24. Distacchi

Chiara aveva la testa appoggiata sul suo petto, mentre Seba passava le mani tra i lunghi capelli biondi.

Le coccole erano una delle cose che non era mai mancata nel loro rapporto.
Avevano da poco finito di fare l'amore e se ne stavano stesi sul letto di lei, mentre si godevano quel silenzio carico di pace.

Seba adorava quell'aspetto della loro relazione: avrebbero potuto stare in silenzio per ore, senza mai sentirsi in imbarazzo.

«Ci pensi mai al futuro?» gli chiese all'improvviso Chiara, rompendo quell'attimo di quiete.

Ed ecco un'altra cosa che gli piaceva: anche parlare era sempre fantastico, con lei. Avevano sempre chiacchierato tantissimo, di tutti gli argomenti possibili e immaginabili. Chiara era una persona con la quale si poteva discutere di tutto.

«Ci hanno pensato i miei, non credo di avere molte alternative.»

Chiara alzò appena la testa per incontrare i suoi occhi, poi gli sorrise.
«Io credo che ci sia sempre un'alternativa. Insomma, se proprio non volessi seguire le orme dei tuoi, credo che loro lo capirebbero.»

«Non ne sono molto convinto...» rispose in modo sarcastico.

«E comunque io parlavo del nostro futuro... di quello di noi due come coppia.»

Seba accompagnò dolcemente la sua testa di nuovo contro il petto, e poi sorrise.
«Come mai questa domanda?» chiese.

Lei fece spallucce e si accoccolò ancora di più contro di lui.
«Perché io ogni tanto ci penso... Immagino come potrebbe essere convivere con te, avere dei bambini... Come potrebbe essere un matrimonio... Queste cose qui, insomma.»

Seba si sentì improvvisamente come se qualcuno gli stesse stringendo la gola.
Chiara parlava di cose normalissime per una coppia.
Creare una famiglia, pensare di andare a vivere insieme...
Eppure lui non si ricordava di averci mai pensato.
Erano così giovani, in fondo!
Perché pensarci proprio ad appena diciotto anni?
Insomma, lui non aveva ancora nemmeno preso la patente e lei parlava già di figli!

La sentì scoppiare a ridere.
«Tranquillo, so che questi sono pensieri che facciamo più noi ragazze! Era solo per parlarne, non volevo metterti ansia.»

Il cuore di Sebastiano rallentò a poco a poco la sua folle corsa, e lui si sentì in grado di parlare di nuovo.
«Non è che non voglia un futuro con te, è che siamo ancora molto giovani... Stiamo andando ancora a scuola e non so neanche come sarà la mia vita da qui a un anno, figuriamoci il resto.»

Chiara gli accarezzò un braccio in modo dolce.
«Lo so, lo so. Tranquillo, davvero! Non volevo metterti nessuna pressione» disse ridendo, mentre alzava di nuovo la testa per guardarlo in volto.

Gli occhi ambrati di Seba incontrarono quelli blu della sua ragazza, che aveva un'espressione divertita sul viso.

«Sei bianco come un fantasma, amore» e rise di nuovo.

Anche lui si concesse una breve risata, poi tornò a guardare in alto, mentre cercava di tranquillizzare quella sensazione di panico provata poco prima.


«Secondo te in che rapporti è Mathias con Léon?»

Lui e Alex erano in salotto, comodamente seduti sul divano, mentre cercavano qualcosa da guardare in tv.
Dopo il pomeriggio trascorso con Chiara, aveva deciso di passare la serata dal suo amico.

In realtà, stava solo cercando qualche risposta a quelle stupide domande che gli frullavano in mente dalla mattina.
Non gli avevano dato tregua, e lui odiava avere la testa così impegnata.

Alex portò gli occhi su di lui e inarcò un sopracciglio.
«Come mai questa domanda?»

Sebastiano sbuffò una risata, poi tornò a guardare verso lo schermo del televisore.
«Così... Mathias mi è sembrato un po'... Possessivo, forse.»

«E ti dà fastidio?»

Il castano alzò le spalle e finse la più totale indifferenza.
«No, però è come se Léon avesse iniziato a ignorarci da quando è arrivato lui. E stamattina l'ha anche invitato a fare colazione con noi. Non l'abbiamo mai fatto, mi è sembrato strano.»

Alex fece un sorrisetto strano, che non riuscì a decifrare, poi iniziò a parlare:
«Beh, Mathias è qui da solo, è normale che Léon lo inviti ad uscire con noi. E poi è arrivato solo due giorni fa, come fai a dire che ci sta ignorando da quando c'è lui?»

Seba spalancò gli occhi.
Come sarebbe a dire che era arrivato solo da due giorni? E tutti quelli prima, in cui Léon l'aveva ignorato? Allora non era per Mathias che gli rispondeva a stento, c'era qualcos'altro!
Ma cosa poteva essere?

Seba provò a ripercorrere l'ultima sera che avevano passato insieme, quella di capodanno, e non riuscì a ricordare nulla di particolare che potesse aver portato il francese ad assumere quell'atteggiamento nei suoi confronti.

«Pensavo fosse arrivato prima, probabilmente allora è solo una mia impressione» disse abbassando gli occhi e iniziando a giocherellare con il bordo della sua felpa.

«Che c'è? Il piccolo Seba si sente messo da parte? Ti mancano le attenzioni del francesino?» lo beffeggiò il rosso.

«Ma vaffanculo! Lo sai che non bado a queste cose. Mi sembrava solamente più strano del solito ultimamente, tutto qua.»

Alex stava per ribattere qualcosa, mentre aveva rimesso su quel sorrisetto soddisfatto.
Ma che cazzo aveva da sorridere in quel modo? Come se sapesse chissà cosa, o avesse capito chissà che.
Seba non gli diede il tempo di dire nient'altro.
«Dai, scegli un film e guardiamolo.»

Le ragazze erano andate in bagno e i ragazzi erano tutti seduti al tavolo del loro pub preferito, Mathias compreso.

Era giovedì, Sebastiano lo aveva conosciuto da appena quattro giorni, e già non ne poteva più di averlo attorno.

Se ne stava sempre attaccato a Léon, non perdeva occasione per sussurrargli segretucci idioti alle orecchie ed era diventato la sua seconda ombra.

Ma come faceva a sopportarlo, Léon? Era peggio di una fidanzata appiccicosa!

Stava bevendo un sorso della sua birra, quando sentì Andrea rivolgergli una domanda.
«Allora, questo esame di guida?»

Seba sorrise al pensiero.
Mancavano pochissime ore e finalmente avrebbe potuto sostenerlo!
Aveva appuntamento alla scuola guida per il giorno successivo.
«Domani alle 15:00! Dio, non vedo l'ora, mi sto congelando ad andare in giro in motorino con questi freddi.»

Léon mise su uno dei suoi soliti ghigni e iniziò a scuotere la testa.

«Perché ridi?» gli chiese Seba, evidentemente infastidito da quell'atteggiamento strafottente.

«Perché la tua ragazza ha la macchina, ma a te tocca sempre ibernarti» rispose facendo spallucce.

Cos'era quella? Una semplice constatazione o una critica alla sua fidanzata?
«Sì, beh, non mi va di dipendere da qualcuno. Ecco perché non vedo l'ora di prendere la patente.»

Stavolta fu Mathias a mettere su l'espressione da stronzo. Seba doveva ammettere che gli stava proprio bene quella smorfia da sfottò.
«Da Léon ti sei fatto scarrozzare, però.»

Seba vide il biondo dare una gomitata al suo amichetto, come se volesse rimproverarlo per aver detto qualcosa che non doveva.

«Non mi sono mai fatto scarrozzare. Mi è venuto a prendere una sera perché pioveva, non gliel'ho certo chiesto io.»

Mathias, se possibile, riuscì a rendere ancora più odiosa la sua espressione prima di rivolgersi a Léon.
«Ah, mon ami, te l'ho sempre detto io che gli italiani sono pessimi. Questa è la riconoscenza che ha per te, dopo che gli hai evitato di infradiciarsi e lo hai aiutato con le guide» e poi scoppiò a ridere, scuotendo la testa incredulo.

Seba scattò con gli occhi su Léon, ma lui non lo stava guardando.
Era impegnato a guardare verso il basso, come se si vergognasse di qualcosa.

Chissà, forse si sentiva una merda per avergli raccontato di quell'episodio; ma non ce n'era motivo, no? Insomma, Seba non lo aveva detto a nessuno, ma non era mica un segreto.

E allora perché si sentiva così, come se qualcuno lo avesse appena pugnalato alle spalle?
E perché Léon evitava i suoi occhi, come se sapesse di aver fatto una cosa orribile?

Troppe domande in testa, troppa confusione in quel pub e troppi sorrisi stronzi a quel tavolo.
Seba si alzò e prese il suo giaccone.
«Vado a fumare una sigaretta.»

«Vuoi compagnia, mon cher

Mon cher? Mio caro? Sul serio? Ma chi cazzo si credeva di essere quel gran coglione di Mathias?

Seba gli sorrise nel modo più stronzo che gli riuscì.
«No, grazie, non sarei mai in grado di esserti riconoscente, d'altronde» non gli diede nemmeno occasione di replicare, girò le spalle e si avviò all'uscita.

Cercava con stizza di accendere quella cazzo di sigaretta, ma il suo accendino aveva deciso di smettere di funzionare proprio in quel momento, rendendolo ancora più nervoso.

Stava sbattendo la mano che lo impugnava nel tentativo di rianimarlo, quando una fiammella gli venne messa proprio davanti al naso.

Alzò gli occhi e incrociò quelli di Léon, che stava tendendo uno Zippo verso di lui.
Non disse nulla, Sebastiano, accese semplicemente la sigaretta e si limitò a guardare dritto davanti a sé.

«Senti, Mathias è-»

Ma Seba non gli diede il tempo di finire quella frase.
Non gli interessava di Mathias, non era lui il problema.
«Non me ne frega un cazzo di com'è o come non è il tuo amico. Se scegli di andare in giro con certa gente, il problema non è di certo mio.»

Tornò con gli occhi nei suoi e vide quel grigio incupirsi ancora più del solito. Sicuramente aveva toccato un tasto dolente, ma sinceramente non gliene poteva fregar di meno.

«Certa gente? E come sarebbe "certa gente", illuminami.»

«Ma per favore! Si sente superiore a tutti per chissà quale motivo. Gli piace prendermi per il culo, ma che problemi ha?»

«Mathias non si sente superiore a tutti.»

«Ah, no, hai ragione! Soltanto a me!» disse sbuffando una risata sarcastica.

«Sébastien...»

«Senti, non me ne frega un cazzo, okay? Fa quello che ti pare e frequenta chi ti pare. Ma quando parli degli altri, di me in particolar modo, vedi di dire la verità. Non mi piace passare per uno stronzo irriconoscente.»

Gettò il mozzicone nel posacenere esterno e rientrò nel pub, ancora più incazzato di quando era uscito.

Quella sigaretta non lo aveva decisamente aiutato a calmarsi.

Seba uscì dalla scuola guida con un sorriso soddisfatto sul volto e la sua patente nuova di zecca in mano.

Ce l'aveva fatta, finalmente! Quello di ritorno verso casa sarebbe stato il suo ultimo viaggio in motorino per molto tempo. Sicuramente almeno fino all'arrivo dell'estate.

Scattò una foto alla tessera plastificata e la inviò sulla chat di gruppo.

Una volta a casa si fiondò immediatamente sotto la doccia calda per cercare di togliersi di dosso quel freddo che sembrava essergli entrato anche nelle ossa.

Mise dei vestiti comodi e si stese sul letto, in attesa che i suoi genitori rientrassero dall'albergo.
Accadeva sempre più di rado, ormai.

Da quando suo padre aveva messo a disposizione un bus privato -e gratuito- che portava gli ospiti dall'hotel ai vari congressi, i clienti erano raddoppiati, e i suoi genitori erano sempre più impegnati.

Diede un'occhiata al telefono.

Tutti gli avevano riposto, chi con un cuoricino, chi facendogli le congratulazioni.
Tutti avevano espresso la loro felicità per il traguardo appena raggiunto di Sebastiano.

Tutti, tranne Léon.

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