20. Lo Scambio Dei Regali
Durante tutto il tempo della cena, Sebastiano aveva sentito su di sé lo sguardo preoccupato di Léon.
Si era raccomandato bene, prima di rientrare a casa di Alex: lui non doveva sapere nulla dell'accaduto.
Non voleva assolutamente che il suo amico si preoccupasse né per lui, né per sé stesso. In fondo, quando avrebbe deciso di fare coming out, Seba si era già ripropomesso di stargli vicino e "controllarlo" a distanza, nel caso qualcuno avesse tentato di fargli del male.
Gli episodi di omofobia erano sempre in crescendo nei telegiornali e sui social, e lui non avrebbe mai permesso che ad Alex accadesse qualcosa!
Sapeva bene che anche il rosso avrebbe fatto lo stesso per lui, e si sentiva in colpa per aver deciso di non dirgli nulla, ma era cosciente del fatto che Alessio fosse solo un cretino e avesse preso la prima scusa utile per attaccar briga.
Se non l'avesse visto con Giulio, al centro commerciale, sicuramente si sarebbe inventato qualche altra stupida scusa per poter sfogare la sua frustrazione.
Frustrazione, sì.
Seba era arrivato alla conclusione che chiunque arrivasse ad aggredire qualcun altro per uno stile di vita che non reputava consono, doveva essere semplicemente tanto frustrato.
Non che questo giustificasse certe azioni, ovviamente, ma lui doveva ammettere che per quegli esseri viscidi provava solo una gran pena. Chissà che vita triste dovevano avere, per arrogarsi il diritto di pensare di essere migliori, superiori.
«Sei sicuro che stai bene?»
Seba portò lo sguardo su Léon, che era rimasto accigliato per tutto il tempo. Santo cielo, gli aveva fatto quella domanda almeno dieci volte durante il tragitto di ritorno.
Per fortuna Alex si era alzato per andare a prendere altra birra, e non aveva potuto sentire nulla.
«Ma sì, te l'ho detto.»
Il francese annuì appena, stava per aggiungere qualcosa, ma il suono del campanello lo bloccò.
«Sono arrivati gli altri, vado ad aprire» si congedò in fretta Sebastiano.
Non sopportava di essere così tanto osservato dal più grande, gli sembrava di essere sotto esame.
Trovò rigenerante poter sgusciare via da quegli occhi con la scusa di andare ad accogliere i loro amici.
Salutò tutti e diede un casto bacio a Chiara, che gli sorrise di rimando e gli scompigliò appena i capelli.
Lei e Giada erano arrivate insieme, come al solito, e dietro di loro c'era anche Andrea, a cui le ragazze avevano affidato i vari pacchetti.
«Visto? Sono diventato un facchino!» disse scherzando proprio quest'ultimo.
«Ma non fare la vittima! Vai in palestra tutti i giorni, dovrai pur sfruttarli quei muscoli» replicò Chiara, dopo essersi scambiata un'occhiata complice con l'amica.
«Carina, i miei muscoli servono ad allietare gli occhi delle ragazze che hanno l'immenso piacere di passare la notte con me, non per portare la vostra roba!»
Chiara arrossì immediatamente, mentre Andrea le schiacciò un occhiolino e fece schioccare la lingua con quel suo fare da play boy navigato.
«Ma sentilo! Ha la fortuna di avere un bel faccino e parla come se fosse Johnny Depp!» trovò il modo di rispondere Chiara, ormai abituata a certe battutine da parte di Andre.
«Oh, credimi, sono molto meglio. Provare per credere!»
Seba scoppiò a ridere di fronte a quella scenetta di botta e risposta; era estremamente felice che la sua ragazza e i suoi amici andassero così d'accordo, e questo faceva sì che non ci fosse nemmeno gelosia nei loro confronti: si fidava ciecamente di ognuno.
Quando Alex rientrò in sala da pranzo con le birre in mano, salutò i ragazzi e chiese chi volesse un caffè.
Ovviamente nessuno rifiutò, e Léon si offrì di andare a farlo per sdebitarsi della pizza offerta dal suo amico.
«Ti aiuto.»
Era stata Giada a parlare.
Ma certo! Sicuramente voleva salutare il suo bel francesino in privato, dato che stavano tenendo la loro relazione segreta.
Seba ricordava ancora gli sguardi smielati che gli aveva visto scambiarsi al centro commerciale.
«Io esco a fumare una sigaretta, allora» fece Alex.
«Ti accompagno» si propose Seba.
Aveva voglia di prendere una boccata d'aria, e in più voleva assicurarsi che il suo amico non sospettasse niente di ciò che era accaduto qualche ora prima.
Alex offrì il pacchetto a Sebastiano, che accettò la sigaretta e si mise a fumare insieme a lui.
La prima boccata per poco non gli fece andare il fumo di traverso: non aveva messo in conto quanto potesse fargli male fumare, dopo che quel cretino di Alessio aveva spinto così forte sul suo collo.
Tossicchiò appena, poi si limitò a giocherellare con la sigaretta, picchiettandoci sopra per buttare la cenere più spesso del dovuto.
«Credo che Giada e Léon ci stiano nascondendo una relazione» gli era uscito così, senza che se ne rendesse nemmeno conto.
Voleva sapere cosa ne pensasse il suo amico e, soprattutto, voleva capire se sapesse qualche dettaglio in più.
Per tutta risposta Alex scoppiò a ridere.
«Non penso proprio.»
Seba si voltò verso di lui con l'espressione perplessa.
«Perché? Sai qualcosa che non so?»
Il rosso si limitò a fare spallucce.
«No, è che io e Léon parliamo spesso, me l'avrebbe detto se avesse avuto una storia con lei.»
Seba tornò a guardare davanti a sé, dove le luci del centro illuminavano la notte.
«Magari sono agli inizi e non vogliono farlo sapere...» buttò lì.
«No, Seba, fidati! Quei due non nascondono proprio niente. Che fai domani, piuttosto?»
Perché lo diceva con così tanta sicurezza? Proprio non riusciva a capirlo. Non era mica detto che, solo perché erano amici, Léon si sarebbe dovuto confidare proprio su tutto tutto.
«Niente... I miei lavorano all'hotel, ma quest'anno finalmente hanno deciso di lasciare in pace me e Giorgio. Lui andrà dai suoi amici e io avrò casa libera per tutto il giorno.»
«A Natale? Ma che tristezza!» sbuffò Alex.
«Ma figurati... Ogni anno sono costretto a stare alla reception, è già un traguardo non doverci mettere piede, questa volta.»
«Vuoi venire con noi? Andiamo a Milano, da mio zio. Il posto in macchina c'è!»
Seba gli sorrise, grato di quella proposta.
«No, tranquillo, starò benissimo a casa da solo, col mio pigiama e Netflix. Però grazie per averlo chiesto.»
Si guardarono, consapevoli della fortuna che avevano avuto ad essersi trovati, sempre così disponibili l'uno per l'altro.
«Il caffè è pronto.»
Sentirono alle loro spalle la voce di Léon e insieme rientrarono in casa.
Tra chiacchiere e partite a carte -in cui si erano giocati tutti gli spiccioli presenti nei vari portafogli- era arrivato il momento di scambiarsi i regali.
I ragazzi si alzarono e andarono a prendere ognuno il proprio pacchetto, poi iniziarono ad aprirli a turno, seduti al grande tavolo presente in salotto.
Il primo era stato Alex, a cui Chiara aveva regalato un orologio sportivo con mille pulsanti e funzioni; misurava addirittura il battito cardiaco!
Per secondo toccò ad Andrea, che scartò il regalo da parte di Alex: un paio di boxer firmati in tessuto nero.
«La commessa ha detto che questo è l'intimo più sexy per un uomo, sicuramente anche quelle che conoscono la tua reputazione ti daranno una possibilità.»
Scoppiarono tutti a ridere, tranne Andrea, che tirò i boxer in faccia al rosso.
Fu poi la volta di Giada, a cui Seba passò il proprio regalo.
Quando lo scartò e si ritrovò davanti il dvd del film fece un'espressione così felice, che Seba pensò di avere avuto proprio un'ottima idea.
Subito dopo, proprio Giada prese il proprio pacchetto e lo passò a Léon.
Che strana coincidenza, pensò Sebastiano, guarda caso proprio a lei è toccato il francese!
Léon ringraziò l'amica con un sorriso, poi iniziò a scartare il pacco, e si ritrovò tra le mani un bellissimo maglioncino sui toni dell'azzurro.
«Ehm... Se non ti piace posso rifarlo» disse imbarazzata, mentre aveva preso a lisciarsi la frangia con gesti quasi meccanici.
Léon spalancò gli occhi e li alzò verso Giada.
«In che senso? L'hai fatto tu?»
La vide arrossire, Seba, e la rabbia che gli invase il petto arrivò inaspettata come un acquazzone estivo.
Ne aveva motivo? No.
Eppure era così che si sentiva: arrabbiato.
Si ritrovò a contorcere le mani tra loro, nascondendole sotto il tavolo, mentre guardava quella relazione nascosta che a lui sembrava evidente come un elefante rosa in un prato verde.
Ma come aveva fatto Alex a dire così convinto che non c'era assolutamente nulla tra quei due? A Seba sembrava proprio il contrario, e lui, i segreti, non li sopportava.
«Sì... Ma davvero, se non va bene ci metto poco a rifarlo» si affrettò a rispondere la loro amica.
«Giada ma... È bellissimo, grazie!» lo vide alzarsi e accoglierla tra le sue braccia, e strinse le mani sotto a quel tavolo ancora più forte.
«Ha ragione, è veramente bello. Si abbina ai suoi occhi, poi» sorrise Chiara.
«I suoi occhi sono grigi, non azzurri» sputò fuori Sebastiano.
Si vergognò talmente tanto per quell'affermazione, che sentì il sangue affluire anche alle orecchie.
Ma come cazzo gli era venuto in mente di dire una cosa del genere? Léon si girò a guardarlo, e lui si curò di spostare gli occhi ovunque, tranne che nella sua direzione.
«Insomma, sembrano grigi... Ecco. Non sono di un colore definito come i tuoi, amore» tentò di rimediare. Chiara arrossì appena e gli posò un bacetto sulla guancia, mentre gli altri due tornavano ognuno al proprio posto.
Un momento! Era rimasto solamente lui a dover scartare il proprio regalo, e l'unica persona che ancora non ne aveva dato uno era proprio...
«Ecco, Sébastien, buon Natale» gli disse proprio Léon, con un mezzo sorriso in volto e quello stupido nomignolo sulle labbra.
Seba afferrò il pacchetto e se lo rigirò tra le mani.
Era pesante per essere così piccolo, pensò.
Lo aprì avendo cura di non strappare troppo la carta, e si scoprì particolarmente curioso di scoprire cosa contenesse al suo interno.
Emozionato, si ritrovò ad osservare una sfera di vetro, una di quelle che fanno sembrare tutto innevato non appena vengono capovolte. Proprio al centro, faceva bella mostra di sé una piccolissima riproduzione della Tour Eiffel.
Seba sorrise con gli occhi appena lucidi e mosse l'oggetto avanti e indietro, ripensando a quando Léon gli aveva detto che lo avrebbe portato a Parigi, un giorno.
Chissà se glielo aveva comprato pensando a quella sera, a quella promessa.
Dal fondo della sfera si agitarono piccolini pallini di polistirolo che iniziarono a fluttuare, ed ecco che la meravigliosa Tour Eiffel, ora, era sotto ad una tipica nevicata invernale.
Alzò gli occhi su Léon, che lo stava già guardando, e piegò le labbra all'insù, in un sorriso che sperava avrebbe saputo raccontare tutta la sua gratitudine.
Il ritorno in motorino aveva quasi fatto diventare Sebastiano un cubetto di ghiaccio.
Ecco perché si era infilato immediatamente sotto la doccia calda, e ora se ne stava spaparanzato sul letto, con il pc sulle gambe mentre ascoltava un po' di musica in totale relax.
Adorava usare le cuffie, gli sembrava che le canzoni gli entrassero in circolo direttamente nel sangue.
Il telefono sul comodino, di fianco alla sfera innevata che gli aveva regalato Léon, lampeggiò attirando la sua attenzione.
Seba si sporse finché non riuscì a raggiungerlo, poi sbloccò lo schermo per vedere quale notifica fosse arrivata.
Era la solita cornetta di WhatsApp.
L'aprì, e il nome di Léon spuntò in alto.
Da Léon:
L'hai girato?
Seba aggrottò le sopracciglia in un'espressione perplessa. Cosa avrebbe dovuto girare?
A Léon:
Che cosa?
Da Léon:
Buonanotte.
Ma che razza di risposta era? Seba premette la cornetta e fece partire la chiamata verso il francese. Inutile dire che non ottenne nessuna risposta.
Ma come si poteva lasciare una domanda in sospeso in quella maniera?
Stizzito, Sebastiano richiuse il pc senza nemmeno preoccuparsi di spegnerlo e si infilò sotto le coperte.
Quel francese era proprio un idiota.
Si risvegliò di colpo qualche ora più tardi, dopo aver sognato qualcosa che non riusciva a ricordare bene, ma che gli aveva messo uno strano malessere addosso.
Era notte fonda, e Seba si alzò per andare a bere un bicchiere d'acqua con l'intento di far passare quella brutta sensazione.
Mentre era in cucina, qualche flashback del sogno appena fatto gli tornò in mente: c'era Léon, con quegli occhi grigi, che gli ripeteva di girarlo, altrimenti non avrebbe avuto senso; Seba non capiva e continuava a domandargli a cosa si stesse riferendo, finché comparve anche Giada, che gli scagliò addosso la sfera di neve scelta per lui dal francese.
La sfera!
Ecco a cosa si riferiva Léon nel messaggio!
Seba buttò il bicchiere nel lavello e corse in camera sua, si avvicinò al comodino e prese in mano il suo regalo.
Si sentiva stranamente agitato, carico di un'aspettativa che non avrebbe nemmeno saputo spiegarsi.
Girò il globo, e mentre la neve iniziava a cadere sulla Tour Eiffel, lui scorse una chiavetta usb.
Era stata attaccata nella rientranza della parte inferiore con un po' di scotch, che lui si affrettò a grattare via con le unghie.
Riprese il pc, si sistemò sul letto e la inserì.
Spuntò fuori una cartella rinominata "Sébastien", che lui aprì.
Al suo interno era presente una traccia audio, e Seba prese di nuovo in mano le cuffie prima di farla partire.
Col cuore in gola, aspettò quei pochi secondi di silenzio che precedono l'inizio della riproduzione.
Le note della melodia di Léon gli invasero le orecchie, la pelle, l'anima.
Sembravano partire dai suoi padiglioni auricolari e arrivare fin dentro le vene, scorrere insieme al sangue e defluire in ogni parte del suo corpo.
Per l'ennesima volta, Sebastiano si ritrovò con gli occhi appannati da tanta meraviglia e con i brividi che sembravano sparpagliarsi su tutta la pelle.
Chiuse le palpebre con l'intento di godersi quella splendida melodia e lasciò che quella piccola lacrima solitaria corresse sul suo viso.
Gli faceva quell'effetto la musica di Léon, e ormai si era rassegnato alla reazione che il suo corpo aveva ogni volta che l'ascoltava.
Era un regalo meraviglioso, pensò, fatto solo ed esclusivamente per lui.
Prese il cellulare in mano e aprì la chat col francese.
A Léon:
L'ho girato e... Grazie! Buon Natale, Léon.
Quella notte Sebastiano si addormentò così, con un sorriso sul volto, una melodia nelle orecchie e i brividi sulla pelle.
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