruppe Léon, «se Chiara farà il test e risulterà positivo, io e te chiuderemo tutto, perché è giusto così. Per questo voglio partire prima, voglio avere un week end per noi.»
«Non è detto che sia incinta, e anche se lo fosse-» ma di nuovo Léon non gli fece finire la frase.
«Se lo fosse tu ti prenderesti le tue responsabilità, perché sei fatto così e perché è la cosa giusta da fare, lo sappiamo tutti e due.»
Il nodo che si era formato in gola gli rendeva faticoso persino respirare. Non era così che aveva immaginato sarebbero andate le cose; non era così che aveva pensato di affrontarle.
Certo, non avrebbe mai e poi mai abbandonato Chiara in un momento tanto delicato, ma poteva essere un buon padre pur non stando con lei.
«Abbiamo superato gli anni '50 da un pezzo, Léon. Al giorno d'oggi milioni di bambini crescono con i genitori separati! Non dobbiamo per forza essere una coppia per essere bravi genitori.»
Léon mise su un sorriso triste, uno di quelli che faceva venire voglia a Sebastiano di prenderlo e portarlo via da tutte le cose brutte del mondo.
«Lo so, ma io ci sono cresciuto senza un padre, e fa davvero schifo.»
«Tuo padre era morto, c'è una bella differenza.»
«No, invece. Mio padre non c'era, punto e basta. Credi che mi sarebbe bastato vederlo due volte alla settimana? Certo, lo avrei preferito, ma avrebbe fatto schifo comunque. E poi saresti pronto a dire a tuo figlio che hai un ragazzo?»
Seba sgranò gli occhi a quella domanda.
Sarebbe stato pronto?
Lui sì, non aveva dubbi su questo, ma il mondo esterno come avrebbe preso la notizia? Come avrebbero trattato suo figlio se avessero saputo che suo padre stava con un altro uomo? Quanto lo avrebbero discriminato, preso in giro, bullizzato?
Lui ormai aveva le spalle larghe, poteva tranquillamente fregarsene dei giudizi degli altri, ma un bambino sarebbe riuscito a superare gli sguardi cattivi della gente?
Seba sarebbe riuscito a perdonarsi di aver appiccicato una "vergogna" così grande al suo bambino? E lui? Lo avrebbe perdonato per avergli reso la vita così difficile già da piccolo?
«Io ti capisco, davvero... Credo che non riuscirei ad affrontare una situazione come la tua in un modo poi tanto diverso. Ma non posso neanche vivere nell'ombra della tua famiglia, capisci?»
Sì che capiva, Sebastiano.
Léon era destinato a splendere, a brillare.
Era sole e stelle nello stesso momento, fatto apposta per illuminare i giorni e le notti.
Aveva già avuto abbastanza buio nella sua vita, non meritava di certo qualcuno che lo tenesse nascosto dal mondo solo per paura o per codardia.
Seba annuì piano, come se avesse paura che facendolo in modo più deciso l'altro avrebbe potuto pensare che fosse felice di quel tacito assenso.
Perché non c'era niente di più sbagliato: Sebastiano, in quel momento, era davvero lontano dall'idea che si era fatto della felicità.
Spazio S.
Ssshh, non dite nulla, sono già abbastanza arrabbiata e avvilita 😩
Ci rileggiamo domenica,
Un bacio, S.
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