04. Regali
C'era stato un periodo della sua vita in cui Seba aveva voluto davvero bene al suo migliore amico, ma dopo aver ricevuto quel messaggio non ne era più tanto convinto:
"Bello, perdonami, oggi non riesco a venire con te. Devo accompagnare mia mamma a fare delle commissioni, e sai quanto rompe se le dico di no. Scegli quello che vuoi, Léon apprezzerà il pensiero."
Ma come gli era venuto in mente di lasciarlo da solo a scegliere il regalo per quel francesino? Lui nemmeno lo conosceva!
Era già venerdì, la festa per il suo compleanno ci sarebbe stata la sera successiva, quindi rimandare l'uscita e sperare che qualcuno lo accompagnasse il giorno dopo era fuori discussione.
Seba si alzò stizzito dal letto e prese un paio di jeans a caso dall'armadio, passò davanti allo specchio e controllò di essere presentabile prima di uscire fuori.
Abitava abbastanza lontano dal centro, quindi prese le chiavi del motorino e si diresse in garage. Che scocciatura dover mettere il casco ogni volta: quando lo toglieva sembrava che un petardo gli fosse scoppiato in testa. Ancora pochi mesi e avrebbe finalmente potuto prendere la patente ed evitarsi quella noia.
Seba era il più piccolo del gruppo, o meglio, era l'ultimo a compiere gli anni, e i suoi amici non mancavano mai di farglielo notare con battutine stupide.
Il nostro piccolino.
Il nostro cucciolino.
Tutti nomignoli che gli erano stati affibbiati da Andrea, e che gli altri avevano ripetuto a ruota.
Arrivato in centro parcheggiò il suo trabiccolo e iniziò a passeggiare per le vie del corso. C'era un solo negozio di strumenti musicali, e lui si augurò di trovare in fretta quello che cercava per poter tornare a casa e godersi il resto del pomeriggio a cazzeggiare.
Un odore avvolgente colpì le narici di Seba non appena varcò la soglia, e i suoi occhi si riempirono di tutti gli strumenti presenti: c'erano chitarre classiche, elettriche, violini e trombe, pianoforti e batterie.
I colori vivaci si mischiavano con quelli naturali del legno creando un'armonia che lui non aveva mai nemmeno immaginato.
Quando il proprietario -un anziano signore con occhiali spessi e un sorriso bonario sul volto- si avvicinò, Seba fu costretto ad allontanare gli occhi da tutta quella meraviglia.
«Come posso aiutarti, ragazzo?»
«Ah, sì... sto cercando un archetto per violino.»
«Certo. Quale materiale preferisci? Pernambuco, legno brasiliano, vetroresina, fibra di carbonio?»
Seba era decisamente spiazzato.
«Ehm... in legno?»
Il vecchietto sorrise in modo gentile.
«Non è per te, suppongo.»
«No, infatti! È un regalo per un amico.»
«E sai che violino ha?»
«In realtà no...» Seba si grattò la testa in modo imbarazzato. Ecco perché aveva bisogno di essere accompagnato da Alex per fare quello stupido regalo, lui conosceva sicuramente qualche dettaglio in più!
«Non preoccuparti, facciamo così: io te ne faccio vedere qualcuno e tu lo scegli, se non va bene al tuo amico può sempre portarlo qui da me e lo cambiamo, d'accordo?»
Seba rilassò finalmente le spalle e ricambiò il sorriso del signore, che aveva iniziato a camminare verso un punto preciso del negozio.
Quando gli mise davanti quattro archetti, Seba non sembrò notare alcuna differenza, eppure il primo era quello che non smetteva di guardare.
«Potrei consigliarti questo» disse prendendo in mano l'ultimo della fila, «È in fibra di carbonio, molto leggero e si rovina di meno col tempo.»
«Non saprei... è che il violino non mi sembra adatto alla fibra di carbonio. Forse ci vorrebbe un legno classico? In realtà non me ne intendo e forse sto dicendo una cavolata.»
«Ma figurati, sono in molti a pensarla così invece, sai? Questo allora può fare più al caso tuo, se preferisci il legno.»
L'anziano prese tra le mani il primo, quello su cui Seba aveva fissato gli occhi sin dall'inizio.
«Ecco a te, che te ne pare? Questo è in pernambuco, il legno che si usa di più per gli archetti.»
Seba osservava quell'oggetto e l'immagine di Léon che lo impugnava per creare note a lui sconosciute gli si ficcò nella testa.
Poteva immaginarlo con quelle dita lunghe sfiorare piano quel pezzo di legno che lui non sarebbe stato in grado neppure di impugnare nella maniera corretta.
Sorrise al signore e annuì contento: l'impegno ce l'aveva messo, il proprio tempo anche; non si sarebbe di certo potuto lamentare quel ragazzo!
Uscì dal negozio soddisfatto del suo acquisto e si diresse finalmente a casa, pronto per godersi il suo tanto amato pomeriggio di dolce far nulla.
«Fa un po' vedere!»
Chiara era passata da lui la sera stessa per accertarsi che avesse azzeccato il regalo.
Che malfidata! Se era così preoccupata poteva andare direttamente lei a comprarlo, anziché scaricare il barile proprio a Seba!
Un po' infastidito, tirò fuori dall'armadio l'archetto e glielo mostrò.
«Cavoli, avevi ragione, non credo si possa incidere. Qui però potresti, guarda!»
Sebastiano guardò il punto che stava indicando la sua ragazza: era la testa dell'archetto, l'unica parte che concedeva un leggero spazio libero.
«Amore, è minuscolo. Come faccio ad incidere lì? E poi se lo rovino? O se non gli piace e lo vuole cambiare? Non lo prenderanno indietro con un'incisione sopra.»
Chiara gli sorrise.
«Tranquillo, è un regalo, Léon non lo cambierebbe mai, neanche se avessi scelto il più brutto sulla faccia della terra. E poi se non vuoi incidere puoi sempre scrivere con un indelebile. Ne sarebbe sicuramente felicissimo.»
Ma che palle! Seba era stufo di sentire cosa avrebbe fatto felice quel ragazzo! Ma chissenefrega, pensò. Nonostante le sue proteste mentali, annuì a Chiara, che tutta felice lo abbracciò mentre saltellava qua e là.
«Voglio proprio vedere se anche per il mio compleanno vi impegnerete così tanto!» disse mettendo su un piccolo broncio.
«Quando mai non ci siamo impegnati per il compleanno di qualcuno, scusa?»
«Ma lui è con noi da pochissimo.»
Chiara sorrise e Seba riconobbe subito quell'espressione sul suo viso: era la stessa che utilizzava quando doveva spiegare ad uno dei bimbi del catechismo perché non fosse mai una buona idea vendicarsi di un dispetto subìto. Era l'espressione di chi pensa "povero cucciolo, non sa ancora nulla su come si sta al mondo", e lui la odiava.
«Non conta la quantità di tempo, ma la qualità, lo sai meglio di me. Abbiamo conosciuto Giada quando si è trasferita nella nostra scuola, e una settimana dopo era già parte integrante del nostro gruppo.»
Seba alzò gli occhi al cielo, non sopportava quando la sua ragazza gli faceva quelle sorte di prediche. Lo facevano sentire sciocco, stupido.
«D'accordo, come vuoi. Domani vado a comprare lo stupido pennarello e faccio la stupida scritta per quello stupido ragazzo.»
«Bravo il mio amore!» disse sorridente, e Seba pensò che ci mancava solo che gli desse uno stupido croccantino come ricompensa, «Scrivici il suo nome sopra, vedrai come gli piacerà.»
Già, chissà come gli piacerà! Seba sorrise, pensando che magari poteva sbagliare una piccola, piccolissima letterina e scrivere Leone anziché Léon; sarebbe pur sempre stato un errore fatto in buona fede, no?
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