36. Sensazioni

«Ti dico che sta cambiando qualcosa... Lo sento diverso, distante.»

Chiara e Giada erano appena tornate dal cinema, era la sera di San Valentino e Sebastiano non aveva neanche accennato a volersi fermare a dormire da lei.
C'era qualcosa di strano in quel periodo, la ragazza sembrava avvertirlo fin sotto la pelle. 

Non era mai stato un amore passionale il loro, era cresciuto pian piano in seguito a un'amicizia durata anni e si era trasformato in un sentimento ben diverso.

Eppure, in quelle ultime settimane, Chiara sentiva che qualcosa stava mutando, le sembrava di essere spettatrice di un cambiamento evidente senza esserne parte, senza poter fare nulla per fermare tutto quel caos attorno a sé.

Giada l'aveva riaccompagnata a casa e ora erano ferme nella sua macchina a snocciolare dubbi e ipotesi, mentre in sottofondo la radio mandava le canzoni del momento.

«Forse è solo una tua impressione... Insomma, stiamo pur sempre parlando di Seba! È uno dei ragazzi più seri che io conosca.»

Chiara abbassò lo sguardo per sfuggire a quello della sua migliore amica. Stava cercando di farla ragionare, ma sapeva bene che era un modo per consolarla.

Scosse la testa piano, poi riportò gli occhi davanti a sé, sulla strada di casa sua.
«Non credo... Forse si è stufato. In fondo siamo giovani e stiamo insieme da quasi tre anni. Magari vuole fare altre esperienze.»

Giada scoppiò in una risata.
«Ma per favore! Dici sempre che è speciale perché non avete bisogno del sesso nel vostro rapporto.»

«Magari lui vorrebbe farlo più spesso e non trova il coraggio di dirmelo, oppure non ha più interesse a farlo con me...» Chiara sciorinò quei dubbi con le guance rosse d'imbarazzo. Anche se Giada era la sua migliore amica e avevano parlato spesso di quegli argomenti, farlo le metteva sempre addosso una certa tensione.

«Tesoro, sei bellissima! Hai un fisico invidiabile, due occhi che sembrano un pezzo di cielo e i capelli biondo naturale... Per non parlare della tua bellezza interiore! Cosa potrebbe pretendere di più?» Giada accompagnò quella frase con una leggera carezza sul braccio, un piccolo tentativo per infonderle un po' più di sicurezza.

«Perché non ti prendi un po' di tempo per stare solo con lui? Potreste farvi un week end insieme da qualche parte. Alle terme, per esempio! Salta la parrocchia per una volta e fagli una bella sorpresa! Rapiscilo per due giorni e vedi come va.»

Chiara scosse la testa in modo deciso: era impensabile per lei saltare l'appuntamento con i bambini del catechismo. Facevano affidamento su di lei e quando era presente sembravano essere tutti molto più attenti e obbedienti.
«Ho preso un impegno e non posso saltarlo così, per un capriccio.»

Giada sospirò e scosse la testa, sicuramente in disaccordo con lei.
«Non è un capriccio, sei preoccupata per la tua storia. Dovresti fare qualcosa per capire bene la situazione prima che sia tardi, e saltare un incontro col catechismo non mi sembra un sacrificio così grande.»

Chiara arricciò le labbra in una smorfia poco convinta, poi le sorrise, grata che la sua amica stesse cercando una soluzione per aiutarla.
«Vedremo... Qualcosa mi inventerò. I tuoi piani per conquistare il francesino, invece?»

Giada emise un sospiro di pura frustrazione.
«Uno schifo. Al ritorno in gita mi sono intrufolata nel suo letto e ha preferito dormire con Seba, fai un po' tu. Anzi, forse è di Léon che dovresti preoccuparti!»

Le ragazze scoppiarono a ridere tanto da arrivare a tenersi entrambe la pancia, ad un certo punto.

«Oddio, t'immagini?» più Chiara immaginava le scene, più la risata si amplificava.

Quando riuscirono a tornare serie riprese il discorso con la sua amica.
«E comunque Léon sembra troppo un gentiluomo per dormire con te su una cuccetta squallida di un treno. Devi creare un'atmosfera più romantica, più adatta.»

«Chia', ti voglio bene e sei la migliore amica che potrei mai desiderare, ma siamo realiste: ci conosciamo ormai da otto mesi, se gli fosse interessato qualcosa la situazione si sarebbe creata da sé. Chissà, magari in Francia ha lasciato il suo grande amore... O forse non gli piaccio punto e basta» disse facendo spallucce e mettendo su una maschera d'indifferenza.

Ci provò, per lo meno, ma Chiara la conosceva troppo bene e sapeva perfettamente quanto quell'idea la rendesse triste.

Giada aveva trovato in Léon una perfetta via di fuga, un modo per non pensare più al suo grande amore; un amore che l'aveva quasi logorata.

Chiara aveva visto bene i graffi che avevano lacerato pian piano il cuore della sua amica e si era maledetta spesso per non essere in grado di aiutarla. Ma quando ti innamori della persona sbagliata non c'è nulla che tu possa fare per uscirne illesa, e lei non aveva certo fatto eccezione.

Nei mesi precedenti all'arrivo del francese, Giada si era pian piano consumata dall'interno, come se il sentimento che provava fosse un tarlo che le sgranocchiava le ossa e la luce che da sempre la contraddistingueva.

Si era quasi annientata, ma era stata bravissima a nascondere tutto agli occhi dei loro amici.
L'unica a sapere quali fossero i suoi tormenti interiori era proprio lei, la sua migliore amica e confidente. 

Si erano trovate spesso, durante la notte, a parlare di possibili strategie per mettere un punto a quell'amore maledetto, e ogni volta si erano addormentate senza l'ombra di una soluzione.

Poi era arrivato Léon, e Giada ci si era aggrappata con tutte le forze.

Chiara fissò i suoi occhi blu in quelli nocciola dell'amica e le bastò vedere quel luccichio di delusione per capire che non era servito a nulla: lei non lo aveva ancora dimenticato del tutto.

«E con lui, invece, come-» azzardò a chiedere, ma lei non le fece nemmeno finire la frase.

«Non c'è più nessun lui. Non ci deve assolutamente essere» rispose con la fermezza di chi vuole assolutamente convincersi di un qualcosa di impossibile.

Chiara si limitò ad annuire e appoggiò una mano su quel viso che sembrava di porcellana tanto era bello.
«D'accordo, non ci sarà più» le sorrise.

Anche Giada si sforzò di sollevare appena gli angoli della bocca, ma gli occhioni lucidi tradirono quell'affermazione convinta di qualche secondo prima.

«Ora entro, altrimenti i miei chi li sente? Ci aggiorniamo domani?»

La sua amica annuì prima di allungarsi verso di lei e stamparle un bacio di riconoscenza sulla guancia.

Il giorno dopo Chiara si svegliò di buon'ora per prepararsi e andare alla messa delle 10:30, era quella della mattina dedicata ai ragazzi della parrocchia e lei non aveva mai mancato nemmeno un incontro con loro. 

Si fece una doccia al volo e infilò un paio di jeans e un maglioncino nero sotto al cappotto pesante. Era metà febbraio e c'era il sole fuori, ma le temperature erano ancora troppo rigide per i suoi gusti.

Uscì di casa dopo aver salutato i suoi e si incamminò alla chiesa, che distava solo poche centinaia di metri.

«Ehi, bionda!»

Si voltò non appena si sentì chiamare e vide Paolo, col suo solito sorriso gentile, che aveva appena affrettato il passo per raggiungerla.
Paolo era un altro aiuto catechista, si conoscevano da ormai un paio d'anni e Chiara si era da subito trovata in sintonia con lui.

«Come mai a piedi, oggi?» gli chiese perplessa, in fondo abitava a quasi un chilometro da lì.

Lui fece spallucce e finalmente arrivò al suo fianco, si abbassò appena per scoccarle un bacio sulla guancia e riprese a camminare in direzione della chiesa.
«Così... È una bella giornata e avevo voglia di una passeggiata» disse alzando gli occhi verso il cielo limpido.

Era un bel ragazzo, Paolo. Alto, biondo e con gli occhi più chiari che lei avesse mai visto. Di un azzurro così intenso che ogni tanto le sembravano quasi innaturali. E soprattutto era gentile: Chiara non ricordava nemmeno quante volte l'avesse aiutata coi ragazzi della parrocchia, era ben voluto da tutti e sapeva come farsi rispettare da quei piccoli diavoletti.

«Tutto bene? Sembri strana...» si sentì dire a un certo punto.

Chiara scosse la testa, quella notte effettivamente aveva dormito pochissimo mentre pensava e ripensava alla sua storia con Sebastiano, ma non le sembrava un argomento da tirare fuori proprio con lui e, soprattutto, voleva provare a staccare la testa per un po'.

«Ho solo dormito male stanotte, niente di ché» rispose cercando di mantenere un tono vago.

Si sentì afferrare per un braccio e si trovò col ragazzo dagli occhi azzurri a pochi centimetri dal viso.
«Se hai qualche problema puoi parlarmene... Lo sai, vero?»

Le iridi di quel ragazzo sembravano volerla scrutare fin nel profondo e Chiara sentì montare nel petto un'emozione che non aveva mai provato insieme a lui: agitazione.

Era troppo vicino e aveva usato un tono troppo intimo per i suoi gusti. Erano diventati amici in quegli anni, è vero, ma non così tanto da prendersi certe confidenze.
Eppure la forza di allontanarlo non riusciva a trovarla, in quel momento.

Si limitò ad annuire appena e lo vide sorridere con quell'espressione gentile che si portava sempre appresso, prima di ricominciare a camminare.

«Oggi pomeriggio c'è il cinema per i ragazzi nella sala parrocchiale, vieni anche tu?»

Chiara sorrise al pensiero; erano state lei e un'altra ragazza a proporre quell'iniziativa. Don Carlo cercava sempre di studiare cose nuove che avvicinassero i bambini alla chiesa per fargli capire che quello era un'ambiente non solo di regole, ma anche di divertimento e condivisione.

Quando gli avevano proposto di dedicare una domenica al mese alla proiezione di un cartone animato o un film, il Don era stato entusiasta.

«Certo, sarò l'addetta ai biglietti, poi passerò al bar se avranno bisogno.»

Paolo le scoccò un sorrisetto di sfida.
«Ci sarò io al bar, quindi sei in una botte di ferro. Dopo aver chiuso la biglietteria potrai goderti il film.»

Chiara scoppiò a ridere scuotendo la testa; il modo che aveva Paolo di fingersi uno che si dava delle arie la divertiva sempre.
«Capirai, oggi danno "Cattivissimo me" l'ho visto solo quelle quaranta volte insieme a Seba.»

Paolo arcuò le sopracciglia in un'espressione sorpresa.
«Davvero? Non lo facevo tipo da cartoni.»

Beh, non che lui si potesse essere fatto chissà quale idea sul suo ragazzo; in fondo era andato alla parrocchia pochissime volte in quegli anni e Chiara non ricordava che avessero mai parlato chissà quanto.

«Li adora, invece. Ne abbiamo guardati un'infinità insieme.»

Il ragazzo annuì in silenzio, che si spezzò poco dopo con la sua curiosità.
«Ma non è geloso di tutto il tempo che passi con noi?»

Chiara si voltò a guardarlo, sorpresa da quella domanda che a lei risultava strana.
«Perché dovrebbe?»

«Non so,» rispose facendo spallucce «Se avessi una ragazza come te, credo che sarei geloso di qualsiasi momento che non passa insieme a me» le scoccò un occhiolino e allungò il passo per entrare in chiesa, lasciandola indietro e vagamente confusa.

Spazio S.

Ecco il primo capitolo dal punto di vista di Chiara, che si sta accorgendo del cambiamento di Seba... Sento l'ansia salire 😂
Ci rileggiamo sabato 💞
Buona giornata, S.

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