Di Soccorritori e Pizza

Simone - in tre anni di servizio - poteva dire di ritenersi fortunato.

Era sempre riuscito a farsi scivolare addosso qualsiasi chiamata e qualsiasi intervento avessero fatto. Anche quelli che sembravano i peggiori.

Certo, quello di Manuel l'aveva messo a dura prova. Soprattutto quando l'aveva scambiato per Jacopo.

Lì, aveva davvero creduto di cedere e non poter andare avanti. Però era riuscito comunque a portarlo a termine, anzi. Era stato l'inizio di una nuova occasione per loro due, forse quella giusta.

Poi era arrivata la tranquillità del mercoledì sera a rompere gli schemi.

La tranquillità che si era trasformata in una chiamata per un codice giallo su una ragazza.

Intossicazione da farmaci.

Simone si era quasi allontanato dal pensiero di ciò che significava, almeno fino a che non erano arrivati sul posto e aveva ascoltato le urla della ragazza.

Ci aveva provato con tutto sé stesso a starci lontano da quel pensiero.

Lo aveva allontanato durante tutto il servizio.

Lo aveva allontanato quando cercava di mantenerla sveglia durante il tragitto per l'ospedale, chiedendole del coniglietto che era in camera con lei.

Lo aveva allontanato persino quando stava cercando di contare quante pastiglie avesse ingerito.

Lo aveva allontanato nel momento in cui aveva sentito le parole poco empatiche dei suoi compagni di equipaggio che cercavano di dire frasi fatte come se potessero aiutare la ragazza.

Lo aveva allontanato finché non era rientrato a casa, quella sera, e si era accorto di essersi portato a casa quel servizio.

E Simone sapeva che non andava bene.

Quella era una delle cose peggiori che potesse capitare.

Portarsi a casa il servizio significava tante cose e nessuna di quelle era un bene. Come poteva lasciarlo scivolare addosso quando capiva quello che l'altra persona stava provando?

Era diventata una di quelle occasioni in cui gli sembrava che tutto ciò che stava facendo non ne valesse la pena. Che restava ferito, facendosi male, in un modo o nell'altro.

Aveva messo le chiavi nella toppa, esausto, quella sera.

Erano le undici, aveva staccato un'ora dopo rispetto al previsto, e l'unica cosa che lo rincuorava era il fatto che aperta quella porta Manuel sarebbe stato lì. Era quasi diventata un'abitudine il fatto che lo aspettasse a casa dopo i turni in ambulanza. Non sa come ci erano arrivati a quella consuetidine, sa solo che - in quel preciso momento - ne è grato come non mai.

<<Simo, ehi, che succede?>> le parole dell'altro gli erano arrivate in modo ovattato alle orecchie. Di solito si spogliava subito dalla divisa e si infilava in doccia, ma non quella volta.

Quella volta non era riuscito nemmeno ad arrivare al bagno o semplicemente a salutare Manuel, che era scoppiato in lacrime lasciandosi andare sul pavimento.

<<S-scusa>> era stata l'unica parola uscita dalla sua bocca.

Non riusciva ad articolare niente, ma era riuscito a sentire in modo netto le labbra sulla sua tempia, accompagnate dallo spostarsi del pollice ad asciugare una lacrima.

<<Che dici, famo 'na doccia e poi me racconti che è successo?>> Simone aveva annuito perché gli sembrava fosse l'unica cosa che potesse fare.

Non era mai tornato a casa in quelle condizioni da un turno. Nemmeno dopo il servizio su Manuel.

Non ci aveva messo poi tanto a fare la doccia, anzi. L'idea di finire e andare a sdraiarsi accanto a Manuel lo aiutava a portare a termine il suo obiettivo nonostante la fatica che stava facendo.

Fatica mentale. Quella che quasi tutti ignorano. Ignorano perché non si dà abbastanza peso alla salute mentale. Ignorano perché chiudere gli occhi è più semplice che tendere una mano. Ignorano perché per tutti stai lavorando, sei un dottore, quando la realtà dei fatti è completamente diversa.

La realtà dei fatti è che sei un volontario. Che stai dedicando ore del tuo tempo libero ad aiutare persone in difficoltà e che puoi essere in difficoltà tu stesso. Se lo dimenticavano gli infermieri del pronto soccorso mentre portavi lì i pazienti.

E Simone si trovava a dover rispondere a tutti quei "dottore, secondo lei?" come se avesse già risposta a tutto, tralasciando che l'unica risposta che aveva già in mente era la scaletta da seguire per fare una valutazione, le cose da segnalare, i sospetti che si creavano, come agire in base alle situazioni, ma nulla più. Nessuna verità. Nessuna diagnosi in tasca.

Si era dovuto scontrare con l'impotenza molte volte e questo era abbastanza frustrante, nonostante avesse sempre retto. Almeno fino a quella sera.

Perché sì, Simone aveva deciso di diventare un soccorritore, ma era a tutti gli effetti una persona anche lui. Fatta di carne, ossa e soprattutto sentimenti. Particolare che troppo spesso sfuggiva.

Sfuggiva quando venivano trattati con sufficienza.

Sfuggiva quando doveva porgere l'altra guancia all'incazzatura delle persone, come se fossero loro a scegliere o fossero loro i medici.

Sfuggiva quando le cose non andavano come preventivato e ti trovavi a dover gestire situazioni più grandi di te.

Sfuggiva e Simone si sentiva stanco. Quella sera più che mai.

Quando Simone aveva finito di lavarsi si era messo il pigiama senza nemmeno pensarci. Voleva solo lasciarsi tutto alle spalle. Staccare la testa da quel servizio.

Era uscito dal bagno e aveva trovato Manuel seduto sul letto - ad aspettarlo - con la latta dei loro biscotti.

La latta che - tre mesi prima - custodiva i biscotti che li aveva riuniti. La stessa latta che ora era piena di bigliettini con dentro momenti felici. Momenti costruiti da loro, in quei tre mesi. Momenti che avevano ridato senso alla loro storia. Che partivano dal loro passato ma che accoglievano il presente come se fossero stati sempre legati. E forse era così, loro non si erano mai persi davvero.

Usavano quella latta nei momenti bui, quando uno dei due si sentiva provato da ciò che lo circondava.

Per quello Simone aveva sorriso, perché ora - più che mai - aveva bisogno di un bigliettino.

Ti ho tenuto il polso di nuovo. Il tuo battito ha ripreso ad essere sotto i miei polpastrelli, come se non se ne fosse mai andato via.

Era ciò che era scritto sul pezzo di carta che teneva in mano Simone. L'aveva letto ad alta voce, mentre Manuel spostava la latta sul comodino.

Simone si era sistemato meglio sul letto, almeno fino a che Manuel non gli aveva fatto cenno di spostare e mettersi tra le sue gambe. Aveva poggiato la schiena al petto di Manuel e - quest'ultimo - lo aveva circondato con le braccia. Simone si era lasciato andare, appoggiando anche la testa nell'incavo del collo dell'altro ragazzo. Il suo polso era stato stretto delicatamente dalle dita di Manuel.

Per quanto Simone gradisse quel tocco, gli aveva fatto tornare alla mente il motivo per cui lo faceva. Motivo che si ricollegava terribilmente alla paziente di quella sera e al servizio di cui portava ancora gli strascichi.

<<Siamo stati chiamati per una ragazza che aveva ingerito dei farmaci>> Simone l'aveva buttato fuori senza dire nient'altro. Il resto era rimasto sottointeso.

Aveva sentito una mano di Manuel rimanere fissa sul suo polso mentre l'altra era andata a posarsi delicatamente sui suoi capelli.

Simone aveva ripreso a parlare perché Manuel era rimasto in silenzio ad ascoltarlo <<Era cosciente quando siamo arrivati. La guardavo negli occhi, la ascoltavo e potevo capirla>> aveva abbassato lo sguardo mentre giocherellava con una pellicina che spuntava accanto all'unghia del pollice <<capivo la sua disperazione e mi son reso conto che era troppo simile alla mia>>.

Che le cose che vedeva gli rimanevano dentro le ossa, a volte, ormai lo aveva capito; così come aveva capito che l'unico modo per farle scivolare era parlarne.

<<Ricordo ancora tutto di quello che ho provato quel giorno. Sono passati anni eppure è ancora vivido>> la sua voce aveva iniziato a incrinarsi <<Talmente vivido che la prima cosa che ho pensato è stata: potevo essere io>> le lacrime avevano iniziato a rigargli nuovamente il viso e non aveva potuto fare nulla per trattenerle.

<<Uno, due, tre, quattro, cinque, sei, sette...>> Simone aveva cominciato a sentire il ragazzo dietro di lui contare ad alta voce. Sapeva anche cosa era. <<Potevi, ma non lo sei e il numero dei tuoi battiti ne è la prova>>. Simone era rimasto stupito. Manuel non parlava mai in italiano, anzi. Anche durante i discorsi più seri usava il dialetto romano e questo lo aveva lasciato di stucco. Non capiva quale fosse il motivo ma di certo gli era grato per quelle parole.

<<E se dovessi...>> aveva tentennato prima di finire la frase <<Sì, avere un momento buio>> aveva sentito il tocco di Manuel farsi più leggero sui suoi capelli per poi essere sostituito dalle labbra e lasciare un leggero bacio.

<<'A sai 'na cosa?>>

Simone si era ritrovato a scuotere la testa perché no, non lo sapeva. <<Io credo che 'sta sensazione che c'hai avuto, t'ha permesso de fa' il tuo lavoro in modo empatico>> e Manuel forse aveva ragione.

Aveva ragione perché si ricordava le frasi fatte dei suoi colleghi. Frasi dettate dal fatto che non si erano nemmeno posti in una condizione di ascolto autentico rispetto a quello che gli stava dicendo la ragazza.

<<Tu l'hai superata e so' sicuro che ce sarà qualcuno che aiuterà pure lei>> Simone non sapeva se fosse quello che la ragazza voleva, non sapeva se - prima o poi - sarebbe stata grata di essere arrivata in ospedale al momento giusto, così come non sapeva come sarebbe andata a finire e questo lo devastava; tuttavia sapeva perfettamente che lui l'aveva superato anche grazie a Manuel e voleva che lo sapesse.

<<L'abbiamo>> l'aveva semplicemente sussurrato prima di riprendere a parlare <<Sai... ho ricordi parecchio offuscati di quel periodo, ma non dimentico tutte le serate passate sdraiati in piscina quando i pensieri si facevano più forti. Non dimentico le notti a cercare Jacopo tra le stelle, a parlare fino alle quattro del mattino solo perché ne avevo bisogno>> aveva sentito la mano di Manuel iniziare a staccarsi dal suo polso per poggiarsi poi sulla sua guancia. Si era voltato verso di lui e l'aveva guardato dritto negli occhi, alzando leggermente la testa. Le labbra di Manuel si erano appoggiate delicatamente alla fronte di Simone.

<<So' fiero de te. Anche se quanno hai soccorso me all'inizio t'ho scambiato pe' un netturbino, 'o sai?>> Simone si era ritrovato a ridere. Per la prima volta quella sera. Avere accanto Manuel - in quel momento - era stata una benedizione.

Che poi si ricorda ancora che erano state le stesse parole che gli aveva detto la responsabile delle divise tre anni prima, mentre gli consegnava gli scarponi antinfortunistici e tutto il vestiario. A dirla tutta era anche vero, visti i pantaloni arancioni e le bande catarifrangenti. Manuel non era il primo che glielo diceva.

Era grato che una cosa così banale l'avesse fatto ridere tanto, perché - per un attimo - aveva lasciato indietro tutto. Tutti i pensieri, i demoni che lo seguivano da sempre, i se su come sarebbe andata la vita della ragazza da quel giorno in poi, se qualcuno sarebbe stato il suo Manuel.

Lo stesso Manuel che lo aveva tenuto fra le braccia tutta notte e che non l'aveva lasciato cadere.

Lo stesso Manuel che lo aveva visto essere agitato il mercoledì notte successivo.

Aveva un altro turno ed era quasi spaventato da ciò che poteva accadere. Forse aveva sbagliato a non parlarne anche con i suoi compagni di squadra.

Per quello aveva deciso che se - quella notte - fosse andata male, li avrebbe richiamati. Solo così si poteva affrontare la situazione.

<<A che ora attacchi?>> gli aveva sentito chiedere quella mattina. <<Alle dieci meno venti>> Simone aveva cercato di evitare di parlargliene ancora. Si erano rivisti nel weekend, tranquillamente, erano usciti e avevano passato la giornata insieme. Poi solo contatti telefonici.

<<Se stacco prima e ve porto io le pizze?>> aveva chiesto dall'altro capo del telefono.

<<Cazzo, scusa, mi ero dimenticato fossi di turno in pizzeria stasera>> a Simone era uscito d'istinto e un po' si odiava per non ricordarselo. Era stato preso dal suo malessere e non si era guardato intorno.

<<Scusa de che, Simò? Vado a lavorà mica a laureamme>>

Simone aveva scoperto che l'altro ragazzo lavorava a sere alterne in una pizzeria d'asporto, faceva il fattorino, per potersi pagare gli studi.

<<Comunque ve le porto io. Chiedi agli altri che vogliono che poi ce penso io>> Simone aveva sorriso a quella affermazione.

Aveva chiuso la chiamata ringraziandolo, sperando che la sera arrivasse per poterlo vedere. Ed era un'altra cosa che amava: il fatto che con Manuel si sentisse di nuovo un sedicenne.


Il sorriso che Manuel gli aveva riservato quella sera - mentre entrava in sede con le pizze - a Simone non era passato inosservato. Così come non era passato inosservato agli altri compagni di squadra.

<<Oggi 'e pizze ve le offre il sottoscritto>> Simone era rimasto sorpreso.

<<Non dovevi, Manu>> gli era arrivata una leggera gomitata dal capo servizio - Davide - il quale si era affrettato a dire <<Statte zitto, Simò. Pe' 'na vorta che ce offrono cibo>> mentre apriva il cartone e iniziava a pregustarsi il sapore.

Simone e Manuel si erano appartati un secondo ma non avevano fatto in tempo a scambiarsi altre parole che non fossero un saluto al volo e un bacio fugace.

<<'A piccioncini, guardate che se fredda>> l'aveva detto Giuseppe - l'autista - questa volta.

<<Arrivamo, Giusè. Sempre il solito sei>> Simone aveva alzato le mani in segno di resa.

Insieme a Manuel si erano seduti a mangiare al tavolo con gli altri. Ormai la squadra di Simone lo conosceva e Simone non ne aveva mai fatto un segreto, proprio perché si sentiva libero di parlare di qualsiasi cosa con chiunque e l'argomento Manuel era stato uno di questi. In più quando avevano scoperto che consegnava pizze avevano iniziato a chiamare solo la pizzeria dove lavorava.

Erano riusciti a mangiarla tranquillamente senza che l'allarme fosse suonato, per quello un'ora dopo - Manuel - si era alzato dal tavolo e li aveva salutati per poi iniziare a dire quello che pensava potesse essere un augurio.

<<Buon tur->> Simone si era sporto in avanti e lo aveva baciato, prima che Manuel finisse la parola.

Aveva cercato di evitare l'irreparabile ma il capo servizio era stato subito pronto a parlare <<A Simò, che cazzo, tre mesi che state insieme e manco j'hai insegnato 'e basi?>>

Simone lo aveva visto mettersi le mani in viso, come a voler nascondere la reazione, ma ci era voluto poco prima che l'autista riprendesse il discorso.

<<T'o dico, se mo stamo in giro tutta notte, 'a prossima vorta te tocca pagacce il cenone de capodanno. 'A pizza non basterà>> e Simone aveva riso perché si era accorto della faccia perplessa di Manuel a tutta quella interazione. Gli aveva sussurrato nell'orecchio che fare quell' augurio era come tirarsi una zappa sui piedi.

Portava sfortuna, l'aveva sempre portata e sperava che il fermare Manuel con un bacio potesse aver scongiurato anche l'effetto negativo.

Ci aveva sperato finché il trillo della campana non li aveva destati da quell'oasi di scherzi e pizze.

<<Giallo, maschio, 53 anni, osteomuscolare>> aveva riferito il capo servizio.

Simone aveva sentito la stretta di mano di Manuel e quel andrà tutto bene sussurrato prima di salutarlo e seguire i suoi compagni di squadra sull'ambulanza.

Alla fine di quel servizio, Simone, aveva ricordato cosa gli faceva amare quello che era aiutare gli altri. Aiutarli in qualche modo a restare con i loro cari. Aiutarli nel momento di difficoltà. Proprio come qualcuno aveva fatto con lui e proprio come il comandante aveva fatto con Jacopo, anche se le cose non erano andate bene.

Perché sì, Simone aveva dovuto fare i conti anche con quell'aspetto.

Con il fatto che c'è chi non ce la fa, nonostante cerchi di aiutare e di portarli in ospedale.

Che la vita è fatta così, che prima o poi bisogna scontrarsi con i propri demoni per superarli.

E che era perché aveva preso la decisione di diventare soccorritore che ora aveva di nuovo Manuel nella sua vita.

Per quello aveva preso la decisione di scriverlo a Manuel, nonostante fosse tardi.

(00:48) Avevi ragione. SM

(00:55) Bene. Famo colazione assieme domattina quando stacchi? MF

Simone aveva sorriso perché - dopotutto - la felicità era anche una semplicissima colazione con la persona giusta.



Evitiamo la morte a piccole dosi,
ricordando sempre che esser vivo
richiede uno sforzo di gran lunga maggiore
del semplice fatto di respirare.

Soltanto l'ardente pazienza
porterà al raggiungimento di una splendida felicità.




















Note:
È davvero un sequel piccolo, mi era stato chiesto ma poi è nato per un motivo ben preciso. Spero vi sia piaciuto almeno un po'.

Ringrazio chiunque abbia letto questa e la prima OS, vi ringrazio per il vostro entusiasmo e per come l'avete accolta. Vi ringrazio infinitamente perché è qualcosa di davvero importante per me.

Ringrazio Cin_NS per avermi sbloccata sul finale e spero che la guerra con gattinoconfelpina finirà dopo questa sera.

La poesia finale è sempre Lentamente muore come lo era nella prima parte.

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