18. Sei Geloso, Sébastien?
Mancavano dieci giorni a Natale e Seba ancora era in alto mare con i regali.
Il suo gruppo aveva una regola da qualche anno a quella parte: si ritrovavano agli inizi di dicembre e mettevano in un cappello dei bigliettini con su scritto i propri nomi, e poi ne pescavano uno ciascuno.
In questo modo evitavano di spendere un patrimonio per Natale, e tutti erano certi di ricevere un regalo.
Nessuno sapeva chi avesse pescato chi fino al momento dello scambio, ed era una figata ritrovarsi tutti insieme per la vigilia a scartare pacchetti e pacchettini.
Quell'anno, a lui era toccata Giada.
Era al centro commerciale insieme a Giulio, il fratello della sua ragazza, e stavano cercando insieme un'ispirazione che li salvasse dall'essere in estremo ritardo per gli acquisti natalizi.
Andavano d'accordo, lui e Giulio, ma solitamente non passavano tanto tempo insieme.
Quel giorno, però, Chiara gli aveva chiesto l'immenso favore di fargli compagnia per qualche ora, perché proprio lì si tenevano i provini per una pubblicità locale a cui il fratello avrebbe voluto prendere parte.
Così, dopo averlo aspettato mentre se ne stava davanti ai riflettori a dire qualche battuta, ne avevano approfittato per dare un'occhiata nei vari negozi.
Per Giorgio aveva già comprato una felpa che sapeva aveva adocchiato qualche settimana prima; ai suoi genitori avevano regalato un buono per un'entrata alla spa; Chiara aveva quasi finito il suo profumo preferito, quindi non era un problema.
Rimaneva solo Giada nella sua lista.
Stava dando un'occhiata ai film in dvd che erano esposti nel negozio di elettronica, e ne vide uno che poteva fare al caso suo: d'azione, ma anche divertente e con una storia d'amore nel mezzo. Ecco, poteva dirsi proprio il film perfetto per lei!
Vagò un po' con lo sguardo e si soffermò sui giochi per consolle, posizionati proprio di fianco ai dvd.
Uno in particolare attirò la sua attenzione: Barbie, principessa dell'isola perduta.
Il suo pensiero volò immediatamente alla piccola Isabelle; era un po' che non la vedeva, e si chiedeva come stesse quello scricciolo.
Rigirò la confezione nelle mani e decise di mandare un messaggio a suo fratello.
A Léon:
"Quali consolle hai a casa? PlayStation 2?"
Lo inviò e raggiunse Giulio, che ora stava scegliendo un caricabatterie per sostituire quello ormai usurato che aveva a casa.
«Aspetti un messaggio da mia sorella?» si sentì chiedere.
«Cosa? No, perché?»
«Non so, controlli il telefono di continuo...»
Seba sentì il sangue affluire alle guance immediatamente.
Ma di cosa doveva vergognarsi? In fondo era vero che stava controllando il telefono, ma solo perché aspettava che Léon rispondesse alla sua domanda.
Quello stronzo aveva visualizzato e ancora non gli aveva scritto nulla, e lui non sapeva se comprare il gioco per Isabelle oppure no, dato che non ricordava quale cazzo di consolle avessero a casa.
«Sì, sto aspettando un messaggio da Léon per fare un regalo a sua sorella.»
Giulio strinse gli occhietti blu, come quelli della sorella, e mise su un sorrisetto malizioso.
«Oh, Léon... è carino quel ragazzo.»
Seba aggrottò le sopracciglia, confuso.
Che cosa si aspettava che gli rispondesse? Lui non era certo il tipo da fare apprezzamenti estetici su qualcuno, specialmente su un maschio! E specialmente con un maschio.
Con Alex queste situazioni imbarazzanti non capitavano.
Era gay, ma nessuno l'avrebbe detto solo dal suo aspetto fisico e, soprattutto, mai e poi mai aveva fatto un commento su quanto fosse carino un altro uomo, specialmente davanti a lui.
Giulio invece era completamente l'opposto del suo migliore amico: tanto per cominciare, era sempre vestito in maniera succinta ed estremamente eccentrica.
Quel giorno, ad esempio, indossava un paio di jeans con la stampa di due mani sul sedere, e la scritta "Mmh, so good" che passava da una gamba all'altra del pantalone. Aveva messo un maglioncino verde, con i polsi e il bordo inferiore di un rosso acceso. Sul davanti c'era il disegno del corpo di un elfo dal collo in giù, e il tutto era adornato da lucine colorate. Così, giusto nel caso che solo la stampa passasse inosservata.
Seba però non era affatto infastidito dal suo modo di vestire, o dal suo essere così stravagante.
Solo, riconosceva fosse qualcosa di molto lontano dalla sua persona.
«Che c'è? Ti ho messo in imbarazzo, per caso?» sentì domandare.
Tornò con la mente alla realtà e decise di smettere di mettere a paragone le persone tra loro: ognuno aveva una propria storia, la propria personalità, ed era giusto che chiunque avesse il diritto di esprimersi come meglio credeva.
«No, figurati. È che non sono abituato a commentare l'aspetto dei ragazzi» rispose con fare imbarazzato.
«Veramente? Alex non fa mai battutine del genere?»
Sembrava sorpreso, Giulio, e Sebastiano si chiese come mai. A parte Andrea, nessuno nel gruppo era solito fare certi tipi di commenti.
«In realtà no...»
«Male, tesoro. Vuol dire che non è a suo agio con te e ha paura di un tuo giudizio.»
Seba sbuffò una risata e scosse la testa.
«Ma figurati... nessuno di noi le fa, punto e basta.»
«Le ragazze commentano sempre l'aspetto delle altre ragazze, e anche quello dei maschietti, a dire la verità. Solo che lo fanno tra loro, o con i fratelli gay» ribadì il più grande facendogli l'occhiolino.
«Chiara lo fa con te? Parla degli altri ragazzi?» non era arrabbiato o geloso, solamente curioso. In fondo era vero che lui non era abituato a dire nulla a riguardo, ma col pensiero ne faceva eccome di apprezzamenti.
«Certo,» rispose con un'alzata di spalle «E guarda che è normalissimo. Se Alex non lo fa con te, fidati, c'è qualcosa che non va.»
Seba tentò di fargli un sorriso, ma quello che ne venne fuori fu più una smorfia di rammarico.
Che fosse vero? Alex davvero aveva paura che lui lo giudicasse?
Ma Seba non l'avrebbe mai fatto!
Insomma, di certo non era nella sua natura andare in giro e commentare quanto fosse carino questo o quello, ma avrebbe ascoltato il suo amico se avesse voluto farlo, e avrebbe cercato di dargli un giudizio obiettivo.
Prendiamo Léon: aveva detto subito che era oggettivamente un bel ragazzo! Insomma, non è che Sebastiano fosse stupido! Sapeva riconoscere benissimo quando qualcuno era bello!
«Dai, andiamo, altrimenti facciamo notte tra tutti questi negozi.»
Seba annuì e si avviò insieme a Giulio, dando un'ultima occhiata al telefono.
Ancora nulla dal francese.
Posò il videogioco che aveva tenuto in mano fino a quel momento e andò verso la cassa per pagare il dvd che avrebbe regalato a Giada.
«E se ci prendessimo un gelato prima di andare a casa?»
Seba alzò gli occhi al cielo a quella proposta. Erano in quel centro commerciale da più di due ore, e avevano camminato per almeno due chilometri a furia di fare avanti e indietro.
«D'accordo, ma poi usciamo, eh!»
«Andata!» rispose felice Giulio.
Una delle cose che avevano in comune quei due, era proprio il loro essere golosi.
Sebastiano, frequentando casa sua da ormai due anni, aveva imparato dove Giulio tenesse la scorta di dolci, e ogni volta che ne aveva l'occasione andava a fare razzia di barrette al cioccolato.
Una volta si era anche trovato un bigliettino attaccato ad un pacco di caramelle. Era una minaccia -neanche troppo velata- a quello che sarebbe successo alle sue manine se avesse osato toccarle. Inutile dire che Seba le prese ugualmente.
C'era però da dire che, quando si ricordava, portava da casa biscotti e leccornie varie, e andava a rifocillare la scorta segreta del ragazzo.
Non potevano definirsi amici, lui e Giulio, ma sicuramente avevano instaurato un bel rapporto, nonostante non uscissero quasi mai insieme.
Scelsero entrambi una coppa gigante, di quelle farcite con tanto di topping e panna montata, e andarono a sedersi a uno dei tavolini presenti nell'area ristoro.
Stavano gustando quella montagna di calorie e zuccheri quando gli occhi di Sebastiano si posarono su una figura familiare.
I capelli sparati qua e là senza una direzione precisa, la solita camminata svogliata e quello stupido bastoncino in bocca.
Eccolo, Léon; stava addirittura sorridendo, mentre passeggiava a braccetto con Giada.
Che stronzo, e lui che si era anche preoccupato di fare un regalo a sua sorella!
Ecco perché non aveva risposto al telefono.
Evidentemente era troppo impegnato a girare per stupidi negozietti con lei.
Non che a Seba interessasse minimamente quello che facevano quei due, sia chiaro, ma sarebbe stato carino se almeno si fosse sforzato di digitare due lettere su quella cavolo di tastiera!
Non ci voleva molto, giusto? In fondo gli aveva solo chiesto se avesse la PlayStation2 a casa, ci voleva tanto a scrivere sì o no? Quanto avrebbe potuto mai impiegarci, due secondi?
«Tutto bene?» chiese Giulio.
Seba tornò per un attimo con gli occhi su di lui, rendendosi conto che stava stringendo il cucchiaino con una forza decisamente esagerata.
«Certo, tutto a posto» rispose con un sorriso, prima di tornare a guardare quei due.
Giada stava ridendo di gusto per qualcosa che sicuramente le aveva detto il francese; aveva portato indietro la testa e poteva chiaramente vedere le scosse che facevano rimbalzare quelle stupide tettone che si ritrovava.
Poi si era spinta sulle punte e aveva cercato di riaggiustare i capelli di quello spettinato cronico di Léon.
Stava lì, con quel sorriso di chi è innamorato perso, e gli infilava le dita nei capelli nel vano tentativo di spianare un ciuffo particolarmente ribelle del biondo.
Ma che bisogno c'era di farlo? Quello era sicuramente uno dei tratti distintivi di Léon, non dovevano essere pettinati, andavano benissimo così!
E poi era un gesto fin troppo intimo da fare!
Insomma, se quei due avevano una relazione, il gruppo doveva esserne messo al corrente.
Non ne avevano mai parlato apertamente, ma Seba era convinto che anche agli altri avrebbe dato fastidio avere una coppia appena formata nella loro cerchia ristretta di amici.
Quando nascono questo tipo di relazioni, non è detto che vadano a finire bene, e inevitabilmente l'equilibrio che si è creato con tanta fatica, rischia di spezzarsi.
Era tanto difficile da capire?
E poi perché nessuno dei due aveva fatto parola con gli altri di un'eventuale cotta? Insomma, per quanto riguardava Giada l'avevano capito anche i muri che era persa per il francesino, ma lui?
Seba non aveva mai notato sguardi particolarmente languidi nei suoi confronti; non gli sembrava avesse mai fatto gesti eclatanti per lei, o quantomeno ambigui.
Eppure se ne stava lì, con quello stupido legnetto di liquerizia in bocca, mentre si faceva sistemare i capelli dalla sua amica.
Stupido, stupido Léon.
Seba controllò a che punto fosse l'altro con la coppa di gelato, e fu sollevato nel vedere che l'aveva praticamente finita.
«Okay, andiamo adesso?» chiese con una certa urgenza.
«Ma il tuo gelato è ancora tutto lì...»
«Non importa, non mi va più.»
Una volta a casa, Sebastiano lanciò lo stupido film che aveva acquistato nel suo stupido armadio.
Sperò che si graffiasse e che non potesse essere riproducibile.
Giada era troppo buona per chiedergli di cambiarlo, nel caso fosse stato rovinato. Sicuramente non avrebbe avuto nemmeno il coraggio di dirglielo.
Il suono dell'arrivo di un messaggio lo fece distrarre da quei pensieri che lui stesso reputava cattivi.
Insomma, erano pur sempre vicini alle feste natalizie, e Giada era una sua cara amica.
Aveva tutto il diritto di essere felice e, se la sua felicità dipendeva da Léon, allora era giusto che lei cercasse di rincorrerla.
Prese il telefono in mano e aprì WhatsApp, in cui spiccava in alto il nome di quello stupido francese.
Decisamente era ancora arrabbiato.
Sbuffò di frustrazione, perché non gli piaceva avere l'umore così nero, e cercò di interrogarsi sul perché di quella reazione esagerata.
Beh, in effetti aveva passato tutto il pomeriggio al centro commerciale, e lui lo detestava!
Ecco spiegato il tutto.
Si sdraiò sul letto e aprì il messaggio:
Da Léon:
"Scusami, ero impegnato. Sì, ho la Play2, perché?"
Impegnato, certo.
A Sebastiano si formò un ghigno strafottente sul viso, e digitò sullo schermo con più forza del necessario.
A Léon:
"Niente, ormai sono a casa."
Attese che l'altro lo visualizzasse e poi appoggiò il telefono, che squillò di nuovo dopo pochi secondi.
Da Léon:
"Perché? Dov'eri?"
A Léon:
"Al centro commerciale, volevo prendere un videogioco per Isabelle."
Da Léon:
"Che bel pensiero, grazie!"
A Léon:
"Non dovresti ringraziarmi. Prima cosa era per tua sorella, non per te.
Seconda cosa alla fine non le ho potuto prendere niente, visto che non mi hai risposto."
Da Léon:
"Ti ho ringraziato per il pensiero che hai avuto per lei, infatti... Ero in giro, evidentemente non l'ho sentito."
A Léon:
"Lo so, ti ho visto al centro commerciale con Giada."
Da Léon:
"E quindi?"
Già, e quindi?
Quindi un cazzo! Mica voleva intendere qualcosa! Era solo per dire che credeva al fatto che avesse potuto non sentire il telefono. Che poi, ora che ci pensava, col cavolo che poteva essere quella la motivazione della mancata risposta! Seba si ricordava bene che il messaggio aveva le spunte blu, dunque lui l'aveva sicuramente letto!
A Léon:
"Quindi niente, ti ho visto e te l'ho detto. E comunque non so come funziona in Francia, ma in Italia WhatsApp avverte con due spunte blu quando il messaggio viene letto."
Da Léon:
"Dovrebbe funzionare uguale in tutto il mondo, ma il mio telefono l'ha usato anche Giada, oggi. Probabilmente ha aperto il messaggio e si è dimenticata di dirmelo, o non se n'è accorta."
Certo.
Ma figuriamoci se lui poteva credere ad una scusa così idiota. Ma perché non diceva chiaramente che in quel momento era troppo impegnato a flirtare con Giada e basta? Non c'era mica nulla di male... erano giovani, belli, liberi! Perché tutte queste bugie?
A Léon:
"Ok."
Da Léon:
"Se non sapessi che hai una ragazza, direi che sembri quasi geloso... sei geloso, Sébastien?"
Seba spalancò gli occhi, incredulo dopo quello che aveva appena letto.
Ma come le partoriva, quel francesino, certe stronzate?
Cosa mangiava in quella casa, pane e assurdità?
Ma roba da matti! Uno non poteva neanche dirgli che lo aveva visto nel pomeriggio, ed ecco che passava per geloso!
Se fosse andato anche a salutarli, cosa avrebbe pensato? Che fosse addirittura uno stalker?
Seba davvero non aveva più parole, e la rabbia continuava a montargli nel petto.
A Léon:
"Ma vaffanculo."
Sì, lui decisamente li odiava i centri commerciali.
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