10. Domande E Risposte

«Ma quanti anni ha tua sorella?» chiese indispettito Seba.

«Otto.»

«E come cazzo fa a giocare con questo coso infernale?»

Lui e Alex avevano dovuto dare in fretta ragione a Léon: non era affatto facile come poteva sembrare, quello stupido giochino. 

Si poteva scegliere tra Barbie che va sui rollerblade e Barbie che va sullo snowboard. Entrambi erano dei piccoli percorsi infernali, e il fatto che loro due non fossero riusciti a guadagnare monete per poter comprare accessori che gli avrebbero facilitato le sfide, non aiutava di certo.

Alex se ne stava con le braccia incrociate al petto e la schiena appoggiata al divano.
«Sicuramente ha attivato qualche trucchetto che non conosci» borbottò.

«Vi assicuro che non c'è nessun trucchetto da poter usare. È una PlayStation vecchissima, e questo è un gioco per bambine.»

«Sì, beh, mi ha fatto venire sonno. Andiamo a letto.»

Come al solito, il rosso non poteva accettare l'idea di perdere. Era sempre stato così, fin da bambino. Seba ricordava bene tutte le volte che a scuola passava l'intera giornata senza rivolgere parola a nessuno solo perché aveva perso una partita, o non era arrivato primo in qualche gara. 

Certo, col tempo la situazione era migliorata, lui era maturato, ma il suo animo competitivo era rimasto praticamente intatto. Léon li aveva stracciati entrambi e, come se non bastasse, Seba era riuscito ad ottenere un punteggio migliore del suo. 

Inaccettabile. Decisamente inaccettabile.

«Oh, non fare così, su. Sono sicuro che Léon chiederà a sua sorella il permesso di farti giocare ancora, così potrai allenarti e batterai tutti e tre» Seba stava arruffando i capelli rossi del suo amico nel tentativo di consolarlo, ma anche di prenderlo un po' in giro.

«Fanculo!» rispose infatti Alex.

Il biondo scosse la testa col suo solito ghignetto stampato in volto, ripose il cofanetto, e si avviò su per le scale.
«Forza, andiamo a dormire.»

Una volta in camera, Seba si guardò attorno. Non l'aveva immaginata così la camera di Léon. Non che avesse mai speso del tempo a pensarci, ovviamente, ma se lo avesse fatto, non l'avrebbe pensata certamente così. 

Era una stanza molto ampia, le pareti erano state dipinte sui toni del ceruleo, una tonalità di blu che tirava leggermente al verdone. 

Era rilassante, pensò Seba.

Al centro spiccava un letto matrimoniale in legno bianco, e la parete retrostante era decorata con fili e fili di lucine, ora spente, e foto sparse qua e là. 

Anche lì, come in salotto, c'era una libreria piena zeppa di cd, dvd e libri di vario genere. La scrivania era subito accanto a questa, un semplice ripiano in legno, ricoperto da quaderni e penne lasciate in giro per tutta la superficie. 

L'armadio richiamava il solito colore chiaro degli altri mobili, ma ciò che più colpì Seba, furono le decine di poster appesi su ogni parete. 

C'era di tutto: dai gruppi musicali alle serie tv, dagli strumenti di vario genere alle locandine dei film. Un vero tripudio di quelle che dovevano essere le passioni di Léon.

Ai lati del letto Seba notò due comodini e, mentre sul primo era appoggiata una semplice lampada bassa, sull'altro spiccava una piccola abat-jour rosa, con tanto di pelo a circondarne il paralume e unicorni stampati sopra.

Seba ghignò appena, poi la indicò con un cenno del capo e si rivolse ad Alex:
«Visto? Léon ti ha preparato un regalino per consolarti dalla sconfitta appena subìta.»

Il calcio da parte del suo amico non tardò molto ad arrivare, ma stavolta Seba era pronto, e riuscì ad evitarlo con un piccolo saltello in avanti.

«Simpaticone. Anche quella è di sua sorella.»

«Veramente quella è mia. Mi piacciono gli unicorni, i brillantini e anche il pelo rosa» replicò Léon, scrollando appena le spalle.

Gli altri due si guardarono stupiti, ma non fecero in tempo a dire nulla che il francese scoppiò in una risata.

Era la seconda volta che lo sentiva ridere di gusto, e di nuovo questo confermò il suo pensiero: aveva un bel suono, certo, ma a lui dava fastidio. Gli si era creato una specie di vuoto allo stomaco nello stesso momento in cui l'altro aveva iniziato a ridere in quel modo così spensierato.

«Vi sto prendendo per il culo. Certo che è di mia sorella, ma se vuoi le chiedo dove l'ha comprata e ne vado a prendere una per te» schiacciò un occhiolino ad Alex, che tentò di prendere a calci anche lui, di nuovo senza successo.

Léon tirò fuori dall'armadio due paia di pantaloni comodi e li passò ai suoi amici, poi si diresse in bagno.

«Mettiti tu in mezzo» sussurrò Seba.

«Perché?»

«Perché sì. Lo conosci da più tempo, hai più confidenza e sei anche gay.»

«Che cazzo c'entra che sono gay?»

«Che hai già dormito con altri uomini.»

«Tu hai dormito più volte sia con me che con Andrea.»

Seba sbuffò, leggermente alterato. Continuava a passare lo sguardo dal suo amico alla porta, nel terrore che Léon potesse rientrare da un momento all'altro e sentire quella conversazione.
«E ci dormirò ancora, perché voi siete miei amici. Ora buttati in mezzo e non rompere.»

«Uh, anche all'ultima orgia a cui ho partecipato mi hanno detto la stessa frase» Alex alzava e abbassava le sopracciglia ritmicamente, nel tentativo di simulare uno sguardo languido.

«Quanto sei coglione.»

Seba lo spinse sul letto e si mise di fianco a lui.
Quando Léon fece ritorno in camera, chiese se avessero bisogno del bagno e, dopo aver sentito le loro risposte negative, spense la luce principale e accese quelle piccoline, dietro di loro.

«Vi danno fastidio?»

«No, sono belle in realtà» rispose il rosso.

«Sébastien

Ancora con quello stupido nomignolo? Ma non si stancava mai di avere quel tono strafottente nella voce?

«No» mugugnò il diretto interessato.

«Perfetto, bonne nuit

«Notte.»

Sebastiano si girava e si rigirava da almeno un'ora.
Non era nel suo letto, non era nella sua stanza, e in più quel caldo soffocantenon riusciva a fargli prendere sonno. 

Le patatine che aveva mangiato durante le partite alla Play gli avevano fatto asciugare la bocca, e lui non aveva bevuto nemmeno un bicchiere d'acqua prima di salire a dormire. 

Si tirò su appena col busto per verificare che gli altri due dormissero: Alex russava come una zappatrice, e Léon aveva un'espressione beata in viso.

Si mise a sedere, poi scese dal letto cercando di fare meno rumore possibile.
Scese le scale che portavano al piano di sotto in religioso silenzio e accese le luci della cucina.

Era stato solo due volte in quella casa, eppure gli era rimasta ben impressa, tanto che non aveva avuto bisogno di tastare a lungo il muro alla ricerca dell'interruttore.

Prese un bicchiere dal mobile sopra al lavandino e si diresse al frigo, alla ricerca di un po' d'acqua fresca.

Decise di sedersi un attimo al tavolo, tanto continuava a non avere sonno. Che ironia, solo poche ore prima non vedeva l'ora di potersi rintanare nel suo lettuccio caldo.

«Non riesci a dormire?»

Seba si spaventò talmente tanto che andò a sbattere con il ginocchio contro il tavolo.
«Cristo santo, mi hai fatto prendere un colpo!» disse voltandosi verso la porta.

Léon era appoggiato allo stipite, aveva un'aria tranquilla -mentre lui aveva appena rischiato l'infarto-, i capelli spettinati dal sonno e quella stupida maglia a maniche lunghe che sembrava disegnata appositamente per mettere in risalto la sua figura slanciata.

Notò che aveva la fronte appena imperlata di sudore, e si chiese perché cavolo non si decidesse a dormire in canottiera, come avevano fatto lui e Alex.

«Ops, pardonne» fece un mezzo sorriso e poi si diresse al forno. Ne tirò fuori una tortiera, poi la porse al più piccolo.

«Vuoi?»
C'era una torta di mele all'interno, le fettine erano sistemate talmente bene che a Seba salì subito l'acquolina in bocca.

«Volentieri, grazie.»

Léon prese due piattini e un coltello, poi si mise a sedere vicino al più piccolo. Tagliò due fette e ne porse una a Sebastiano, che sorrise alla vista di quella che sembrava una vera prelibatezza.

Adorava i dolci, c'era poco da fare; fosse stato per lui, si sarebbe nutrito esclusivamente di caramelle, torte e brioches. E cioccolato!

«L'ha fatta tua zia?»

«Mmh» annuì il più grande. Aveva la bocca piena e un'espressione soddisfatta in volto.

Seba diede il primo morso e subito le sue papille gustative andarono in visibilio. Era veramente buonissima, burrosa al punto giusto, senza però essere stomachevole. E le mele... le mele erano fantastiche! Si erano cotte talmente bene da risultare soffici, ma non spappolate.

«Dio, è veramente buonissima.»

«Già, mia zia è bravissima a fare i dolci.»

«Come ha fatto Chiara a chiedere quella al cioccolato per il tuo compleanno? Era buona, certo, ma questa è mille volte meglio!»

Léon ghignò appena, poi si sporse leggermente verso Sebastiano e parlò a bassa voce, come se stesse confessando un segreto.
«Senza offesa, la tua ragazza ha ottimi gusti su tante cose, ma di dolci non ne capisce veramente nulla!»

Seba scoppiò a ridere.
Era vero, in fondo; Chiara non era mai stata una grande appassionata di dolci, e lui non poteva che concordare con quello appena detto dal francese.

«A pancia piena credo che riuscirò a prendere sonno meglio» sorrise in direzione del biondo, che ricambiò e si alzò dalla sedia. Mise i due piattini nel lavello e fece per uscire dalla cucina.

«Andiamo, allora.»

Seba lo seguì, ma quando arrivarono in camera il sorriso che aveva ancora sul volto scomparve.
Alex nel dormire si era spostato completamente nel posto di Sebastiano. 

Léon non sembrò nemmeno farci caso, si piazzò di nuovo al suo posto mentre si massaggiava lo stomaco.
Alzò appena la testa verso il castano, che stava grattando la sua in evidente imbarazzo.
«Preferisci dormire da un lato? Mi sposto, se vuoi.»

Come poteva dirgli che il problema era che non voleva dormire vicino a lui? Sarebbe stato di una scortesia immane!

«Oh... N-no, non c'è problema» farfugliò.
Salì dal fondo del letto e si stese in mezzo ai due ragazzi, stando ben attento a non toccare Léon.

C'era una cosa -due, in realtà- che voleva chiedergli da tempo; una cosa che non aveva mai avuto il coraggio di domandare ad alta voce. Certo, avrebbe potuto informarsi con Giada, che sembrava conoscerlo così bene, o con Alex, che sembrava essergli tanto amico... ma, chissà perché, lui era proprio al biondo che voleva rivolgersi.

«Léon?»

«Mh?»

«Dov'è tua mamma?»

Nei secondi di silenzio che seguirono, Seba si scoprì particolarmente agitato. Non riusciva a capirne il motivo, ma aveva paura che quella domanda così intima potesse fare arrabbiare il più grande. A dirla tutta, aveva anche paura della risposta. Temeva di aver toccato un argomento troppo delicato per il loro fragile rapporto.

«Non c'è» si sentì rispondere.

Voltò appena il capo verso Léon, notò che la sua espressione era rimasta pressoché inalterata. Solo una piccola rughetta si era formata in mezzo alle sopracciglia, come se stesse tentando di non mostrare nessuna emozione.

La fronte era ancora imperlata di sudore, così come il collo, che brillava appena sotto le lucine appese dietro al letto.

«Léon?»

«Mh?»

«Stai sudando. Perché non metti una canottiera, o una maglietta a maniche corte? Ti ho conosciuto che faceva ancora caldo e indossavi già felpe e maglioncini. Come mai?»

Il biondo ghignò appena, ma non era il solito sorrisetto derisorio che metteva su, sembrava più... amaro.

«Non dovresti fare certe domande. Non sei pronto per le risposte.»

«Chi ti dice che non sono pronto per le risposte?»

«Lo so, perché io le conosco.»

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