16. Il Compleanno Di Seba
Il compleanno di Seba era passato da ormai qualche giorno, ma lui aveva deciso che lo avrebbe festeggiato nel week end, insieme ai suoi amici.
Chiara, quella mattina, gli aveva portato la colazione a casa, ed era convinta di essere stata la prima ad avergli augurato buon compleanno.
Sebastiano non aveva detto a nessuno della sua uscita con Léon e delle guide che avevano fatto.
Senza saperne la ragione, si sentiva geloso di quel momento, di quel riguardo che il francese aveva avuto per lui nel decidere di aiutarlo a fare un po' di pratica.
Quando era arrivato a scuola, il giorno dopo, Andrea gli aveva chiesto se avesse risolto quella questione, se ne avesse parlato coi suoi genitori e gli avesse chiesto di aiutarlo un po'; aveva sentito gli occhi di Léon scattare su di sé subito dopo, ma aveva cercato di ignorarlo puntando lo sguardo solo sul suo amico, mentre gli rispondeva che no, ancora non li aveva visti e non aveva domandato nulla.
Aveva cercato di ignorarlo, sì, ma subito dopo aver risposto ad Andre, i suoi occhi erano stati calamitati sulla figura di Léon, che gli aveva schiacciato un occhiolino e aveva mostrato un mezzo sorriso.
Nemmeno lui aveva accennato alla serata precedente; forse anche lui voleva tenere per sé quel momento.
Ora Seba se ne stava davanti all'armadio, indeciso su cosa indossare per quella serata di festeggiamenti.
Non avevano avuto voglia di andarsi a imbucare in un pub, così Léon aveva messo a disposizione casa sua per una festicciola tranquilla. Sarebbero stati solo loro sei, e Seba non avrebbe potuto chiedere di meglio.
Aveva già scartato tutti i pantaloni neri del suo guardaroba, troppo seri e troppo eleganti, e tutte le camicie. Alla fine decise di optare per un maglioncino semplice ed un paio di jeans con qualche strappo qua e là.
Si guardò allo specchio un'ultima volta e, con un sorriso sul volto, uscì di casa.
Scese dal motorino e fece qualche saltello sul posto, nel tentativo di scaldarsi un po'. Era metà novembre e andare in giro in scooter non era decisamente piacevole.
Suonò al citofono e, una volta che il cancellino pedonale si aprì, accelerò il passo per entrare dentro casa il prima possibile: ricordava benissimo che la zia di Léon era una freddolosa cronica, sicuramente si sarebbe scaldato in fretta, una volta all'interno.
I suoi amici lo stavano aspettando in salotto, tra una chiacchierata e un bicchiere di vino. Quando si palesò, salutando tutti, un coro di voci che gli faceva gli auguri si alzò, e Seba si ritrovò presto con le guance in fiamme.
Imbarazzato ringraziò, poi si andò a sedere nel solito angolino sul divano.
«Insomma, questi diciotto anni non ti hanno tolto l'abitudine alla Sheldon Cooper...»
Risero tutti alla battuta di Alex, Seba compreso, e presto si ritrovò il suo amico a fianco, intento a cercare di arruffargli i capelli che aveva sistemato con tanta cura per quasi mezz'ora.
Cercò di difendersi meglio che poteva, ma Alex era più alto e più muscoloso di lui, e si ritrovò presto sottomesso alle mani di quella scimmia dispettosa.
Il suono del campanello mise fine a quella lotta che stava vedendo il festeggiato come perdente, e finalmente fu libero di rimettersi in piedi e darsi una sistemata.
A furia di cercare di svincolarsi dalla presa di Alex, la maglia gli era salita lasciando la schiena scoperta per metà.
Stupido, stupido rosso.
«Léon, vuoi che vada io ad aprire?»
Era stata Giada a fare quella domanda, e a Seba venne spontaneo cercare il padrone di casa per vedere cosa stesse facendo invece di andare a ritirare le pizze appena arrivate.
Nulla, non stava facendo nulla.
Era semplicemente accanto alla grande libreria, con la spalla appoggiata contro, mentre lo osservava.
Occhi grigi negli occhi ambra, e a Sebastiano si strinse lo stomaco.
Non c'era nessuna espressione sul volto di Léon, e in fondo perché avrebbe dovuto esserci? Non era successo nulla, non stava succedendo nulla. Eppure lui si ritrovò a fare uno dei ghigni che di solito metteva in mostra il più grande, senza nemmeno sapere il perché.
Le luci erano state spente e Léon stava marciando verso Sebastiano con una torta in mano, illuminando la stanza con le sole fiammelle delle diciotto candeline che vi erano state messe sopra.
I suoi amici cantavano "Tanti auguri", e Seba quasi faticava a trattenere la commozione.
Ne aveva trascorsi tanti di compleanni con i suoi amici, eppure quello gli sembrava diverso, speciale.
Sicuramente il motivo era che stavano festeggiando la sua maggiore età, uno scoglio fondamentale nella vita di ogni ragazzo.
In quell'anno di vita avrebbe raggiunto traguardi importanti: avrebbe preso la patente, si sarebbe diplomato, avrebbe avuto la possibilità di votare, di firmare da solo le giustificazioni a scuola.
Potevano sembrare sciocchezze, ma lui le viveva come i primi step per iniziare a incamminarsi verso la propria indipendenza.
In fin dei conti aveva una bella vita: andava d'accordo coi suoi genitori e con suo fratello, aveva buoni voti a scuola, era circondato da amici a cui voleva un gran bene e che ricambiavano il suo affetto; e c'era anche Chiara! Non era da tutti avere una relazione stabile e duratura a quell'età.
Seba, tutto sommato, poteva definirsi soddisfatto di quello che aveva vissuto fino a quel momento.
Soffiò sulle candeline esprimendo un unico desiderio, qualcosa la cui mancanza iniziava a gravare nei suoi giorni: passione.
Avrebbe voluto provare l'ebrezza di vivere un'esperienza che lo coinvolgesse totalmente; voleva perdersi in balìa di un qualcosa che lo avrebbe completamente travolto.
Le luci si riaccesero, il castano osservò i volti dei suoi amici che gli stavano sorridendo e di Léon, che gli stava porgendo un coltello.
«A te l'onore» disse.
Seba iniziò a togliere le candeline dalla torta, poi, con fare deciso, la tagliò in dodici parti uguali.
«Léon ha deciso di fare la torta di mele, ha detto che ti piace.»
Era stato Andrea a parlare, e gli occhi di Sebastiano si posarono immediatamente sul francese, che ora si grattava la testa in modo imbarazzato.
«L'hai fatta tu?»
«Sì, beh, mi sono fatto aiutare da mia zia nei passaggi... ma l'ho fatta io. Ne ho fatta preparare una anche da lei, per sicurezza.»
I ragazzi scoppiarono a ridere, e la torta venne distribuita nei sei piattini che Alex aveva preparato per servire il dolce.
Tutti gli occhi erano sul festeggiato, che aveva l'ingrato compito di assaggiare il primo boccone di quell'esperimento.
Ricordava bene che, quando aveva cucinato lì l'ultima volta, Lisa aveva detto che Léon non sapeva nemmeno friggere un uovo.
Preparare una torta doveva essere stata una bella sfida, per lui.
Sebastiano sorrise e portò alle labbra il primo boccone di quello che considerò il suo personale regalo da parte del biondo.
Era qualcosa di... Indefinibile.
Pensava che Léon avesse voluto aggiungerci della crema pasticciera, data la consistenza che aveva all'interno, e invece era solamente impasto quasi completamente crudo.
Le uova lasciavano in bocca un sapore orrendo, e le mele erano ben lontane dal potersi definire cotte.
Seba ingoiò quella specie di sacrilegio culinario e sorrise meglio che riuscì.
«Per essere il primo tentativo, devo dire che non è male» mentì.
Gli occhi di Léon si illuminarono e la sua bocca quasi sorrise per la soddisfazione.
Si affrettò a prenderne un boccone anche lui, per poi sputarlo immediatamente sul resto della fetta.
«Dio, che schifo» esclamò, mentre cercava di ripulirsi la lingua con un tovagliolo.
Seba non riuscì a trattenere una risata, e il francese lo guardò torvo.
«Perché me l'hai fatta mangiare?»
Seba cercò di frenare l'attacco di ridarella che sembrava averlo pervaso per poter rispondere a Léon.
«L'hai fatta tu, non sarebbe stato carino. L'importante comunque è il pensiero» disse scrollando le spalle.
«Certo» sbuffò il più grande, «Infatti adesso il mio pensiero è come togliere questo saporaccio dalla bocca.»
«Hai detto che tua zia ne ha fatta un'altra, no? Possiamo sempre mangiare quella» propose Giada con il suo solito fare tranquillo.
Seba annuì in accordo con lei, poi bevve un generoso sorso d'acqua con la speranza di scacciare un po' di quel disgustoso sapore.
Il francese si alzò con aria sconsolata e andò a prendere la seconda torta.
Dopo essersi gustati quella meraviglia preparata da Lisa e aver bevuto un buon caffè, Sebastiano aveva deciso di concedersi una sigaretta.
Era uscito sul retro della casa e se ne stava appoggiato a una delle colonne che reggevano il porticato. Era piuttosto freddo quella sera, ma l'assenza di vento faceva sì che non fosse poi così traumatico stare un po' all'aperto; in più dentro c'era davvero troppo caos: i ragazzi gli avevano dato il loro regalo di compleanno, e ora ne stavano usufruendo.
Conoscendo la sua passione per i giochi da tavolo e le serie tv, gli avevano regalato un'edizione speciale di Cluedo, realizzata per l'occasione con i personaggi di "The Big Bang Theory". Era fantastico, ma Alex e Andrea diventavano un po' troppo casinisti quando alzavano il gomito.
Sentì la porta sbattere dietro di sé e non si curò nemmeno di voltarsi, aveva già immaginato chi potesse essere.
«Stanno litigando per chi deve lanciare il dado per primo.»
Seba sorrise, continuando a guardare il cielo stellato di quella notte di novembre.
«È sempre così, discutono per ore e alla fine non rimane mai il tempo per giocare.»
Sentì la spalla del biondo sfiorare la sua, mentre gli si affiancava.
Diede un altro tiro alla sigaretta, poi avvicinò le dita che la stringevano alle labbra di Léon.
Sorrise sghembo, lui, e si spinse leggermente in avanti per approfittare di quel gesto compiuto da Sebastiano.
Seba sentì le labbra del francese sfiorare leggere i suoi polpastrelli, mentre i loro occhi si erano nuovamente incastrati tra loro, e non riuscì a spiegarsi quella sensazione.
Erano diventati amici, ormai, e allora perché il contatto con lui gli dava ancora così fastidio, tanto da fargli contorcere lo stomaco?
«Mi dispiace per quella schifezza di torta» sentì dire dal più grande.
Cercò in fretta di scacciare i pensieri che stavano affollando la sua mente fino a un attimo prima e gli sorrise.
«Non preoccuparti... anzi, grazie. È stato un bel pensiero.»
Léon riprese a guardare dritto di fronte a sé, pensando a chissà cosa.
«Potresti insegnarmi, comunque. In fondo è merito mio se riuscirai a passare l'esame di guida... Potresti ricambiare il favore.»
Sorrise, Sebastiano, diede l'ultimo tiro alla sigaretta e poi annuì.
«Si può fare.»
Con la coda dell'occhio vide Léon girarsi verso di lui, ma rimase comunque con lo sguardo puntato in alto.
«Promesso?»
«Promesso.»
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